La scoperta dei 48 punti vitali di base i DIAN XUE (cinese, tradotto come PUNTO ESSENZIALE) sarebbe da attribuirsi ad un monaco guerriero dello Shaolin di Songshan (nato nel 1270, che trasmise poi il suo sapere); questo monaco divenne famoso sia per la sapienza nell'esercitare la medicina che per il suo altissimo livello raggiunto negli stili "duri" Shaolin.

Questo monaco-dottore sapeva perfettamente che il flusso di energia dei meridiani dell'agopuntura si riversava in superficie ed ebbe l'intuizione che il loro ritorno potesse effettuarsi in profondità.

Come primo impulso prevalse il lato medico del monaco che pensò agli effetti benefici immediati possibili tramite una profonda pressione di questi punti con le dita o un attrezzo appropriato (fatto di avorio o legno) probabilmente nasceva così quella che oggi viene chiamata digitopuntura o spondiloterapia (SHIATSU in giapponese).

Emerse poi il suo lato guerriero che tradusse la sua prima intuizione nel campo pratico del combattimento senz'armi: egli si chiese se era possibile far perdere conoscenza ad un avversario semplicemente percuotendo con precisione alcuni dei punti scoperti.

Intensificò quindi gli esperimenti sugli animali ottenendo risultati incoraggiante e grazie alle sue relazioni potè sperimentare le sue ipotesi (come era d'uso) sui condannati e i malvagi; grazie a questo delinò alcuni punti che se colpiti - toccati - appoggiati - pressati causavano sincope, paralisi parziali o totali, gravi turbe visive o della parola o dell'equilibrio.

Il monaco, a conoscenza del Ki profondo, dedusse quindi che impedendo il ritorno del flusso di energia di un organo se ne interrompeva l'attività.

Ma l'arte dei punti vitali non interviene solo sul flusso profondo del Ki, ma anche su altri flussi profondi come i vasi, i nervi, i centri di comando degli organi, le ossa e alcune cartilagini.

Parallelamente allo studio dei punti che potevano causare la morte di chi li subiva, il monaco verificò anche la loro possibilità di "rimediare" al danno causato sempre sfruttando i punti vitali; si potevano fermare la paralisi o le altre disfunzioni provocate e proprio grazie a queste osservazioni si potè notare come il tocco di alcuni punti vitali che non avesse causato un effetto immediato comportava invece uno scompenso organico di entità variabile con ritardo di giorni o mesi (gli effetti che si possono causare variano secondo le condizioni, l'ora, la stagione, il bioritmo ed altri parametri senza i quali non esisterebbe alcun disturbo ritardato).

Ecco i due volti dell'arte di toccare i punti vitali: i danni immediati o ritardati e porre rimedio ad essi.

Un' editto avrebbe più tardi impedito la pratica degli stili duri dello shaolin, ecco che il monaco-dottore per trasmettere il suo sapere "nasconde" i colpi mortali una danza-esercizio lenta e dolce con ispirazione taoista che non mostrava nessun legame con gli stili duri di combattimento, in essa però sotto ogni movimento era mascherato un tocco ad un punto vitale; oggi questa danza è conosciuta come tai-chi-chuan (o t'ai-ki-kiuan o taiji quan).

Per conoscere il livello di preparazione di un maestro di tai-chi -e valutare se ha potuto studiare l'aspetto marziale- è rilevante la sua conoscenza almeno di alcuni dei tueshou (spinte con le mani e mani aderenti) e dei chin na (torsioni abbozzate durante i gesti del tai-chi); non si deve infatti dimenticare che i maestri cinesi insegnavano in modo approfondito solo ad alcuni allievi dopo una decina d'anni di pratica regolare e raramente agli occidentali.

Fra il 600 ed il 900 l'arte dei punti vitali appassionò alcune scuole di arti marziali e venne chiamata DIM MAK ovvero "toccare mortalmente".

Durante la rivolta cinese del 1900 contro le delegazioni straniere a Pechino (Boxer War) alcuni giornalisti occidentali inesperti di arti marziali notarono che alcuni dei combattenti cinesi differivano dal resto dei lottatori cinesi nel modo di combattere: il loro metodo di combattimento utilizzava principalmente le mani aperte (mentre gli altri il pugno) senza utilizzare armi e senza inserire nella lotta i piedi; questi praticanti dell'arte dei punti vitali sparirono poi nuovamente dalla platea.

Nonostante questa repressione l'influenza straniera continuava in Cina allora, i maestri di Tai-chi che avevano imprudentemente rivelato la loro arte di reale combattimento decisero che avrebbero insegnato solo una versione mistificata ove non comparissero più i punti vitali.