OMELIA
D'INGRESSO NELLA DIOCESI DI ISCHIA
del Vescovo Pietro
Lagnese
11 Maggio
2013
Carissimi fratelli e sorelle, nel giorno in cui
ufficialmente entro in Ischia quale suo nuovo vescovo il mio saluto sincero e
affettuoso a tutti voi. Con sentimenti di viva gratitudine saluto S. Em. il
Cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli che mercoledì 1
maggio ha presieduto la liturgia della mia ordinazione episcopale a Vitulazio e
questa sera ha presenziato al rito del mio insediamento qui ad Ischia. Saluto e
ringrazio gli arcivescovi e vescovi presenti anche a nome dell’intera conferenza
episcopale campana e saluto S. E. Mons. Filippo Strofaldi, mio predecessore,
attualmente gravemente malato: domani andrò a fargli visita per manifestare alla
sua persona il mio affetto e la mia vicinanza e per affidarmi alla sua
preghiera. Saluto l’intera Chiesa di Ischia: sacerdoti, religiosi, religiose,
seminaristi e tutti voi fratelli e sorelle laici: tutti i movimenti, le
associazioni ecclesiali e le comunità. Rinnovo il mio saluto a mons. Giuseppe
Regine, amministratore diocesano in questo tempo di sede vacante, e a tutte le
autorità civili e militari presenti. Il mio saluto a tutti gli uomini di buona
volontà e la mia particolare vicinanza ai poveri, agli ammalati e a tutti coloro
che sono segnati dalla sofferenza e dal disagio. Un saluto accogliente ai tanti
visitatori e turisti di cui è meta la nostra bella isola. Un grazie affettuoso
alla Parrocchia Santa Maria dell’Agnena presente qui questa sera per consegnarmi
alla diocesi isclana e alla rappresentanza della Chiesa di Capua. La Chiesa
celebra oggi la Solennità dell’Ascensione del Signore. Nel vangelo di Luca or
ora proclamato, la Parola del Signore ci ha detto che il Risorto, che si era
mostrato vivo per quaranta giorni, stando con i suoi discepoli, «li condusse
fuori verso Betania e, alzate le mani li benedisse. Mentre li benediceva, si
staccò da loro e venne portato su, in cielo» (Lc 24,50-51). Qual è il senso di
questa festa? Cosa significa celebrare questo mistero? Nella preghiera di
Colletta la liturgia ci invita oggi ad esultare di santa gioia: dove il motivo
di questa esultanza? Perché questa gioia? Il Papa emerito Benedetto, ponendosi
la stessa nostra domanda, commentava: «Cosa ci vuol dire allora la Festa
dell’Ascensione del Signore? Non vuol dirci che il Signore se ne è andato in
qualche luogo lontano dagli uomini e dal mondo. L’Ascensione di Cristo non è un
viaggio nello spazio verso gli astri più remoti;(…). L’Ascensione di Cristo
significa che Egli non appartiene più al mondo della corruzione e della morte
che condiziona la nostra vita. Significa che Egli appartiene completamente a
Dio» (Omelia, 7 maggio 2005). Ecco allora il primo motivo della nostra gioia:
Egli non se ne andato! In maniera tutta nuova Egli rimane presente in mezzo a
noi. Il tempo della Chiesa non è un tempo che si contrappone a quello di Cristo;
è, invece, il tempo di una nuova presenza di Cristo nel mondo attraverso una
nuova carne: quella della Chiesa. Su questa terra Cristo visibilmente presente
fino alla Sua Ascensione con il Suo Corpo, dopo la Sua salita al cielo è
presente con un altro corpo: il Suo Corpo ora è la Chiesa. «Nel primo racconto,
o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino
al giorno in cui fu assunto in cielo» (At 1,1-2): così inizia il libro degli
Atti degli Apostoli di cui abbiamo ascoltato questa sera i primi versetti. C’è
un tempo che è il tempo della presenza di Gesù prima della sua ascensione e c’e
un tempo che è il tempo sempre di Gesù che agisce ed opera attraverso la Sua
Chiesa. Ciò significa che sempre Lui è presente in mezzo a noi e che è sempre
Lui a guidare la Sua Chiesa: «Egli non abbandona il suo gregge ma - come ci fa
cantare la liturgia - lo conduce attraverso i tempi, sotto la guida di coloro
che Egli stesso ha eletto vicari del suo Figlio e ha costituito pastori» (cfr
Prefazio degli Apostoli I). Anche la mia presenza in mezzo a voi, figli della
diletta Chiesa di Ischia, è segno della Sua presenza. Pregate perché io sappia
aiutarvi a riconoscere in me la presenza del Signore. Aiutatemi ad essere, come
Maria, colui che porta il Signore; aiutatemi ad essere come Giovanni Battista,
indice elevato che a Cristo tutti rimanda e a Lui tutti porta, e come gli
apostoli, annunciatori dell’unico in cui c’è salvezza; e pregate per i nostri
sacerdoti, collaboratori del vescovo, perché siano anche loro presenza del
Signore. Dice il Signore: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del
mondo» (Mt 28,20). Sì, carissimi fratelli e sorelle: Gesù è in mezzo a noi! Noi
non siamo soli! Egli è in mezzo a noi e, mediatore tra Dio e gli uomini,
intercede per noi, “perché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per
mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente” (Eb 10,19-20). Chiesa di Ischia:
Duc in altum! Il Signore è con te! Gioisci ed esulta! Ma la festa di oggi ci
chiama a cogliere ancora altri motivi che fondano la nostra gioia. «Cosa
significa che ascese, - si domanda l’Apostolo Paolo - se non che prima era
disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al
di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose». (Ef 5,9-10).
«È veramente cosa buona e giusta,- canteremo fra poco nel prefazio - che tutte
le creature in cielo e sulla terra si uniscano nella tua lode, Dio onnipotente
ed eterno. Il Signore Gesù, re della gloria, vincitore del peccato e della
morte, oggi è salito al cielo tra il coro festoso degli angeli». Ecco allora
l’altro motivo che vede tutti noi raccolti nella gioia e nella lode al Signore.
Cristo regna! Ha vinto il peccato e la morte! Per questo siede ora alla destra
del Padre. Ha portato a termine la sua opera. È compiuto! (Gv ): ha detto Gesù
morendo sulla croce. Quell’ultima Parola del Signore esprime bene il senso della
sua opera! È l’opera di Dio. Quella che compie il suo Regno. L’opera della
nostra salvezza che anche stasera professeremo con le parole del Credo: Pròpter
nos hómines, et pròpter nostram salútem descéndit de coelis. Et incarnátus est
de Spíritu Sancto ex Maria Vírgine: et homo factus est. Crucifíxus étiam pro
nobis: sub Póntio Pilato pàssus, et sepúltus est. Et resurréxit tértia die,
secúndum Scriptúras. Et ascéndit in coelum: sedet ad déxteram Patris. La
salvezza è Cristo che la compie; e Lui già l’ha compiuta, La festa di oggi ce lo
dice chiaramente: Egli è colui che siede vittorioso alla destra del Padre perché
ha vinto. «L’essere assiso alla destra del Padre - ricorda il Catechismo della
Chiesa Cattolica, di cui celebriamo il XX anniversario, richiamando la visione
del figlio dell’uomo del profeta Daniele - significa l’inaugurazione del regno
del Messia (…). A partire da questo momento, gli Apostoli sono divenuti i
testimoni del “Regno che non avrà fine” (Simbolo niceno-costantinopolitano: DS
150)» (664). A cinquanta anni dal Concilio Vaticano II risuonano con forza le
parole della Lumen Gentium che ci invitato a rileggere la missione della Chiesa
alla luce del Regno inaugurato da Cristo: «La Chiesa, perciò, fornita dei doni
del suo fondatore ed osservando fedelmente i suoi precetti di carità, di umiltà
e di abnegazione, riceve la missione di annunciare e di instaurare in tutte le
genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il
germe e l’inizio. Intanto mentre va lentamente crescendo, anela al regno
perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi col suo re nella
gloria» (n. 5). Carissimi fratelli e sorelle, questa è l’opera della Chiesa:
riconoscere la presenza del Regno che vive tra noi, testimoniarne la grazia
nello Spirito, attendere con certa speranza il pieno compimento nella
Gerusalemme del Cielo. Siamo consapevoli delle ferite che manifestano il mistero
di iniquità che accompagna la vita della Chiesa ma, ciò nonostante, vogliamo
annunciare che Cristo è più forte! Lo sappiamo e, senza timore, rifuggendo da
ogni forma di irenismo, lo diciamo: anche la Chiesa isclana ha le sue ferite, ma
l’amore di Dio manifestatosi in Cristo Gesù è più grande! Confessiamo, perciò,
con coraggio, la vittoria di Cristo che ci dona nuovi orizzonti di grazia.
Nonostante le tante battaglie perse, sappiamo che la guerra è già vinta. Il
vessillo di Cristo è già stato piantato! Chiesa di Ischia, non lasciarti cadere
le braccia, non cedere allo scoraggiamento! Lo scoraggiamento non viene mai da
Dio. Affìdati al Signore! Schìerati dalla Sua parte e, anche tu vedrai le
vittorie di Cristo nella Tua vita. Chiesa di Ischia: Duc in altum! Il Signore
regna! Gioisci ed esulta! C’è, però, anche un terzo motivo che fonda la nostra
gioia. Cristo salendo al cielo - canta ancora la Chiesa oggi nel prefazio - «ci
ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui,
capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria». E
anche la Colletta: «Nel Figlio asceso al cielo la nostra umanità è, infatti,
innalzata accanto a Te, - Padre - e noi, membra del suo corpo, viviamo nella
speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria». Papa Benedetto
commenta: «Egli - il Figlio Eterno - ha condotto il nostro essere umano al
cospetto di Dio, ha portato con sé la carne e il sangue in una forma
trasfigurata. L’uomo trova spazio in Dio; attraverso Cristo, l’essere umano è
stato portato fin dentro la vita stessa di Dio» (Omelia, 7 maggio 2005). In
realtà, «come egli è asceso e non si è allontanato da noi, - ci dice il santo
dottore Agostino - così anche noi già siamo lassù con lui, benché nel nostro
corpo non si sia ancora avverato ciò che ci è promesso. (…) Cristo, infatti, pur
trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando
quaggiù, siamo già con lui». Il vescovo di Ippona, soffermandosi poi
sull’espressione di Gesù: Nessuno è mai salito al cielo fuorché colui che è
disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo, che è in cielo (cfr. Gv 3, 13),
aggiunge: «Questa affermazione fu pronunciata per sottolineare l'unità tra lui
nostro capo e noi suo corpo. Quindi nessuno può compiere un simile atto se non
Cristo, perché anche noi siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio dell'uomo
per noi, e noi siamo figli di Dio per lui» (Disc. sull'Ascensione del Signore,
ed. A. Mai, 98, 1-2; PLS 2, 494-495). Cosa significa ciò per tutti noi? Non
significa, forse, che il Signore ci chiama a vivere già su questa terra la vita
del cielo, manifestando con gesti e parole la vita nuova dell’amore nella quale
siamo stati immessi per grazia e non per le nostre forze? «Se siete risorti con
Cristo, - ci dice l’Apostolo - cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo
assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra»
(Col 3, 1-2). Pensare alla cose di lassù - lo sappiamo bene - non significa
disinteressarci delle cose della terra; «l’attesa di una terra nuova non deve
(infatti) indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro
relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova che già
riesce ad offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo»: così il
concilio nella Gaudium et Spes (39). Cercare le cose di lassù significa, invece,
essere discepoli del Signore e non mondani, come spesso ci ripete Papa
Francesco; significa non amare il mondo, né le concupiscenze del mondo, perché
se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui (Cfr. Gv 2, 15-16).
Significa, in una parola, camminare verso la santità! Sì, carissimi fratelli e
sorelle della Chiesa di Ischia, camminiamo nella santità! Il Signore ci chiama -
come già ho avuto modo di scrivervi nel mio primo messaggio - «a riconoscere
nella santità la prima vocazione del cristiano e ad accoglierla, quale
universale chiamata, al di là della condizione e dello stato di vita, come
mirabilmente indicato dal Concilio. È un invito - scrivevo - nonostante le reti
vuote dei nostri fallimenti e delle nostre cadute, nonostante le nostre
difficoltà a superare le barriere che ci dividono e che ci impediscono di
testimoniare il comandamento dell’amore, a rilanciarci ancora sulle via della
santità indicataci dal Signore che ci dice: “siate perfetti come è perfetto il
Padre vostro celeste” (Mt 5, 48)». La fama di bellezza che riscuote la nostra
isola verde diventi anche fama di santità. La santità attraversa la nostra
storia, essa anima le comunità, è raccontata dall’arte e dalla vita di tanti
uomini e donne della nostra terra. Penso in questo momento ai santi nostri
patroni e in modo particolare al venerabile Giuseppe Morgera, che speriamo di
poter vedere al più presto elevato agli onori degli altari. Chiesa di Ischia:
Duc in altum! Il Signore ci trasfigura! Gioisci ed esulta! Carissimi fratelli e
sorelle, nel brano del Vangelo di Luca, ora proclamato, troviamo due espressioni
che alludono a due azioni, sulle quali vorrei ancora soffermarmi con voi qualche
istante. Si tratta di due azioni che sempre devono segnare l’agire pastorale di
tutta la Chiesa e di ogni Chiesa: due dimensioni e atteggiamenti, costitutivi
della Chiesa di ieri, di oggi e di sempre e che, in maniera tutta particolare,
questa sera, come Chiesa di Ischia, radunata insieme al nuovo vescovo nel giorno
del suo ingresso, siamo chiamati a contemplare e ad accogliere come direttrici
fondamentali per il futuro cammino, donate a noi dalla Parola di Dio. La prima
dimensione allude al movimento: Gesù, nel mostrare come la sua resurrezione sia
la risposta di Dio al peccato dell’uomo e come in Lui sia possibile anche per
noi risorgere ad una vita nuova, chiama i discepoli a predicare il Vangelo a
tutti i popoli cominciando da Gerusalemme. È un invito ad andare: Ecco io vi
mando! Come il Padre ha mandato me, così io mando voi: dice Gesù nel Vangelo di
Giovanni. Un invito a mettersi in cammino, ad andare incontro agli uomini per
annunciare loro la salvezza. Che cosa significa tutto questo per noi? Significa
- afferma Papa Francesco, con il suo stile franco e semplice - che dobbiamo
«imparare ad uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, per andare
verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri
fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono
dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di
aiuto. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e
ricco di amore!» (27 marzo 2013, Prima Udienza Generale). E ciò a tutti i
livelli. A livello personale, ma, di certo, anche a livello ecclesiale. La
Chiesa deve uscire da se stessa se vuole essere fedele al suo Signore; deve
uscire - aggiunge il papa - «da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario,
dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere
l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio è uscito da se stesso per venire in
mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per portarci la sua misericordia che
salva e dona speranza. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non
dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo
“uscire”, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana. Ricordate
bene: uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è
uscito da se stesso per tutti noi» (Ivi). È questa, carissimi, la logica del
vangelo, la logica dell’incarnazione, la logica di Gesù. Concretamente cosa può
significare per la nostra chiesa di Ischia, accogliere questa logica? Significa
fare nostra la logica del sale, della luce e del lievito. Non è più tempo per
chiuderci nei nostri recinti. La sicurezza non ci viene dallo stare chiusi. È
invece questo il tempo per «aprire le porte del nostro cuore, della nostra vita,
delle nostre parrocchie, (…) dei movimenti, delle associazioni, ed “uscire”
incontro agli altri, farci noi vicini per portare la luce e la gioia della
nostra fede» (Ivi). Ci domandiamo: perché ci chiudiamo in noi stessi? Perché
accade questo? Perché ci lasciamo sedurre dalle logiche dei recinti e dagli
steccati? Perché abbiamo paura! Si, forse, abbiamo paura. Ma da dove viene la
paura se non dalla mancanza di fede? Per questo Papa Benedetto ha indetto uno
speciale anno della Fede. C’è una crisi di fede che attraversa la Chiesa. Per
questo, carissimi fratelli e sorelle, a volte, cediamo allo scoraggiamento, ad
analisi pessimistiche, come se la nostra predicazione fosse già segnata da un
fallimento tutto annunciato e noi fossimo profeti di una sventura già scritta:
quasi annunciatori nostalgici di una sorta di età dell’oro, chissà se mai
esistita, che mai più potrà essere data. Di qui l’altra dimensione insita nel
mistero dell’Ascensione che vorrei consegnarvi. Gesù agli apostoli dice “non
allontanatevi da Gerusalemme”. Egli invita la Chiesa nascente a rimanere in
attesa dello Spirito. Ed è proprio il “rimanere” l’altro verbo che vorrei
affidare a tutti voi. Rimanere con Gesù, sentirne il profumo, alimentare la fede
alla sua presenza, contemplare il suo volto nella Parola e nella Eucaristia, per
diventare la Chiesa che cammina con lui e va dove il suo Spirito la conduce.
Senza il profumo di Cristo non ci può essere “odore delle pecore”. Se riteniamo
l’evangelizzazione opera nostra, frutto delle nostre alchimie pastorali, allora
sì che c’è da avere paura! Allora sì che falliremo! Falliremo come un arco
allentato: dice il salmo 77. Ci ritroveremo con ben poco tra le mani e rimarremo
delusi. Se, invece, ci fideremo di Dio e crederemo nella potenza della parola di
Cristo, se sulla Sua Parola getteremo le nostre reti, allora faremo ancora
esperienza di una pesca abbondante, come i primi discepoli quel giorno nel mare
di Galilea. Il vangelo non è, infatti, una parola del passato, di un tempo che
fu, e perciò destinato ad essere inattuale nonostante l’estremo tentativo di
renderlo, semmai edulcorandolo o aggiustandolo, ancora un po’ attraente. Il
vangelo ha già fecondato le vostre comunità generando frutti di santità. In
questo solco riprendiamo il cammino insieme. Facendo tesoro dei tanti momenti
che hanno segnato in maniera forte il percorso, almeno millenario, della Chiesa
isclana, che ha vissuto ultimamente momenti forti quali la visita del Beato
Giovanni Paolo II e l’esperienza sinodale e il diuturno lavoro di tutti voi
insieme ai vescovi miei predecessori, continuiamo a gettare le reti nella
certezza che il Signore risorto sarà con noi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo. Ci accompagnino la Vergine Maria, Santa Restituta, San Giovan Giuseppe
della Croce e tutti i Santi patroni delle nostre comunità.
Chiesa di Ischia, prega per il tuo Vescovo Pietro.
Amen. Alleluia. |