Benvenuto De Matteis
Introduzione: fondamenti biblici
La preghiera di Gesù si compone di una breve frase che costituisce un atto di
fede nella divinità e nella signoria di Gesù: "Signore
Gesù Cristo, figlio di Dio". Allo stesso tempo è implorazione di
perdono e misericordia: “abbi pietà di me peccatore” .
La formula sembra essere uno sviluppo del Kyrie eleison, ma “Signore pietà” ha
anche il senso dell’invocazione del dono dello Spirito .
Questa invocazione di pietà e misericordia si trova già
nei vangeli:
“La folla li sgridava perché tacessero; ma essi gridavano ancora più forte: “Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!”;
“Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore”;
Pregare facendo uso del Nome di Gesù è un'istituzione divina:
è stata introdotta non tramite un profeta o un apostolo o un angelo, bensì dal
Figlio stesso di Dio. Dopo l'ultima cena, il Signore Gesù Cristo diede ai suoi
discepoli dei comandamenti e dei precetti sublimi e definitivi; fra questi,
la preghiera nel suo Nome. Egli ha
presentato questo tipo di preghiera come un dono nuovo e straordinario,
d'inestimabile valore.
Gli apostoli conoscevano già in parte la potenza del Nome
di Gesù: per suo mezzo guarivano le malattie incurabili, sottomettevano i
demoni, li dominavano, li legavano e li cacciavano.
E' questo Nome potente e
meraviglioso che il Signore comanda di utilizzare nelle preghiere,
promettendo che agirà con particolare efficacia.
"Qualunque cosa chiederete al Padre nel mio Nome",
dice ai suoi apostoli, "la
farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa
nel mio Nome, io la
farò" (Gv 14.13-14).
"In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa
al Padre nel mio Nome,
egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel
mio Nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra
gioia sia piena" (Gv 16.23-24).
Negli Evangeli, negli Atti e nelle Lettere noi vediamo la fiducia senza limiti che gli apostoli avevano nel Nome del Signore Gesù e la loro infinita venerazione nei suoi confronti. E' per suo mezzo che essi compivano i segni più straordinari. Certamente non troviamo nessun esempio che ci dica in che modo essi pregassero facendo uso del Nome del Signore, ma è certo che lo facevano.
I primi cristiani
designano se stessi come
“coloro che invocano il nome del Signore”
(At 9,14; At 9,21; At 22,16; 1Cor 1,2; 2Tm
2,22); però il nome “Signore” non è riferito più a Jahvé ma a Gesù (cf. Fil
2,11; At 3,16+).
Questo
Nome per il
quale gli apostoli e i cristiani soffrono (cf. At 21,13; 1Pt 4,14;
3Gv 1,7) e che essi predicano (At 4,10; At 4,12; At
4,17-18; At 5,28; At 5,40; cf. At 3,6; At 3,16;
At 8,12; At 8,16; At 9,15; At 9,16; At 9,27;
At 9,28), che invocano (At 2,21;
At 4,12; At 9,14; At 9,21; At 22,16), è sempre il
nome di Gesù, inseparabile dalla sua persona (At 3,16+); nome ricevuto
nella risurrezione (At 2,36+), ossia “il nome che è
sopra ogni nome”: il nome “Signore” fino allora riservato a Dio (Fil
2,9-11+).
Secondo la mentalità
degli antichi, il nome è inseparabile dalla persona e partecipa delle sue
prerogative (vedere Es 3,14+). Così l’invocazione
del nome di Gesù (At 2,21+; At 2,38+) richiama la potenza
di Gesù (At 3,6; At 4,7; At 4,10; At 4,30; At
10,43; At 16,18; At 19,13; Lc 9,49; Lc 10,17; vedere
anche Gv 14,13; Gv 14,14; Gv 15,16; Gv 16,24; Gv
16,26; Gv 20,31). Ma tale invocazione per riuscire efficace richiede,
da parte di chi vi fa ricorso, la fede (cf. At 19,13-17; Mt
8,10+).
Nel giorno del
giudizio ci sarà salvezza o condanna a seconda che si sarà invocato o no questo
nome, si sarà riconosciuto o meno Gesù come Signore (vedere At 4,12 e
Rm 10,9).
Quando Pietro,
finito il suo discorso alla folla, subito dopo l’evento della Pentecoste,
accoglie la domanda del popolo “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”, prontamente
risponde:
Il battesimo è dato “nel nome di Gesù Cristo” (38) (cf. At 1,5+); è ricevuto “invocando il nome del Signore Gesù”.
Infine, se dare un
nome, come abbiamo già visto anche per l’A.T., è conferire una qualità reale
(cf. Ef 1,21; Eb 1,4), per Gesù questo nome è quello di “Signore”
(v. 11); o più profondamente, il nome divino ineffabile che, nel trionfo del
Cristo risuscitato, si “esprime” con il titolo di “Signore” (cf. At
2,21+; At 3,16+).
Al di là dei vangeli e degli scritti
neotestamentari, possiamo rintracciare un primo cenno all'importanza del
Nome di Gesù nel Pastore di Erma (prima metà del II
sec.):
“Il nome del Figlio è grande e immenso ed è lui che
sostiene il mondo intero” .
Evoluzione storica e aspetti pratici
Rispetto alla invocazione del Nome praticata dai primi
cristiani, la "preghiera di Gesù", come la conosciamo oggi, assume un aspetto particolare per
il suo legame ad una tecnica respiratoria e a un metodo di concentrazione mentale.
Nella Vita di Antonio, scritta da sant’Atanasio nel IV sec., è riportata la pratica della preghiera monologica (preghiera composta di una sola formula o parola).
Cassiano, a sua volta, riprendendo il concetto di preghiera pura di Evagrio parla invece di oratio ignea per significare una una "preghiera continua e infuocata":
|
Nella tradizione occidentale, Sant’Agostino
parlando di queste preghiere ne riporta le seguenti caratteristiche:
frequenti, molto
brevi, quasi lanciate rapidamente (quodammodo
iaculatas: da qui l’espressione
orazione
giaculatoria).
Ritornando invece al monachesimo d'oriente, già dal V sec. troviamo un certo numero di testi che dimostrano l’importanza del nome di Gesù nelle giaculatorie usate dagli asceti: questa invocazione ha la potenza di esorcizzare i demòni e di scacciare i logismoi, i pensieri, e di mantenere nel ricordo di Dio. Fra di essi troviamo i grandi maestri sinaitici: Nilo di Ancira (o il Sinaita), Diadoco di Fotica, Giovanni Climaco ed Esichio.
Attribuito a Nilo dalla Filocalia è il
Discorso sulla preghiera
dove giunge a
dire:
“Colui che prega in Spirito e Verità non celebra più
il creatore a motivo delle sue creature, ma lo canta traendo la lode da lui
stesso.
"Se sei teologo pregherai veramente. E se preghi
veramente sei teologo”.
Diadoco, vescovo di Fotica (458 ca.) nella sua opera,
Discorso ascetico diviso in cento capitoli
pratici di scienza e discernimento spirituale offre impareggiabili
insegnamenti ascetici e consigli sulla preghiera pura che possono essere
considerati la base di tutto l'insegnamento esicastico successivo:
Eccone alcuni: "Gli spiriti del male soggiornano nelle regioni attorno al cuore e non vogliono che ciò sia ritenuto vero dagli uomini, temendo che la mente si armi contro di loro nella sua invocazione di Dio" "La mente è resa fertile dall'opera dello Spirito che fa erompere in lei una sorgente di amore e di gioia. [...] Non c'è dubbio che quando la mente è sotto l'azione della luce divina diventi del tutto chiara cosicchè, essa stessa, possa vedere l'abbondanza della sua luce" Quando avremo col pensiero di Dio chiuse tutte le possibilità di divagazione alla nostra mente, allora essa ci richiede, in modo assoluto, un impegno che soddisfi le sue esigenze di azione. Bisogna, a questo punto, darle l'invocazione del "Signore Gesù" Contempla questa parola, perla preziosa nei tuoi scrigni, e non seguire altra immaginazione. Chiunque fissa senza tregua, negli intimi recessi del cuore, questo nome glorioso, può riuscire a contemplare la luce della sua mente. Tenendo saldo nella mente, con ferma sollecitudine, questo nome, consuma, in un sentimento intenso, ogni inquinamento dell'anima. Quel nome glorioso e desiderato dimorando a lungo, mediante l'evocazione mentale, nel fervore del cuore, fa sorgere in noi la costante tendenza ad amarne la bontà, senza che niente vi si opponga ormai più. E' questa la perla preziosa che dobbiamo acquistare vendendo i propri beni per avere, trovandola, una gioia ineffabile. "Non bisogna dimenticare che esiste una preghiera al di sopra di tutta la vastità della contemplazione dei misteri divini; essa è concessa a quelli che con tutte le capacità percettive e con un senso d'illimitata plenitudine comunicano alla Grazia divina" "Il fuoco sacro inebria l'uomo intero di un amore senza limiti e di una gioia senza fine" "Chi vuole portare il cuore a perfetta purificazione, lo infiammi costantemente con l'invocazione del "Signore Gesù", facendo di essa l'unica sua preoccupazione e la sua pratica costante" Quando ci si vuole liberare dalla corruzione non basta pregare ogni tanto, è necessario essere sempre impegnati nella preghiera, mediante la vigilanza cosciente sulle proprie forze mentali, anche quando siamo lontani dalla casa riservata all'orazione" “chi vuole purificare il proprio cuore, lo infiammi perpetuamente con il ricordo del Signore Gesù, avendo questo solo come studio e opera incessante”
“Se
poi, in seguito, l’uomo comincia a progredire con l’osservanza dei precetti e
invoca
incessantemente il Signore Gesù,
allora il fuoco della santa grazia si distribuisce anche ai sensi esteriore del
cuore a consumare interamente la zizzania della terra umana”.
|
In qualche modo la formula della preghiera di Gesù
comincia a prendere forma e a presentare un abbozzo di tecnica.
Sempre fra i sinaiti, troviamo Barsanufio e Giovanni, contemporanei di Diadoco: di loro ci è pervenuta una raccolta di lettere, di consiglie e istruzioni spirituali indirizzate a varie categorie di persone.
Un suggerimento di Giovanni contro le tentazioni consiste
non tanto nell’affrontarle (metodo adatto per i “forti”), quanto nel
rifugiarsi nel nome di Gesù:
“A noi deboli, non rimane che rifugiarci nel nome di Gesù”.
Molto interessante un testo di un altro sinaita, Giovanni Climaco (VI-VII sec.), in cui il ricordo di Gesù, inteso come attualizzazione della sua presenza, diviene anche la forma della preghiera stessa:
L'esichia fisica consiste nel
saper sistemare i comportamenti e i relativi nostri sentimenti. Quella
spirituale è disciplina sistematrice dei pensieri e custodia inviolata della
mente. Ama l'esichia il pensiero vigoroso e conciso, sempre vigile alla porta
del cuore per eliminare o respingere quelli che dall'esterno vorrebbero in esso
irrompere. Chi ha l'esichia nel senso del cuore sa quel che voglio dire. Uno
ancora bambino inesperto non può né gustarlo né conoscerlo. Il perfetto esicasta
non avrà bisogno di altre parole, perché illuminato sulle ragioni delle cose.
“L’esichia consiste nello stare in continua adorazione del Signore, sempre alla
sua presenza, con il ricordo di Gesù aderente al suo respiro; allora
potrai toccare con mano i vantaggi dell’esichia”.
Con Giovanni, dunque, comincia ad affermarsi l’idea di
“collegare” la preghiera con il respiro.
Le Centurie,
erroneamente attribuite ad Esichio, sono un altro
testo fondamentale della preghiera di Gesù:
“Che il ricordo di Gesù sia unito al tuo respiro ... e
a tutta la tua vita”.
L’aggiunta è molto importante perché significa che
tutta la vita deve essere orientata al “ricordo di Gesù”
ed è sempre in questo scritto che per la prima volta si parla di “preghiera di Gesù”, una
preghiera collegata al respiro e che purifica e unifica lo spirito. Ne nasce un
dialogo con il Maestro interiore, Cristo stesso, che fa conoscere al cuore la
sua volontà: il fine della preghiera è questo ascolto e l’invocazione ci
permette di “partecipare al santo nome di Gesù”.
Anche Filoteo il Sinaita (o di Batos, monastero del Monte
Athos, XIII sec.), erede di Climaco, in un brano contenuto nei
Quaranta capitoli di sobrietà (17), anticipa in un
certo senso lo sviluppo dell’esicasmo, dove la preghiera di Gesù viene associata
alla percezione di una luce sovrannaturale:
“La sobrietà purifica luminosamente la coscienza. E quando questa è purificata, è come quando una luce nascosta improvvisamente risplende e scaccia una grande tenebra; quando questa è stata scacciata per una sobrietà vera, prolungata e genuina, la coscienza mostra di nuovo le cose nascoste.
Attraverso l’intelletto, la luce bramata insegna con la sobrietà il
combattimento invisibile, la battaglia spirituale, e come bisogna scagliare le
lance nel duello solitario, ferire con i pensieri, come con dardi ben assestati
- in modo che non sia invece l’intelletto ad essere segretamente colpito dai
dardi scoccati contro Cristo, luce serena, anziché contro la tenebra funesta.
Chi ha gustato quella luce ha compreso ciò che dico. Gustare di questa luce
ancor più estenua l’anima che ne è nutrita; ed essa non ne è mai sazia:
anzi, quanto più ne mangia, tanto più ne ha fame. È una luce che attira la
mente come il sole gli occhi; e che - essendo inesplicabile e spiegata non da
parole, ma dall’esperienza di chi ne è colpito (o ferito, piuttosto) - mi
costringe al silenzio”.
Nel X sec. incontriamo Simeone il Nuovo Teologo, il grande mistico bizantino, al quale era stato attribuito il primo trattato sul metodo esicasta di preghiera: Metodo per la santa preghiera e l’attenzione. La critica lo pensa comunque contemporaneo a Niceforo (XIV sec.): alcuni attribuiscono l’opera al Niceforo stesso, altri ad uno Pseudo-Simeone il Nuovo Teologo.
Nella
Vita di
Simeone il Nuovo Teologo, scritta da Niceta Stethatos, viene riportata una
importante testimonianza sulla esperienza contemplativa di questo monaco del famoso monastero Studion di
Costantinopoli:
“Una notte, mentre era in preghiera, lo spirito
purificato unito allo Spirito Santo, vide una luce dall’alto che gettava
all’improvviso i suoi raggi su di lui; una luce reale e grandissima che
rischiarava tutto e rendeva tutto chiaro come il giorno. Illuminato da questa
luce, gli sembrò che tutta la casa e la cella dove si trovava fosse svanita in
un istante e in un istante si fosse annientata, ch’egli stesso fosse rapito in
aria e avesse dimenticato interamente il corpo. In questo stato - com’egli
stesso diceva e scriveva ai suoi confidenti - fu riempito di una grande gioia e
inondato di grandi lacrime e, ciò che è strano in questo meraviglioso evento,
è il fatto che, non ancora iniziato a simili rivelazioni, nel suo stupore
gridava a voce alta e senza tregua: “Signore, abbi pietà di me!”, come si
rese conto appena ritornato in sé; giacchè in quel momento ignorava del tutto
che la sua lingua parlasse e la sua parola fosse udita da altri... Molto tardi,
essendosi questa luce a poco a poco ritirata, egli si trovò nel suo corpo e
all’interno della sua cella e notò che il cuore era pieno di una gioia
inesprimibile e la bocca pronunciava ancora ad alta voce: “Signore, abbi pietà
di me!”.
Dalla seconda metà del XIII sec. e nel XIV, il Monte
Athos è il luogo di una particolare rinascita e fioritura dell’ideale
esicasta della pura contemplazione e della vita eremitica. Risalgono a questo
periodo le prime descrizioni dettagliate della tecnica psicosomatica associata
alla preghiera di Gesù. Autori fondamentali di
queste opere sono Niceforo,
Massimo il Kausohalyba,
Teolepto di Filadelfia,
Gregorio il Sinaita e, come detto sopra, lo
Pseudo-Simeone il Nuovo Teologo.
Questo metodo suppone comunque e sempre una preparazione
ascetica: assenza di preoccupazioni e pensieri circa cose ragionevoli e irragionevoli (
l’amerimnia ), una coscienza pura e la libertà da tutte le passioni
e attaccamenti.
Inoltre sono richieste le seguenti condizioni esteriori:
- una cella tranquilla;
- un atteggiamento del corpo:
sedere su un piccolo
sgabello (25 cm. circa), con la barba (o il mento) appoggiata sul petto, lo sguardo fissato
sull’ombelico e rimanere in questa posizione nonostante il dolore che essa può
causare.
Questo esercizio richiede anche:
- un controllo del respiro
che va rallentato;
- una esplorazione mentale
nel profondo della propria "anima" alla
ricerca del “cuore”, che accompagna (e precede) il
controllo del respiro;
- l’invocazione ripetuta e perseverante del nome di Gesù.
Di buon mattino mettiti a sedere su uno sgabello alto un palmo; dirigi il pensiero dal dominio della mente sul cuore e costringilo a rimanervi. Curvo laboriosamente, mentre il petto, le spalle e la nuca ti faranno male, grida con perseveranza e col pensiero e con l'anima: "Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me". In seguito, se per la posizione forzata, o dalla noia provocata dalla sosta prolungata sulla stessa formula porta il tuo pensiero sull'altra forma dell'invocazione e ripeti: "Figlio di Dio abbi pietà di me!". Ripeti questa formula numerose volte, evita, per indolenza, di cambiarla troppo spesso, le piante trapiantate con frequenza non attecchiscono.
Controlla il
respiro dei polmoni, in modo da non
respirare nel consueto modo. Poiché il soffio dei respiri incontrollati che
sale dal cuore oscura la mente e agita l'anima, la dissipa, l'abbandona alla
distrazione, oppure le fa passare davanti ogni sorta di immagini
indirizzandola insensibilmente verso ciò che non è bene. Non ti turbare
se vedi sorgere l'impurità degli spiriti malvagi e prender forma nel tuo
pensiero; come pure non dare attenzione ai buoni pensieri che ti si possono
presentare. Tieni salda la mente nel cuore, domina la respirazione, e
ripeti senza stancarti l'invocazione al Signore Gesù; ben presto
brucerai e dominerai questi pensieri, fustigandoli invisibilmente col Nome
divino. Giovanni Climaco dice: "Col nome di
Gesù fustiga i nemici. Non c'è arma più forte, nè in cielo nè in terra".
(Gregorio
Sinaita:
Guida all'esichia e alla preghiera di
Gesù) |
Il metodo esicasta subirà una decisa critica da
parte del greco-calabrese Barlaam, ma troverà un suo difensore in
Gregorio
Palamas, che ne approfondirà ulteriormente l'aspetto antropologico e
pratico. Un dato importante della
concezione di Gregorio Palamas è che il corpo non è cattivo in sé, può
aiutare lo spirito nella preghiera, e, trasformato dall’azione della grazia,
partecipare delle "energie" di Dio e divenire tempio di Dio.
Un accenno è doveroso anche per Massimo il Kausohalyba e
Teolepto di Filadelfia. Il primo, innamorato della vita solitaria (al punto di
incendiare - caiw - più volte la propria capanna -
calubh - per
difendere la sua solitudine), raccontava di aver chiesto alla Vergine la grazia
della “preghiera spirituale”. Mentre
era dinanzi ad un’icona della Madonna, provò nel petto una sensazione di
calore e di dolcezza e cominciò a pronunciare la preghiera di Gesù.
Massimo univa il
ricordo di Gesù a quello di Maria, ma purtroppo non ne conosciamo le
modalità concrete.
Teolepto di Filadelfia nella sua famosa opera,
Discorso
che espone l’attività nascosta in Cristo e mostra in breve la fatica della
professione monastica
ci offre i seguenti suggerimenti
pratici e spirirtuali:
“Sedendo nella casa, ricordati di Dio, elevando
l’intelletto da tutte le cose; prostrati a lui in silenzio, riversa davanti a
lui tutto il tuo cuore e aderisci a lui con l’amore. Giacché il ricordo di
Dio è contemplazione di Dio, che attira a sé lo sguardo e il desiderio
dell’intelletto e lo circonda con i raggi della sua luce”
;
“La preghiera pura, unendo a sé intelletto, ragione e
spirito, fissa seza distrazione con la ragione il nome, con l’intelletto il
Dio invocato e con lo spirito manifesta la compunzione, l’umiltà e la carità;
così scongiura la Trinità che non ha principio, il Padre, il Figlio e lo
Spirito santo, il Dio unico”.
Nel XIV sec. incontriamo Callisto e Ignazio,
monaci al Monte Athos, che scriveranno il
celebre trattato:
Metodo
e canone rigoroso - con l’aiuto di Dio - attestato per quelli che hanno scelto
la vita esicasta e monastica , un testo in cui si trova una messa a punto del metodo di
preghiera di Gesù e della vita esicastica.
Si raccomanda: - una cella oscura, perché la vista disperde lo spirito; - la
ripetizione della preghiera “Signore Gesù Cristo,
Figlio di Dio, abbi pietà di me!” sincronizzata con il respiro: con la prima
parte lo spirito si slancia verso il Signore, con la seconda rientra in se
stesso; la formula espressa in questo modo è consigliata ai principianti, ma
successivamente la si può ridurre anche a una parte sola, al solo nome di Gesù; - il tempo da dedicare a questa preghiera è indicato in 3
ore e mezza al giorno: 1 ora al tramonto, 1/2 ora dopo compieta; 1 ora al
risveglio; 1 ora dopo la recita di quelle che noi oggi chiamiamo Lodi mattutine. |
Nonostante l’attenzione dedicata alla formulazione di un metodo di preghiera, gli autori non incorrono mai nell’errore di considerare questi elementi tecnici come il fine ultimo : si tratta semplicemente di un aiuto, ma il contributo più importante, senza il quale non vi può essere vera preghiera, è la grazia di Dio.
I secoli XV al XVIII . costituiscono un periodo in cui
questa preghiera sembra dimenticata, ma alla fine del sec. XVIII, la chiesa greca conosce un
notevole risveglio con Nicodimo
Aghiorita e Macario e sono proprio essi che pubblicano la
famosa Filocalia, una raccolta di testi particolarmente
importanti relativi alla preghiera di Gesù e alla vita esicasta.
Secondo Nicodimo, è fondamentale l’importanza del distacco dalle realtà esteriori, ponendo molta cura nel “difendere” i propri sensi, ma anche la propria immaginazione, imparando a entrare in se stessi, nel proprio cuore. Questo atteggiamento contemplativo non è “inattivo”: è necessario ripetere la preghiera di Gesù, mettendo in essa tutta la fede, la volontà, la forza e l’amore di cui si è capaci.
È estremamente interessante come venga indicata una
pronuncia della formula “Signore Gesù Cristo, Figlio
di Dio, abbi pietà di me!”, alla quale segue un
momento di silenzio in cui si trattiene il respiro perché la preghiera sia
ripetuta dal “verbo interiore”.
I frutti di questa orazione sono il distacco dalle cose
sensibili, l'umiltà, la contrizione, il dono delle lacrime, unaq chiara visione di se stessi “come
dinanzi ad uno specchio”, una purezza perfetta, una gioia interiore ineffabile.
La pratica della preghiera a Gesù si diffonde in Russia nel XVIII sec. In questo periodo viene realizzata la prima traduzione della Filocalia, a cura dello starets Paisij Velichkovskij.
Serafino di
Sarov, uno dei santi russi più amati, si forma anche sulla Filocalia e raccomanda l’esercizio della preghiera di Gesù.
Cosi egli
scrive:
Questo
rientrare dell'anima in se stessa è una croce sulla quale l'uomo deve
stendersi con le sue passioni e i suoi desideri. Per ricevere e sentire in sé la luce del Signore, bisogna sottrarsi il più possibile a tutte le cose visibili. Quando, in una fede intensa nel Crocifisso, si è riusciti a purificare la propria anima con la penitenza e le opere buone, bisogna chiudere i propri occhi di carne, far scendere la mente nel cuore e invocare incessantemente il Nome di nostro Signore Gesù Cristo: « Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me! » Allora, a seconda della misura del proprio slancio e del proprio amore
per il
Diletto, nell'invocazione del suo Nome l'uomo trova un rapimento che suscita
in lui la volontà di ricercare l'illuminazione suprema. |
Teofane il Recluso, il più conosciuto tra gli asceti russi, procede alla stesura di una monumentale Dobrotoljubie, che presenta però una diversa scelta dei testi rispetto alla Filocalia di Nicodimo e Macario.
Famosi sono i suoi Consigli pratici sulla preghiera di Gesù:
La pratica della Preghiera di Gesù è
semplice. Rimani alla presenza del Signore con l’attenzione nel cuore e
invocalo: “SIGNORE GESU’ CRISTO,
FIGLIO DI DIO, ABBI PIETA’ DI ME!”
L’essenziale non sta nelle parole, ma nella
fede, nella contrizione e nella sottomissione al Signore. Con questi
sentimenti si può stare davanti a Dio anche senza parole ed essere
ugualmente in preghiera.
Impara a praticare la preghiera della
mente nel cuore. La Preghiera di Gesù è infatti una lampada ai nostri passi
e una stella che ci guida sulla via del cielo, come insegnano i santi
Padri nella
La preghiera esteriore da sola non è
sufficiente, Dio presta attenzione alla mente: perciò quei monaci che non
conciliano la preghiera interiore con quella esteriore non sono monaci, sono
simili a legna bruciata. Il monaco che non conosce o che ha dimenticato la
pratica della Preghiera di Gesù non porta il sigillo di Cristo. I libri non
possono insegnarci la preghiera interiore, possono solo farci vedere alcuni
metodi tecnici per praticarla. E' necessario invece recitarla con
perseveranza.
Pregare consiste nel rimanere spiritualmente
di fronte a Dio nel nostro cuore, nella glorificazione, nel ringraziamento,
nella supplica e nella contrizione: tutto ciò dev'essere spirituale. La
radice di ogni preghiera è il timore di Dio: da esso nasce la fede in Dio,
la sottomissione a Lui, la speranza in Lui e l'attaccamento a Lui con
sentimento di amore, dimenticando tutte le cose materiali. Quando la
preghiera è efficace, tutti questi sentimenti e moti spirituali sono
presenti nel cuore con tutto il loro vigore.
Come può aiutarci in questo la Preghiera di
Gesù? Attraverso la sensazione di calore che si sviluppa nel cuore e
attorno ad esso come effetto di questa Preghiera.
L'abitudine alla preghiera non si crea
improvvisamente, ma richiede un lungo lavoro e una paziente fatica.
La Preghiera di Gesù, e il calore che
l'accompagna, sono il miglior aiuto alla nascita di questa abitudine alla
preghiera. Bada però che questi sono i mezzi, non la cosa in sé.
E' possibile che esistano sia la Preghiera di
Gesù che la sensazione di calore senza che ci sia la vera preghiera. Ciò è
realmente possibile, per quanto strano possa sembrare.
Quando preghiamo dobbiamo tenere la mente di
fronte a Dio e pensare unicamente a Lui; ma altri pensieri continuano a
farsi strada nella mente e la distraggono da Dio. Per insegnare alla mente a
rimanere concentrata su una cosa i santi Padri usavano brevi preghiere e
prendevano l'abitudine di recitarle incessantemente. Questa ripetizione
incessante di una breve preghiera fissa la mente nel pensiero di Dio e
disperde tutti i pensieri inutili. I Padri usavano diverse preghiere brevi,
ma la Preghiera di Gesù si è affermata in modo particolare ed è certamente
la più usata:
Ecco cos'è la Preghiera di Gesù: è una delle
tante preghiere brevi, verbale come le altre, il suo scopo è di
concentrare la mente unicamente nel pensiero di Dio. |
Tuttavia è con l’opera Racconti di un pellegrino russo che si diffonde la preghiera di Gesù.
Vi sono molte ipotesi circa l’origine di questa opera, ma molte rimangono le
domande senza risposta: tuttavia, si può essere quasi certi che si è trattato
di una esperienza vissuta.
Si tratta di un cammino spirituale di un pellegrino che
dopo aver udito l’invito paolino, “pregate incessantemente” , vuole
comprendere come ciò sia realizzabile. Uno starets lo aiuta in questa ricerca e dopo
avergli indicato la preghiera di Gesù, gli spiega alcuni passi della Filocalia, che poi diventerà sua
compagna inseparabile, per indicargli un metodo.
Lo starets
riprende il trattato di Simeone il Nuovo Teologo, indicando
la necessità del
silenzio e della solitudine, la posizione del corpo, il controllo del respiro,
la mente orientata al cuore, la ripetizione della preghiera di Gesù,
sforzandosi di evitare ogni pensiero estraneo .
Il pellegrino giunge a ripetere, invocare, la preghiera di Gesù 12.000 volte al giorno; successivamente la preghiera si ripete quasi da sola, al ritmo del battito del cuore e lui stesso la pronuncia con questo ritmo:
al primo battito, Signore,
al secondo Gesù,
al terzo Cristo, e via di seguito (vedi: B. De Matteis: Raccolta delle principali tecniche della preghiera di Gesù).
Successivamente
il pellegrino si mette alla ricerca del centro del cuore, cercando di dirigere
il suo sguardo verso il centro di se stesso, così come lo starets gli aveva insegnato. E a sua
volta - ed è emblematico - lo trasmetterà a un compagno di viaggio .
B. De Matteis