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--CONCERTI--

 

"Il Corriere di Firenze" del 16/09/2006

 

"Il sole 24 ore" 29 settembre 2006
Kataweb news 30 settembre 2006
 

29 settembre 2006

 

Espanta Bruixas: spaventa streghe, ammalianti musicisti

di Giorgio Maimone

“Espanta Bruixas” in catalano sono definiti i camini disegnati da Gaudì per corredare le case di Barcellona, ossia “spaventa streghe”. Gli spaventa streghe italiani sono quattro ragazzi di Firenze (Marco Leoncini: voce e chitarre; Fabio Nesi: piano, fisarmonica e voce; Simone Fiesoli: basso; Lorenzo Stefanini: batteria e percussioni) che dopo anni di apprendistato nel campo del jazz, della musica etnica, della musica sudamericana, sono finalmente arrivati al loro primo disco, registrato nel luglio 2006: “Canti di fortuna”. Una storia come tante di gruppi che cominciano a suonare e che ci possono mettere fino a sette anni, come in questo caso, per arrivare all’esordio discografico, peraltro rigorosamente autoprodotto. Il fatto è che dai solchi di “Canti di fortuna” non esce musica normale. Chissà, forse ammaliati dal nome gli spiriti che presiedono le fortune della musica si sono seduti con pazienza ad ascoltare e sono rimasti intrappolati nella fitta rete dei fraseggi che i quattro, con l’aiuto prezioso di Gianni Dell’Anna al sax in tre brani imbastiscono lungo il crinale di 11 pezzi che rappresentano lo spartiacque virtuale tra chi fa musica “gastronomica” e chi fa musica che si può anche mangiare, ma pure vedere, annusare e perfino ascoltare. “Canti di fortuna” ti prende con l’impeto della suite (che non è), tra fughe di pianoforte, acrobazie chitarristiche, suture di sax e il tappeto presente e costante di una ritmica attenta. Non solo musica, ma la musica è prevalente: possono trascorrere quasi sei minuti prima di sentire la prima parola, ma non il canto, ché, in forma larvale, abbozzato e indefinito la voce irrompe sulla scena già fin da “Mahdia”, il brano che segue la breve “Intro” orchestrale. Dopodiché può succedere di tutto: canzoni che contengono solo due frasi, canzoni che iniziano dopo un lungo preludio musicale ed altre che finiscono con una coda infinita, come comete lanciate a solcare quei cieli. Emerge, da questo suonare, il gusto di “fare musica”, di suonare e trovare gente che possa ascoltare. E’, mutate le situazioni e gli scenari, quello che succedeva negli anni ’70, quando il progressive rock partì da esigenze analoghe e si allargò in sonate, opere rock, devastazione dei confini tra la musica “colta” e quella “incolta”, brani infiniti, perché non incapsulati e costretti nel bozzolo dei tre minuti da radio. Finché la deriva estrema di quella “rivoluzione” del costume musicale fu la caduta nel virtuosismo, nel bello fine a se stesso e quand’anche sterile. Non è il rischio che corrono i nostri “spaventa streghe” che invece si ancorano a testi e storie che hanno ascendenze importanti e declinazioni migliori: da Buzzati a Pascoli, da il Calvino dei “Sentieri dei nidi di ragno” al Giambattista Basile de “La gatta cenerentola”, tutti rivisti e reinterpretati o solo citati all’interno di canzoni che raccolgono stimoli e spunti dai migliori dei nostri cantautori: da Jannacci, a De Gregori, da Lolli a Piero Ciampi. Insomma un debutto convincente e solido, un disco che non si sfarina nemmeno all’ascolto più attento. Ascoltate “Natale 1945” o le frasi di saggezza contadina dei “Canestri di grano” (Sarà forse l'estate a portarveli via / o una donna seduta tra i filari e la strada/ e si tinge di vento questa rada foschia / mentre aspetto la pioggia lentamente che cada") o il divertito divertissement jazzato di “Elogio della “V”, intesa come la lettera dell’alfabeto che “cambia le merde / in verde / e la pagina / in vagina".
Fresco d'uscita anche il nuovo disco di Zucchero: titolo inglese (“Fly”), trama consueta. Un po’ di buona musica, già sentita altrove, qualcosa di routine, Jovanotti e Fossati a dare una mano in un paio di testi. Un disco da professionista, ma non più in grado di stupire. O almeno, che in questo album non stupisce: il vecchio leone manca la zampata. Piace di più quando in un’intervista a due voci assieme a Fossati dichiara: “io 40 euro per andare a vedere un concerto di Zucchero non li tirerei fuori”. Ricorda Bob Dylan che dice “nessun cd degli ultimi anni suona bene. Nemmeno i miei”. “Fly” è stato prodotto da un “mago” come Don Was e registrato a Los Angeles, ha come sottotitolo “Come possiamo volare con le aquile se siamo circondati da tacchini”, contiene 8 brani e si può trovare dappertutto, compreso ai supermercati. Eventualmente vengono anche a portartelo a casa. Gli Espanta Bruixas li trovi solo ai loro concerti o contattandoli su internet (espantabruixas@libero.it). Se li vai a trovare ti offrono un bicchiere di Chianti e una Fiorentina. E dell’ottima musica. Senza Zucchero.

Espanta Bruixas
Canti di fortuna
Autoprodotto - 2006

Zucchero
Fly
Universal - 2006