TITLE: Iolokus #2 - Agnates (Parenti per parte paterna)
AUTHOR: MustangSally and Rivka T
TRANSLATED BY: Ainos - Ainos@SoftHome.net
CLASSIFICATION: M&S Relationship/Mitologia/X-File
CONTENT WARNING: NC-17 per il sesso, la violenza ed il linguaggio (brevi scene di slash)
SPOILER WARNING: Quinta stagione a partire da "Emily"
DISTRIBUTION STATEMENT: L’intero universo.
THE DISCLAIMER: Le autrici dichiarano di non essere in possesso dei personaggi utilizzati in questa storia e questo è il motivo per cui li hanno fatti comportare così. Inoltre sperano di non offendere nessuno.


* Capitolo 12 *

Sono stato venduto dai traditori.
Parlo freneticamente, ho perso il senso dell’umorismo e sono diventato il miglior traditore di tutti.
Sono arrivato alla perfezione... e ci sono arrivato con le mie mani.
Walt Whitman


Ian Dubler è internato in un ospedale di Scarsdale. Sono stati fortunati che New York sia uno stato molto vasto; altrimenti sarebbe potuto capitare benissimo che i gemelli finissero per inciampare gli uni sugli altri. Ian ha firmato il permesso di internamento di suo pugno... è probabile che un qualsiasi movimento sia considerato volontario quando c’è un poliziotto che ti ordina di farlo.

Mulder sfoglia cinque anni di rapporti psichiatrici con l’efficienza e la velocità di uno scanner ottico. Io faccio la mia parte leggendo le relazioni redatte in seguito al manifestarsi degli attacchi di auto-distruzione di Ian. L’amministratrice e l’avvocato dell’ospedale ci osservano nervosamente.

"Cosa sono queste cicatrici?" chiedo all’amministratirce, indicando le strisce bianche sulla fotografia della pelle di Ian. Sottili linee bianche alla base del collo, sul petto, sotto le orecchie, sulle braccia, sotto le natiche e come minino in altri cinque posti...

"Ian ha cercato di uccidersi molte volte." mi risponde lei, "E purtroppo noi non siamo sempre così attenti come dovremmo essere: è un uomo molto intelligente e pieno d’ingegno... soprattutto quando gli vengono in mente nuovi modi per farlo."

"Ha cercato di suicidarsi tagliandosi dietro il collo?" ribatto scettica. "Questa incisione non sembra molto lunga e neppure molto profonda... siete sicuri che se la sia procurata da solo?"

"E chi altri avrebbe potuto farlo?"

Ah già... questa donna vive in un mondo dove non esistono le cospirazioni, l’avevo dimenticato. E ovviamente non c’è traccia di radiografie e di conseguenza neppure prove di innesti sottocutanei.

La psicologa che segue il caso di Ian ci fa notare che vedere Mulder potrebbe sconvolgere il suo paziente fino a cancellare qualsiasi piccolo progresso possa avere fatto recentemente. Guardo in faccia Mulder e vedo riflesso il mio identico pensiero: questa gente si sta illudendo... l’unico progresso futuro per Ian riguarderà una vanga ed una bara ben sigillata, ma non siamo qui per metterci a discutere sui loro metodi di analisi.

E così eccomi pronta ad affrontare Ian, da sola, con uno specchio segreto alle spalle di modo che Ian avrà diannanzi un solo riflesso di se stesso anziché due.

Quando l’inserviente conduce Ian nella saletta, mi ritrovo di fronte la triste immagine di ciò che Mulder ha tutte le probabilità di diventare: un malato di mente in pigiama, grasso, pallido e flaccido. Ian si sistema la vestaglia con un’elegante scrollata di spalle (talento che probabilmente gli deriva da una lunga esperienza con le restrizioni) e si accomoda sulla sedia di fronte alla mia.

Matto o no, c’è intelligenza dietro a quegli occhi nocciola.

"Credo di averla sognata la notte scorsa." esordisce.

Mi si accappona la pelle.

"Davvero?"

"Lei è veramente attraente, anche se il tatuaggio non le dona molto..." mi sorride e si poggia alla spalliera della sedia incrociando le gambe, imitando così in modo impressionate lo "stile Mulder", "Sa che non ho mai fatto del sesso? Io sono rinchiuso qua dentro da quando avevo dodici anni e come può ben vedere le possibilità di avere appuntamenti galanti è piuttosto limitata. In Texas sono molto attenti - non sono mai stato molestato se non da chi ne avesse piena autorizzazione - ma ho paura che la mia verginità così ben preservata potrebbe dissolversi in un momento se solo un qualsiasi guardiano si arrapa."

Lancia un’occhiata allo specchio alle mi spalle ed io cerco di dominare il morso di terrore che mi sta attanagliando lo stomaco. Come diavolo fa a sapere del mio tatuaggio? A differenza di Roche, Ian non ha a disposizione accessi ad Internet, od al mondo esterno, se non tramite la televisione.

"Lui è qui, vero?" mi chiede.

"Sì."

"Quale?"

Mi fermo a pensare per un attimo.

"Il mio. Vorremmo solo farle alcune domande a proposito della sua... malattia."

"Non volete farmi del male?" ribatte lui, mostrandomi uno scintillio di diffidenza che, venendo dalla faccia di Mulder, mi colpisce dritto al petto.

"Cercheremo di non farlo. Sa qualcosa a proposito del Progetto?"

Avverto un’impercettibile fremito di paura da parte sua... le sue folte ciglia nere calano come ali di corvo sui suoi occhi, cercando di dissimularla. È importante che io tenga sempre ben presente in mente che quest’uomo non è Mulder. Non posso continuare questo interrogatorio se continuo a scambiarlo per lui.

Mi piego in avanti e allungo una mano sul tavolo che ci separa, sfiorando con studiata indifferenza il suo braccio con le dita.

"Attenta." mi dice, "Non le hanno detto che la pazzia è contagiosa? È questo il motivo per cui ci tengono rinchiusi qui."

"Il Progetto?"

"Ma Jason non glielo ha detto? È Jason che cura tutte le mie pubbliche relazioni, io sono un elemento prezioso per la Roush, in fin dei conti... almeno fino a quando le droghe non finiranno per ridurre eccessivamente la mia libido."

"Mi dica che cosa le hanno fatto." gli suggerisco con voce soave, lasciando trasparire un velo di cordialità.

"Di tutto." mi risponde. "Gli innesti mi sono stati tolti ed adesso non sento più i Grigi. Sentivo gli alieni cantare, uno per uno. E non ho mai pensato che lo facessero per me."

"Siete stato utilizzato per finalità di comunicazione?" Continuo a rimanere scettica all’idea dell’esistenza di una razza aliena superiore a noi a livello tecnologico, ma devo riuscire a convincere Ian a essere meno criptico nelle sue risposte.

Lui scuote la testa, negando.

"Ero una radio ricetrasmittente, ma mi sono bruciato... cinque anni fa... troppe interferenze, se me lo concede. Ed è brutto quando non si riesce più a sintonizzarsi sulla la stazione giusta... il Dott. Mann ha provato con tutta se stessa ma non è riuscita a trovare la manopola giusta. Credo che tutte le mie manopole siano rotte... se capisce ciò che intendo." conclude sbirciandomi.

Io mi acciglio e questo sembra divertirlo: "Se vuole che le racconti che la Roush ha usato il mio corpo ed i miei fluidi corporei per un lungo periodo di tempo, fintato che né la mia mente né il mio corpo sono più riusciti a tollerarlo, lo farò. Ma che cosa ci guadagnerà lei? Che cosa spera di scoprire? Che il suo Lindsay è quello fortunato?"

Di primo acchito non capisco, ma poi mi rendo conto che dal suo punto di vista loro non sono i "Mulder"... come invece li ho sempre considerati io. Dipende tutto da come uno guarda la cosa.

Le mani di Ian fluttuano dentro ai legacci che le imprigionano come fossero uccellini dalle ali spezzate: "Se vuole credere a quelle favolette che ci hanno raccontato a proposito della sicurezza, può anche andarsene subito. Tutto quello che so è che ho percepito chiaramente come le altre luci se ne siano andate... e non so perché non sono stato io il primo ad essere scelto. Sospetto che Jason sia al di sopra di tutto ciò, il furbone. Per i Grigi siamo come timidi passerotti di fronte a ragazzini con le fionde: ci uccidono per diletto."

Getto uno sguardo vacuo nella direzione dello specchio, alla ricerca di un indizio. Mulder sarebbe capace di gestire questa situazione assai meglio di me... saprebbe come parlagli e farlo parlare.

"Sto cercando di salvare delle vite." dico infine, "E vorrei riuscire ad impedire che ciò che è successo a lei possa capitare anche ad altri bambini, ad altri uomini e donne."

Lui scoppia a ridere sonoramente. "È troppo tardi, tesoro! Jason non le avrebbe mai dato il mio nome se non fosse rientrato nei suoi piani... e posso garantirle che gli obiettivi che vuole conseguire Jason non coincidono affatto con i suoi." Si china verso di me con atteggiamento da cospiratore, "Siamo fratelli di sangue, sa? Le api sono pronte ad essere liberate. Ma, per diventare il Principe Consorte, Jason deve prima liberarsi di tutti gli altri fuchi. Lui è l’unico che potrebbe avere un qualche interesse nell’annientare la concorrenza e per farlo sta operando per conto suo... e questa è la sua unica speranza, mia cara."

Si china ulteriormente ed io mi sento trascinata dentro i suoi occhi: in questo istante hanno la stessa sfumatura di mogano che avevano quelli di Mulder dopo l’esperienza con il dottor Goldstein... la prima volta che abbiamo fatto sesso.

"Io non mi preoccuperei troppo dei preservativi, se fossi in lei." mi dice, parodiando involontariamente il broncio seduttore di Mulder, "Se dovessi andarmene di qui, un giorno o l’altro, uscirebbe con me qualche volta?"

Fa un balzo in avanti verso di me ed io vorrei potergli spaccare in due la testa sul tavolo, se non fosse che il mobile è fatto di morbida plastica... di quella che si usa abitualmente per i bambini. Così lui si limita a ricascare all’indietro, deluso ma non sorpreso, e mi ride in faccia un’altra volta.

"Siamo tutti dei bugiardi. Non deve credere a nessuno di noi!"

Gli inservienti entrano nella stanza e lo trascinano fuori, nonostante lui metta in atto un’intelligente quanto perfetta tecnica di resistenza passiva... io rimango immobile, circondata dai pallidi muri imbottiti.

Sento Ian che inizia a canticchiare: "C’erano sette piccoli indiani intagliati nel legno / uno tagliò se stesso in due e solo sei ne rimasero..."

Esco a mia volta dalla stanza giusto in tempo per vedere Mulder uscire dalla stanza di osservazione accanto. Ian lo scorge immediatamente ed inizia a ridere... ed il suono della sua risata continua ad echeggiare nel corridoio anche dopo che gli inservienti se lo sono portato via.

Mulder mi lancia un’occhiata di acida sofferenza.

****

Scully mi guarda compassionevole... "povero, povero bimbo" sembrano dire i suoi occhi... il che di solito è il preludio alla sua versione personale di sesso confortante. Il motel è il primo che abbiamo trovato nelle vicinanze dell’ospedale. Mi rendo conto che abbiamo fatto un errore nel momento in cui mi ritrovo ad osservare le decorazioni in perfetto stile "anni ‘70"... arabeschi arancioni sul tappeto e sul copriletto... e mi accorgo del forte odore di fumo di sigaretta che impregna i pesanti tendaggi.

Ma anche in un simile contesto, l’idea di fare sesso per confortarmi non mi suona allettante. Anche se è sempre meglio dei Cheetos... l’unico snack rimasto nel distributore automatico.

Nel momento in cui inizio seriamente a credere di aver piantato radici nel centro della stanza, Scully mi circonda la vita con le braccia, abbracciandomi dal dietro, con le sue spalle, il suo petto e una guancia affondati nella mia schiena.

Ogni tanto ha degli slanci quasi materni nei miei confronti... nel senso convenzionale del termine. Questa volta però è diversa dalle altre... più che del dramma "della famiglia Mulder" mi sembra di essere il protagonista dello spot delle zuppe in scatola della "Campbell’s".

Non è che la cosa sia effettivamente così malvagia... è che se Scully ed io fossimo amanti per davvero ci sarebbero molti altri ruoli che vorrei assumere. Io sono il suo autista, la sua spina nel fianco, il suo giocattolo sessuale ed ora il suo bambolotto con cui giocare a fare mamma e papà. Ma io vorrei anche essere il suo servo ed il suo padrone, il suo confidente ed il suo compagno di giochi, il suo complice. Voglio essere il suo pantheon e la sua congregazione, il suo cuoco, il suo ladro, il suo partner... il suo amante. Abbiamo creato così tante scatole e regole per la gente, ma di certo un uomo come me, un uomo con la follia (il furore) di dieci uomini, può sommergere tutti questi limiti artificiali per lei. Ciò che veramente conta è l’abilità di interpretare più di un ruolo e non la quantità di ruoli assunti in una particolare notte... e spero che almeno stanotte, almeno una volta, riuscirò ad indovinare quello giusto da interpretare.

Sì, sto descrivendo un desiderio senza fine, ma vedendo le cose sotto una certa luce, penso che anche Scully vivrà per sempre.

Mi giro tra le sue braccia e la catturo a mia volta, stringendola a me come un mazzo di fiori profumati.

Il tema di stanotte è "la pelle"... lei non riesce a resistermi quando faccio scivolare le mani sotto la sua camicetta e gliela sfilo via accarezzandole la pelle. La coccolo per un po’... fintato che i sommessi mormori che provengono dalla sua gola non mi sembrano sufficienti. Le mie mani sembrano enormi contro la sua fragile ossatura da bambola: esploro ogni centrimento di pelle, tentando intilmente di decifrare quelli che sembrano quasi essere infinti messaggi in Braille. Siamo ancora uno di fronte all’altra quando lei si toglie i jeans e le mutandine e si stringe me. La sua pelle brucia come magnesio e percorro con i palmi delle mani un sentiero tortuoso, che parte dalle sue spalle, passa per i gomiti e la sua vita stretta, fino a terminare su quel miracolo di compattezza che sono le sue natiche.

Non posso fare altro fintato che siamo entrambi in piedi - è troppo bassa perché si possa fare altro - ed allora scelgo un letto a caso e ce la faccio sdraiare sopra. Lei fa le fusa come un gattino... sento il ronzio di un motore sensuale che vibra nella sua gola.

Forse ho proprio bisogno di trovarmi un animaletto da compagnia un po’ più soddisfacente del mio pesciolino in boccia: probabilmente un gattino sarebbe l’ideale per combattere lo stress.

Lei non è completamente con me, in questo momento... la sto dividendo con l’angoscioso pensiero di Ian che la assale a sprazzi... addolorandola come ho potuto vedere attraverso lo specchio segreto. Tira, arrotola, allunga e stringe... le sue mani tentano inutilmente di aprirmi i pantaloni, la sua bocca premuta contro la mia camicia la inumidisce al punto che sento l’umido contatto delle sue labbra contro la mia spalla.

Vorrei poterla allungare mettendola in trazione, così ne avrei di più di lei, abbastanza da avvilupparmi completamente così come faccio io con lei. Vorrei poterla trasformare in una bottiglia di Klein, di quelle che hanno una sola superficie continua che costituisce sia il dentro che il fuori, così da poter toccare tutto ciò che costituisce Scully.

Nel momento in cui tiro fuori l’inevitabile profilattico, tutta la mia eccitazione va a farsi friggere... la sofferenza di dover smettere di toccarla è devastante... ma basta solo che lei mi sfiori con la punta dei suoi seni, scura e zuccherina, e sono perduto. Vengo rapidamente, troppo rapidamente: entrambi vogliamo arrivare alla fine senza eccessivo trambusto, ma io ho bisogno di più da lei e lei non è riluttante in merito.

La mia lingua la percorre... viaggio dalla clavicola all’ombelico fino ad arrivare alla caviglia e la tengo stretta al punto che lei sussulta contro la mia bocca quando arrivo ai tendini dei suoi piedini. Lei viene un'altra volta, gemendo, nel momento stesso in cui prendo in bocca il suo alluce e ne sono molto fiero... non ero mai riuscito ad ottenere una simile reazione da lei così in fretta.

Mi sposto e mi porto con la testa in mezzo alle sue gambe, gustandola prima che smettano le contrazioni.

Lascio Scully abbandonata languidamente sul letto e torno all’ospedale psichiatrico. Ho ancora con me la targhetta di riconoscimento di Jason, quella falsa ovviamente, e Jason è uno di famiglia ormai: con questa e la cooperazione di un mazzetto di presidenti morti riesco ad ottenere un permesso notturno per andare a trovare Ian. L’uomo che corrompo è talmente nervoso che vorrebbe rimanere a fare la guardia davanti alla stanza di Ian... forse ha paura che lui si metta a fare l’Hannibal Lecter della situazione e mi strappi la faccia a morsi... ma io lo convinco a rimanere lontano quel che basta per inpedirgli di ascoltare la nostra conversazione.

"Ciao bellezza!" esclama Ian nel momento stesso in cui accendo la luce. È legato saldamente al suo letto con delle cinghie di cuoio e le pupille dei suoi occhi sono talmente dilatate che credo stia fluttuando come una nave cisterna in un mare di antipsicotici. Nonostante tutto, però, mi sembra ragionevolmente lucido: forse è assuefatto.

"Da quanto tempo sei al corrente della storia dei gemelli?"

Lui si morde le labbra ed inizia a sanguinare. Sopprimo a fatica l’impulso di imitarlo. Dio, tutto questo bianco manderebbe fuori di testa chiunque ed io sono particolarmente portato per questo...

"È un modo carino per salutare il fratello che non hai mai saputo di avere... come ti chiami, a proposito?"

"Mulder."

Lui si acciglia. "Non mi sembra che siano arrivati fino alla "M"..."

Finalmente qualcosa! "Non è arrivato...chi?"

"Loro... gli onnipresenti, gli invisibili." Ride, felice e beato com un bambino, mentre io rabbrividisco. "Oh, ma dai... la tua mente praticamente lo sta urlando."

Mi avvicino al letto e mi inginocchio fino a mettere pochi centimetri di distanza tra di noi. Visto da così vicino lui non è esattamente identico all’uomo che incontro al di là dello specchio tutte le mattine: le guancie sono più gonfie ed i capelli sono sporchi. Non deve essere facile lavarlo e tenerlo legato allo stesso tempo... ho idea che sia un lavoro che lo staff dell’ospedale si "dimentichi" di fare spesso e volentieri. "Riesci a leggermi nella mente?"

Un altro scoppio di risa: mi spruzza uno schizzo di saliva in faccia ed io sbatto gli occhi, sentendomi ancora una volta quel tonto credulone che tutti gli altri credono che io sia. Pensavo che Ian avrebbe per lo meno rispettato la mia larghezza di vedute, ma, come sempre, mi sbagliavo.

"La tua mente... la mia mente, chi può dirlo? Conosci la tua mente, M... no, tu devi essere "Fox", giusto? Il Federale."

"Chi te l’ha detto?" Consumarli a furia di compassione e domande incessanti... questa è la strategia prescritta. Vorrei solo essere sicuro del fatto che è un interrogatorio ciò che mi sto apprestando a fare e non una seduta di auto-analisi.

Ian si lecca il sangue dalle labbra e mi osserva. Io seguo con gli occhi il lampo rosa della sua lingua.

È sveglio abbastanza da essere già morto, se veramente lo volesse. Ma perché non è morto? Come hanno fatto a mantenerlo in vita così a lungo?

Allontana la testa da me tanto quanto gli permettono le cinghie e poi tira su col naso. Vedo che ha un neo ad un centrimetro circa sotto l’orecchio ed, istintivamente, mi tocco il mio sul collo.

La pelle è liscia, ma allo stesso tempo "non lo è", nella stessa vaga maniera in cui la luce nei sogni c’è e non c’è.

"Ho raccontato alla tua amichetta che le droghe hanno fatto fuori la mia libido tanto tempo fa." mi dice, come se stesse rispondendo ad una mia domanda, "Ma non le ho detto che hanno continuato ugualmente a prelevarmi sperma... hai mai sentito parlare dell’elettroeiaculazione? È usata sul bestiame e, a volte, su uomini ridotti allo stato vegetale o morti da poco. Non è sicuramente nota per essere fonte di piacere sessuale per antonomasia. Non per me, almeno. Jason..."

Gli pianto un dito sotto il mento e gli faccio voltare la faccia verso la mia, facendo quasi un salto per l’eccitazione improvvisa. La sua pelle, sottile e secca come carta, si arriccia sotto le mie dita ed io sussulto come se mi stessi facendo il solletico da solo. Non siamo esattamente materia e antimateria - non c’è bisogno di una vasca di contenimento - ma ciò nonostante il toccarlo mi da una sensazione di pena, di dolore. Sento scivolarmi sulla mascella dei vermetti immaginari e scuoto la testa, ma non lo lascio andare.

Con la mano gli prendo il mento e lo volto verso di me: "Parlami di Jason." gli ordino.

Lui geme come il vento tra le cime dei grattaceli. Un’immagine si apre nella mia mente: Jason, che appoggia le sue/mie mani sopra le mie/sue mani e mi dice di darglielo, di darglielo... in un mondo in bianco e nero come se fosse visto attraverso la telecamera che ora stà seguendo ogni nostro movimento. La piccola luce rossa che ci lampeggia sopra è l’unico punto di colore in quel mondo. Ti amo Ian ed il suo respiro è caldo nell’incavo del mio collo. E non mi importa di quelli ci stanno guardando, né se gli piace o meno ciò che stanno guardando... guardare è il loro lavoro.

È inevitabile, quindi rilassati e godine, Ian, io sono tuo fratello e ti amo... le sue mani sono abili e veloci ed il contrasto tra questo piacere manifesto e qualsiasi altra cosa al mondo è talmente netto che non c’è ragione per rifiutarlo. Ti amo, Ian. Mi prenderò cura di te. È inevitabile, quindi rilassati e godine, Ian, io sono tuo fratello e ti amo... le sue mani sono abili e veloci ed il contrasto tra questo piacere manifesto e qualsiasi altra cosa al mondo è talmente netto che non c’è ragione per rifiutarlo. Ti amo, Ian. Mi prenderò cura di te.

Per questo dono, l’unica cosa che mi chiede è la mia devozione, la mia salvezza e il mio amore, uno di noi due deve riuscire a uscire da qui, ed è ovvio che non puoi essere tu, devo essere io, mi dice, quindi perché non ti arrendi? Sono tuo fratello e ti amo. Mi prenderò cura di te. Per sempre.

È l’inserviente che mi solleva da terra nel momento in cui riesco a divincolarmi da lui... incapace di essere toccato da altri che non sia io. Mi rendo conto che se non fossi fresco di sesso avrei potuto avere un’erezione simultanea a quella di Ian.

Mi rialzo barcollando come un ubriaco fradicio e mi getto nuovamente su di Ian. Sotto di me il suo corpo grasso tremula come un materasso ad acqua. Prego in cuor mio che la sua mente sia ancora sintonizzata sullo stesso canale. Debolmente, sento qualcosa che si agita nella mia testa. Clikko due volte sulla directory principale e lascio che la mia mente si apra.

Scully... addormentata, i suoi capelli brucianti sul cuscino, che mi sorride in Alaska, le sue gambe fasciate da calze velate, che sistema l’archivio qualche mese dopo il nostro primo incontro e me lo fa diventare duro al punto che non riesco ad alzarmi dalla scrivania, le sue dita fredde che mi sfiorano la fronte quell’orribile settimana a Rhode Island, la sua faccia impassibile a San Diego, la curva deliziosa della sua spina dorsale, il modo elegante con cui inclina la testa, quel suo sguardo brevettato con cui mi dice: "controllati Mulder", la maniera in cui si sente vicino a me, il suo odore, ed il suo sapore, ed il modo in cui il suo respiro risuona nelle mie orecchie pochi secondi prima che lei venga, e come mi guarda dal bordo del suo portatile in un migliaio di hotel, i suoi piccoli sorrisi, il ketchup sulla sua guancia, e la sua sbuffata ironica che ho sentito più volte di quanto non riesca a ricordare...

Delle mani mi afferrano e mi trascinano via.

Barcollo fuori nel corridoio mentre l’inserviente lo ricopre con la coperta, chiama aiuto e mi spinge verso l’uscita più vicina.

Faccio una lunga camminata prima di decidermi a chiamare un taxi. Credo di aver capito qualcosa di ciò che Ian ha cercato di dirmi con quello strano... flusso-di-coscienza. La mia teoria corrente è che, a differenza di tutti gli altri cloni, Ian e Jason sono stati cresciuti insieme... giusto per vedere che cosa ne veniva fuori.

E sono quasi certo che Jason sia il gemello cannibale, solo che lui non mangia carne e non ha riassorbito le parti dell’altro gemello nel suo corpo. Nonostante ciò che pensa Melissa Ephesian, sospetto che il figlio di Bill e Tina Mulder non avesse abbastanza anima da poter essere divisa equamente in 10 parti e che quindi Jason, per poter sopravvivere, si sia divorato la parte di anima che era toccata a Ian.

E come se non bastasse deve anche aver avuto una relazione sessuale con Ian, nonostante questi sostenga di essere casto, il che tecnicamente potrebbe anche essere vero ed io lo potrei anche accettare.

Ma si sarà trattato di incesto o masturbazione?

Ian non è forte, è mio fratello.

Consideriamo pure il cannibalismo come una metafora, ma sono pronto a scommettere che Jason ha schiacciato senza pietà Ian per spianarsi la strada del successo alla Roush. Con un alter-ego nello scantinato pronto per ogni orribile esperimento potessero proporgli, Jason è stato libero di curare i propri interessi... che sono anche quelli di Ian, nonostante tutto. Non sono poi la stessa persona?

Quindi... sono anche io la stessa persona?

No. Non completamente.


continua...