La C.R.I. di Piozzano in collaborazione con la C.R.I. di Agazzano organizzano

domenica 08/02/2004

Presso il salone parrocchiale di Piozzano mostra fotografica su Baghdad, apertura ore 10:00, ore 16:00 presentazione delle diapositive commentate dal dott. Zurla.
I volontari sono pregati di partecipare numerosi.
 

 

Gli articoli della stampa locale sui nostri volontari in Iraq

Da: Libertà del 29/07/2003

Il Presidente Cri
Il dottor Renato Zurla parte domani per Baghdad


Scatta domani l'ora “x” per il dottor Renato Zurla, presidente provinciale della Croce Rossa.
Il medico partirà alle 10 del mattino da Roma assieme ad altri sei colleghi per l'Iraq. Con loro saranno anche infermieri professionali e tecnici di laboratorio. La loro destinazione è un ospedale da campo di Baghdad allestito dalla forza multinazionale di cui fanno parte anche i soldati italiani. Ma non è escluso che venga utilizzato anche nell'ospedale centrale della capitale irachena. Il medico ha spiegato di avere risposto ad una richiesta arrivata dalla Protezione civile regionale e da parte dell'unità di crisi che segue l'intervento dei nostri militari in terra irachena.
Nei giorni scorsi sono state sbrigate tutte le formalità burocratiche necessarie alla partenza dell'unico piacentino che farà parte del gruppo di soccorso in partenza per una delle zone più “calde” del mondo. Il presidente provinciale della Croce Rossa ha detto di essere pronto a mettere a disposizione la sua professionalità.

(c)1998 LIBERTA'

 

Da: Libertà del 21/08/2003

L'attacco contro l'Onu a soli 200 metri dalle tende dei volontari della Croce Rossa. Scarseggiano provviste e medicinali
Zurla: a Baghdad è ritornato l'inferno
«Un boato, il fumo e i feriti sotto choc al nostro ospedale da campo»


Una giornata orribile - ci ha detto ieri mattina Zurla - poco fa è morto un bimbo: abbiamo fatto di tutto ma non siamo riusciti a salvarlo

Piacenza - «Abbiamo sentito un fortissimo boato e poi, in una manciata di secondi, tutto è stato avvolto dal fumo.
Ci siamo resi conto subito che era successo qualcosa di molto grave perché è stata un'esplosione molto più intensa di quelle che abbiamo già udito qui.
Poi, nel giro di pochi minuti, è arrivata una macchina da cui sono scese alcune persone che, in tono concitato e terrorizzato, ci hanno raccontato, con l'aiuto degli interpreti, che c'era stata una terribile esplosione alla sede dell'Onu. Quindi sono arrivati alcuni feriti: quasi tutti erano sotto shock e si ricordavano solo di aver sentito un rumore assordante e di essere stati investiti dal crollo dell'albergo».
Bastano poche frasi, drammatiche e piene di angoscia, del dottor Renato Zurla, volontario piacentino della Croce Rossa, per trovarsi d'un tratto catapultati nell'inferno di Baghdag.
Per l'ospedale da campo della Cri, come per tutta la capitale irachena, sono state ore terribili «talmente amare da avere il dubbio che, in Italia, si possa comprendere davvero - racconta ancora il medico - quanto è accaduto». Il tono di Zurla è molto diverso da quello dei giorni scorsi: le parole sembrano pesanti da pronunciare e, loro malgrado, tratteggiano bene l'atmosfera di tensione e paura che si respira nell'accampamento della Cri.
«E' stata una giornata molto brutta, resa ancora più triste dal fatto che appena qualche minuto fa è morto un bambino di cinque anni» ci ha detto il volontario piacentino nella tarda mattinata di ieri. Il piccolo è l'ennesima vittima dei proiettili vaganti che sibilano nelle strade di Baghdag: «La dinamica dell'incidente non è chiara. E' troppo difficile capire i meccanismi degli scontri. Noi abbiamo fatto tutto il possibile per salvarlo, ma non è servito».
La voce di Zurla tradisce la frustrazione, forse la rabbia per la violenza che regna nella capitale e che, purtroppo, falcidia anche i semplici cittadini o, ancora, chi lavora per l'Onu. «Il Canal Hotel è ad appena 150- 200 metri dalle nostre tende. La recinzione del nostro campo - continua Zurla - è piuttosto bassa e abbiamo assistito all'esplosione. Stavamo lavorando quando si è sentito il botto». «A questo punto nessuno può più dirsi tranquillo: è comprensibile, stiamo vivendo una situazione di stress».
L'ospedale della Cri ha accolto, dopo la strage, alcuni dei feriti, poi trasferiti tutti, in poche ore, ad un altro nosocomio della capitale per ragioni di sicurezza. Tra loro anche un cittadino che è stato coinvolto accidentalmente nello scoppio. «Erano sotto shock, non ricordavano nulla, solo le macerie. Per accertarsi della gravità dei pazienti è venuto da noi anche il ministro della sanità iracheno». Per Zurla la situazione a Baghdad sta peggiorando: «Ho l'impressione - dice lapidario - che si stia evolvendo verso una fase negativa». Anche per l'ospedale della Croce Rossa non sono tardate ad arrivare, dopo l'attentato kamikaze, nuove misure di sicurezza: «I militari hanno potenziato la vigilanza, mettendo altri mezzi all'ingresso. Non riteniamo di essere un obiettivo sensibile, ma non si può certo escludere, dopo l'esplosione all'Onu, che si vogliano compiere altri atti dimostrativi. A questo punto può davvero capitare tutto». La strage al Canal Hotel ha avuto ripercussioni anche sui voli aerei: «Dovevo rientrare oggi (ieri per chi legge, ndr.) ma fino a stasera non so quando riusciremo a partire, ovviamente per ragioni di sicurezza». Anche l'infermiere piacentino atteso a Baghdad ieri non è ancora arrivato.
Al campo si attende anche con ansia l'arrivo di provviste e medicinali, che ormai cominciano a scarseggiare e a creare qualche difficoltà.
Silvia Barbieri

(c)1998 LIBERTA'

Da: Libertà del 22/08/2003

Staffetta a Baghdad fra Zurla e Negri. «Tanta amarezza per le sofferenze che ho visto»
Cambio della guardia in Iraq fra i volontari piacentini della Cri


Piacenza - I bambini colpiti dalle pallottole vaganti, gli uomini ustionati , i supestiti dell'attentato alla sede dell'Onu se li è ormai lasciati alle spalle. Ma nell'inferno di Baghdad il posto di Renato Zurla, presidente della Croce Rossa di Piacenza, ritornato ieri sera a casa dopo ventitrè giorni trascorsi nella capitale irachena, lo prenderà un altro volontario della Cri, l'infermiere Costantino Negri di Cadeo, partito mercoledì mattina dall'aeroporto di Ciampino. Mentre Zurla si imbarcava sull'aereo che l'avrebbe riportato in Italia, Negri arrivava. I due non si sono incrociati, ma, idealmente, il primo ha consegnato il testimone al secondo, che dovrà affrontare tutte le difficoltà e i pericoli di un paese che, al termine dell'offensiva americana, è ancora lontano dall'aver ritrovato la pace.
Ad accogliere Zurla ieri sera alla stazione ferroviaria di Piacenza c'era al direttrice della Cri piacentina Stefania Pifferi, l'ispettore Michele Gorrini e la figlia Elisabetta.
Cosa porta a casa da questa esperienza?
«Prima di tutto la serenità di essere arrivato sano e salvo e di aver fatto, insieme a tante altre persone, il mio dovere. C'è un po' di amarezza per quello che abbiamo visto, che non lascia presagire niente di buono. Quando siamo partiti l'altra sera c'era ancora molto fuoco in giro. La domanda è se hai fatto qualcosa di importante. I problemi in Iraq sono talmente grandi che il tuo lavoro è come una goccia nel mare».
I momenti peggiori?
«L'ultimo giorno che ho trascorso là è stato terribile. Un po' in conseguenza dell'attentato all'Onu. Poi è arrivato un bambino di cinque anno colpito da un proiettile vagante che non siamo riusciti a salvare. Nello stesso giorno c'è anche stata la strage in una famiglia. E tutti i giorni avevamo centinaia di persone accalcate fuori dall'ospedale».
Quali sono state le vostre funzioni principali?
«Abbiamo svolto soprattutto attività di primo soccorso e di medicina d'urgenza. Ma anche medicina di reparto e chirurgia. Un'altra cosa importante è il centro ustioni. Le ustioni sono una piaga incredibile. Viene usato molto petrolio e benzina sia in casa che per strada, dove gli idrocarburi vengono venduti. Arrivano continuamente persone con ustioni di secondo e terzo grado, su novanta-cento per cento del corpo. Purtroppo abbiamo avuto anche diversi morti».
E per il futuro?
«C'è il progetto importante di trasferire il campo attentato in una struttura fissa, muraria, per continuare l'opera svolta»
Momenti belli?
«Sì, quando la gente ti ringrazia. E poi vedere i valori fortissimi che ci sono nei nuclei famigliari. La famiglia rimane il perno di tutto dove non ci sono altre tutele».
Paolo Marino

(c)1998 LIBERTA'

 

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