SILVESTRO LEGA
(1826-1895)

Pittore di Bersaglieri

Odoardo Borrani e Giuseppe Abbati

Abbati autoritratto

 

Pittore di Bersaglieri da Storia d'Italia " la vita fuori dallo studio non lo interessava e avrebbe forse continuato a dipingere bersaglieri ritagliandoli prima nel cartone se il Fattori non lo avesse spronato ad altro".

 

Nacque a Modigliana (Forlì) da Antonio Lega e Giacoma Mancini, sua seconda moglie. Fin da ragazzo dimostra attitudine al disegno, ma l'ambiente in cui era nato non si dimostrava favorevole alle sue aspirazioni, inoltre le ristrettezze economiche della numerosissima famiglia non gli permettevano di esprimere in tranquillità le sue capacità. Silvestro decise dunque di recarsi a Firenze dove frequenta l'accademia e la scuola del Mussini. Partecipa ai moti insurrezionali del 1848, arruolandosi a fianco dei volontari toscani che combattono a Curtatone e a Montanara. Su stimolo del concorso indetto a Firenze da Bettino Ricasoli, esegue tra quest’anno (1859) e il 1861 il cospicuo gruppo delle tele di soggetto militare, tra cui Imboscata di bersaglieri italiani in Lombardia e Ritorno di bersaglieri italiani da una ricognizione, opere esposte entrambe alla Società Promotrice di Belle Arti nel 1861 e, nello stesso anno sempre a Firenze, alla prima Esposizione Nazionale Italiana alle Cascine.

Abbati col caneGiuseppe Abbati da Napoli Pittore macchiaiolo 1836-1868 figlio di Vincenzo, pittore d'interni. Prima volontario garibaldino nei Mille (Carabiniere perde un occhio) e in Aspromonte, si arruola nei bersaglieri volontari garibaldini del 2° reggimento della III guerra d'indipendenza del 1866 ed è fatto prigioniero. Reduce dalla prigionia in Croazia, Abbati accetta l’ospitalità di Martelli e si rifugia in un rustico di proprietà dell’amico, a Castelnuovo della Misericordia, località dell’entroterra di Castiglioncello per dedicarsi con serenità al lavoro. Abbati ebbe il presagio della sua tragica fine, presagio che confidò in una commovente lettera al pittore Borrani (vedi sotto) il 9 marzo 1867.  Nel 1868 la morte sarebbe sopraggiunta, a causa dell’idrofobia contratta dal fedele cane Cennino (qui con Abbati).   

  Inizia qui anche la stagione più felice dell'artista: ospite dalla famiglia Batelli nella casa lungo il torrente Affrico, si lega sentimentalmente alla figlia maggiore Virginia; inizia ricerche pittoriche en plein air e promuove, con Telemaco Signorini, Giuseppe Abbati, Odoardo Borrani e Raffaello Sernesi, la nascita della scuola di Piagentina, piccola località nei dintorni di Firenze. Amico di Giuseppe Abbati, altro pittore e Bersagliere, si avvicina e si “converte” al macchiaiolismo*. Tinti "produsse limpidi quadri di genere, scegliendo i soggetti più comuni ed innocenti, fu ritrattista, ma non ritrattista da commissione". Ospite in casa Battelli, ha lasciato ritratti delle figlie, in particolare Virgina a cui era particolarmente legato. Fra il 1870 e 1872 tutte e tre le ragazze muoiono di tubercolosi. Nel '72 scopre di avere una malattia agli occhi che lo perseguita portandolo ad una grave depressione ed inattività artistica da cui ne esce nel ’78. Si ritira al Gabbro verso il 1885 malato, in ristrettezze economiche e quasi cieco. Nel 1892 scopre di avere anche una grave malattia, un tumore allo stomaco, che tre anni più tardi, lo porterà alla morte a S. Giovanni di Dio di Firenze l'ospedale dei poveri.
     
* (impianto pittorico che si realizza attraverso macchie di puro colore). Il nuovo genere pittorico nasce a Firenze con un gruppo di artisti che si ritrova ad un Caffè di Via Cavour, che loro chiamano Michelangelo (sotto).Tra i suoi ospiti il locale contava già Guerrazzi, Boito e Lorenzini (il Collodi di Pinocchio). Gli artisti, senza soldi e sempre con fame arretrata, erano alla ricerca disperata di un pasto dopo le chiacchere e gli scherzi al caffè. Telemaco Signorini disse che l'unica cosa che rimediavano a credito con le loro tavolette dipinte era un "lesso ciuco", di dubbia origine, con digestione secolare. Frequentavano il Caffè anche Raffaello Sernesi, Odoardo Borrani, l'Abbati, Giovanni Fattori e Silvestro Lega.  

Silvestro Lega:a destra opera definitiva "Prigionieri" qui sotto bozzetto.

     

Cecioni: Caffè Michelangelo o Michelangiolo

  Repubblica — 12 gennaio 2007 pagina 48: CULTURA ......nel 1848 Lega partì volontario con la Brigata Toscana, combattendo a Curtatone, trovandosi però congedato quando la prima guerra d'Indipendenza s'era conclusa con un ritorno allo status quo ante '48. Fu, per il repubblicano mazziniano Silvestro Lega, una cocente delusione e non gli fu semplice riprendere in mano il pennello. Cambiò maestro, passò nello studio di Antonio Ciseri ma non riusciva a trovare una propria strada. Si allontanava e si avvicinava al gruppo di artisti che nella seconda metà dell' Ottocento a Firenze si riuniva al Caffè Michelangelo che era in via Larga, oggi via Cavour, due stanze una delle quali da loro decorata. Si fumava, si beveva, si discuteva animatamente, si rideva. Intorno ai tavolini sedevano Lega, Fattori, Signorini, Nino Costa. Tra il 1855 e il 1862 in questo Caffè, che fu poi stupidamente distrutto nacque una nuova pittura. Finì l' autorità indiscussa degli accademici e degli aristocratici, ma al contempo finì anche il Granducato, prese forma l' Italia Unita con una corale partecipazione di questi artisti, che nella maggior parte si arruolò. Quasi tutti furono volontari. Cambiò l' Italia dunque, cambiarono l' Europa e la stessa Firenze che diventò capitale d' Italia. Fu proprio intorno al 1861 che Silvestro Lega aderì agli ideali dei "Macchiaioli", così definiti in un articolo denigratorio comparso sulla Gazzetta del Popolo nel novembre del1862 con Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Giuseppe Abbati, Telemaco Signorini, Odoardo Borrani, Giovanni Boldini, Vincenzo Cabianca, Raffaello Sernesi. "Macchiaioli" perché tra le componenti che caratterizzavano il movimento c' era la preoccupazione di fissare l' immagine in macchie di colore, mettendo in rapporto la figura da ritrarre con lo sfondo vero, un muro bianco, il cielo, altri oggetti, ricostruendo il rapporto di colori puri. Dipingere en plein air, a contatto con la natura fu un' altra delle parole d' ordine, insieme ad un tipo di rappresentazione della realtà volta a sottolineare gli aspetti quotidiani ed autentici della vita, in opposizione alla retorica accademica ed enfatica delle pitture di genere...PAOLO VAGHEGGI
     

Mazzini morente- S. Lega

  Lettura di un quadro da "Italia Unita il risorgimento e le sue storie" Giunti-il Giornale
Gli ultimi momenti di Giuseppe Mazzini di Silvestro Lega

Alla notizia della morte di Giuseppe Mazzini, avvenuta a Pisa il 10 marzo 1872, Silvestro Lega si volle recare subito a rendere omaggio alla salma e si trattenne nella stanza, dove il corpo era esposto, il tempo necessario per prendere i primi schizzi per il futuro dipinto che sarà presentato all' Accademia di Firenze nell'ottobre dell'anno successivo. La prolungata fase redazionale dell'opera dimostra l'importanza che essa rivestiva per Lega e giustifica il raggiungimento di un risultato tanto sorprendente nella sua rigorosa essenzialità. A tale periodo appartiene uno studio attualmente presso il museo di Modigliana e l'autore dovette probabilmente prendere in considerazione anche una fotografia Alinari, eseguita nel laboratorio pisano della ditta, che ritrae Mazzini sul letto di morte. Il risultato finale, lungamente meditato, è un dipinto di impressionante potenza pur nell'assoluta economia di elementi che lo compongono, un omaggio compassionevole e al contempo solenne a un patriota il cui pensiero tanto aveva ispirato Silvestro Lega e molti altri giovani della sua generazione.
Trascorsi pochi giorni dalla presentazione al pubblico del Mazzini morente, sul "Giornale Artistico" uscì un articolo di Diego Martelli, critico d'arte e sostenitore dei Macchiaioli, che, lodando il quadro per la riuscita resa realistica ottenuta «con grandissima parsimonia di mezzi», così lo descrive: « ... Mazzini adunque che per alcuni fu piuttosto un mito che un uomo di polpe e ossa lo vedi nel quadro di Lega sonnecchiare le ultime ore di febbre adagiato sul fianco destro e stese le braccia lungo la persona unir le mani che si tengono insieme. Non una violenza di chiaroscuro, non un valore brillante, lo storico plaid [era appartenuto a Carlo Cattaneo] a quadretti neri e grigi lo involge alla vita e lascia scoperta la tradizionale sciarpa nera che cinge il collo, un unico e pallido accenno di colore alla estremità del braccio destro e nella camiciola che esce a contornar la mano con un colore violetto e cupo, i capelli radi e grigi quasi tutti, staccano con finezza sull'ossea fronte vastissima e sul guanciale che gli sta sotto, il letto coperto di lenzuoli bianchi esce sul davanti del quadro con una evidenza grandissima ..»
Realizzato senza nessuna volontà di adeguarsi alle logiche di mercato, nonostante quello fosse per Lega un periodo economicamente assai difficile, Gli ultimi momenti di Giuseppe Mazzini rimase a lungo invenduto. Fu grazie al poeta inglese Algernon Charles Swinburne, a cui il pittore si rivolse per un aiuto ottenendo anche l'interessamento di Guglielmo Rossetti, fratello del famoso pittore Dante Gabriele, che il dipinto trovò una collocazione in Inghilterra, dove nel 19S9 fu presentato a un'asta Christie's e acquisito dal museo di Providence (Museum of art, Rhode Island School of design).
Questo dipinto, uno dei capolavori della pittura italiana dell'Ottocento, esprime con efficacia il coinvolgimento politico di Silvestro Lega il quale, oltre ad aver combattuto come volontario nella prima guerra di indipendenza, svolse a Firenze attività di propaganda mazziniana. Lo sguardo commosso eppur fermo che Lega seppe posare sulla salma di Mazzini rimandano alle parole con cui, solo due anni prima, aveva commentato la sua adesione al Risorgimento: «Venne il '48. Cominciando da me si corse tutti al campo ... ».

http://www.comune.rosignano.livorno.it/html/Macchiaioli/indice.htm

 

Lega ritratto da Fattori mentre sta dipingendo

 
     

O. Borrani: La notizia della morte del Re Vittorio Emanuele nelle case nel gennaio 1878

*Scuola di Piagentina: Raggruppamento di artisti dediti alla pittura dal vero (naturalista) nella campagna della località alla periferia di Firenze. I componenti erano Lega, Signorini, Borrani, Abbati e  Sernesi, tutti esponenti di spicco dei "Macchiaioli". Cominciò a costituirsi attorno al 1861, quando Silvestro Lega si stabilì nella villetta della famiglia Batelli e scoprì il fascino della campagna circostante. Con l'arrivo nel 1863 di altri artisti il gruppo crebbe e assunse i connotati di "scuola" vera e propria.

 

Odoardo Borrani -(Pisa, 22 agosto 1833 – Firenze, 14 settembre 1905) nasce da David Borrani, pittore modesto, e Leopolda Ugolini. Ancor giovane si trasferisce a Firenze dove viene avviato alla pittura e al restauro. Borrani: Bersagliere (in Trincea?)Lavora infatti con Gaetano Bianchi, e lo aiuta nel restauro dei Chiostri in Santa Croce e del Chiostro Verde. Frequenta anche l'Accademia di Firenze, dove orienta le sue opere iniziali al classicheggiante (episodi passati della storia di Firenze). Nel 1853 ai tavoli del Caffè dell'Onore conosce Cabianca e Signorini con il quale nel 1859 partì anche volontario per la II guerra di indipendenza. Al suo rientro, pur essendo stato testimone di una realtà nuova (la prima guerra di liberazione che vincevamo) continua nella sua pittura accademica con -La congiura dei pazzi-. Con le nuove frequentazioni al Caffè Michelangiolo (del cui gruppo entrò a far parte a pieno titolo e sostegno) cominciò a variare la sua pittura uscendo in strada e in campagna, poi al mare alla mitica Castiglioncello, doveva aveva villa e tere Diego Martelli amico e "sostenitore" nei momenti di crisi. E' il primo a decidere di dipingere all’aria aperta nei dintorni di Firenze, nelle campagne di Piagentina* e San Marcello Pistoiese facendosi in seguito molto amico di Lega col quale tentò infelicemente anche una avventura imprenditoriale con la Galleria d’Arte Moderna di Piazza Santa Trinita (Pal. Ferroni). Alle tematiche paesaggistiche, Odoardo alterna pitture a carattere storico, che gli fanno conquistare importanti riconoscimenti. Passò all'insegnamento sempre per quel maledetto bisogno di soldi, alla collaborazione industriale con Doccia (Ginori) e al vecchio amore per il restauro (affreschi di Giotto e del Ghirlandaio. Nell’ultimo periodo della sua vita abbandona la pittura macchiaiola dedicandosi a raffigurazioni di genere. Muore il 14 settembre 1905 a Firenze.

     

Pittori macchiaioli e il papà di Pinocchio

 

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