PROGETTARE UN AMPLIFICATORE A MOSFET IN CLASSE A

Progettare e costruire un amplificatore in classe A può sembrare una stravaganza dal momento che il miglioramento della distorsione rispetto ad un classe AB (che in fin dei conti l’orecchio non riesce a discriminare) è poca cosa rispetto a tutti gli inconvenienti che presenta; elevata potenza dissipata in calore a riposo, uso di dissipatori enormi, utilizzo di trasformatori di alimentazione generosi ed elevato rapporto costo-potenza.

Ma dal punto di vista della sperimentazione e della didattica nulla da eccepire, questa classe esiste e non vedo motivi per  non analizzarla, è per questo che ho deciso di progettare un amplificatore in classe A cercando di minimizzare l’uso dei componenti attivi presenti sul percorso del segnale d’amplificare in modo di rendere il progetto appetibile ai meno esperti e realizzabile anche in aria.

L’analisi sarà effettuata sia al livello discorsivo che analitico in modo di dare il maggiore numero di strumenti affinché il lettore possa realizzare l’amplificatore con le caratteristiche elettriche che desideri.

Lo schema elettrico è rappresentato in Fig 1; la sezione finale  è composta da un mosfet (U1) ed da un transistor (Q2) con la funzione di limitatore di corrente, ed è proprio da quest’ultimo che voglio partire. Un limitatore di corrente (alcuni lo confondono con un generatore di corrente che è tutt’altra cosa) fa circolare una corrente prestabilita in un carico collegato alla sua uscita (sul collettore nel nostro caso). Essa è mantenuta al valore voluto (vedremo poi come procedere analiticamente) mediante la tensione, pressoché costante, che si sviluppa ai capi di un diodo il cui catodo è collegato alla base del transistor, in questo modo la corrente circolante tra l’emettitore ed il collettore rimane anch’essa costante per un certo range di carico, per valori bassi di questo (anche un corto circuito) la tensione di alimentazione (V+) è praticamente (trascurando la caduta su R1) presente tra l’emettitore ed il collettore del BJT ed esso si trova sicuramente in zona attiva, man mano che si aumenta il valore del carico parte della tensione suddetta si trasferisce dal transistor al carico stesso rispettando la legge di ohm (infatti essendo la corrente erogata costante, se il valore del carico aumenta anche la tensione ai suoi capi aumenterà), essendo la tensione presente sull’emettitore costante (circa quella del diodo trascurando la caduta tra base ed emettitore che d’altronde è anch’essa piuttosto costante) ci sarà un valore del carico oltre il quale il transistor entrerà in saturazione e smetterà di funzionare come limitatore di corrente.

Anche per un carico di valore costante (come quello di un altoparlante) ci sarà un certo valore di corrente che farà andare in saturazione il BJT per i motivi di cui sopra. Per evitare che ciò accada bisognerà in fase di progetto, dopo avere calcolato la corrente necessaria per avere il picco di tensione voluto sul carico, aumentare la tensione di alimentazione (V+) di un paio di volt rispetto a quella calcolata per evitare che alla massima potenza il limitatore lavori troppo vicino alla saturazione.

Il mosfet collegato tra il collettore di Q2 ed il negativo dell’alimentazione funge da carico variabile pilotato dal segnale da amplificare presente sul suo gate; in un amplificatore in classe A nei due semiconduttori deve circolare una corrente a riposo (senza segnale) pari a quella di picco corrispondente alla massima potenza erogata al carico (vedremo in seguito). Questa corrente, circolando nella resistenza offerta dal mosfet, provoca una caduta ai suoi capi pari a quella dell’alimentazione negativa ma di verso opposto cosicché sul carico (in assenza di segnale) la tensione vale zero volt ed in esso non circola corrente (vedremo in seguito come farà il sistema a regolare la giusta resistenza offerta dal mosfet affinché questo avvenga).

Ammettiamo ora che il segnale presente sul gate del mosfet diminuisca rispetto al valore di riposo di una certa quantità, U1 diventa allora meno conduttivo e aumenta la resistenza tra il drain ed source, allora la tensione ai capi di essa aumenta e  di conseguenza aumenta anche quella sul carico; dato che la corrente all’uscita del BJT non può ne aumentare ne diminuire mentre  prima circolava dal collettore al polo negativo attraverso il mosfet, ora scorrerà anche verso il carico. In poche parole essa si divide tra i due carichi (resistenza del mosfet e il carico in uscita) in maniera proporzionale ai loro valori e la sua somma, in ogni tempo, è sempre costante e pari a quella che circola a riposo.

Viceversa quando il segnale presente sul gate del mosfet aumenta rispetto al valore di riposo di una certa quantità, U1 diventa più conduttivo e diminuisce la resistenza tra il drain ed source, di conseguenza la tensione ai capi di essa diminuisce e  di diminuisce anche quella sul carico; al passaggio per lo zero la corrente del limitatore smette di circolare nel carico e torna a scorrere interamente dal polo positivo a quello negativo come fa a riposo, la corrente circolante nel carico è allora dovuta al solo polo negativo.

Sul carico si ha quindi una replica amplificata (il mosfet amplifica) del segnale presente sul gate. In Fig 2 sono rappresentate la corrente sul carico (I(Carico)), quella circolante nel mosfet (Ix(U1)) e quella in uscita dal collettore (Ic(Q2)).

FIG2.jpg

Nel’esempio si è scelta una corrente del limitatore pari a circa 1 A, quando la corrente nel carico aumenta da zero a 1 A quella che attraversa il mosfet diminuisce da 1 A a zero A, quando la corrente del carico passa da 1 A a -1 A quella che attraversa il mosfet sale da zero A a 2 A, mentre per tutto il ciclo quella del limitatore rimane pressoché costante; in poche parole il carico “ruba” corrente al mosfet e viceversa. Notare inoltre che nel polo negativo scorre una corrente che va da zero a 2 A (somma di quella del limitatore e del carico), mentre nel polo positivo scorre una corrente costante di 1 A.

Ma perché si usa un limitatore anziché una resistenza? Semplicemente per il motivo che una resistenza farebbe da partitore con quella del carico diminuendo la tensione massima disponibile e di conseguenza la massima potenza in uscita.

In genere gli amplificatori in classe A hanno il finale in configurazione “inseguitore” (guadagno unitario) con il limitatore ed il carico connesso al source, in questo progetto, invece, il mosfet è in configurazione source comune, ovvero il carico ed il limitatore è connesso al suo drain, ho deciso di usare questa configurazione per dare una manciata di amplificazione in più che va a sommarsi a quella dello stato d’ingresso (differenziale). In questo modo si ottiene una buon guadagno a catena aperta necessario per avere un’ottima efficienza della retroazione negativa senza usare stadi aggiuntivi.

La retroazione negativa in questo amplificatore ha due scopi fondamentali; uno è quello di tenere lo zero volt ai capi del carico a riposo, questo evita ovviamente che ci sia una componente continua in altoparlante, l’altro è quella di garantire un’ottima linearità per ampie escursioni di segnale. Infatti nel  mosfet, che amplifica, si raggiungono elevate elongazioni di segnale che interessano un gran numero di curve caratteristiche del dispositivo che sono ben lontane dall’essere rettilinee ed equidistanti tra loro, se non fosse presente la retroazione il segnale di uscita sarebbe altamente distorto con una semionda allungata e l’altra schiacciata, come in Fig 3.

FIG3.jpg

Il sistema funziona così: il segnale viene prelevato ai capi del carico e riportato indietro alla base del transistor Q1 tramite il partitore R9, R10 (il condensatore è un corto circuito per i segnali dinamici e serve per non attenuare la continua, in questo modo per essa la retroazione è al 100% con un ottimo controllo per il mantenimento degli zero volt sul carico) il cui rapporto determina l’amplificazione di tutto l’amplificatore.

Il segnale così retroazionato viene costantemente confrontato con quello d’ingresso applicato alla base del transistor Q3, il segnale errore che ne consegue viene amplificato sia dal differenziale (composto da Q1, Q2, Q4) che dal mosfet correggendo le differenze dovute alle distorsioni introdotte dai dispositivi. Lo stesso discorso vale per la tensione continua; se per qualche motivo la tensione ai capi del carico si scosta dal valore dei zero volt (ad esempio per deriva termica) grazie al confronto tra questa con  quella presente sulla base di Q3 (che è tenuta a zero volt tramite la resistenza R11) il segnale errore pilota il mosfet per riportare la tensione ai capi del carico a zero volt.

La resistenza U3 serve per la regolazione fine dell’offset sul carico, il gruppo Q4, R2, D2, R7 costituisce un limitatore che offre una resistenza notevolmente alta per il segnale, questo garantisce un funzionamento ottimale al differenziale, i componenti R8, C3, C4, C5, C6 servono a scongiurare oscillazioni, i condensatori inoltre riducono il rumore presente sull’alimentazione.

PROGETTO

Metto a disposizione ora tutte le formule necessarie per progettare l’amplificatore corredate dei valori numerici relativi alle mie scelte progettuali.

DATI DI PARTENZA

Potenza desiderata al carico:

PC = 4 W

Carico desiderato:

RC = 8 ohm

 

DETERMINAZIONE DELLA TENSIONE DI ALIMENTAZIONE

Si determina prima la massima tensione di picco che deve essere presente ai capi del carico per avere la potenza suddetta.

Tensione di picco al carico:

VCp = sqrt (PC * RC) * 1.41 = sqrt (4 * 8) * 1.41 = 8 Vpicco

(sqrt = radice quadrata)

Ora bisogna tenere conto della saturazione del limitatore e del mosfet aumentando di 2 V il valore di tensione calcolato sia sul ramo positivo che quello negativo.

V+ = V- = VCp + 2 = 8 + 2 = 10 V

(dove V+ e V- sono le tensioni di alimentazioni rispettivamente del ramo positivo e di quello negativo).

 

DETERMINAZIONE DELLA CORRENTE DA IMPORRE AL LIMITATORE

Si determina prima la corrente di picco al carico:

ICp = VCp / RC = 8 / 8 = 1 A

La corrente (IR) che deve scorrere a riposo nei due dispositivi deve avere, per sicurezza, un po’ di margine e va aumentata del 10 %:

IR = ICp  + 10 % ICp = 1 + 0.1 = 1.1 A

 

SCELTA DEL TRANSISTOR

A riposo la corrente circolante è 1.1 A e la tensione massima (trascuro la caduta su R1 che è di pochi volt) al quale è dinamicamente sottoposto il BJT è la seguente:

VCE2 = |- VCp| + V+ = 8 + 10 = 18V

Ovvero la somma della tensione positiva di alimentazione più il massimo picco negativo sul carico. Per avere un margine di sicurezza aumento questa tensione del 10%:

VCE_2 = VCE2 + VCE2  * 10% = 18 + 1.8 = 19.8 V

La potenza che deve dissipare è:

PD2 = IR * V+ = 1.1 * 10 = 11 W

Occorre scegliere un transistor che sopporti i valori determinati sopra. Io ho scelto il TIP32 che possiede  i seguenti parametri:

IC = 3 A > IR

VCE0 = 40 V > VCE_2

PD = 40 W > PD2

(i suddetti parametri si trovano nel data sheet del transistor).

 

SCELTA DEL MOSFET

A riposo la corrente circolante è 1.1 A e la tensione massima al quale è dinamicamente sottoposto il mosfet è la seguente:

VDS1 = VCp + |V-| = 8 + 10 = 18V

Ovvero la somma della tensione negativa di alimentazione più il massimo picco positivo sul carico. Per avere un margine di sicurezza aumento questa tensione del 10%:

VDS_1= VDS1 + VDS1 * 10% = 18 + 1.8 = 19.8 V

La potenza che deve dissipare è:

PD1 = IR * |V-| = 1.1 * 10 = 11 W

Occorre scegliere un mosfet che sopporti i valori determinati sopra. Io ho scelto il IRF3205 che possiede  i seguenti parametri:

ID = 110 A > IR

VDSS= 55 V > VDS_1

PD = 200 W > PD1

(i suddetti parametri si trovano nel data sheet del mosfet).

 

Bisogna ora leggere, tramite le caratteristiche di uscita del mosfet, che tensione deve essere presente tra il gate ed i source per avere al passaggio della corrente IR una caduta tra drain e source pari a V- affinché ai capi del carico ci siano  zero volt. Dato che io ho scelto un mosfet sovradimensionato (ne ho diversi in laboratorio) sul grafico nel data sheet non sono riportate le curve delle VGS per valori così bassi di corrente; a tal proposito vi conviene sceglierne uno con capacità di corrente più limitate e consone al progetto che vi appresterete a fare. Comunque per questo mosfet riporto le caratteristiche di uscita che ho costruito tramite simulatore software, esse sono riportate in Fig 4.

 

FIG4.jpg

In figura la freccia indica la curva VGS più vicina ai valori 10 V e 1.1 A, non occorre comunque essere

precisi, la retroazione porterà la tensione gate-source al valore esatto. Quindi:

VGS1 = 3.9 V

Quindi la tensione che deve essere presente sul gate è:

VG1 = |v-| - VGS1 = |-10| - 3.9 = 6.1 V

 

Bisogna ore scegliere la corrente che deve circolare nel differenziale.

A primo impatto si potrebbe pensare che il mosfet, avendo un’impedenza d’ingresso alquanto elevata, non assorba tanta corrente e che nello stato precedente sia sufficiente che ne circoli uno molto bassa, in realtà non è così. La capacità d’ingresso assorbe sempre più corrente man mano che la frequenza del segnale aumenta, quando il valore di questa raggiunge quello massimo che il differenziale può erogare si stabilisce una distorsione. Per evitare che ciò accada è necessario far circolare nel differenziale una corrente di circa 10 mA per ramo (praticamente giusto valore per tutti i mosfet) più che sufficiente per far fronte alla richiesta di corrente della capacità d’ingresso del mosfet fino a 100 KHz. Ovviamente nel limitatore (Q4) scorrerà una corrente doppia.

 

SCELTA DEI TRANSISTOR DEL DIFFERENZIALE

Essendoci sull’emettitore di Q4 una tensione pari circa zero volt (infatti le basi di Q1 e Q3 sono anch’esse a potenziale vicino allo zero) il transistor è sottoposto quasi interamante dalla tensione del ramo positivo (si trascura la caduta su R2 che è di pochi volt).

VCEq4 = V+ = 10V

Aumento per sicurezza questa tensione del 10%:

VCE_q4 = VCEq4 + 10% VCEq4 = 10 + 1 = 11 V

 

In Q4 scorre, come abbiamo detto, una corrente di 20 mA (IL) che fa dissipare al transistor una potenza di:

PDq4 = IL * V+ = 0.02 * 10 = 200 mW

 

Trascurando la caduta su R4 ed R5, la tensione alla quale sono sottoposti i transistor Q3 e Q1 è quella di alimentazione negativa:

VCEq1q3 = V- = -10 V

Aumento per sicurezza questa tensione del 10%:

VCE_q1q3 = VCEq1q3 + 10% VCEq1q3 = |10| + 1 = 11 V

 

In Q1 e in Q3 scorre, come abbiamo detto una corrente di 10 mA (IL / 2) che fa dissipare l transistor una potenza di:

PDq1q3 = IL / 2 * V+ = 0.01 * 10 = 100 mW

Si sceglie ora un transistor che riesca a sopportare i valori suddetti, io ho usato il 2n3906 i cui parametri sono:

VCE0 = 40 V > VCE_q4 = VCE_q1q3

IC = 200 mA > IL

PD = 625 mW > PDq4

(i suddetti parametri si trovano nel data sheet del transistor).

 

La resistenza R5 ed R4 si determinata come segue:

R4 = R5 = (|v-| - VG1) / (IL / 2) = (|-10| -  6.1) / (0.02 / 2) = 390 ohm

Mentre la potenza su R4 ed R5 è:

Pr4r5 = IL / 2 * IL / 2 * R4 = 0.01 * 0.01 * 390 = 39 mW (si sceglie una resistenza con potenza maggiore o uguale a 1 / 8 W)

 

La resistenza R11 è non può essere ne troppo piccola ne troppo grande; se ha valori troppo bassi può caricare alcune sorgenti sonore, se ha valori troppo alti la caduta che si instaura ai suoi capi, dovuta alla piccola corrente di base di Q3, assume valori troppo alti facendo alzare la tensione a riposo sul carico. Un valore ottimale da usare per ogni progetto è di 47Kohm, in questo modo la resistenza vista dalla sorgente, che è il parallelo di R11 ed il potenziometro del volume U2 assume il seguente valore:

RIN = R11 // U1 = (100000 * 47000 ) / (100000 + 47000) = 31.9 Kohm

Valore abbastanza alto per la maggiore parte delle sorgenti sonore (nel calcolo si è trascurata la resistenza d’ingresso di Q3)

 

DIMENSIONAMENTO LIMITATORE DIFFERENZIALE

Allo scorrere di una corrente intorno ai 10 mA un diodo led verde presenta una caduta di circa 1.8 V, questa tensione si trasferisce, a meno della caduta sulla giunzione base emettitore di Q4, alla resistenza R2 il cui valore si determina con la seguente formula:

R2 = (VD2 – VBE4) / IL = (1.8 - 0.7) / 0.02 = 55 ohm (valore commerciale più vicino = 56 ohm)

(dove VBE4 è la caduta di tensione tra base ed emettitore di Q4)

Potenza di R2:

PR2 = IL * IL * R2 = 0.02 * 0.02 * 56 = 22 mW ( se ne sceglie una commerciale da 1/8 W o superiore).

Nella resistenza R7 circola la corrente di base e quella che circola nel diodo (10 mA). La resistenza si determina così:

R7 = (V+ - VD2) / (ID2 + IB4) = (10 – 1.8) / (0.01 + 0.00016) = 807 ohm (si sceglie 820 ohm valore commerciale più vicino)

Dove:

IB4 = IL / HFE = 0.02 / 125 = 0.16 mA

Il valore di HFE si legge sul grafico (che si trova sul data sheet del BJT) corrispondente alla corrente IL = 20 mA e TA = 25 °C

Potenza di R7:

PR7 = IP7 * IP7 * R7 = 0.01 * 0.01 * 820 = 82 mW ( se ne sceglie una commerciale da 1/8 W o superiore).

Dove:

IP7 = ID2 + IB4 = 0.01 +  0.00016 ~ 0.01 A

 

DIMENSIONAMENTO LIMITATORE FINALE

Allo scorrere di una corrente intorno ai 10 mA un diodo led verde presenta una caduta di circa 1.8 V, questa tensione si trasferisce, a meno della caduta sulla giunzione base emettitore di Q2, alla resistenza R1 il cui valore si determina con la seguente formula:

R1 = (VD1 – VBE2) / IR = (1.8 - 0.7) / 1.1 = 1 ohm

(dove VBE2 è la caduta di tensione tra base ed emettitore di Q2)

Potenza di R1:

PR1 = IR * IR * R1 = 1.1 * 1.1 * 1 = 1.21 W ( se ne sceglie una commerciale da 1.5 W o superiore).

Nella resistenza R6 circola la corrente di base e quella che circola nel diodo (10 mA). La resistenza si determina così:

R6 = (V+ - VD1) / (ID1 + IB2) = (10 – 1.8) / (0.01 + 0.011) = 390 ohm

Dove:

IB2 = IR / HFE = 1.1 / 100= 0.011 A

L’HFE si legge nel punto del grafico (che si trova nel data sheet) corrispondente alla corrente di collettore di 1.1 A.

 

DIMENSIONAMENTO DISSIPATORE

Sul dissipatore vanno montati quattro dispositivi, due limitatori e due mosfet facenti parte dei due canali. Per determinare la resistenza termica dissipatore-ambiente (RDA) occorre precedere come segue (per vedere da dove vien fuori tale procedimento andare alla seguente pagina).

 

I dati termici del transistor sono i seguenti:

PD2 = 11 W (potenza dissipata calcolata prima)

RJC2= 3.125 °C / W (resistenza termica giunzione case)

RCD2 = 1 °C / W (resistenza termica case dissipatore con isolatore termico)

TJ2 = 150 °C (massima temperatura di giunzione)

 

I dati termici del mosfet sono i seguenti:

PD1 = 11 W (potenza dissipata calcolata prima)

RJC1 = 0.75 °C / W (resistenza termica giunzione case)

RCD1 = 1 °C / W (resistenza termica case dissipatore con isolatore termico)

TJ1 = 150°C (massima temperatura di giunzione)

 

Bisogna ora calcolare i seguenti prodotti per ogni dispositivo.

Per il transistor:

A2 = PD2 * (RJC2 + RCD2) = 11 * (3.125 + 1) = 45.375

Per il mosfet:

A1 = PD1 * (RJC2 + RCD2) = 11 * (0.75 + 1) = 19.25

 

Per determinare la resistenza termica dissipatore-ambiente si applica la seguente formula, al posto di A bisogna mettere il prodotto più alto precedentemente ricavato, in questo caso il prodotto A2:

RDA = (TJ – TA – A) / [(PD1 + PD2) * 2] = (150 – 40 – 45.375) / [(11 + 11) * 2] = 1.46 °C / W

 

Dove TJ è la temperatura di giunzione uguale per entrambi i semiconduttori, TA è la temperatura ambiente che considero per sicurezza più alta dei canonici 25 °C perché in certi periodi dell’anno ed in certe condizioni può essere raggiunta, infine il denominatore viene moltiplicato per due perché i canali sono due.

Se nel caso in cui la RDA venga molto bassa (dissipatori molto grandi e costosi) o negativa (ad esempio perché avete progettato un amplificatore di notevole potenza) dovrete arredare il dissipatore di una ventola di raffreddamento.

 

Il guadagno complessivo dell’amplificatore è:

G = R9 / R10 = 47000 / 3900 = 12

Ovvero per avere 8 Vpicco in uscita occorrono 0.6 Vpicco in ingresso.

 

Spero che il lettore abbia letto con piacere questa pagina e gli auguro un buon lavoro semmai volesse realizzare questo semplice ma soddisfacente amplificatore.

Fabio

 

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