DIMENSIONARE UN SEMPLICE AMPLIFICATORE A BJT IN CLASSE AB

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Questa pagina è dedicata alla teoria ed al dimensionamento di un semplice ma efficiente amplificatore a transistor funzionante in classe AB; cambiando alcuni componenti del circuito  è possibile ottenere un discreto range di potenze in uscita.

L’amplificatore è stato progettato soprattutto per motivi didattici ma non sfigura assolutamente al confronto con amplificatori di difficoltà realizzative e costi superiori; infatti grazie alla sua intrinseca linearità e bassissimo rumore (dovuti essenzialmente all’uso di operazionali e alla bassa quantità di componenti usati) regala all’ascolto una sensibile e piacevole sensazione di trasparenza, il tutto è stato realizzato su circuito stampato per facilitare lo studio e la sostituzione di componenti in fase post progettuale.

Per la eliminazione della distorsione d’incrocio il circuito usa un particolare sistema che viene gestito  da una retroazione negativa attuata da un operazionale (uno per ogni finale) e due diodi che generano una tensione di riferimento sufficientemente stabile.

La discussione inizierà con un po’ di teoria di funzionamento analizzandone gli aspetti salienti per poi proseguire nel dimensionamento di ogni componente fornendo tutte le formule necessarie per portare a termine il progetto.

TEORIA

Per comprendere il funzionamento di un amplificatore in classe AB conviene prima analizzare quello funzionante in classe B.

Consideriamo la fig.1 dove è rappresentato lo schema relativo ad un amplificatore funzionante in classe B; si noti il collegamento diretto tra le due basi dei darlington che è causa del funzionamento in questa classe. 

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Per il funzionamento corretto occorre che le basi siano alimentate da una tensione pari a metà di quella di alimentazione (se il sistema fosse alimentato con tensioni duali questa dovrebbe essere pari a zero volt), ad esempio usando due resistenza R di pari valore connesse come in figura, questo permette, per simmetria, di avere anche in uscita (sul polo positivo del condensatore C2)  metà tensione di alimentazione.

In condizioni statiche, ovvero in assenza di segnale, essendo le basi e gli emettitori di ognuno dei transistor allo stesso potenziale non circola alcuna corrente; di conseguenza a riposo, in classe B, i transistor non dissipano potenza, in poche parole entrambi i darlington si trovano in interdizione.

Le tensioni e le correnti rappresentate nella figura a destra sono quelle dinamiche (ovvero di segnale) e le lettere ad esse relative corrispondono a quelle segnate nel circuito.

Prendiamo ora in considerazione l’aumento positivo della tensione d’ingresso A; in questa circostanza la base del transistor NPN (quello con il collettore collegato alla VCC) diventa maggiore  rispetto a quella presente sul suo emettitore che rimane alla tensione costante di VCC/2, il transistor PNP (quello con il collettore collegato a massa) rimane in interdizione dato che il potenziale sulla sua base diventa più alto di quello presente (VCC/2) sul suo emettitore (il transistor PNP a differenza dell’NPN per poter entrare in conduzione deve avere la base a potenziale più basso di quello dell’emettitore); in poche parole l’NPN inizia ad essere polarizzato direttamente e l’altro ancora più inversamente.

Ma nell’NPN, circola pochissima corrente e la tensione B in uscita rimane pressoché a zero volt; questo accade perché nei  transistor il passaggio dallo stato d’interdizione a quello di vera conduzione non avviene fintanto che la tensione tra base e l’emettitore (tensione A – VCC/2) non supera una certa soglia (circa 0.65V per un singolo transistor e il doppio per un  darlington). Questo fenomeno è comprensibile osservando le forme delle correnti (le prime in alto in figura); da esse si nota che nonostante il segnale d’ingresso sia aumentato di una certa quantità la corrente non fa altrettanto e cresce con andamento esponenziale dopo il quale finalmente il transistor entra in conduzione, dato che essa esce dall’emettitore dell’NPN e va al carico tramite il condensatore C2, la forma della tensione B è una copia esatta della corrente suddetta.

Stesso discorso vale ovviamente anche per il transistor PNP quando la tensione A si inverte passando a valori più bassi di VCC/2.

Tale amplificatore genera una forte distorsione armonica definita d’incrocio, essa è fortemente udibile per cui non è possibile parlare di alta fedeltà per questo tipo di classe. Per ovviare a questo problema si polarizzano i due transistor con tensioni continue tali che, anche in assenza segnale, la tensione tra base e l’emettitore sia all’intorno dei 1.3v (tensione di soglia del transistor), in queste condizioni circola una piccola corrente a riposo (senza segnale) portando il transistor appena nella zona di conduzione e quando la tensione d’ingresso aumenta (diminuisce nel caso dell’ PNP) partendo ora da un valore di soglia suddetto, fa subito circolare la corrente idonea a ricreare in uscita una forma uguale (a parte una leggera distorsione che tutti i componenti attivi generano) a quella d’ingresso. Questo tipo di amplificatore lavora in classe AB.

Ci sono diversi sistemi per polarizzare una coppia di finali alla tensione di soglia ognuno con vantaggi e svantaggi rispetto l’altro, due esempi sono raffigurati in fig. 2.

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CON I DIODI:

Con i diodi è abbastanza semplice ottenere la tensione di soglia voluta dato che essi, per un ampio range di corrente, forniscono ai loro capi una tensione all’intorno dei 0,65V; regolando le resistenze R si può far circolare in essi più o meno corrente in modo che la tensione ai loro capi vari di qualche millivolt sufficiente a cambiare anche di molti mA quella di riposo circolante nei transistor finali; a tal proposito, in genere, una corrente che va 10mA ai 100mA (dipende dal BJT usato) è più che sufficiente per eliminare la distorsione d’incrocio.

I diodi posseggono una resistenza dinamica (quella che si oppone al segnale) molto bassa (dell’ordine della decina di ohm), in genere rispetto alle resistenze di polarizzazione R sono praticamente dei cortocircuiti per il generatore il quale è come fosse collegato alle base dei BJT. Non occorrono quindi condensatori di by-pass.

Un vantaggio dell’uso dei diodi è che essi tendono a compensare le derive termiche dei finali se posti a contatto con le alette di raffreddamento dove sono alloggiati questi ultimi.

CON LE RESISTENZE RBB:

La polarizzazione mediante resistenze RB si attua applicando la legge di ohm; una volta deciso quale corrente far scorrere nelle resistenze (in genere dell’ordine del mA se si usano darlington  le cui basi, per l’alto guadagno statico HFE, assorbono pochissima corrente tanto da non essere messa in conto nel calcolo) si determina il loro valore tale per cui ai capi delle stesse ci sia una caduta pari al valore di soglia. In questo caso però l’uso del condensatore di by-pass su ognuno delle resistenze è obbligatorio dato che esse assumono (per normali valori di alimentazioni e correnti circolanti) valori abbastanza alti.

DIMENSIONAMENTO

Entriamo ora nel vivo del dimensionamento, a tale scopo si faccia riferimento alla fig 3 dove è visualizzato lo schema di un canale di questo progetto, l’altro è identico. Tenete conto che la divulgazione farà riferimento alla sola sezione relativa al transistor NPN (T1) e che nelle formule saranno usati i nomi dei componenti corrispondenti. L’altra sezione (quella relativa all’PNP T2) è identica alla suddetta come lo saranno i valori di tutti i parametri che calcolerete.

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Fig. 3

 Nel corso della divulgazione adotterò le seguenti convenzioni.

1.   LE GRANDEZZE IN CONTINUA E I NOMI DEI COMPONENTI VENGONO INDICATI CON LETTERE MAIUSCOLE E APICI MAIUSCOLI

2.   LE GRANDEZZE VARIABILI (DINAMICHE) VENGONO INDICATE CON LETTERE MINUSCOLE ED APICI MINUSCOLI

3.   LE GRANDEZZE MEDIE VENGONO INDICATE CON LETTERE MAIUSCOLE ED APICI MINUSCOLI.

I dati di partenza per il dimensionamento dell’amplificatore sono i seguenti:

Pl (potenza al carico)                                                                       [1]

RL (carico)                                                                                          [2]

Si determinano i valori della resistenza di emettitore R1 usando una costante pari a  0.1, valore numerico valido non solo per questo ma per qualsiasi altro amplificatore a transistor:

R1 = 0.1 X RL                                                                                     [3]

Se il valore della  resistenza ricavata dalla [3] non esiste in commercio usatene un’altra di valore il più possibile vicino al suo (io le ho montate da 1 ohm non perché 0.8 ohm non si trovano in giro ma perché ne ho una quantità industriale in laboratorio).

Ogni transistor (NPN o PNP) deve erogare potenza sia al carico che alla sua resistenza di emettitore, tale potenza, che indico Pu, è perciò:

Pu = Pl + Pr1                                                                                      [4]

Dove Pr1 è la potenza dissipata dalla resistenza R1.

Dato che R1 = 0.1 X RL lo è anche la corrispondente potenza:

Pr1 = 0.1 X PL                                                                                    [5]

Sostituendo la [5] nella [4] si ottiene:

Pu = Pl + 0.1 X Pl                                                                              [6]

Si determina la tensione di alimentazione necessaria:

VCC = sqrt[8 X (RL X R1) X Pu]                                                       [7]

Dove sqrt significa radice quadrata. Questa tensione va però aumentata di 4 volt per compensare quella di saturazione dei finali di valore diverso da zero. In poche parole i transistor non sono degli interruttori e quando sono alla massima conduzione parte della tensione VCC non si trasferisce al carico ma cade su di essi.

La potenza dissipata in ogni transistor è:

Pd = 0.1 X (VCC / 2)^2 / (RL + R1)                                                 [8]

Tensione massima sul carico:

vlp = sqrt[Pl X RL]                                                                             [9]

Corrente massima sul carico:

ilp = vlp / RL                                                                                      [10]

Con questi tre ultimi dati possiamo scegliere i finali. Essi debbono possedere le seguenti caratteristiche:

ICMAX > ilp la corrente massima di collettore deve essere maggiore del picco di corrente assorbito dal carico

VCE0MAX > VCC la tensione massima tra collettore ed emettitore deve essere maggiore della VCC

Pdmax > Pd la potenza dissipabile deve essere maggiore di quella dissipata

Conviene sempre scegliere dei darlington  che per il loro alto HFE caricano pochissimo le sezioni che li precedono.

Il case dei transistor non deve superare la seguente temperatura massima:

Tc = Tj –Rjc X Pd                                                                               [11]

Dove Tc è la temperatura del case, Tj è la massima temperatura di giunzione (in genere 150 °C) e Rjc è la resistenza termica tra la giunzione ad il case. Sia Tj che Rjc si leggono nel data sheet dei BJT. Per avere un riferimento si tenga conto che il dissipatore che ho usato io riesce a dissipare senza problemi potenze di circa 2W per transistor ed è una barretta di alluminio (che si trova in qualsiasi ferramenta) che ha le seguenti dimensioni 5 X 80 X 40. Per il dimensionamento esatto del dissipatore occorre che andiate alla seguente pagina.

In questi amplificatori, che siano alimentati con tensioni singole o duali, occorre sempre che la tensione nel punto di collegamento tra le due resistenze di emettitore sia costante; può infatti accadere che per varie ragioni (deriva termica, diversità costruttive dei transistor…) un BJT conduca, a parità di tensione tra base ed emettitore, più dell’altro creando uno sbilanciamento con la conseguente variazione della tensione (VCC /2 nel caso delle alimentazioni singole e zero volt nel caso di alimentazioni duali). Per questo motivo deve essere sempre presente una controreazione negativa al fine di controllare queste variazioni e riportare le tensioni al valore giusto pilotando corrispondentemente le basi dei finali.

Il lavoro in questo progetto è espletato dall’amplificatore operazionale, vediamo nei particolari come funziona il sistema.

In fig. 4 dello schema è rappresentato sola la parte che ci interessa.

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Fig. 4

Si noti che i condensatori C5, C3, C7, C4 non prendono parte alla controreazione in continua, per cui non appaiono nello schema.

Prima di intraprendere lo studio analitico conviene chiarire questo meccanismo di controllo.

Supponiamo che il transistor T1 per un qualsiasi motivo diventi più conduttivo rispetto l’altro, allora il sistema si sbilancia e la tensione nel punto d’incontro tra R1 ed R2 sale da VCC/2 ad un certo valore. Questo incremento viene riportato indietro tramite R7 ed R8 e va ad alimentare gli ingressi invertenti dei due operazionali, questo significa che il segnale in uscita da entrambi, quello che va a pilotare le basi dei due BJT, diminuisce. Allora sulle basi il potenziale, abbassandosi, rende meno conduttivo T1 e più conduttivo T2 riportando la tensione al valore VCC/2.

La formula che segue serve a ricavare il valore di tensione continua ai capi della coppia dei diodi affinché i due transistor lavorino in classe AB:

VBB = 2.6 / 2                                                                                     [12]

Dove 2.6 è il doppio della tensione di soglia di cui si è parlato prima.

Dato che non esiste una formula sicura dalla quale si possa ricavare il necessario valore di corrente che deve attraversare i diodi per avere quella caduta, conviene far circolare loro una corrente di 1mA, poi in fase di collaudo controllare con un tester (senza segnale audio in ingresso) su R1 oppure su R2 se sia presente  una  tensione di circa 10mV. Questo valore, essendo le resistenze pari ad 1 ohm, corrisponde alla corrente circolante a riposo nei due transistor. Come ho detto prima il valore di corrente necessario per eliminare la distorsione d’incrocio deve essere compreso tra i 10mA ed i 100mA e dipende dal transistor usato; è sconsigliabile non superare i 100mA soprattutto a tensioni di alimentazioni alte per evitare di far dissipare troppa potenza a riposo dai BJT.

Imponendo una corrente di 1mA circolante nei diodi si determina il valore della resistenze R12:

R12 = (VCC – VBB) /0.002                                                   [13]

Dobbiamo adesso dimensionare le resistenza R9 per impostare il guadagno dell’amplificatore. Oramai tutte le sorgenti sonore forniscono in uscita un segnale di almeno 2Vpp, in base a questo valore mediante la seguente formula si determina la resistenza suddetta:

R9 = R / vlp                                                                                        [14]

Dove R è il parallelo tra R5 ed R7 e vlp è la tensione di picco al carico determinata dalla [9]. In questo calcolo si è trascurato il guadagno dei transistor dato che esso si avvicina all’unità essendo i finali in connessione a collettore comune. In questo contesto l’amplificatore è come se fosse composto dal solo operazionale, tutto il guadagno in tensione la banda passante e la controreazione è gestita dall’integrato e questo la dice tutta sulla linearità del sistema.

Per quanto riguarda le resistenze R5 ed R7 esse si possono scegliere in modo arbitrario ma dentro certi limiti, infatti se si scelgono di valore troppo alto possono essere comparate con l’impedenza interna dell’operazionale innescando oscillazioni ad alta frequenza. Se si scelgono di valore troppo piccolo, dato che l’integrato serve anche ad amplificare il segnale, la resistenza R9 potrebbe risultare troppo bassa e di conseguenza il condensatore C3 troppo grande; un valore giusto è 47K che potrete usare per qualsiasi dimensionamento.

Per la scelta dell’operazionale occorre che quest’ultimo riesca a sopportare una tensione di alimentazione VCC e riuscire a fornire una tensione vlp sul seguente carico:

RC = RL / HFE                                                                                    [15]

Dove HFE è il guadagno statico del transistor che si ricava facilmente dal corrispondente data sheet.

I componenti R3, R4, C1, C6, C8 servono per evitare l’insorgere di oscillazioni ed eliminare i rumori prodotti dall’alimentazione esterna e dall’amplificatore.

Per ultimo dimensioniamo tutti i condensatori di segnale. Per far questo si consideri una frequenza di taglio pari ad 1Hz.

C9 = 1 / (6.28 X RL)                                                                          [16]

C3 = 1 / (6.28 X R9)                                                                         [17]

C5 = 2 / (6.28 X R12)                                                                       [18]

NOTE FINALI:

E’ abbastanza facile dimensionare questo amplificatore, per ottenere una potenza più alta di quella che ho scelto  io basta aumentare la tensione di alimentazione, sostituire i finali con altri che abbiano parametri adatti alle nuove condizioni, sostituire i condensatori e gli operazionali con tensione di lavoro più alte ed il gioco è fatto. Per il resto è sufficiente possedere una calcolatrice.

L’amplificatore da me dimensionato ha le seguenti caratteristiche:

POTENZA IN USCITA SU 8 OHM = 6W

BANDA PASSANTE @ - 3dB = 1 Hz – 100Khz

ALIMENTAZIONE = 26V 2.6A

Qui troverete tutto il necessario per realizzare l’amplificatore. La scheda ha le seguenti dimensioni 105.3 mm X 54.8 mm ed è stata salvata con una risoluzione di 600 d.p.i.

Ricordarsi di effettuare i ponticelli in rosso visibili sul piano di montaggio.

Buon lavoro

Fabio

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