Da questo foglietto così lungo e vasto ciascuno dovrebbe saper raccogliere gli spunti e i particolari che più lo hanno colpito per portarseli dietro nei vari impegni della settimana santa, così da viverli in prima persona e non da semplice spettatore. Non è necessario capire tutto e neanche leggere tutto (le singole parti sono autonome)! Abbiamo inserito tante citazioni e le indicazioni dei versetti per invitarvi a prendere in mano la bibbia.

SettimanaSanta

attraverso la Liturgia

decorazione dall'Haggadah di Sarajevo

"Questa pagina non è in ordine come vorrei, però la Settimana Santa è ormai iniziata...": così scrivevo l'8/IV/2001 promettendo che avrei continuato a lavorarci nei giorni seguenti (Pasqua cadeva il 15). Il 26/IV/2001, dopo una lunga serie di piccole modifiche, concludevo "credo proprio che rimarrà così fino alla prossima pasqua!". Solo un paio di anni dopo, nel pomeriggio di pasqua del 2003, ci ho rimesso mano per correggere, documenti alla mano, molte piccole imprecisioni sullo svolgimento dei riti. Ma la vecchia promessa non è mai stata disattesa: le riflessioni maturate nel frattempo si trovano infatti fra gli appunti (molto) sparsi sulla Pasqua.

La Settimana Santa inizia con la domenica delle Palme. Tutto il nostro itinerario quaresimale deve sfociare in questa settimana che ci accompagna negli ultimi giorni prima della Pasqua: per capirne l'importanza e la centralità pensiamo che la Chiesa ha voluto che fosse preparata da ben 40 giorni di preghiera e riflessione, senza contare che tutto l'anno liturgico converge ed è riassunto nella veglia pasquale che celebreremo insieme la notte di sabato.

Già due settimane prima, con la domenica laetare che scandisce la metà della Quaresima (come un breve pianoro che ci fa tirare il fiato prima della salita finale!), siamo stati invitati a fare un po' il punto del nostro cammino quaresimale; così anche la domenica delle Palme deve essere un momento di gioia e riflessione in vista della Pasqua vicina: abbiamo trascorso una Quaresima di piccoli sacrifici, di maggior attenzione verso genitori, amici e verso la nostra comunità cristiana? Abbiamo svolto con adesione vera il servizio a cui siamo stati chiamati? Siamo stati attenti alle nostre azioni? Ci siamo lasciati un po' guidare dal Signore? Ci siamo ricordati di Lui, anche solo con una visita in chiesa o un segno di croce? Abbiamo scandito la nostra giornata con la preghiera, almeno mattina, sera e magari mezzogiorno, o siamo rimasti impantanati nelle nostre occupazioni, fra compiti, amici, sport, senza un piccolo pensiero a chi ci ha donato il tempo per fare tutte queste belle cose?

Se la nostra Quaresima non è stata così forte, a maggior ragione lasciamoci, una volta tanto, afferrare dalla Settimana Santa: giorno per giorno ci prende per mano e ci avvicina alla Pasqua, ci propone momenti di purificazione (la confessione), ascolto (la passione, le letture della veglia pasquale), silenzio e meditazione (la veglia di giovedì, la giornata di sabato), rievocazione (la processione delle Palme, la via crucis di venerdì sera), celebrazione (le liturgie del triduo), infine di gioia ed esultanza... finalmente è Pasqua, la realizzazione della salvezza dal peccato e dalla morte!

Si tratta di metterci al seguito di Gesù, di rispondere alla sua chiamata: accompagnarlo gioiosamente con i canti al suo ingresso a Gerusalemme, cenare con Lui condividendo lo stesso pane con i nostri fratelli, vegliare con Lui sul monte degli ulivi, assistere al suo arresto, ascoltare in silenzio (come nascosti dietro una colonna nella vasta sala del palazzo del governatore) il dialogo con Pilato, salire con Lui al Calvario (costretti a portare la sua croce, come il Cireneo, o muti o gridanti dalla folla), sostare adorando innanzi alla croce piantata nella nuda terra... per condividere poi anche il trionfo, la risurrezione!

Domenica delle Palme

e della Passione del Signore

La domenica delle Palme ci prepara molto bene a vivere intensamente e attivamente la settimana santa: nella liturgia gioia e dolore coesistono prefigurandoci il mistero pasquale. Gesù è proclamato dalla folla come il Cristo (che signigica 'unto, consacrato') cioè il Messia tanto atteso in ebraico: ed Egli è realmente colui che può, Lui solo, colmare l'attesa degli uomini, dando loro il pegno della speranza nella fede. Ma la fede (cioè l'adesione a Gesù, il credere) è qualcosa di più concreto e più profondo: sappiamo come, poco dopo, sia cambiato l'umore della folla e lo leggeremo nel vangelo all'interno della Messa! Proprio questo vangelo si interromperà bruscamente, lasciando Gesù "sconfitto" nel sepolcro. Questo atteggiamento di sospensione ci deve accompagnare nella prima parte della settimana santa, fino all'inizio del triduo.

Per la meditazione...

Momento chiave della liturgia è la processione che precede la messa: è un segno di gioia e di festa che da rievocazione storica (il ricordo della folla acclamante) diventa ringraziamento a Gesù che umilmente va incontro alla morte per salvarci.
Per commentare questo momento ricorriamo ad alcuni passi della Scrittura. Nel salmo 118 (117) troviamo:

24Questo è il giorno fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo in esso.
26aBenedetto colui che viene nel nome del Signore.
27bOrdinate il corteo con rami frondosi fino ai lati dell'altare.
29Celebrate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.

Nel vangelo di Matteo, capitolo 21, letto prima della processione nell'anno A troviamo:

9La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava: "Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli".

E' tratto da questo versetto di Matteo il ritornello del canto processionale (e anche parte del Santo che cantiamo dopo il prefazio in ogni messa). Negli anni B e C del ciclo liturgico sono letti rispettivamente i brani paralleli (cioè che narrano lo stesso fatto) di Marco [Marco 11,9-10] e Luca [Luca 19,28-48].

38[la folla esultava] dicendo: "Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli". [Luca 19]

Ma che significa? Che vuol dire "osanna"? "Osanna" è un'espressione ebraica trascritta più o meno fedelmente in greco e poi in latino e quindi in italiano, e significa "ti prego, dona la salvezza". Nell'antico testamento, la troviamo proprio in un versetto del bellissimo salmo 118 che (nella bibbia CEI) è tradotto così:

25Dona, Signore, la tua salvezza,
dona Signore la vittoria!

A questa acclamazione i sacerdoti ebrei rispondevano:

26Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.

I sacerdoti benedivano dunque il popolo, dopo che era stato invocato l'intervento di Dio. Così anche noi oggi, dopo più di 2000 anni, con la nostra acclamazione invochiamo e speriamo la benedizione del Signore: questa benedizione nel nuovo testamento è proprio la salvezza che Gesù ci dona morendo sulla croce e risorgendo!

Approfondimento Gesù arriva a Gerusalemme da Gerico (da est), e quando ormai è a pochi chilometri (3-4 km, si trova vicino ai due villaggi di Betfaghe e Betania) invia due discepoli a prendergli un'asina. L'asina richiama la profezia di Zaccaria 9,9 e vuole così ricordarci che Gesù sì, è re, ma non un re ricco e potente, bensì re povero e umile. Questo doveva far capire agli ebrei di allora che egli non veniva a Gerusalemme per instaurare una nuova monarchia e liberare la Giudea da Roma. Gesù entra dentro le mura di Gerusalemme e subito la folla stende i mantelli sulla sua strada (pensiamo al tappeto rosso con cui si ricevono le personalità) e agita fronde in segno di gioia. Questi gesti (come pure il grido "osanna") si fanno solo in presenza di un re [vedi ad es. 2Re 9,13]: la folla quindi 'incorona' re (= Messia) Gesù. Inoltre, con il grido "figlio di Davide" (cioè discendente del re per eccellenza, Davide) riconosce la legittimità di questo nuovo regno. Gesù poi [Matteo 21,12] si reca subito nel cuore della città, il tempio, per cacciarne i venditori e i cambiavalute (sotto il portico dell'atrio dei gentili). I cambiavalute cambiavano il denaro 'pagando' in moneta ebraica, l'unica che si poteva usare per le offerte.

Per la Liturgia...

Preparazione: sono necessari croce (adornata con un ramo di ulivo), candelieri, turibolo, secchiello (il recipiente colmo di acqua santa in cui si intinge l'aspersorio per benedire i rami d'ulivo). Il colore liturgico è il rosso.

Benedizione degli ulivi e processione: il rito si apre con il saluto del celebrante seguito da un'esortazione che condensa un po' tutto quello che abbiamo detto finora:

Fratelli carissimi, questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando con la penitenza e con le opere di carità fin dall'inizio della Quaresima. Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione. Accompagnamo con fede e devozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chiediamo di seguirlo fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione.

Poi con questa orazione vengono benedetti i rami d'ulivo innalzati:

Dio onnipotente ed eterno, benedici questi rami d'ulivo, e concedi a noi tuoi fedeli, che accompagnamo esultanti il Cristo, nostro Re e Signore, di giungere con lui alla Gerusalemme del cielo. Egli vive e regna...

Ora viene letto il vangelo di Matteo 21,1-11 (anno A), Marco 11,1-10 o Giovanni 12,12-16 (anno B), Luca 19,28-40 (anno C).
Dopo viene avviata la processione verso la Collegiata, guidata dal celebrante. Cantiamo tutti il nostro "Osanna"! Vengono alternate parti dal salmo 147 (dal versetto 12 "Glorifica il Signore Gerusalemme, loda il tuo Dio, Sion").
Arrivati in chiesa, comincia la celebrazione eucaristica.

Liturgia della Parola:
Isaia 50,4-7
Salmo 22 (21) rit.: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?"
Filippesi 2,6-11
Passione secondo Matteo 26,14—27,66 (anno A)
Passione secondo Marco 14,1—15,47 (anno B)
Passione secondo Luca 22,14—23,56 (anno C).

Dal brano della lettera di San Paolo ai Filippesi vorremmo riportare queste bellissime parole:

7[Cristo] spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo 8e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana,umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte a alla morte di croce. 10Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome.

E non sono solo semplici parole, ma parole che descrivono un fatto vero, una testimonianza dell'amore del Padre!

Durante la lunga e dialogata lettura della Passione, cerchiamo di sentirci là, in piedi, fra la folla che circondava Gesù, chi bestemmiando, chi tacendo, incapace di reagire. Anche noi apparteniamo a questa folla: sotto i nostri occhi (in televisione, sulle riviste, ma anche sulle strade e nelle nostre piazze) c'è chi ha sete come Gesù, chi è privo di una tunica come Lui, chi è oppresso sotto il peso di una croce, chi muore come Lui. Eppure stiamo solo a guardare: o critichiamo o stiamo zitti. La lettura della Passione invece ci invita proprio a riconoscere in Gesù il figlio di Dio proprio nel momento della sua morte in croce, proprio nel momento della sconfitta. L'insuccesso e il dolore di Cristo fanno parte della storia della Salvezza, come pure le sofferenze degli uomini. Questa verità è sconvolgente: dobbiamo accettarla scegliendo di seguire Gesù, senza cercare di ignorarla con indifferenza. La morte di Gesù è un evento chiave che divide le coscienze:

27,51ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono.

Di fronte a questo spettacolo cerchiamo di farci prendere anche noi da un po' di timore, così da essere più pronti nella fede, e assieme al centurione ammettiamo:

54b"Davvero costui era Figlio di Dio!".

Approfondimento
Anno A Figlia di Sion [Matteo 21,5] è un'espressione poetica che personifica la città di Gerusalemme (Sion è un colle di Geusalemme); indica comunque il popolo di Dio. Il sinedrio ("riunione, concistoro" [Matteo 26,57 e seguenti]) si riuniva nel recinto del tempio o presso il palazzo del sommo sacerdote (come in questo caso da Caifa) e rappresenta il potere religioso. Era composto dai sommi sacerdoti (i capi delle 24 classi sacerdotali), gli scribi (gli esperti della legge di Dio) e gli anziani (delle famiglie più importanti). Campo di sangue [Matteo 27,8] è la traduzione dell'aramaico Haqeldama (vedi mappa). Il velo [Matteo 27,51] nascondeva la camera più interna e sacra del tempio, detta "santo dei santi", dove anticamente era posta l'arca dell'alleanza con le tavole della legge [vedi Esodo 26,31-35] mentre al tempo di Gesù era completamente vuote. Vi entrava solo il sommo sacerdote una volta all'anno nel giorno del perdono dei peccati (yom kippur), quando un particolare sacrificio espiava i peccati di tutto il popolo [Levitico 16]. La rottura del velo significa che il tempio di Gerusalemme non è più il luogo esclusivo in cui adorare Dio (come preannunciato in Giovanni 4,21) il cui tempio vivente è Gesù [Giovanni 2,19-22]. La parasceve [Matteo 28,62] o 'preparazione' è il giorno di venerdì, in cui si preparava la celebrazione del sabato, giorno in cui non si poteva lavorare.
Prova a seguire gli spostamenti di Gesù attraverso Gerusalemme (guarda anche i su e giù indicati dalle curve di livello: Gerusalemme non è in pianura!).
Anno C Luca ci invita a seguire Gesù nella sua sofferenza, come discepoli cui è chiesta un'adesione personale, profonda e concreta. E ci indica degli esempi: guardate come si sofferma su Simone di Cirene (che condivide il peso della croce [Luca 23,26]) e sulle pie donne (che si battono il petto invitando alla conversione [Luca 23,27]; tutta la folla poi ritornerà a casa battendosi il petto [Luca 23,48]). Infine guardiamo l'esempio di perdono lasciatoci da Gesù ("Padre perdona lora perché non sanno quello che fanno" [Luca 23,24]) e l'abbandono alla provvidenza ("Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" [Luca 23,46]). Alcuni particolari che possono sfuggire: i discepoli non capiscono il linguaggio di Gesù e gli presentano ingenuamente due spade, Gesù risponde seccamente 'Basta!' [Luca 22,36-38 e 49-51]; gli apparve un angelo dal cielo a confortarlo [Luca 26,43]; dormivano per la tristezza [Luca 26,45]; Gesù vede da lontano Pietro mentre lo rinnega [Luca 26,54.61].

La Settimana Santa per immagini Lasciati suggestionare dagli affreschi di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova (1303-1305 circa) e Altichiero di Verona [a][b].
>>La cappella degli Scrovegni a Padova >>L'ingresso di Gesù a Gerusalemme >>L'ultima cena
La Cappella degli Scrovegni a Padova con i dipinti di Giotto L'ingresso a Gerusalemme. In questo episodio il gesto di stendere i manti al passaggio di Cristo è raffigurato in crescendo: l'uomo a destra nell'atto di sfilarsi la manica, il fanciullo in procinto di liberarsi del manto dalle mani e dalla testa, il giovane inginocchiato e che ha già steso a terra il mantello... Si notino i fanciulli arrampicati sugli alberi. L'ultima cena
>>La lavanda dei piedi
La lavanda dei piedi
>>L'oratorio san Giorgio a Padova >>La crocifissione di Altichiero da Verona nell'oratorio san Giorgio >>La crocifissione di Altichiero da Verona nella basilica di sant'Antonio a Padova
L'oratorio san Giorgio a Padova, nella piazza antistante la basilica di sant'Antonio La crocifissione di Altichiero da Verona nell'oratorio san Giorgio (1379-1384) La crocifissione di Altichiero da Verona e Jacopo Avanzo nella basilica di sant'Antonio a Padova (cappella di san Giacomo o san felice, 1374-1378 circa)
La Settimana Santa in musica: Bach J.S., Passione secondo san Matteo.

Giovedì santo

Il giovedì santo è caratterizzato da una doppia celebrazione eucaristica: quella del mattino, detta del crisma, e quella della sera, la commemorazione dell'ultima cena. Il colore liturgico è il bianco.

Messa del Crisma

Per la meditazione...

E' celebrata solo nelle cattedrali, cioè nelle città in cui ha sede il vescovo. Infatti è il vescovo stesso che la presiede insieme a tutti i sacerdoti della diocesi come segno di unità. Durante la messa avverrà poi il rinnovo delle promesse sacerdotali (fatte dal sacerdote al momento dell'ordinazione): dopo l'omelia il vescovo si rivolge prima ai sacerdoti, chiedendo di confermare la rinunzia a se stessi per una vita al servizio del Signore. Poi si rivolge ai fedeli esortandoli a pregare per i sacerdoti e per se stesso:

perché il Signore effonda su di loro l'abbondanza dei suoi doni, perché siano fedeli ministri di Cristo, sommo sacerdote, e vi conducano a lui, unica fonte di salvezza.

Come vedete tutto ruota attorno al sacerdozio. Perché? In questo giorno noi ricordiamo la prima eucarestia celebrata da Gesù che, mangiando la pasqua ebraica (il ricordo della fuga dall'Egitto) con i suoi discepoli, istituisce così un nuovo modo di essere sacerdote. Infatti

egli non ha bisogno, ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti [quelli della vecchia alleanza], di offrire sacrifici per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso. [Ebrei 6,27; leggi anche Ebrei 9,11-12]

Il sacerdote dunque è colui che fa da tramite fra Dio e il popolo (pensate a Mosè che porta i dieci comandamenti agli israeliti), colui che offre il sacrificio (cioè 'sacer-dote'). Gesù è il nuovo sacerdote per un nuovo rapporto con Dio, per una nuova alleanza fondata sull'amore, è il nostro sommo sacerdote,

che non è diventato tale per ragione di una discendenza carnale [per gli ebrei potevano essere sacerdoti solo i discendenti di Levi, i leviti], ma per la potenza di una vita indefettibile. [Ebrei 6,16]

Ma perché la buona novella e la fede fossero trasmesse nei secoli, egli stesso, sempre nell'ultima cena, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, dice:

"vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" [Giovanni 13,15; è nel vangelo della messa serale]

dando così il mandato (cioè l'incarico di compierlo a loro volta) agli apostoli (che significa proprio "colui che è inviato"). Possiamo così capire la grande responsabilità che hanno i nostri sacerdoti. Leggiamo ancora nella scrittura cosa deve fare il sacerdote:

18"Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, 19e predicare un anno di grazia del Signore". [Luca 4; è il vangelo della messa che narra l'episodio in cui Gesù legge nella sinagoga queste parole del profeta Isaia (Isaia 61,1-2) riferendole a sè, anche se il profeta parlava del proprio operato]

Il sacerdote dunque annunzia la salvezza! E la annunzia dopo esser stato consacrato, cioè scelto da Dio, con il crisma, l'olio usato come segno sacramentale nell'ordinazione sacerdotale. Proprio in questa messa avviene la consacrazione del crisma (viene cioè invocata la potenza di Dio nel crisma stesso) e la benedizione degli altri olî (quello dei catecumeni e degli infermi), i quali verranno poi presentati ad ogni comunità della diocesi durante la messa serale. Questi olî compaiono nei momenti forti della vita del cristiano: crisma (battesimo e confermazione, ordine sacro; colore bianco; è simbolo dello Spirito Santo), catecumeni (battesimo; colore verde), infermi (unzione degli infermi; colore viola). Quindi, veniamo coinvolti anche noi fedeli: siamo chiamati a condividere le responsabilità dei nostri pastori aiutandoli sia concretamente, sia con la preghiera.

Messa vespertina nella cena del Signore

Con questa celebrazione entriamo nel triduo pasquale. Il triduo proseguirà con venerdì santo (morte), sabato santo (sepolcro), domenica di Pasqua (risurrezione). Poiché per gli ebrei il giorno iniziava al tramonto del precedente, i giorni rimangono tre. Con il triduo si rende presente e si partecipa al passaggio del Signore da questo mondo al Padre. Non sono tre giorni di preparazione alla Pasqua ma è la Pasqua stessa celebrata in tre giorni, nella sua totalità.

Per la meditazione...

Il centro della liturgia è l'eucarestia di cui ricordiamo l'istituzione (cioè 'la prima volta') compiuta da Gesù mentre celebrava la pasqua ebraica con i discepoli. Partiamo proprio da qui: Gesù celebra la pasqua ebraica. Nel libro dell'Esodo (nel brano della prima lettura di oggi), Dio comanda a Mosè e agli israeliti prigionieri in Egitto di prendere un agnello, porre un po' del suo sangue sugli stipiti delle porte, arrostirne e mangiarne le carni con pani azzimi (senza lievito) e erbe amare. Non solo, ma comanda anche di compiere questo rito anche negli anni a venire, a perenne ricordo della liberazione dalla schiavitù. Lasciamo alla vostra riflessione queste parole:

ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. E' la Pasqua del Signore! [Esodo 12,11]

Così i discepoli, avvicinandosi il giorno prestabilito per la pasqua, si preoccuppano di trovare un luogo adatto per compiere il rito della cena con il proprio maestro [Matteo 26,17-19]. Il rito viene officiato dal capofamiglia o dalla persona di maggior riguardo. Così troviamo Gesù nel cenacolo. Il brano del vangelo di Giovanni si apre così:

Prima della festa di Pasqua, Gesù sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. [Giovanni 13,1]

Pasqua in ebraico significa infatti 'passaggio', 'saltare oltre': propriamente è Dio che risparmia, 'salta oltre' le abitazioni degli ebrei e colpisce gli egizi; poi diventa 'passaggio' del Mar Rosso, dalla schiavitù degli egiziani alla terra promessa per gli ebrei, 'passaggio' dalla vita sotto il dominio del peccato alla libertà dei figli di Dio, dalla morte alla vita per i cristiani.

Approfondimento La mensa era disposta a ferro di cavallo (come i ministranti attorno all'altare). Su un grande piatto erano disposti tre pani azzimi (cioè di farina e acqua pura) piatti e insipidi (come l'ostia), privi di lievito perché in Egitto, dovendo scappare in fretta, il pane non fece in tempo a fermentare. Poi c'erano le salse a base di erbe amare cioè le erbe del deserto (lattuga, timo, origano, basilico, lauro), che ricordavano l'amarezza dell'esilio, come pure la marmellata (preparata in modo da assomigliare all'impasto usato per fare i mattoni in Egitto). Poi l'agnello arrostito e mangiato senza posate e utensili, come dei nomadi. Infine sulla tavola era posto il vino puro in tre coppe.
Il capofamiglia o il personaggio di maggior riguardo (nell'ultima cena Gesù) ringrazia Dio per il vino e la festa, tenendo innanzi la prima coppa di vino. Tutti si sdraiano (si usavano divani come presso i romani) e bevono di questo vino. Subito dopo ci si lava le mani (questo ci ricorda la confessione, la purificazione che dobbiamo fare dentro di noi prima di accostarci all'eucarestia; anche nella messa, con i riti introduttori, siamo chiamati a liberare la nostra mente dai tanti pensieri e a glorificare il Signore). Questo compito spettava ad uno schiavo: per questo Gesù, il maestro, stupisce tanto Pietro e i discepoli lavando poi addirittura i piedi. Inizia l'antipasto: un pezzo di sedano viene intinto nell'aceto (o in acqua salata) ringraziando ancora Dio; il capofamiglia poi lo porge ai commensali cominciando dal più caro. Gesù l'offrì a Giuda [Giovanni 13,26]. Il capofamiglia prende il secondo dei tre pani azzimi, lo spezza e ne pone metà sotto la tovaglia.
Segue il racconto pasquale (un bambino chiede il significato della cerimonia al capofamiglia che poi racconta la storia della salvezza; simboleggia la liturgia della Parola e ci ricorda quanto sia importante la partecipazione dei fedeli nella messa) e il canto della prima parte dell'Hallel (Salmi 113 e 114; possiamo farlo corrispondere al canto dell'alleluia). Si mesce la seconda coppa di vino ringraziando Dio per la terra e la legge.
Poi il capofamiglia distribuisce il primo pane azzimo e la parte non nascosta del secondo: Gesù infatti prende questo pane, rende grazie, lo spezza e lo dà ai discepoli. Subito dopo si mangiano le erbe amare e una foglia di lattuga intingendola nella marmellata. A questo punto comincia il pasto vero e proprio con l'agnello (che non viene ricordato dai Vangeli in quanto il vero agnello sacrificale è Gesù stesso). Il dopo-pasto è costituito dalla metà del secondo pane azzimo posto sotto la tovaglia.
Poi c'è la terza coppa, il calice della benedizione: qui Gesù lo alza con la destra, pronunzia la benedizione (chiedendo misericordia per Israele) e tutti ne bevono. Gesù dice di farlo in futuro in sua memoria (e non più in ricordo dell'uscita dall'Egitto). L'espressione ebraica è molto più forte: significa lasciare il segno, l'impronta, è la memoria del passato proiettata nel futuro. La Pasqua non è solo una commemorazione, ma è soprattutto una riattualizzazione, un rinnovamento. Noi mangiamo l'ostia oggi e oggi siamo liberati perché oggi lo viviamo in prima persona. La cerimonia si conclude con il canto della seconda parte dell'Hallel (Salmi 115, 116, 117, 118; il salmo 115 viene letto nella liturgia della Parola di giovedì santo) come ricorda Marco 14,26 e gli altri sinottici. Testo ebraico ed italiano in [3], adattato per comunità cristiane in [5] e [15]; descrizione in [6] e [12]; ricette in [9].

La Settimana Santa per immagini Il cenacolo e la cena pasquale ebraica.
>>Il cenacolo oggi a Gerusalemme >>La tavola apparecchiata per il Séder
Il cenacolo oggi a Gerusalemme La tavola apparecchiata per il Séder. 1. Una Haggadà per ogni commensale 2. Un bicchiere per vino per ogni commensale 3. Un bicchiere per 'Elia profeta' 4. Vino 5. Tre azzime coperte con una tovaglia 6. Un vassoio contenente quanto necessario per il Séder 7. Acqua salata o aceto per intingere il karpas 8. Uova per iniziare la cena [15].
>>L'Ultima Cena 'persicetana' L'affresco dell'Ultima Cena ritrovato (1995) nel complesso conventuale di san Francesco a san Giovanni in Persiceto (BO). L'opera di autore ignoto si inserisce nel clima della controriforma e viene datata verso il 1600. Si noti Giuda di profilo in primo piano con il borsellino in mano e il busto inclinato, in netto contrasto con la posa statuaria degli altri apostoli. Cristo con precisi gesti delle mani, una sul pane e l'altra in atto di benedizione, significa esplicitamente che è attraverso di sè, il suo corpo rappresentato dal pane, che verrà la salvezza. A rendere ulteriormente esplicito che da quel lontano gesto, ottemperando ad un preciso volere di Cristo ("fate questo in memoria di me"), è derivato direttamente un sacramento fondamentale per i cattolici, viene nuovamente rappresentata l'eucarestia, facendo ancora ricorso ad elementi simbolici. In primo piano al centro della rappresentazione è collocato uno sgabello, apparecchiato come una tavola, su cui si trovano un pane, una bottiglia di vino rosso accompagnata da un bicchiere, ed una "servietta" [un tovagliolo]. [adattato da g pagg. 110 e 122s]

Così abbiamo tracciato il percorso che dall'esilio egiziano, dalla pasqua ebraica, porta all'ultima cena e all'eucarestia che rinnoviamo ogni giorno nella comunione. Comunione che è l'unione comune dei fratelli attorno alla mensa (l'altare) dell'unico pane spezzato (Gesù trafitto sulla croce) che ci rende fratelli: unione che, dal pane che mangiamo, deve estendersi alla nostra vita. Nella seconda lettura, Paolo sgrida i corinzi: la loro liturgia eucaristica diventava sempre più un semplice rito privo di incidenza nella vita del singolo e della comunità. E noi? Come viviamo l'eucarestia?

L'eucarestia non è un semplice gesto: è accogliere il Signore dentro di noi fisicamente e spiritualmente. E se lo accogliamo, ci facciamo guidare da lui. La nostra vita allora viene vissuta nella carità (che in greco vuol dire 'grazia'). Eucarestia significa infatti 'buona grazia', cioè il vivere nella grazia del Signore. Quindi l'eucarestia, l'unione con il Signore, si tocca con mano, la possiamo vedere nella carità. Non è la semplice elemosina ma l'amore verso il prossimo e verso Dio, un amore concreto cresciuto nell'umiltà. Gesù ci lascia quel bellissimo esempio che è la lavanda dei piedi.

Facciamo la comunione, nel senso di adoperarci per essere in unione di intenti e propositi con i nostri fratelli! La comunione di questa sera diventi simbolo della nostra conversione maturata e favorita dalla preparazione quaresimale: accettiamo e accogliamo Gesù dentro di noi fisicamente e spiritualmente.

Per la liturgia...

Preparazione: arriviamo in anticipo e sostiamo un attimo in chiesa per prepararci alla celebrazione.

Riti introduttori: processione solenne lungo la navata con turibolo, croce e candelieri. Accoglienza degli olî da parte della comunità (che ne farà uso durante l'anno): seguono il celebrante tre ministranti con gli olî benedetti in cattedrale; giunti sul presbiterio si fermano (uno a fianco dell'altro) e consegnano gli olî, uno per volta, al celebrante che li appoggia su un angolo dell'altare. Gli altri ministranti sono già al posto in piedi. I candelieri rimangono accesi presso la credenza. Durante il gloria suonano la campane che poi taceranno fino alla veglia pasquale.

Liturgia della Parola:
Esodo 12,1-8.11-14
Salmo 115 rit.: "Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza"
1Corinzi 11,23-26
Giovanni 13,1-15 (la lavanda dei piedi)

Processione al vangelo con turibolo e candelieri. Lavanda dei piedi dopo l'omelia: i ministranti a sedere dalla parte dell'altare del tabernacolo scambiano il posto (a rotazione) con gli 'apostoli' che sono dietro di loro; si muove per primo chi è verso la navata; il celebrante si toglie il paramento, si allaccia un asciugamano a mo' di grembiule, e lava il piede destro agli 'apostoli'; al termine due ministranti gli portano il catino e il manutergio per lavarsi le mani. Segue la preghiera dei fedeli (non c'è il credo).

Liturgia eucaristica: presentazione solenne dei doni (che vengono ricevuti all'altare dagli accoliti e incensati): l'eucarestia deve essere un vero e proprio banchetto, una cena, perché nutre perfettamente il nostro spirito e ci riempie di gioia; ecco perché oggi saranno presentati una pagnotta di pane e una damigiana di vino. Prefazio della Santissima Eucarestia:

[Gesù Cristo] sacerdote vero ed eterno, egli istituì il rito del sacrificio perenne; a te per primo si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l'offerta in sua memoria. Il suo corpo per noi immolato è nostro cibo e ci dà forza, il suo sangue per noi versato è nostra bevanda e ci salva da ogni colpa.

Comunione sotto le due specie (ostia intinta nel vino).

Processione: si omettono i riti conclusivi della messa. Le ostie consacrate rimaste vengono riunite in una pisside posta sull'altare che viene incensata; un sacerdote indossa il velo omerale (che si appoggia alle spalle), prende la pisside coprendola col velo omerale stesso e si avvia attraverso la navata verso il luogo della reposizione. Apre la processione la croce con i candelieri, seguono i fedeli, i ministranti, il turibolo, il baldacchino con sotto la pisside. Agli angoli del baldacchino gli accoliti portano i quattro ceri che erano posti sull'altare; giunti alla chiesa della Cintura li appoggiano sull'altare. Durante la processione si canta il Pange lingua (tranne le ultime due strofe). Poi la pisside viene riposta nel tabernacolo che, dopo un incensazione, viene chiuso mentre si cantano le ultime due strofe del Pange lingua. Dopo un breve momento di adorazione silenziosa, il sacerdote e i ministri si alzano, genuflettono e ritornano ordinatamente e sempre in silenzio in chiesa. Spogliazione dell'altare: alcuni ministranti aiutano i sacerdoti a togliere gli arredi e a rimuovere le croci o velarle; gli altri rimangono ai posti in silenzio. Così si prepara la chiesa per la funzione del venerdì santo. Rientro in sagrestia.

Dopo cena c'è l'adorazione nel luogo della reposizione (il Santissimo Sacramento non viene esposto ma rimane nel tabernacolo). Anche gli apostoli dopo aver cenato si trovarono di colpo a dover vegliare nell'orto degli ulivi: cerchiamo di vivere fino in fondo questa giornata.

Venerdì santo

E' giorno di digiuno e astinenza, che sarebbe da prolungare fino alla veglia pasquale evitando di mangiare fuori dai pasti; facciamo digiuno per lo spirito e la mente (non per il corpo, per dimagrire). Non è però un giorno di lutto, ma il giorno di un'amorosa contemplazione di Gesù crocifisso.

Funzione vespertina nella passione del Signore

Per la meditazione...

Lasciamoci guidare dalla liturgia nella comprensione di questo giorno.

Approfondimento Il rito del venerdì santo è antichissimo: già Giustino nel II secolo scrive che non veniva celebrata l'eucarestia (non è una messa ma una azione liturgica) e che era suddivisa in liturgia della Parola, adorazione della croce, comunione eucaristica (con le ostie consacrate giovedì santo). Quindi mettiamoci in sintonia con le prime comunità cristiane, quelle degli Atti degli Apostoli, che tutto condividevano, anche le gioie e i dolori.

La chiesa è spoglia, priva di arredi, le croci sono riposte. Gesù muore in croce: muore, sì, perché muore anche oggi, nelle guerre, nella violenze, negli inganni, ogni volta che rifiutiamo di assumere le nostre responsabilità, quando mettiamo le nostre cose e noi stessi davanti a lui. Non è una semplice rievocazione storica. La morte è l'unica certezza che tutti gli uomini hanno, anche chi non crede. La chiesa allora è spoglia: per ricordarci che, oltre e prima della morte, la grande certezza è Gesù, Gesù che, sì, muore, ma poi risorge, portando nella sua gloria anche noi. Nulla contano gli arredi dorati, nulla l'edificio stesso, nulla conta la nostra vita, il nostro studio o lavoro, se non fossero riempiti da Gesù. Di fronte alla morte ogni uomo si interroga, è solo, nudo, come Gesù sulla croce: non ci sono altri su cui scaricare responsabilità, amici in cui confidare, non ci sono nascondigli, siamo inchiodati, non possiamo muoverci. Non rimane che chiedere aiuto al Signore, aver fiducia (fede) in lui, e dire:

Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito [Luca 23,46; è il versetto 6a del salmo 31]
10Abbi pietà di me, Signore, sono nell'affanno;
per il pianto si struggono i miei occhi,
la mia anima e le mie viscere. [Salmo 31(30), dalla liturgia della Parola]

Eppure, il salmista ha ancora la forza di affermare:

15ma io confido in te, Signore;
dico "Tu sei il mio Dio"

e conclude:

25siate forti, riprendete coraggio,
o voi tutti che sperate nel Signore.

Di fronte alla morte non rimane che accettare la volontà del Signore. Così per la nostra vita, che giorno per giorno ci porta inesorabilmente verso la morte. Accettare è comprendere, non è un subire passivo, ma un operare attivo: pensiamo sempre a Gesù, a come si sia dato da fare per annunciare il regno di Dio, pensiamo ai santi. Serviamo il Signore, come ci ha insegnato Gesù, servo fedele, che lavò i piedi agli apostoli, che morì come uno schiavo. E come servi, avremo la ricompensa. Così si apre infatti la prima lettura dal profeta Isaia:

13Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e molto innalzato. [Isaia 52]

Il profeta stesso se ne meraviglia, perché questo servo, Gesù,

3disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo del dolore che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
4aeppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
5egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe siamo stati guariti.
6aNoi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada. [Isaia 53]

Non è così anche oggi? Non andiamo ciascuno per la nostra strada? Così la preghiera universale (che è la solenne preghiera dei fedeli dell'azione liturgica) deve diventare espressione dell'unità che tutti gli uomini, spesso non sapendolo, cercano in Dio, ognuno nella sua situazione particolare e rispondendo alla propria vocazione. Perché, nonostante la nostra malvagità, il Signore ci ha salvati. Per questo molti si sono lasciati affascinare dalla bellezza della croce, dalla bellezza di una vita al servizio del prossimo e di Dio. Si chiede il profeta:

1Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? [Isaia 53]

Eppure, il seme del regno di Dio, gettato da Gesù, si è sviluppato ed è giunto fino a noi tramite la Chiesa:

2è cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida

nonostante le persecuzioni, le guerre, il male, i nostri errori.

Il servo concilia in sè elementi opposti: la sofferenza della croce, la gioia della risurrezione, la morte e la vita. In fondo così è la vita, con i suoi alti e bassi. La nostra speranza è giungere al momento della morte e poter dire "tutto è compiuto!" [Giovanni 19,30], "ho fatto la volontà del Signore!". L'importante è che noi

14bmanteniamo ferma la professione della nostra fede. 15Infatti non abbiamo un sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.

Ricordiamoci sempre che, qualsiasi sofferenza (fisica o spirituale) noi patiamo, Gesù l'ha già sopportata per noi sulla croce. Nella stanchezza e nella sofferenza leggiamo la passione di Gesù e guardiamo alla croce: chiediamo al Signore di svelarci il mistero della passione (che significa 'sofferenza fisica e dell'animo') e adoriamo la croce. Durante l'azione liturgica vivremo proprio questi due momenti.

Come vangelo viene proclamata, ogni venerdì santo e in forma di dialogo, la passione secondo Giovanni perché questi fu l'unico evangelista testimone oculare dei fatti (cioè realmente presente sul calvario).

Approfondimento Questi i particolari non citati dagli altri evangelisti: la preoccupazione di Gesù per i discepoli al momento dell'arresto [Giovanni 18,8], il dialogo con Pilato sulla regalità e sulla verità [18,33-38; 19,8-11], l'attenzione verso Maria [19,25-27], il sangue e l'acqua che sgorgano dal fianco squarciato [19,34] che prefigura il battesimo. Purtroppo, dobbiamo sentirci vicini ai discepoli che fuggono e a Pietro che rinnega il maestro, mostrando il malinteso e l'ambiguità del loro attaccamento a Gesù.

Poi, poco dopo il vangelo, il celebrante stesso solleverà la croce, dapprima velata, scoprendola in tre momenti diversi cantando in latino:

ecco il legno della Croce,
a cui fu appeso il Cristo,
Salvatore del mondo.

Tutti rispondiamo:

venite, adoriamo (venite, adoremus).

Subito dopo infatti adoreremo la croce facendo davanti ad essa la genuflessione o un altro segno di venerazione. Il bacio della croce non è un gesto devoto ma l'incontro con la sofferenza di colui che ci ha amati fino alla morte, e alla morte di croce. E dall'alto della croce, muto, ci interroga sui nostri sentimenti. Prepariamoci, dopo l'incontro, ad accogliere dentro di noi il Signore presente nell'Eucarestia.

La Settimana Santa per immagini Il Calvario e il sepolcro. Sulla sistemazione del Calvaro nei secoli vedi [4] e [13]; [17] è particolarmente divulgativo per i ragazzi.
>>Il santo sepolcro secondo la copia nella chiesa di santo Stefano a Bologna >>Schizzo del Calvario come doveva essere al tempo di Gesù
L'edicola del santo sepolcro secondo la riproduzione nella Basilica del Sepolcro, chiesa di santo Stefano a Bologna. Per comprendere la riproduzione del sepolcro di Gerusalemme è necessario sfrondarlo dall'ambone posto a sinistra; togliere anche la scalinata, l'altare in alto con la sua balaustra. L'edicola che rimane è simbolicamente l'unica riproduzione rimasta del sepolcro di Cristo fatto costruire da Costantino Monomaco alla metà dell'XI sec. [e] Schizzo del Calvario come doveva essere al tempo di Gesù [1]
La Settimana Santa in musica: Haydn Joseph, Die sieben letzen Worte unseres Erlösers am Kreuze ("I sette ultimi detti del nostro Salvatore sulla Croce", 1785). Formalmente il lavoro è costituito da una serie di adagi costruiti secondo uno schema d'uso corrente nel XVIII sec. consistente nell'accostare virtualmente la scrittura musicale ad un testo drammatico o dialogico, così da rendere effettivo il paradigma di arte discorsiva riferita alla musica -e presentando, conseguentemente, contenuti semantici a tutti gli effetti 'concreti' [f]. L'opera è conclusa da un terremoto. I sette ultimi detti sono 1. Pater, dimitte illis, quia nesciunt quid faciunt 2. Hodie mecum eris in Paradiso 3. Mulier, ecce filius tuus 4. Deus meus, utquid dereliquisti me? 5. Sitio 6. Consummatum est! 7. In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.
Pärt Arvo, Passio Domini nostri Jesu Christi secundum Joannem (1982).

Per la liturgia...

Preparazione: arriviamo in chiesa in anticipo per fare silenzio dentro di noi.

Riti d'apertura: non vi è canto di ingresso, si entra lungo la navata in sobria processione, senza croce, candelieri e turibolo, nel silenzio più assoluto. Una volta saliti all'altare e fatta la riverenza, i ministranti si recano ai posti cominciando dal fondo; i sacerdoti si prostrano (si sdraiano) dinanzi all'altare mentre i ministranti e i fedeli si inginocchiano per qualche istante di adorazione. Di fronte alla sofferenza del Cristo possiamo solo tacere e fare un esame di coscienza: cosa avremmo fatto se fossimo stati tra la folla sul Calvario? Subito dopo il celebrante si reca alla sede e recita questa orazione con cui ci si introduce nella liturgia della Parola:

O Dio, che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte, eredità dell'antico peccato trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio; come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita, l'immagine dell'uomo terreno, così per l'azione del tuo Spirito, fa' che portiamo l'immagine dell'uomo celeste.

Liturgia della Parola:
Isaia 52,13—53,12
Salmo 30 rit.: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito"
Ebrei 4,14-16; 5,7-9
Giovanni 18,1-19,42

Non c'è processione al vangelo, ma tre sacerdoti si recano all'altare per prendere i volumi contenenti la Passione.

Dopo una breve omelia, segue la preghiera universale: è costituita da una serie di esortazioni (cioè "preghiamo per..."), una breve pausa di preghiera silenziosa e da un'orazione. E' qualcosa di più di una semplice preghiera dei fedeli perché il testo è fisso e immutabile e ricorda nella preghiera tutta quanta l'umanità nelle sue diverse situazioni. Le intenzioni sono dieci: per la santa Chiesa, per il Papa, per gli ordini sacri (per i ministri consacrati) e per tutti i fedeli, per i catecumeni, per l'unità dei cristiani, per gli ebrei, per i non cristiani, per coloro che non credono in Dio, per i governanti, per i tribolati.

Adorazione della croce: è composta da due momenti, l'ostensione della croce e l'adorazione vera e propria. Sostituisce la consacrazione eucaristica, ricordandoci così l'unità fra Eucarestia e Croce. Ostensione [la forma descritta è in realtà una commistione fra le due forme proposte dal messale]: terminata la preghiera universale i ministranti e i sacerdoti si recano processionalmente verso il fondo della navata (presso il tamburo). Scenderanno prima i ministranti più grandi e via via gli altri, così che nel risalire precedano i più piccoli. Il celebrante affiancato dai candelieri prende la croce velata appositamente preparata presso la porta della chiesa, dove avrà luogo la prima delle tre ostensioni della croce; la seconda sarà al centro della navata, la terza all'ingresso del presbiterio. Ad ogni ostensione il celebrante svela progressivamente la croce (prima la parte superiore, poi il braccio destro, quindi tutta) e canta "Ecco il legno della croce..."; tutti rispondono "Venite adoriamo"; terminato il canto ci si inginocchia per un breve momento di preghiera silenziosa. Al momento della terza ostensione i ministranti sono già al proprio posto. Adorazione: terminata l'ultima ostensione, prima i minitstranti e poi il popolo si recano processionalmente all'altare per baciare la croce, tenuta sollevata da un ministrante e affiancata dai due candelieri. Concluso il rito, due ministranti portano a lato dell'altare (dalla parte del tabernacolo) un inginocchiatoio predisposto per sostenere la croce; i candelieri vi saranno appoggiati sopra.

Santa comunione: terminata l'adorazione, gli accoliti preparano l'altare (tovaglia, corporale, pissidi e messale); un altro accolito nel frattempo, accompagnato da due ministranti, sale nel luogo dove è stato riposto il Santissimo Sacramento consacrato nella messa di ieri. Poi, affiancato dai due ministranti con le candele dell'altare, porta la pisside con le ostie consacrate sull'altare della collegiata, sul quale vengono appoggiate le candele. A questo punto hanno inizio i riti di comunione con il Padre nostro. Segue le comunione dei fedeli. Al termine il Santissimo viene riportato nella cappella dall'accolito accompagnato sempre dalle due candele dell'altare. L'altare viene nuovamente spogliato, poi il celebrante dalla sede pronuncia l'orazione finale.

Dio onnipotente ed eterno, che hai rinnovato il mondo con la gloriosa morte e risurrezione del tuo Cristo, conserva in noi l'opera della tua misericordia, perché la partecipazione a questo grande mistero ci consacri per sempre al tuo servizio.

Sabato Santo

Per la meditazione...

Il carattere principale di questo giorno è l'aspetto aliturgico, cioè non solo non vi è consacrazione eucaristica (come venerdì santo) ma neanche la comunione: in questo giorno i cristiani rinunciano perfino a riunirsi insieme. La Chiesa si raccoglie solo nella preghiera con la liturgia delle ore: con la preghiera si celebra il riposo di Cristo nella tomba dopo il combattimento estenuante della croce; si medita il mistero salvifico della discesa di Cristo nel mondo della morte dove in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti giusti che attendevano negli inferi [vedi 1Pietro 3,19]; si attende infine l'avverarsi della parola del Signore:

"il figlio dell'uomo [.] deve soffrire molto, [...] essere messo a morte e risorgere il terzo giorno" [Luca 9,22]

E' un giorno di riposo anche per noi, giorno di digiuno e soprattutto di silenzio, di penitenza insomma, che è espressione della fede nella speranza. Attendiamo che il seme (Gesù) posto nella nuda terra (il sepolcro nella roccia) porti buoni frutti (la resurrezione e la salvezza). Così anche noi poniamo nel nostro animo Gesù (il seme): se il nostro terreno è fertile (se siamo pronti a fare la volontà del Signore e, nel nostro piccolo, rispettiamo chi ci guida) ci guadagneremo la salvezza (il buon frutto). Ma questa salvezza dovrà germogliare durante tutto il corso della nostra vita, crescendo di giorno in giorno nelle buone opere e nella fede, consapevoli della grazia del Signore, così da portare già qualche frutto da donare a chi ci sta vicino (il prossimo).

Per questo è anche un giorno lieto, di gioia. Una gioia non manifestata ma tenuta nell'anima, nell'attesa del giorno di Pasqua. Non è il lasciarsi andare improvviso ad un facile e passeggero entusiasmo, ma una consapevolezza che ci deve sempre accompagnare. E' una gioia meditata e sofferta, come tutte le gioie della vita che sono sempre frutto di impegno e lavoro.

Approfondimento Anticamente il sabato santo era concluso da una celebrazione vigiliare che sfociava nella messa pasquale: un rito simile (anche se meno solenne) avveniva tutti i sabati, rinnovando l'attesa e la gioia per il giorno del Signore. Col passare dei secoli, la veglia fu arricchita da altri riti, come il fuoco e il cero che ne segnano la solenne apertura. Fin dal II sec. la veglia trovava forza e vigore nella celebrazione del battesimo che è la celebrazione della vita (Vita) stessa che nasce e rinasce nella fede. Anche oggi la celebrazione vigiliare culmina a mezzanotte con il gloria che segna il passaggio tra antico e nuovo testamento: è la svolta nella storia della salvezza!

Domenica di Pasqua

Veglia pasquale

Per la meditazione...

In questi giorni abbiamo sempre seguito i discepoli: preoccupati di non trovare un luogo in cui trascorrere la festa pasquale con il proprio maestro, stupiti e quasi indignati alla lavanda dei piedi, muti mentre Gesù alza il calice della benedizione, addormentati nell'orto degli ulivi, nascosti mentre Gesù soffriva. E ora? Gesù è morto. Per loro è la notte, la disperazione, come per tanti uomini è la vita anche oggi. L'uomo per cui avevano gettato via il loro lavoro, la loro stessa vita, è morto. Credevano fosse un liberatore, una figura carismatica. Ora tutto è finito: è morto. Dopo il bel sogno il duro risveglio. Così si apre la nostra veglia: nel buio e nel silenzio. Ma questo buio è subito squarciato dalla luce del fuoco, e questo silenzio rotto dal celebrante che così saluta il popolo:

[...] rivivremo la Pasqua del Signore nell'ascolto della Parola e nella partecipazione ai sacramenti; Cristo risorto confermerà in noi la speranza di partecipare alla sua vittoria sulla morte e di vivere con lui in Dio Padre.

Poi benedice il fuoco, quasi per ringraziarlo di rappresentare simbolicamente così bene la luce di Gesù risorto, dicendo:

o Padre, [...] benedici questo fuoco nuovo, fa' che le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno.

Poi prepara il cero pasquale, incidendovi una croce con uno stilo; sopra la croce traccia la lettera alfa (A), sotto l'omega (W); fra i bracci della croce scrive le cifre dell'anno. L'alfa e l'omega sono la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco, cioè (come spiega lo stesso celebrante):

il Cristo ieri e oggi, principio e fine. Alfa e Omega.
A lui appartengono il tempo e i secoli.
A lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno. Amen.

Il cero simboleggia Gesù, il Cristo, è il fuoco stesso. Per questo in tre stazioni un sacerdote o il diacono innalza il cero e proclama:

lumen christi

cioè "luce simbolo di Cristo che è luce". Cristo è la luce del mondo, è colui che ci illumina, la via da seguire. Per questo ringraziamo cantando tutti (perché tutti possiamo essere raggiunti da questa salvezza):

deo gratias

cioè "rendiamo grazie a Dio". Alla seconda stazione accenderemo dal cero le candele che abbiamo in mano. Poi man mano che il cero attraversa la navata si accendono le luci. Così la Chiesa è illuminata dal Cristo, e così pure lasciamo che la nostra anima apra gli occhi davanti alla sua luce, come lo stoppino della nostra candela che si infiamma a contatto con il cero, sciogliendo via via la cera che lo ricopre. Questa candela in realtà è stata accesa al momento del nostro battesimo!

E di colpo Gesù risorge. Gli apostoli lo incontrano, credono, ritrovano il senso della loro vita: così anche per noi, oggi, Gesù è vivo. Ora finalmente possiamo esultare, possiamo gridare la nostra gioia, per infonderla poi nella vita di tutti i giorni. Ecco allora che il diacono si fa interprete della comunità e canta l'exultet (dal termine latino con cui inizia). E' come un grido nella notte: "il sepolcro è vuoto, Gesù non è qui, è risorto come aveva detto"; è il solenne annunzio della Pasqua:

esulti il coro degli Angeli, esulti l'assemblea celeste [...]. Gioisca la terra inondata da così grande splendore; la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo. [...] Questa è la notte in cui hai liberato i figli di Israele, nostri padri, dalla schiavitù dell'Egitto, e li hai fatti passare illesi per il Mar Rosso. [...] Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore! Il Santo Mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l'uomo al suo creatore! [...].

La Settimana Santa per immagini Gli Exultet di Bari e Troia sono codici manoscritti in pergamena contenenti il Praeconium Paschale della tradizione liturgica beneventana, elaborato a Bari e diffuso nell'area dell'Italia meridionale. Lungo ciascun manufatto si svolge il testo del recitativo, formato da linee di scrittura e linee di notazione neumatica interrotte da un ciclo figurativo di miniature che illustrano l'evento pasquale rievocato dal testo. Le miniature e le decorazioni sono orientate in senso inverso alla scrittura, per consentire all'assemblea di ammirarle, mentre il rotolo scorreva dall'alto dell'ambone, e aiutare la comprensione, attraverso quelle immagini, di ciò che il diacono proclamava cantando. La datazione che gli studiosi assegnano alla composizione del rotolo Bari I si aggira intorno al 1025. Il rotolo Troia III fu preparato invece fra il XII e XIII sec. Tanto per dare un'idea, è lungo 651cm e largo 25cm [d]. Nel medioevo usavano questo semplice e geniale espediente per aiutare i fedeli nell'ascolto!
>>La 'E' di 'Exultet' apre il rotolo Bari I >>La proclamazione dell'Exultet dall'ambone di fronte alla comunità riunita >>L'attraversamento del Mar Rosso
La E di Exultet apre il rotolo Bari I. Il testo è capovolto rispetto alla figurazione. La proclamazione dell'Exultet dall'ambone di fronte alla comunità riunita (Troia III). L'attraversamento del Mar Rosso (Troia III)
>>L'accensione del cero >>L'elogio delle api produttrici della cera >>La benedizione del cero
L'accensione del cero (Troia III) L'elogio delle api produttrici della cera (Troia III) La benedizione del cero. Si noti il chierico che regge l'estremità del rotolo mantenendolo in tensione (Troia III).
La Settimana Santa in musica: l'inizio dell'Exultet in gregoriano.

Ascoltiamo con animo aperto questo canto bellissimo! Ci spiega il motivo di tanta gioia, ci invita ad esultare assieme agli angeli, riassume brevemente la storia della salvezza, introducendoci così alla liturgia della Parola. Ci dice quasi "è tanto grande ciò che ha fatto oggi il Signore, che vale la pena tornare indietro e ascoltare come si sia potuta realizzare una salvezza così!". Il celebrante stesso, prima delle letture, ci ammonisce:

fratelli carissimi, dopo il solenne inizio della Veglia, ascoltiamo ora in devoto raccoglimento la Parola di Dio. Meditiamo come nell'antica alleanza Dio salvò il suo popolo e nella pienezza dei tempi, ha inviato il suo Figlio per la nostra redenzione. Preghiamo perché Dio nostro Padre conduca a compimento quest'opera di salvezza incominciata con la Pasqua.

Lasciamo lavorare in noi la parola del Signore, perché con la sua potenza ci aiuti a conservare intatta la fiamma del battesimo fino al momento della nostra morte:

10Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, 11così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. [Isaia 55, dalla quinta lettura]

Approfondimento Seguiamo le letture dell'antico testamento: vedremo la luce che si impossessa del mondo nella creazione [Genesi 1,1—2,2; Salmo 103]; accompagneremo Abramo nella dura prova del sacrificio di Isacco suo figlio [Genesi 22,1-18; Salmo 15]; attraverseremo il Mar Rosso con il popolo di Israele [Esodo 14,15—15,1] e con loro esulteremo cantando [cantico Esodo 15,1-6.17-18, notate come letture e canti siano intimamente uniti]; stanchi nell'esilio, sentiremo il profeta che annuncia una salvezza vicina [Isaia 54,5-14; Salmo 29] chiamandoci sempre più a gran voce alla conversione [Isaia 55,1-11] per una salvezza sicura [cantico Isaia 12,2-6]; lasciamoci istruire da Barùc che ci invita a cercare la sapienza divina [Baruc 3,9-15.32—4,4; Salmo 18]; infine, mentre la Gerusalemme terrena è stata distrutta dagli invasori, rincuoriamoci con le parole di Ezechiele [Ezechiele 36,16-28; Salmo 41 o 50] che annuncia:
26vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. 27Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. [Ezechiele 36]

La Settimana Santa per immagini L'accuratissimo commento figurato dell'Haggadah di Sarajevo. Il codice, che va letto, come tutti i manoscritti ebraici, da destra verso sinistra, consiste di 142 pagine di pergamena 22x16cm. Nei primi 34 fogli ci sono 69 miniature, dipinte sul lato in cartapecora, e incorniciate con bordi colorati a catenella, ovvero con disegni a forma di spirale. Il testo della Haggadah è scritto nelle 50 pagine successive. I fogli sono scritti su ambedue i lati con la grafia ebraica quadrata tipica dei sefarditi (per essere precisi, degli ebrei spagnoli del medioevo). Le miniature, gli abiti e gli utensili che vi sono rappresentati, e alcuni elementi ornamentali e artistici, indicano che questa Haggadah risale all'inizio della seconda metà del XIV sec. [c]. Provate a confrontare le immagini con il testo biblico!
>>Il diluvio << >>La creazione della donna, il peccato originale e la costruzione dell'arca di Noè << >>La creazione giorno per giorno
Il diluvio (a destra)   Il peccato originale e la costruzione dell'arca di Noè   La creazione (prima lettura)
  >>Il passaggio del mar Rosso (terza lettura) << >>Il sacrificio di Isacco (seconda lettura)
    Il passaggio del mar Rosso (in alto a destra; terza lettura)   Il sacrificio di Isacco (seconda lettura)

Questa è una storia di amore che attraversa i secoli, piena di incomprensioni da una parte ma anche di tanto perdono dall'altra, fra un popolo (gli ebrei, ma anche la comunità cristiana, noi soprattutto) e Dio. Così si conclude l'antico testamento. Qui si innesta l'evento che oggi con tanta gioia riviviamo: il 'gloria' riprende l'exultet lodando Dio per tutto quanto ha operato nei vari episodi riportati dalle letture; san Paolo insiste per farci capire che è avvenuta così una radicale trasformazione, cioè l'uomo vecchio è morto e in Gesù abbiamo una nuova vita [Romani 6,3-11, l'epistola cioè la lettera]; l'alleluia del salmo 117 ci invita di nuovo ad esprimere la nostra gioia perché subito dopo, nel vangelo, potremo rivivere lo sgomento e lo stupore delle donne che cercavano tra i morti colui che è vivo. Allora sentiremo anche noi una grande forza che ci spinge a correre per annunziare a tutti "Non abbiate paura! Gesù è risuscitato dai morti" [cfr. Matteo 28,5.7] con la nostra stessa condotta di vita.

A questo punto, dopo l'ascolto, i protagonisti torniamo a essere noi: la quaresima era un cammino attento al nostro comportamento personale; in questi giorni abbiamo invece rivissuto con la comunità i fatti centrali del cristianesimo (eucarestia, morte, vita), ora tutto questo dobbiamo farlo nostro come carburante per il cammino di fede nell'intima unione con Gesù che ci condurrà alla prossima Pasqua. Allora, dopo aver ascoltato le radici della Salvezza e della Fede, torniamo alle radici della nostra fede personale e della nostra piccola storia di salvezza, che dal battesimo giunge fino a questa veglia. L'una (la nostra storia) sboccia dall'altra, ed ambedue hanno in comune lo stesso fine:

se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. [Romani 6,5, dall'epistola]

Riprendiamo in mano lo stoppino della nostra anima (e infatti riprenderemo in mano le candele): com'è questa nostra fiamma?

Così, come prima eravamo attorno al fuoco, ora ci avviciniamo all'acqua del fonte battesimale. Con il canto delle litanie dei santi, siamo chiamati a imitare quanti ci hanno già preceduto sulle orme di Gesù; poi seguirà la benedizione dell'acqua battesimale, simbolo della purificazione dei peccati che San Paolo spiega nell'epistola; il cero pasquale verrà immerso nel fonte, simbolo di Gesù che nel suo battesimo si immerge nell'acqua e la benedice; con la professione di fede ("rinunzio" al male, "credo" nella trinità) siamo chiamati a esprimere la volontà di rinnovare il nostro battesimo; l'aspersione dei fedeli sarà proprio segno di questa nuova vita purificata dai peccati nella croce del Signore.

Una volta lavati dal peccato, possiamo finalmente accostarci come invitati, rivestiti della veste nuziale, al banchetto dell'eucarestia. La comunione di oggi sia il segno di una rinnovata volontà di vita al seguito del Signore.

Per la liturgia...

Liturgia della luce (lucernario): si svolge all'aperto nei pressi della chiesa. Vengono distribuite ai fedeli le candele. I ministranti escono dalla chiesa in silenziosa processione e si dispongono attorno al fuoco. Non si porta la croce con i candelieri perché la presenza di Gesù sarà simbolizzata dal cero; il turibolo è spento. Saluto del celebrante, esortazione, benedizione del fuoco, preparazione e accensione del cero, accensione del turibolo (con una brace). Il diacono prende il cero per la processione in tre stazioni in cui canta "lumen Christi"' (una appena messi in fila verso la chiesa, la seconda alla porta della chiesa, l'ultima presso l'altare mentre i ministranti sono già al nostro posto, partendo dalle panchine in fondo; le candele vengono accese alla seconda stazione). Il cero apre la processione preceduto solamente dal turibolo fumigante. Terminata la processione e posto il cero in un candelabro appositamente preparato nel mezzo del presbiterio o presso l'ambone, il diacono chiede e riceve la benedizione dal celebrante. Quindi si può incensare il libro con l'exultet e il cero. Il diacono (in caso di necessità anche un cantore) si reca all'ambone e canta l'exultet. Al termine si spengono le candele.

Liturgia della Parola: esortazione all'ascolto (già seduti), sette letture dall'antico testamento (con questo schema: lettura, salmo o cantico, orazione; per l'orazione ci alziamo in piedi), gloria (mentre suonano le campane legate dal giovedì santo; si accendono le candele sull'altare), colletta, epistola, salmo (durante il quale avviene la processione al vangelo con il solo turibolo; i candelieri sarebbero un 'doppione' del cero pasquale), vangelo (Matteo 28,1-10 anno A, Marco 16,1-8 anno B, Luca 24,1-12 anno C), omelia.

Liturgia battesimale: monizione di apertura; il cero seguito dai catecumeni e dai padrini si avvia verso l'abside, poi seguono ordinatamente i sacerdoti e i ministranti che si dispongono attorno al fonte battesimale. Litanie dei santi, benedizione dell'acqua battesimale (seguita da un'acclamazione dell'assemblea), rinunzia a Satana (si riaccendono le candele), professione di fede (rinnovo delle promesse battesimali), rito del battesimo, aspersione del popolo. Tornati ai posti (lasciando passare prima cero e sacerdoti), la messa prosegue con la preghiera dei fedeli (il credo corrisponde alla professione di fede).

Liturgia eucaristica: si svolge normalmente. I doni presentati all'offertorio saranno ricevuti dagli accoliti. Turibolo e lavabo alla presentazione dei doni. Non ci si inginocchia alla consacrazione come segno di risurrezione e gioia.

Appendici

Dopo la Pasqua

di Gian Pietro Basello (Pasqua 1999)

Prima della veglia mi ero posto alcune domande: perché quelle sette letture? chi le aveva scelte? con quale criterio? Le prime tre hanno una consequenzialità narrativa che sembra perdersi nelle successive letture dei profeti. Durante la veglia, prestando bene attenzione non solo alle letture ma anche ai salmi e alle orazioni frapposte, ho compreso alcune cose che avrei dovuto capire prima: non è tanto importante la storia della salvezza così come si è concretizzata storicamente (cioè prima Abramo, poi l'uscita dall'Egitto... peraltro c'è chi ne mette in dubbio la realtà storica) quanto capire i presupposti necessari alla sua realizzazione.

Mi spiego meglio: un'alleanza mette di fronte due entità: in questo caso la prima è Dio e l'altra il popolo di Dio (prima Israele poi noi cristiani). Se viene a mancare uno dei due contraenti, il patto non esiste. Il tramite insostituibile attraverso il quale Dio ci ha redenti siamo noi stessi, cioè il popolo di Dio! Senza di esso, senza la comunità dei fedeli non poteva esserci né patto né alleanza né redenzione. Dio salva un popolo; noi non ci possiamo salvare da soli ma attraverso la chiesa. Dio ha bisogno di un popolo da salvare... che Dio voglia salvare gli uomini è fuor di dubbio, la sua fedeltà è sicura... il problema è che l'uomo si lasci salvare e si riconosca nel popolo di Dio.

Così, mentre le letture ci fanno vedere il popolo di Israele che prende progressivamente coscienza di essere il popolo scelto da Dio -formato prima dalla sola famiglia di Abramo per poi estendersi fino ad abbracciare tutta l'umanità, come prefigurato già dai profeti, ancora prima di Gesù e dei re magi-, le orazioni dopo le letture ci riportano spesso al battesimo e al popolo dei fedeli cristiani che sul battesimo è fondato. La salvezza operata da Gesù sulla croce non è un fatto personale ma pubblico, comunitario. Tuttavia, nella veglia non manca la dimensione privata, quella dell'adesione personale al popolo di Dio, simboleggiata dalla singola candela che però prende luce dall'unico cero pasquale. Così durante il lucernario, così nella professione di fede attorno al fonte battesimale e nella comunione.

O Dio, padre dei credenti, che estendendo a tutti gli uomini il dono dell'adozione filiale, moltiplichi in tutta la terra i tuoi figli, e nel sacramento pasquale del Battesimo adempi la promessa fatta ad Abramo di renderlo padre di tutte le nazioni, concedi al tuo popolo di rispondere degnamente alla grazia della tua chiamata. [orazione dopo la seconda lettura]
[...] ciò che facesti con la tua mano potente per liberare un solo popolo dall'oppressione del faraone, ora lo compi attraverso l'acqua del Battesimo per la salvezza di tutti i popoli [...]; il Mar Rosso è l'immagine del fonte battesimale [...] [dalle due orazioni previste dopo la terza lettura]
O Dio [...] custodisci nella tua protezione coloro che fai rinascere dall'acqua del Battesimo [dall'orazione dopo la sesta lettura]
Fin dalle origini il tuo Spirito si librava sulle acque perché contenessero in germe la forza di santificare; e anche nel diluvio hai prefigurato il battesimo, perché, oggi come allora, l'acqua segnasse la fine del peccato e l'inizio della vita nuova. Tu hai liberato dalla schiavitù i figli di Abramo, facendoli passare illesi attraverso il Mar Rosso, perché fossero immagine del futuro popolo dei battezzati. [dalla benedizione dell'acqua battesimale durante la liturgia battesimale]

Tutta la veglia è riassunta attorno al fonte battesimale: la benedizione dell'acqua lustrale non manca significativamente di ripercorrere parte delle letture della veglia. Viene sottolineato ciò che forma coesione in un popolo, ciò che ne rappresenta l'identità nazionale. In altri casi queste rivendicazioni possono portare a conseguenze devastanti, ma fra i cristiani danno solo esiti meravigliosi e salvifici. C'è un ulteriore passaggio: come la liturgia battesimale riprende il lucernario e riassume la veglia, così la liturgia eucaristica accoglie in sé tutti i precedenti passaggi. Ma non sono in grado di scrivere di queste cose, quindi le lascio per la Pasqua futura.

Glossario

da completare

Antifona di ingresso: nella messa, precede il segno della croce in mancanza del canto di ingresso. Riassume il tono della celebrazione.

Domenica 'laetare': è la IV domenica di quaresima, così detta perché l'antifona di ingresso in latino inizia con la parola laetare. In italiano infatti è

rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l'amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell'abbondanza della vostra consolazione.

Il colore liturgico, il rosa, dà il tono a questa domenica di gioia, in vista della Pasqua ormai vicina, premio di una quaresima ben vissuta. Il rosa viene usato solo in un'altra occasione, la "parallela" domenica "gaudete", la III di avvento.

Haggadà: (femminile, plurale haggadòt; letteralmente racconto) libro che viene letto durante i pasti delle prime due sere di Péssach.

Liturgia: è l'insieme degli atti -cioè delle azioni concrete- attraverso i quali la comunità dei fedeli -cioè la Chiesa- unita a Cristo, professa pubblicamente la sua fede e onora Dio. Propriamente 'Liturgia' deriva dal greco e significa 'ufficio pubblico' cioè 'fare qualcosa per il popolo' e ancor più in particolare 'fare qualcosa di buono per il popolo'. Infatti la liturgia è così 'buona' per il cristiano da divenire il centro stesso della sua vita: la liturgia più importante è infatti la Messa, la celebrazione eucaristica. Lo scopo della liturgia è duplice: santificare sempre più il cristiano e glorificare allo stesso tempo Dio.

Lustrale, acqua: l'acqua santa ovvero l'acqua del fonte battesimale. Dal latino lustrum cioè 'purificazione'. Significa quindi 'acqua purificante, espiatoria'. Così era detta dai pagani l'acqua con cui si aspergevano le vittime sacrificali.

Sèder: (maschile, plurale sedarìm; letteralmente ordine) è il rituale seguito nelle case la prima sera di Péssach, in diaspora anche la seconda; si articola intorno alla narrazione della schiavitù del popolo ebraico in Egitto e l'esodo verso la Terra di Israele, così come riportati dalla Haggadà accompagnato da vari precetti, come il consumo di matzà e erbe amare e quattro bicchieri di vino, accompagnato da inni e preghiere di ringraziamento.

La data dell'ultima cena

di Enrico Galbiati

[7 pagg. 113s. Vedi anche 12; Sacchi Paolo in Charlesworth J.H., Gesù e la comunità di Qumran pagg. 156s; Stegemann H., Gli Esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù; Basello Gian Pietro, Annotazioni sui calendari]

Il IV Vangelo crea una famosa difficoltà cronologica a proposito del giorno in cui cadeva la festa di Pasqua nell'anno della morte di Gesù. Se noi avessimo soltanto i primi tre Vangeli, non avremmo alcun dubbio sul fatto che il giovedì sera era il 14 Nisàn, la vigilia in cui, dopo il tramonto, si mangiava l'agnello pasquale, e che il venerdì, il giorno della morte di Gesù in croce, era precisamente il 15 Nisàn, la festa di Pasqua vera e propria.

Ci sarebbe qualche difficoltà ad ammettere che in un giorno di festa i nemici di Gesù abbiano causato tante violazioni del riposo festivo; il 15 infatti doveva essere festivo, in qualunque giorno della settimana fosse caduto (Esodo 12, 16). Tuttavia la fretta di finirla con Gesù potrebbe spiegare la cosa.

Ma la vera difficoltà nasce dalle ripetute indicazioni del IV Vangelo (Giovanni 13, 1.29; 19, 14.31 e specialmente 18, 28) dalle quali risulta che il venerdì in cui fu crocifisso Gesù era il giorno in cui, dopo il tramonto, si doveva mangiare la Pasqua, era la parasceve (preparazione, vigilia) di Pasqua, e dunque era il 14 Nisàn. Anche per il IV Vangelo è importante il contesto pasquale, ma esso è riservato non all'ultima cena, bensì alla morte di Gesù, agnello dissanguato, le cui ossa non dovevano essere rotte (Giovanni 19, 36). La morte di Gesù all'ora nona del 14 Nisàn coincideva col momento in cui nel tempio si dava inizio all'immolazione degli agnelli pasquali. Gli esegeti danno ragione alla cronologia di Giovanni: effettivamente il giorno della crocifissione era il 14 Nisàn, e questa tradizione fu tenuta viva per secoli dai cosiddetti Quartodecimani, che celebravano la Pasqua cristiana il quattordicesimo giorno della luna di primavera.

D'altra parte il IV Vangelo, che evita di identificare l'ultima cena di Gesù con il convito pasquale, d'accordo con la tradizione degli altri Vangeli sa che tale cena ebbe luogo entro le mura di Gerusalemme, quando già calava la notte, con i soli apostoli, e che poi i convitati non si allontanarono da Gerusalemme (il che non era consentito nella notte di Pasqua), ma si ritirarono poco fuori le mura, in un giardino al di là del torrente Cedron.

Perché questa cena notturna a Gerusalemme, piuttosto che a Betania, dove c'era gente amica, se non era il convito pasquale?

Dunque Giovanni ha ragione ma gli altri evangelisti non hanno torto. Come conciliare le due tradizioni?

Vi sono due possibilità. La prima è che Gesù abbia anticipato la cena pasquale, seguendo in genere il rito antico, senza tuttavia l'agnello immolato nel tempio. Ciò forse avveniva anche in altri casi, nei luoghi molto lontani da Gerusalemme, ma le testimonianze in proposito non sono sicure. Gesù avrebbe comunque operato di sua autorità, sostituendo l'agnello con l'Eucaristia. Per la tradizione evangelica quello voluto da Gesù era il vero primo giorno degli Azzimi, qualunque fosse stato il calendario dei Giudei.

La seconda possibilità è che Gesù abbia seguito il calendario di un gruppo o di una setta, per esempio dei Farisei a differenza dei Sadducei ai quali appartenevano le famiglie sacerdotali più importanti. In tal caso il 14 Nisàn dei primi era in realtà il 13. I Farisei o gli aderenti a qualche altro gruppo importante potevano avere qualche interesse a vedere la luna nuova un giorno prima, giacché il computo si faceva con questo mezzo empirico. Di questo fatto abbiamo qualche indizio, ma finora troppo debole. I documenti di Qumran ci hanno rivelato che quella setta seguiva l'antico calendario sacerdotale, in cui le feste cadevano in giorni fissi. La Pasqua di questa setta (che molti identificano con gli Esseni) cadeva sempre in mercoledì, e la cena pasquale doveva aver luogo la sera precedente. Vi fu chi volle supporre una cronologia lunga della passione: Gesù, con gli Esseni e forse altri, avrebbe celebrato la Pasqua (senza l'agnello immolato nel tempio!) il martedì sera e sarebbe stato crocifisso il venerdì, dopo essere stato prigioniero del Sinedrio la notte di mercoledì e di Pilato il giovedì. Ma gli esegeti in genere non hanno fatto buona accoglienza a questa ipotesi. Comunque, in qualunque ipotesi rimane il contesto pasquale dell'istituzione dell'Eucaristia, sia che Gesù abbia celebrato alla perfezione la Pasqua ebraica. sia che l'abbia anticipata e ne abbia modificato il rito. Il riferimento alla Pasqua è riconoscibile perfino nel IV Vangelo, che sembra intenzionalmente volerlo evitare.

Mappe

>>Gerusalemme del nuovo testamento >>Il complesso del tempio >>Il tempio
Gerusalemme del nuovo testamento [16] Il complesso del tempio [1] Il tempio [1]

Bibliografia

[1] Acquistapace Paolo, Guida biblica e turistica della Terra Santa, Milano 1997 (ed. Istituto di Propaganda Libraria)
[2] Aldazàbal José, Simboli e gesti, significato antropologico biblico liturgico, Leumann 1995 (editrice Elle Di Ci, £ 18'000)
[3] Bekhor rav Shlomo (a cura di), Haggadà di Péssach, Milano 1999 (ed. DLI, £ 28'000)
[4] Biddle Martin, Il mistero della tomba di Cristo, Roma (ed. Newton & Compton, £ 24'900)
[5] Carena Omar, Cena pasquale ebraica per comunità cristiane, Genova 1995 (ed. Marietti, £ 15'000)
[6] Compagnoni Pia, Come pregava l'Ebreo Gesù
[7] Galbiati Enrico, L'eucarestia nella Bibbia, Milano 1999 (edizioni Jaca Book, £ 28'000)
[8] Genero Guido, Celebrare la Settimana Santa, Guida liturgica alla Pasqua cristiana, Padova 1992 (ed. Messaggero Padova, £ 9'000) con in appendice Preparazione e celebrazione delle feste pasquali (Lettera circolare della Congregazione per il culto divino, 1988)
[9] Glazer Phyllis, Mense e cibi ai tempi della Bibbia, Casale Monferrato 1995 (ed. Piemme) con le ricette per preparare una cena pasquale ebraica
[10] Hermans Johannes, La celebrazione dell'eucarestia, Leumann 1985 (edizioni Elle Di Ci)
[11] Messori Vittorio, Dicono che è risorto, Un'indagine sul Sepolcro vuoto, Torino (ed. SEI, £ 30'000)
[12] Sobrado J.A., Dayenù, Haggadàh di Pésach, Le origini dell'Eucarestia, Napoli 1998 (ed. Grafite, £ 28'000)
[13] Walker Peter, Il mistero della tomba vuota, Milano (ed. Mondadori, £ 34'000)
[14] AA. VV., Hebdomadae sanctae celebratio, Conspectus historicus comparativus, Roma 1997 (edizioni liturgiche C.L.V., £ 45'000)
[15] Parrocchia di san Pietro Apostolo di Verona, Cena pasquale ebraica, Verona 1986 (piccolo libretto)
[16] BJ: La Bibbia di Gerusalemme (ed. Dehoniane Bologna)
[17] Grillo Margherita, Qiyamah la tomba vuota, storia del Santo Sepolcro (ed. Città Nuova)
[18] BDB: Brown Francis, Driver S.R., Briggs C.A., A Hebrew and English Lexicon of the Old Testament
[19] TOB: Bibbia TOB (Traduction Oecuménique de la Bible (ed. Elle Di Ci)

La Settimana Santa per immagini:
[a] Spiazzi Anna Maria, La Cappella degli Scrovegni a Padova, Milano 1993 (ed. Electa, £ 18'000)
[b] AA. VV., Padova, Guida alla Città, Oriago (VE) 1995 (ed. Medoacus, £ 15'000)
[c] Cahiers d'Art, Haggadah di Sarajevo, CDrom (ed. Canal Multimedia)
[d] Centro Studi di Ricerca Musicologica "Novum Gaudium", Canto Gregoriano, CDrom (ed. Artemis)
[e] ?, Abbazia di santo Stefano, Sancta Jerusalem Bononiensis, guida, Bologna 1996
[f] ?, volantino del concerto tenuto l'8/IV/2001 presso la parrocchia di Penzale di Cento (FE) con l'esecuzione di Haydn Joseph, Die sieben letzen Worte unseres Erlösers am Kreuze
[g] Cremonini Patrizia (a cura di), Il complesso conventuale di San Francesco a San Giovanni in Persiceto e l'affresco dedicato all'Ultima Cena (ed. Costa, £ 25'000)

Raccontare una Storia

Crediamo sia importante raccontare la "storia" di questo libretto perché è la storia di un'esperienza didattica, catechetica ed educativa fatta da alcuni giovani e ragazzi dalla prima elementare all'università.

Oggi è facile trovare nelle librerie cattoliche commenti di tutti i tipi ai singoli libri della bibbia: questa è esegesi biblica. Noi abbiamo voluto proporre un'esegesi liturgica, cioè sia l'esegesi dei testi biblici alla luce del contesto liturgico in cui sono utilizzati sia l'applicazione dei metodi di ricerca propri dell'esegesi biblica alla liturgia. Questo studio non è fine a se stesso ma si tramuta subito in preghiera e vita attraverso il sacramento della celebrazione stessa.

Questo libretto nasce da una lunga esperienza di preparazione alla liturgia maturata con e nel gruppo ministranti della parrocchia di san Giovanni Battista a san Giovanni in Persiceto (Bologna). La prima stesura vedeva la luce nel 1994 su 4 fogli A4 scritti fittamente a mano in stampatello maiuscolo davanti e dietro. Ogni anno ne preparavamo una nuova versione, tenendo presente le annotazioni lasciate dalla Pasqua precedente riguardo quello che era da migliorare, cambiare, aggiungere. Pensiamo che proprio questo sia il suo valore: quello di uno studio periodicamente rivisitato e rinnovato come il ciclo liturgico ci fa rivivere e rende presente di nuovo gli eventi della storia della salvezza.


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san Giovanni in Persiceto, 30/I/2000 (prima versione html) - 29/III/2001 (foglio di stile) - 3-8/IV (immagini, varie aggiunte) - 12/IV (bibliografia, rifiniture) - 25/IV (piccole modifiche) - 26/IV (la data dell'ultima cena) - 21/IV/2003 (piccole correzioni)

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