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Storie di ordinaria follia - Charles Bukowski

 Storie di ordinaria follia di Charles Bukowski è un libro che, almeno dal punto di vista della passione per la lettura, ha davvero cambiato la mia vita! Come ho scritto altrove posso affermare di aver praticamente trascorso la mia gioventù nella solitudine e di essermi rifugiato nella fantasia e nella lettura. Quello che leggevo, però, ricalcava a grandi linee l'impostazione liceale tradizionale, ovvero i grandi classici. Sì, ero un pò provincialotto, anche se leggevo quasi solo quello che mi piaceva, finivo spesso per seguire strade già note, troppo note, senza nulla togliere a questi grandissimi autori classici che meritano tutto il mio rispetto. Con Bukowski scoprii che anche tra gli autori meno noti, o comunque tra quegli autori che non incontrerai mai in un'aula scolastica, ci sono capolavori in grado di lasciare il segno, e Storie di ordinaria follia per me fu assolutamente uno di questi.

Piccolo capolavoro fu anche il modo in cui ne venni a conoscenza. Era l'ormai lontano Agosto del 1994, mi trovavo in Repubblica Ceca, a Brno, e come spesso facevo stavo gironzolando per i bei boschi intorno alla periferia dove vivevo. Incontrai una bella ragazza che stava raccogliendo qualche fiore sul bordo del sentiero. Beh, chiedendole l'ora e la direzione del sentiero attaccammo a parlare e lei mi offrì di accompagnarla. Passeggiamo per un pò insieme, mi raccontò molte cose interessanti e così scoprii che era una tipa davvero intrigante. Purtroppo due giorni dopo sarei dovuto tornare in Italia. Ci siamo scambiati, comunque, gli indirizzi e da lì è partita una bella amicizia di penna che dura tutt'oggi. Quando vado su mi fermo sempre a trovarla. Ebbene, prima di tornare a casa, ci scambiammo anche qualche consiglio, vista la comune passione per la lettura, e tra i titoli che lei mi passò c'era proprio questo Bukowski.

Tornato in Italia comprai subito il suo lavoro più famoso: Storie di ordinaria follia. Lo lessi d'un fiato e ne rimasi sconvolto. Per la prima volta in vita mia ebbi l'impressione di leggere i pensieri di una persona che aveva la mia stessa identica visione della vita. In quel periodo ero così perso nel mio mondo fantastico che addirittura vagheggiavo di poter incontrare un giorno Charles (o Hank come si firmava nei suoi racconti). Il solo fatto di sapere che al mondo esisteva qualcuno con cui avevo una tale affinità di pensiero mi dava una grande gioia. Più avanti scoprii che al tempo in cui lessi il libro il vecchio Hank era già morto, infatti morì i primi di marzo dello stesso anno, il 1994. Per soli mezz'anno non ci siamo incrociati. Forse Vi sembrerà sciocco, ma la notizia della sua morte mi aveva colpito, improvvisamente mi sentii più solo.

Ma veniamo al libro (sarebbe anche l'ora direte Voi!). Il titolo originale è Erections, ejaculations, exhibitions and general tales of ordinary madness (1967) e la dice lunga sul contenuto, già solo dalle tre parole che nella versione italiana sono state censurate (strano vero?!). Si tratta, in sostanza, di una autobiografia di Bukowski in forma di numerosi brevi racconti che descrivono la vita di uno scrittore squattrinato che trascorre le sue giornate a Los Angeles tra corse di cavallo all'ippodromo, sbronze colossali e donne di dubbia moralità. Il tutto condito da una profonda sensibilità artistica e umana che, per difendere se stessa, si nasconde dietro un cinismo spietato e ad alto gradiente alcolico. Bukowski non racconta balle, né a se stesso né agli altri: è miseramente schietto perché nella miseria umana vede l'unica condizione in cui vivono gli uomini. Ne è cosciente, sa che così non dovrebbe essere, ma sa anche di non avere le forze per opporsi e così, alla fine, cerca di trarre il massimo che può da un mondo malato e destinato all'autodistruzione. La follia: della storia, dell'umanità, dei politici, fino alla follia di ogni singolo uomo (lui compreso), di ogni donna (le donne poi sono tutto un capitolo a parte!), di ogni speranza vana, di ogni menzogna che raccontiamo agli altri e a noi stessi cercando con tutte le forze di crederci...questo, in fondo, è il tema prediletto di Bukowski. La vita, la morte, l'amore, il sesso, il denaro...tutto visto in un'ottica profondamente cupa e pessimista che, dopo tutto, dà all'autore stesso l'alibi che cerca per non sottostare a nessuna regola, per non dover rispondere a nessuno. In un racconto scrive che, alla visita militare, gli fu congedato con un: "Troppo sensibile per andare in guerra", e, tutto sommato, è questa la sintesi più sincera che si può fare della sua opera e della sua vita, considerato che i due aspetti, nel suo caso, erano intrinsecamente legati. Bukowski riesce a vedere con perfetta lucidità l'infelicità umana, la follia dell'oppressione dell'uomo sull'uomo, è un maestro nel dare quadri psicologici completi e dettagliati, se pur brevi come flash, dei personaggi più disparati. E i personaggi che descrive sono le persone che incontra nella sua vita, i disperati che giocano ai cavalli perdendo il lavoro e la famiglia per inseguire la chimera della ricchezza, della felicità; gli ubriaconi dei bar che frequenta, le donnette che bazzicano gli ippodromi. Una vastissima umanità normalmente nascosta negli strati più bassi della società che Bukowski ci mostra senza pietà, come alzasse un grosso masso e scoprisse tutto ciò che vive senza luce. E lo fa anche con un certo autocompiacimento: sia di appartenere a quel mondo, di essere un reietto della società "normale" ma anche di non sentirsene parte, di distinguersene perché lui è prima di tutto un grande scrittore, semmai dopo è un giocatore, un alcolizzato, un puttaniere. Ma non è uno stupido, sotto sotto sa benissimo che anche il suo non è altro che un modo di essere infelice e di nascondersi dietro ogni scusa, ogni autoinganno possibile, eppure non è capace di uscire da questo impasse, anche e soprattutto perché non gliene frega niente! E' questo, forse, il grande elemento di scarto rispetto a una tradizione letteraria cosiddetta della beat generation che dà l'impressione, a volte, di piangere su se stessa nell'attesa o nella speranza di qualcosa di migliore, del miracolo. Bukowski no, non s'attende nulla di buono dal mondo, è un egoista di primo ordine. La sua filosofia è vivi e lascia vivere che tanto non c'è speranza di salvezza per nessuno. La sua passione per le corse è quasi quella di un attento indagatore sociologico, è quella massa informe e colorata di strani personaggi variopinti che lo attira in maniera irresistibile, è per lui l'humus fertile dal quale trarre spunto per i suoi racconti. Con il gioco in sé, al contrario di molti, ha un rapporto quasi scientifico, tanto che non raramente ne esce in positivo fino quasi a poterci tirare avanti per un pò (insieme ai pochi soldi che riesce a mettere insieme con le poesie e i racconti). L'alcool e le donne sono per lui un rifugio dalla realtà, un breve momento d'oblio dove trovare pace, ma al di là di tutto questo la sua visione della vita e del mondo è chiara e sconfortante.

Forse è proprio questo che l'ha reso "antipatico" a tanta critica. Spesso è stato accusato di essere uno scrittore cinico e volgare ma, a mio parere, quello che a molti critici può esser sembrato inaccettabile è la sua visione spietatamente nichilista, quel suo mettere a nudo ogni aspetto miserevole della vita umana mostrandocelo così com'è: nudo e crudo e, soprattutto, senza nessuna possibilità di riscatto o di redenzione. Anche se, in fondo al suo cuore così ostentatamente duro e freddo, il sogno del riscatto e della redenzione è costantemente presente nella sua opera. Tutti i suoi personaggi aspirano a riscattarsi, a uscire da quella feccia puzzolente in cui sono infognati, e lui per primo sogna...e scrive per dare voce a quella vita miserabile, ma anche perché sogna che questo scrivere lo riscatti (come, infatti, poi avvenne). Ma non permette mai che la sua sensibilità più profonda emerga in superficie senza il suo consenso, ma è impossibile che questa non si percepisca, ed è in proprio in questo perenne contrasto e in questa tensione altalenante che ci appare l'uomo artista e autore nella sua essenza più profonda.

http://www.feltrinelli.it/SchedaLibro?id_volume=673480 

http://rcslibri.corriere.it/speakerscorner/libri34.spm 

Vi consiglio caldamente anche l'ottimo film di Marco Ferreri (Italia-Francia 1981) "Storie di ordinaria follia" interpretato da Ben Gazzara e Ornella Muti.

http://www.bloomriot.org/cinema/storiediordinariafollia.html 

 

 

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