Monologhi
21 monologhi in rete

 

"Il primo monologo registrato di Woody Allen"
Tit. orig.: "Woody Allen's First Recorded Monologue"
Registrato dal vivo presso il Mr. Kelly's di Chicago nel marzo del 1964 e
quindi inciso con il titolo "Private Life" su Woody Allen e su entrambe le raccolte.

Dall'ultima volta che ci siamo sentiti ci sono stati, nella mia vita
privata, molti mutamenti significativi, di cui stasera possiamo parlare
per, come dire, valutarli. Ho cambiato casa. Comincio dall'inizio. Prima
abitavo nell'East Side, a Manhattan, ma venivo continuamente rapinato,
aggredito e sadicamente picchiato nelle gengive. Allora mi sono trasferito
in un palazzo di Park Avenue, uno di quei palazzi col portiere in livrea,
sorvegliatissimo, costosissimo e magnifico. Ci abitavo da due settimane
quando sono stato aggredito dal portiere.
Non so cos'altro c'è di nuovo… Ah sì! Dall'ultima volta che ci siamo
sentiti sono diventato una Società in Accomandita. L'anno scorso, ebbi
difficoltà col fisico. Volevo dedurre dal reddito imponibile la spesa per
lo psicanalista, in quanto "cure mediche", ma all'Ufficio Imposte Dirette
mi dissero che rientrava sotto la voce "divertimenti". Si arrivò a un
compromesso, rubricandola come "contributi religiosi".
Quest'anno dunque ho fondato una società. Io ne sono il presidente, mia
madre ha la vice-presidenza, mio padre ne è il segretario perpetuo, mia
nonna il tesoriere. Mio zio è nel Consiglio d'Amministrazione. Si sono
coalizzati e hanno cercato di dimissionarmi. Io ho stretto un'alleanza di
interessi con lo zio e abbiamo mandato mia nonna in galera.
Mi sono iscritto all'università, per laurearmi in filosofia.
Frequentavo corsi di filosofia teoretica, come "Verità e Bellezza" e
"Introduzione a Dio", nonché "Propedeutica alla Morte". Fui espulso, alla
fine del primo anno, perché sorpreso a copiare all'esame scritto di
metafisica. Sbirciavo dentro l'anima del mio compagno di banco.
In seguito alla mia espulsione, mia madre - donna molto sensibile - si
chiuse in bagno e si fece un'overdose di pedine della dama.
Sono stato in analisi. Questo lo saprete già, sul mio conto. Da giovane,
andavo in terapia di gruppo poiché non potevo permettermi una psicanalisi
individuale. Fra noialtri nevrotici si disputava un campionato di
baseball. Io ero il capitano della squadra dei Paranoici Latenti. Le
partite si svolgevano la domenica mattina. Memorabile l'incontro fra
Rosicchiatori di Unghie e Piscialletto. Vedere dei nevrotici giocare a
baseball è uno spasso. Io, se commettevo un fallo, ero oppresso da sensi di colpa.
Inoltre, ho un cugino al quale i miei genitori volevano più bene che a me,
da piccoli. E questo mi ha distrutto. Laureatosi a pieni voti, mio cugino
si mise a fare l'assicuratore.
Si è sposato con una ragazza molto magra e sono andati ad abitare nei
sobborghi, dove hanno ogni sorta di status symbols: casa di loro
proprietà, automobile, pelliccia di visone, assicurazione contro il furto
e l'incendio, assicurazione sulla vita. La moglie ha anche
un'assicurazione sull'orgasmo. Se il marito non riesce a soddisfarla
sessualmente, la polizza prevede un indennizzo mensile in denaro.
Non so cos'altro dirvi sul mio conto. Ho fatto lo scrittore e l'attore.
Scrivevo per la televisione. Per diventare attore frequentai una scuola di
recitazione. Come saggio finale demmo Gedeone di Paddy Chayefsky. In
Gedeone io facevo la parte di Dio. Mi immedesimai tanto nella parte -
secondo i canoni di quella scuola - che la vivevo anche fuori scena. Ero
divino. Veramente favoloso. Andavo in giro in doppiopetto blu. Mi spostavo
in tassì da un capo all'altro di New York. Davo mance da padreterno, come
avrebbe fatto Lui. Una volta litigai con un tale, e lo perdonai. Sul
serio. Mi aveva pestato un piede e io gli dissi: "Cresci e moltiplicati!''
Ma non mi espressi esattamente così.


"Coney Island"
Tit. orig.: "Coney Island".
Registrato dal vivo presso lo Shadows di Washington, D.C., nell'aprile del
1965, e successivamente inciso con il titolo "Unhappy Childhood" su Woody
Allen, Volume 2. Entrambe le raccolte contengono la versione riveduta.

Evado sempre nel regno della fantasia, io, poiché ebbi un'infanzia
infelice. Vengo da una famiglia poverissima. Mio padre lavorava a Coney
Island, la spiaggia popolare di New York. Aveva in concessione un
baracchino, tipo tre-palle-un-soldo, dove uno doveva buttar giù le
bottiglie di latte, vuote, con palle da tennis, cosa che io non riuscii
mai a fare, durante l'intera infanzia. Ci fu una specie di maremoto, a
Coney Island, quando ero ragazzo. Sbaraccò tutto, portò via il pontile, il
lunapark, le case e tutto quanto - fece danni per un milione di dollari e
passa. L'unica cosa che rimase in piedi furono quelle bottiglie di latte...
Fui spaventato a morte, in effetti, se ci ripenso, una volta da
ragazzo. Avrò avuto tredici anni e stavo andando a un concorso per
musicisti dilettanti. Vengo da una famiglia musicofila, dovete sapere, il
mio babbo suonava il trombone da giovane. Una volta provò a suonarci Il
volo del calabrone, col trombone, e gli si seccarono i polmoni e il fegato
gli salì in gola che a momenti si strozzava.
Dunque, viaggio in metropolitana con il mio clarinetto senza astuccio e
così via, stile musicista jazz, quand'ecco che salgono un dodici tizi, di
corsa, che si scaraventano a bordo del metrò, tipi tosti, capite, di
quelli con le nocche pelose e via dicendo. Dev'essere ch'erano in libera
uscita da una colonia penale, perché c'era con loro un assistente sociale
che quelli non smettevano di sgambettare. Si fermarono proprio davanti a
me perché davo, dev'essere, nell'occhio. Si era mangiato pesce in brodetto
a pranzo e m'ero scordato di togliermi la bavarola - con ricamato su
Nettuno, figurarsi. Mi si affollano tutti d'intorno, e giù a dire
parolacce, a fumare e a ridere, e a schiodare i sedili e roba del genere,
capite. E io zitto. Me ne sto li, a occhi bassi, e seguito a leggere
Heidi, come se niente fosse.
A un certo punto, il capintesta mi punta un dito contro il gargarozzo.
Mi alzo in piedi. Lui mi dà una ginocchiata. E io? Mica gli do la
soddisfazione di piegarmi in due, no, però mi esibisco in un'imitazione di
Montserrat Caballé e caccio un acuto, un do di dolore, che non avete mai
sentito l'uguale.
Arrivai con un'ora di ritardo all'Ora del Dilettante. Però vinsi lo
stesso il secondo premio, consistente in due settimane di campeggio
multirazziale. Fui picchiato sadicamente, ogni giorno, da ragazzi di ogni
razza e religione.


"Ragazzo sensibile"
Tit. orig.: "The Sensitive Kid"
Registrato presso il Mr. Kelly's di Chicago nel marzo del 1964 e quindi
inciso con il titolo "Brooklyn" su Woody Allen e su entrambe le raccolte.

Io non mi abbronzo facilmente. E neanche difficilmente. Mi spiego, ho i
capelli rossicci e la pelle delicatissima. Quando vado in spiaggia non mi
prendo una bella tintarella. No, mi becco un brutto colpo di sole.
Eppoi, alla spiaggia non ci andavo mai, perché sono di Brooklyn. I
brooklinesi hanno solo Coney Island, che come spiaggia fa schifo. Correva
voce durante la guerra che i sottomarini nemici - gli Uboot tedeschi, se
vi ricordate - venivano lì, e l'inquinamento li corrodeva, nella zona di
mare riservata ai bagnanti.
Ero un ragazzino sensibile, io, un vero poeta. In classe mia c'erano
tipetti duri. Ce n'era uno, Floyd, che sedeva nel banco degli asini,
capite, e aveva il cervello d'una zucca. Uno di quelli con la mentalità da
vegetale. In anni successivi, diventammo però amici, da grandi. Io gli
tolsi una spina da una zampa.
Una volta, da ragazzo, me ne stavo andando a lezione di violino. Passo
davanti a una sala da biliardo e li c'era la ghenga di Floyd, che stava
sgonfiando le gomme delle auto nei paraggi. Non solo a quelle
parcheggiate, anche a quelle in movimento.
Io passo oltre come niente fosse e lui mi chiama, fa: "Ehi, Roscio!".
Non ci ho visto più. Ero un ragazzo coraggioso. Poso il violino. Vado
là e gli dico: "Non mi chiamo Roscio. Se mi vuoi, rivolgiti a me
educatamente. Il mio nome è Heywood Allen, per tua norma e regola."
Trascorsi quell'inverno su una sedia a rotelle dopo che un'équipe di
chirurghi mi estrasse il violino. Per mia buona fortuna non prendevo
lezioni di violoncello.
Io non sono pugnace. Non so battermi e, poi, ho i riflessi lentissimi.
Una volta fui investito da un'auto con una gomma a terra, che la
spingevano in due.


"Buttate fuori il pupo"
Tit. orig.: "Throw the Kid Out"
Registrato dal vivo presso lo Shadows di Washington, D.C., nell'aprile del
1965, e quindi inciso con il titolo "The Kidnapping" su Woody Allen,
Volume 2 e su entrambe le raccolte.

Fui rapito una volta. Me ne stavo davanti a scuola, quand'ecco che arriva
una Chevrolet nera, si ferma, ne saltano fuori due tizi. Mi domandano se
voglio andare con loro in un paese dove ci sono tutte fate e elfi, dove
posso avere tutti i giornalini che voglio, niente scuola, cioccolata,
pasticcini, e io dico: vengo con voi. Salgo in macchina con loro, tanto,
dicevo fra me e me, chi se ne frega, tanto a scuola eravamo in vacanza.
Mi portano via e poi mandano ai miei genitori una richiesta di
riscatto. Mio padre, che legge solo a letto prima d'addormentarsi,
incomincia a leggere la lettera dei sequestratori ma, a metà,
s'addormenta. La sera dopo, idem.
Frattanto, a me mi hanno portato in una casa di campagna, legato e
imbavagliato mani e piedi.
Finalmente i miei si rendono conto che sono stato rapito e passano
subito all'azione. Prima cosa, affittarono la mia stanza.
Nella lettera dei rapitori c'è scritto che mio padre deve lasciare
mille dollari in un albero cavo nel New Jersey. Il denaro lo racimola
senza difficoltà, ma poi non riesce a trovare in tutto il New Jersey un
albero cavo che gli sembri adatto.
La polizia circonda il cascinale. "Buttate fuori il ragazzino",
ordinano. "Consegnate le armi e uscite a mani in alto."
I rapitori rispondono: "Il ragazzino lo buttiamo fuori, ma vogliamo
tenerci le pistole e raggiungere la nostra auto".
La polizia, di rimando: "Buttate fuori il pupo. Vi consentiremo di
raggiungere la vostra auto, ma dovete consegnare le pistole".
Allora i rapitori: "Buttiamo fuori il pupo ma lasciateci le pistole.
Rinunciamo a raggiungere la nostra auto".
La polizia dice: "Tenetevi il ragazzo".
Poi decidono di stanarli mediante lacrimogeni, ma siccome non hanno con
sé i candelotti, alcuni agenti interpretano la scena finale della Bohème,
quando lei muore.
In lacrime, i miei rapitori si arrendono. Vengono condannati a quindici
anni di lavori forzati e incatenati, in dodici, per le caviglie.
Riuscirono a evadere, però, spacciandosi per un enorme braccialetto portafortuna.

 



"Il cuore del Vecchio Mondo"
Tit. orig.: "The Heart of the Old World"
Registrato dal vivo al Mr. Kelly's di Chicago nel marzo 1964 e quindi
inciso con A titolo "NYU" su Woody Allen. Successivamente è stata incisa
una versione, ampiamente riveduta e corretta, e inclusa in entrambe le raccolte.

I miei sono gente all'antica. Vengono da Brooklyn, ch'è come dire Piccolo
Mondo Antico. Gente solida, terra-terra, contraria al divorzio. I loro
supremi valori sono Dio e la Moquette.
Sono andato a trovarli, una domenica, tanto tempo fa. Mio padre stava
guardando alla tivù uno spettacolo ambientato al Manicomio Criminale dell'Indiana.
Mia madre, in un angolo, stava lavorando a maglia un pollo.
Io gli diedi la notizia del divorzio. Mia madre allora posò i ferri da
calza. Si alzò, si avvicinò al forno a legna, l'aprì, e ci si infilò
dentro. L'aveva presa molto male, credo.

 


"Mio nonno era un uomo del tutto insignificante"
Tit. orig.: "My Grandfather Was a Very Insignificant Man"
Registrato dal vivo al Mr. Kelly's di Chicago nel marzo del 1964 e quindi
inciso con il titolo "My Grandfather" su Woody Allen e su entrambe le raccolte.

Ci tengo a sfoggiare quest'orologio. Lo tiro fuori in continuazione. E' un
orologio da taschino, antico, e mi dà un'aria da gentleman inglese. Eppoi
mi torna utile, in analisi. E' un superbo orologio d'oro. Ne sono fiero.
Era di mio nonno. Me lo ha venduto lui in punto di morte.
In verità mio nonno era un uomo del tutto insignificante. Al suo
funerale, il carro funebre seguiva le altre macchine.
Fu un bel funerale, però. Vi sarebbe piaciuto. Bellissimo. Fecero un
grande rinfresco, in una grande sala per esequie, con suonatori di
fisarmonica. Sul tavolo del buffet era imbandito il caro estinto... voglio
dire, la sua effigie fatta con patate lesse, olive e ravanelli.

 


"Un ex studente"
Tit. orig.: "A History of Hygiene Major"
Brano estratto di "Second Marriage", un lungo monologo registrato dal vivo
all'Eugene's di San Francisco nell'agosto del 1968 e quindi inciso su The
Third Woody Allen Album La versione riveduta e corretta è inclusa in entrambe le raccolte.

Ho letto sulla rivista Life che è in corso una rivoluzione sessuale su
tutti i campus universitari, e allora sono andato a iscrivermi a un corso
di laurea per accertarmene di persona. Avevo già frequentato la New York
University anni addietro, e dovevo laurearmi in Storia dell'Igiene. Ma poi
venni espulso e allora dovetti cercarmi un lavoro. Mi assunse mio padre,
che aveva una drogheria a Brooklyn. Mi prese come garzone, e fu il mio
primo impiego. Mi diedi a organizzare sindacalmente i lavoratori del
settore. Indicemmo uno sciopero a oltranza. Mio padre andò fallito. Da
allora mi guarda un po' storto.




"Addomesticare gli elettrodomestici"
Tit. orig.: "Mechanical Objects"
Monologo ("In Downtown Los Angeles") incluso in The Third Woody Allen
Album e registrato dal vivo all'Eugene's di San Francisco nell'agosto del
1968. Entrambe le raccolte ne contengono una versione riveduta e corretta.

Questa non so se l'avete già sentita. Molto tempo fa - è una strana storia
- mi trovavo a Los Angeles. Fui invitato a una festa a casa d'un grosso
produttore. A quell'epoca c'era in progetto di trarre una commedia
musicale dal Sistema Metrico Decimale; e cosi volevano che ci lavorassi
io. Mi recai dunque nell'ufficio di quel produttore, al centro di Los Angeles.
Entro in ascensore. Non c'è nessuno. Non ci sono pulsanti né niente. E
si ode una voce che dice: "Dica a che piano deve andare, prego".
Mi guardo intorno. Non c'è nessuno. Sono preso dal panico. Poi vedo un
cartello che dice che si tratta di un ascensore di nuovo tipo, che
funziona col sonoro. Basta pronunciare il numero del piano cui voglio
salire, e lui mi ci porta. Allora dico: "Al terzo, per favore".
Le porte si chiudono, l'ascensore parte. A questo punto incomincio a
sentire un certo impaccio perché io parlo, credo, con un leggero accento
newyorkese, mentre l'ascensore non ha nessuna sfumatura dialettale.
Al terzo piano, scendo. Mi avvio per il corridoio e mi guardo indietro.
Mi era parso di sentire l'ascensore fare un commento. Allora mi volto
rapidamente ma le porte si richiudono subito e l'ascensore ridiscende.
Lasciamo perdere... non mi andava di aver a che dire con un ascensore di
Los Angeles, a quel tempo... Ma non è questa la parte strana della storia,
questa è la parte più o meno normale.
Non ho mai avuto, in vita mia, un buon rapporto con gli oggetti
meccanici, di alcuna sorta. Tutto ciò con cui non posso ragionare, che non
posso vezzeggiare e coccolare, mi mette in crisi. Ho un orologio le cui
lancette si muovono, chissà perché, in senso antiorario. Ho una lampada
solare, a raggi ultravioletti, che quando mi stendo per prendere la
tintarella, si annuvola e mi piove addosso. Ho un tostapane ch'è un
bruciapane. Odio la doccia che ho in casa, perché basta che un, solo
cittadino degli Stati Uniti apra l'acqua di casa sua per farmi schizzare
fuori tant'è bollente. Ho un registratore a nastro, che m'è costato
centocinquanta dollari, e, quando gli detto qualcosa, mi fa: "Lo so, lo so".
Circa tre anni fa, ne ebbi abbastanza. Una sera convocai tutti i miei
apparecchi in salotto, dal primo all'ultimo: tostapane, orologio,
frullatore e compagnia bella. E così tenni loro un discorsetto. Fui
adorabile. Esordii con una battuta di spirito, poi venni al sodo: "Non so
cosa v'è preso, però dateci un taglio".
Mi rivolsi uno a uno a tutti gli elettrodomestici, per addomesticarli.
Fui molto eloquente. Alla fine, provai un gran sollievo.
Due sere dopo, sto lì a guardare la televisione, quand'ecco che il
televisore si mette a saltellare su e giù. Mi alzo in piedi e... io parlo
sempre prima di colpire... e gli dico: "Credevo di essermi spiegato bene.
Qual è il problema?".
Il televisore seguitava a saltellare. Allora lo colpii, di gusto. Lo
picchiai di santa ragione. Gli divelsi l'antenna. Mi sentii molto virile.
Di lì a un paio di giorni, vado dal dentista, nel centro di New York.
Anche lì c'è uno di questi ascensori parlanti che mi fa: "Gentilmente,
dica a che piano deve andare". E io: "Al sedicesimo". Le porte si chiudono
e l'ascensore parte. A un certo punto mi fa: "E' lei quello che ha
picchiato un televisore?".
Mi sentii proprio un fesso, capirete. L'ascensore mi fece andare su e
giù. Poi mi riportò giù di furia e mi scaricò nel seminterrato, gridandomi
dietro improperi antisemiti.
Ma non è finita li. Quello stesso giorno, telefono ai miei. Mio padre
era stato licenziato dalla ditta per cui lavorava da ben dodici anni. Lo
avevano sostituito con un apparecchio che faceva tutto quello che faceva
lui - solo che lo sapeva fare molto meglio. E non basta ancora. La cosa
più deprimente è che mia madre era corsa subito a comprare quell'aggeggio.


"A scapicollo per la Quinta Avenue"
Tit. orig.: "Running Down Fifth Avenue"
Brano del monologo "The Great Renaldo", è stato registrato dal vivo
all'Eugene's di San Francisco nell'agosto del 1968 e poi inciso su The
Third Woody Allen Album e sulle due raccolte.

Stavo guardando alla tele il programma di Ed Sullivan, una sera, e fra gli
ospiti in studio c'era un famoso ipnotizzatore chiamato The Great Rinaldo.
Questo Rinaldo chiama quattro giovanotti tra il pubblico in sala e, zan
zan, li ipnotizza. Gli fa: "Voi adesso credete di essere un'autobotte dei pompieri".
A me, davanti al teleschermo, a casa mia, mi si appesantisce la testa.
Mi addormento. Mi sveglio un'ora dopo. Spengo il televisore e, tutt'a un
tratto, son preso dalla voglia, incontrollabile, di mettermi la tuta di
flanella rossa. Vestito di rosso, mi guardo allo specchio. In quella,
squilla il telefono. Esco di casa a precipizio e mi metto a correre a
scapicollo giù per la Quinta Avenue, emettendo un lacerante fischio di
sirena. All'incrocio con la 14a Strada, vado a sbattere contro un tale
che, pure lui, indossa una tuta rosso fiamma.
Decidiamo di formare un'unica autobotte.
Ci dirigiamo, di corsa, verso Greenwich Village. A un certo punto. ci
imbattiamo in due tipi in tuta rossa che stan correndo nella direzione
opposta. Hanno tutta l'aria di saperlo, dov'è l'incendio. Allora ci accodiamo a loro.
All'incrocio con la 86a Strada, un poliziotto ci ferma e ci fa: "Siete
in arresto. Salite in macchina, e poche storie". A me adora prende una
ridarella isterica, perché questo pirla vorrebbe far entrare un'autobotte
dentro una miserabile Chevrolet!

 


"Un non so che di seducente in me"
Tit. orig.: "Something Seductive About Me"
Registrazione effettuata dal vivo all'Eugene's di San Francisco
nell'agosto del 1968 e incisa con il titolo "Las Vegas" su The Third Woody
Allen Album. In entrambe le raccolte appare una versione leggermente
ridotta intitolata "Vegas".

Era la prima volta che andavo a Las Vegas. Intendiamoci, non, sono un
giocatore. Lo dovreste sapere, questo, sul mio conto. L'unica volta in
vita mia che andai alle corse scommisi su un cavallo chiamato
Mitraglietta. Quando tutti i cavalli entrarono in pista, il mio, mi
accorsi, aveva le rotelle.
Dovete credermi quando ve lo dico: c'è un nonsoché di seducente in me,
quando lancio i dadi. Insomma, me ne sto lì, al tavolo da gioco e sto
lanciando i dadi, quand'ecco che viene: avanti una donna, molto
provocante, e si mette a squadrarmi dalla testa ai piedi. Allora la porto
su in camera con me. Chiudo la porta, mi tolgo gli occhiali, e non intendo
usarle nessuna misericordia. Mi sbottono la camicia. E lei si sbottona la
camicia. Le sorrido. Mi sorride. Mi tolgo la camicia, si toghe la camicia,
le strizzo l'occhio, mi strizza l'occhio. Mi tolgo i pantaloni, lei si
toglie i pantaloni e, a questo punto, mi accorgo che mi sto guardando allo specchio.
Non intendo entrare nei particolari, basti dire che poi, per due
settimane, seguitai a estrarmi schegge di cristallo dalle gambe.

 


"E' stata violata"
Tit. orig.: "She Was Violated"

Brano tratto da "Second Marriage", un lungo monologo registrato dal vivo
all'Eugene's di San Francisco nell'agosto del 1968 e poi inciso su The
Third Woody Allen Album e su entrambe le raccolte.

Poi mi sono risposato. Sì, ma avrei dovuto capirlo subito che c'era
qualcosa che non andava, nella mia prima moglie, fin da quando la portai a
conoscere i miei genitori. Per il fatto che a loro piacque molto, ma il cane di casa morì.
Devo star molto attento a quel che dico su di lei pubblicamente, perché
quella mi querela. Non so se l'avete letto sul giornale, ma mi ha
querelato perché ho fatto "commenti maligni" su di lei, cosa che non ha
gradito granché. Abita nell'Upper West Side e una notte che stava
rincasando a tarda ora, da sola, è stata violata. Così stava scritto
appunto sul giornale: "E' stata violata". A me chiesero un commento, per
la cronaca. E io dissi: "Conoscendo la mia ex moglie, probabilmente non si
sarà trattato di una violazione emozionante".

 


"Il naufragio di un matrimonio"
Tit. orig.: "I Had a Rough Marriage"
Registrato dal vivo al Mr. Kelly's di Chicago nel marzo del 1964, è stato
inciso con il titolo "My Marriage" su Woody Allen e, in una versione
riveduta, su entrambe le raccolte.

Vorrei parlarvi del mio matrimonio, che non ha nulla da invidiare al
naufragio dell'Andrea Doria. Sì, la mia vita coniugale è stata un inferno.
Fatto sta che mia moglie era una donna molto immatura, non aggiungo altro.
Basti questo episodio, a riprova della sua immaturità. Io sto facendo il
bagno, nella vasca, e lei entra quando le pare, senza neanche chiedere
permesso, e mi affonda le barchette.
In parte però è colpa mia, se abbiamo divorziato. Ho sempre avuto, nei
suoi confronti, un atteggiamento schifoso. Durante il primo anno di
matrimonio, tendevo a porre mia moglie sotto un piedistallo.
Siamo stati un bel pezzo a litigare, a scannarci, e alla fine abbiamo
deciso che sarebbe stato meglio prenderci una vacanza o divorziare. Ne
abbiamo discusso pacatamente, da persone mature, e abbiamo optato per il
divorzio poiché potevamo spendere solo una certa somma. Eppoi, una vacanza
alle Bermuda dura due settimane, laddove un divorzio dura tutta la vita.
Già mi vedo libero di nuovo, abitare nel Village da scapolo, in un
bell'appartamentino con caminetto, soffici tappeti e, alla parete, un buon
Picasso di Van Gogh. Senza contare hostess scatenate, bellissime, che mi scorrazzano intorno.
L'idea mi eccitava moltissimo, e venni dunque al sodo. La misi giù
dura. Le dissi: "Quasimodo, voglio il divorzio".
E lei mi disse: "Va bene, pigliati il divorzio".
Senonché viene fuori che nello Stato di New York vige una strana legge,
per cui non ottieni il divorzio se non fornisci prova di adulterio. Ciò è
bizzarro, poiché uno dei Dieci Comandamenti dice: "Non desiderare la donna
d'altri". Sia come sia, lo Stato di New York ti istiga invece all'adulterio.
Si viene così a creare una sorta di tiro alla fune fra Dio e il Governatore.
Ne conseguiva che uno di noi due doveva per forza commettere adulterio.
Mi offrii volontario io.
Ma quando sei sposato e fuori dal giro, non sono molte le donne che hai
sottomano. L'unica che avevo a tiro era Nancy, la miglior amica di mia
moglie. Quindi le telefonai per chiederle se voleva commettere adulterio
con me. Mi rispose: "Ma neanche a beneficio del Programma Spaziale". Il
che interpretai come un cauto rifiuto.
Andò a finire che fu mia moglie a commetterlo, per me, un adulterio?.
E' sempre stata più incline di me alla meccanica.




"La prima volta che recitai"
Tit. orig.: "The First Time I Ever Acted"
Registrazione dal vivo effettuata allo Shadows di Washington, D.C.,
nell'aprile del 1965 e incisa con il titolo "What's New Pussycat?" su
Woody Allen, Volume 2. Il monologo riveduto e corretto appare con un nuovo
titolo, "European Trip", nelle due raccolte.

Sono stato in Europa, ultimamente, per sei mesi, a girare un film
intitolato "Ciao, Pussycat", con Peter O'Toole, Peter Sellers e il
sottoscritto, nell'ordine.
E' stata la mia prima esperienza come attore. Sì, avevo recitato altre
volte, ma non le conto neppure. Roba di tanti e tanti anni fa. All'asilo,
mettemmo su l'Otello e io facevo lago. Uno dei migliori laghi cinquenni
che abbiano mai calcato le scene.
Il film l'ho scritto io, ed è largamente autobiografico... Anzitutto
però, devo raccontarvi come sono arrivato in Europa, una storia affascinante.
Ecco come sono andate le cose. Io mi esibivo in un caffè-teatro del
Greenwich Village a New York, chiamato Brio e Brioches, dove facevo il
presentatore ed eseguivo anche dei numeri. Uno, in tandem con una cantante
eschimese che cantava Night and Day per sei mesi difilato.
Ebbene, una sera capitò in quel locale il produttore Feldman. Si
innamorò di me a prima vista. Mi trovò superbo, sensuale e affascinante,
cioè nato per il cinema. Feldman è bassino di statura, capelli rossi e occhiali...
Basta, mi porta con sé in Europa - tutto pagato. Durante li viaggio,
proiettano un film con Irene Dunne sulla trasvolatrice Amelia Earhardt.
Tremavo tanto da non fermarmi più.
Incontrai una ragazza, dal mio psicanalista europeo... Facciamo un
passo indietro. Io andavo da uno psicanalista europeo e un europeo andava
nel frattempo dal mio psicanalista di New York - in base a
un programma di scambio fra nevrotici.
L'Europa per me, sta di fatto, fu una serie di fiaschi o quasi. A una
festa, per esempio - una festa cui prendevano parte attori, attrici e
compagnia bella - me ne stavo in disparte, a suonare il vibrafono,
quand'ecco che un bel pezzo di bionda mi si accosta e mi fa: "Suoni il
vibrafono, tu?". Dico: "Sì, mi aiuta a sublimare le tensioni sessuali".
Dice: "Perché non mi consenti di aiutarti a sublimarle, queste tensioni
sessuali?". Al che io mi rallegro tutto, ecco una ragazza - dico, tra me e
me - che suona il vibrafono.
Sto per chiederle di uscire insieme quand'ecco che si intromette Peter
O'Toole che mi ruba la parola di bocca e mi l'a fuori al primo colpo. La
ragazza era bellissima, sapete, allora le dico: "Non potresti portare una
sorella, per me?". Oh, sì, si. Si presentò Suor Teresa di Calcutta.
La serata fu alquanto noiosa. Ci mettemmo a discutere del Nuovo
Testamento. Convenimmo che Gesù era una persona straordinariamente ben
equilibrata, per essere figlio unico.

 


"La generazione perduta"
Tit. orig.: "The Lost Generation"
Monologo registrato dal vivo allo Shadows di Washington, D.C., nell'aprile
del 1965, e poi inciso su Woody Allen, Volume 2 e su entrambe le raccolte.

Ero in Europa, tanti anni fa, con Ernest Hemingway. Hemingway aveva appena
scritto il suo primo romanzo e lo diede a leggere a Gertrude Stein e a me.
Gli dicemmo che era un buon romanzo ma non un grande romanzo. Aveva
bisogno di una ripulitina, poi sarebbe potuto passare. Ci ridevamo e
scherzavamo su, e Hemingway mi mollò un cazzotto in bocca.
A quel tempo, Picasso abitava in Rue de Bacque. Una sera l'andammo a
trovare, e aveva appena finito di dipingere un odontotecnico, nudo, nel
deserto del Gobi. Gertrude Stein disse che era un buon quadro ma non un
grande quadro, e ci mettemmo a ridere, e Hemingway mi mollò un cazzotto in bocca.
Mi ricordo quando Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda rientrarono da
uno sfrenato veglione di Capodanno. Era aprile inoltrato. Scott aveva
appena finito di scrivere Grandi speranze. Gertrude Stein e io lo leggemmo
e trovammo che era un buon romanzo, ma non c'era bisogno di scriverlo
perché lo aveva già scritto Charles Dickens. Ci ridemmo su e
Hemingway mi mollò un cazzotto in bocca.
Quell'estate andammo in Spagna a vedere Manolete toreare. Dimostrava
diciotto anni e Gertrude Stein disse che, no, ne aveva diciannove anche se
ne dimostrava diciotto. "Tantevolte", le dissi, "un ragazzo di diciotto
anni ne dimostra diciannove, laddove, tante altre volte, un diciannovenne
può sembrare facilmente un diciottenne, e questo vale particolarmente per
uno spagnolo purosangue". ridemmo su e Gertrude Stein mi mollò un cazzotto in bocca.

 


"Ho scritto un film di fantascienza"
Tit. orig.: "I Wrote a Science Fiction Film"
Registrato dal vivo allo Shadows di Washington, D.C., nell'aprile 1965, è
stato inciso con il titolo "Science Fiction Movie" su Woody Allen, Volume
2 e con il titolo "The Science Fiction Film" su entrambe le raccolte.

Ho scritto un film di fantascienza, e ve lo voglio raccontare. Sono le
quattro e dieci del pomeriggio e tutti quanti, sulla faccia della Terra,
misteriosamente si addormentano. Così, semplicemente - al volante
dell'auto, al gabinetto, dovunque si trovino, qualunque cosa facciano -
zac - si addormentano tutti. I russi, i cinesi, gli americani - il mondo
intero dorme esattamente per un'ora. Alle cinque e dieci, al risveglio,
tutti gli abitanti del mondo cominciano a confezionare pantaloni.
State bene a sentire, perché è una trovata brillante.
Tutti dietro a tagliare, a cucire, ad applicare la lampo, ad attaccare
i bottoni, quand'ecco che arriva un'astronave da un altro pianeta e ne
scendono uomini in giacca, camicia, cravatta, mutande e calzini, ma senza
calzoni. "Sono pronti i pantaloni?" domandano.
E noi gli rispondiamo: "No, tornate giovedì".
Loro dicono che ne hanno urgenza perché devono andare a un matrimonio.
Noi lavoriamo alacremente e confezioniamo pantaloni di continuo. Loro
tornano e, dopo che li hanno ritirati, ci lasciano calzini sporchi,
fazzoletti, federe, lenzuoli e altra biancheria sporca. "Lavatecela", dicono.
Il Presidente degli Stati Uniti va in onda alla televisione e dice:
"Una superpotenza aliena, proveniente dagli spazi siderali, dotata di
intelligenza superiore, ci porta la sua biancheria sporca, senonché le sue
mire vengono sventate, perché, dopo aver viaggiato per 117 milioni di anni
luce per venirla a ritirare, dimentica lo scontrino".

 


"Trovai lavoro in Madison Avenue"
Tit. orig.: "I Got a Job on Madison Avenue"
Brano estrapolato da "Love Story", un lungo monologo registrato dal vivo
al Mr. Kelly's di Chicago nel marzo del 1964 e inciso su Woody Allen. La
versione riveduta è compresa in entrambe le raccolte.

Venni espulso dall'università, dopo di che trovai lavoro a New York, in
Madison Avenue. Un'agenzia pubblicitaria d'alto bordo, con sede appunto in
questa via elegante, aveva bisogno di uno dall'aria di ebreo. Lo pagavano
95 dollari a settimana, solo per sedere in ufficio con quell'aria.
Volevano dimostrare al mondo esterno che assumevano impiegati d'ogni
razza. Mi spiego? Così assunsero me. Dovevo solo fare l'ebreo, in agenzia.
Io cercavo di darmi un aspetto più ebraico che mai. Leggevo le lettere da
destra a sinistra, per esempio. Mi cacciarono, alla fine, perché mi
prendevo troppe vacanze ebraiche.




"A caccia di alci"
Tit. orig.: "I shot a Moose Once"
Monologo registrato dal vivo allo Shadows di Washington, D.C., nell'aprile
del 1965 e poi inciso con il titolo "The Moose" in Woody Allen, Volume 2
e, in una versione integrale, su entrambe le raccolte.

Questa è assolutamente da non credere. Abbattei un alce, un giorno. Andavo
a caccia, su, verso il confine col Canada, e abbattei un alce. Lo lego al
parafango, e via. Me ne torno a New York, sull'autostrada. Però non mi ero
accorto che l'avevo colpito di striscio: l'alce era solo tramortito. Alle
porte di New York comincia a riprendere conoscenza. Eccomi dunque a
viaggiare con un alce vivo sul parafango, laddove c'è una legge nello
Stato di New York che lo vieta espressamente - di viaggiare con un alce
vivo sul parafango - il martedì, il giovedì e il sabato. Vengo preso dal panico.
Allora mi sovviene che un mio amico dà una festa in costume, quella
sera. Prendo una decisione: vado e ci porto l'alce. L'imbuco e me ne lavo
le mani. Detto e fatto. Arrivo e busso alla porta con l'alce appresso. Il
padrone di casa ci accoglie sulla soglia. "Ciao", gli faccio, "ho portato
anche mia moglie". Entriamo. L'alce socializza subito. Non se la cava mica
male. Tanto più che un tale cerca, con una certa insistenza, di vendergli
una polizza d'assicurazione.
A mezzanotte c'è la premiazione per i costumi più belli. Vincono il
primo premio i coniugi Berkowitz, travestiti da alce. L'alce arriva
secondo. Come monta su tutte le furie! Lui e i coniugi Berkowitz si
prendono a cornate, li, in salotto. Si tramortiscono a vicenda.
Ecco, dico fra me, il momento opportuno. Acchiappo l'alce, lo lego al
parafango e via - torno nei boschi. Senonché ho agguantato i coniugi
Berkowitz. Ed eccomi a viaggiare con due ebrei sul parafango. Laddove vige
una legge nello Stato di New York, per cui ciò è severamente vietato il
martedì, il giovedì e soprattutto il sabato...
La mattina seguente, i coniugi Berkowitz si risvegliano nel bosco in
costume da alce. Di li a poco il consorte viene abbattuto, imbalsamato ed
esposto, come trofeo di caccia, al Circolo Atletico di New York. E da
ridere, veramente, perché a quel club non sono ammessi gli ebrei.

 


"Una crisi morale"
Tit. orig.: "An Ethical Crisis'
Brano tratto da "The Vodka Ad", un monologo registrato dal vivo
all'Eugene's di San Francisco nell'agosto dei 1968 e poi inciso in The
Third Woody Allen Album. Nelle raccolte appare una versione riveduta.

Una grossa casa produttrice di vodka voleva fare uno spot di prestigio. Si
erano rivolti in prima istanza a Noel Coward, che però non era
disponibile. Aveva infatti acquistato i diritti di My Fair Lady, dal quale
stava togliendo la musica e le parole per tornare al Pigmalione. Come
arrivarono poi fino a me? Mali, trovarono il mio nome in una lista che
Eichmann aveva in tasca al momento dell'arresto.
Dunque, me ne sto tranquillo a casa, quando squilla il telefono. Una
voce gentile all'altro capo mi dice: "Le piacerebbe essere l'uomovodka di quest'anno?".
Dico: "No. Sono un artista. Non faccio spot. Non reclamizzo. Non bevo
vodka e, se anche la bevessi, non berrei la vostra".
"Che peccato. Era un'offerta da cinquantamila dollari."
"Un momento", gli dissi. "Le passo Woody Allen"
Così, entrai in crisi. Una crisi morale. Dovevo far pubblicità a un
prodotto che non usavo? Questo era il dilemma. Io non bevo, il mio
organismo non tollera alcolici. Avevo bevuto due martini a Capodanno, e
poi avevo cercato di dirottare un ascensore su Cuba.
In passato, quando avevo problemi del genere, consultavo il mio
psicanalista. Ciò è di dominio pubblico. A lungo sono stato in analisi.
Una terapia rigorosamente freudiana. Il mio analista è morto due anni fa e
io non me ne sono mai reso conto.
Adesso, quando ho scrupoli di coscienza, mi rivolgo al mio consigliere
spirituale - che nella fattispecie è un rabbino. Gli telefonai dunque, gli
esposi il caso e lui mi disse: "Non farlo, perché è immorale
pubblicizzare, a scopo di lucro, un prodotto che tu non usi".
Okay, rinunciai allo spot. Mi ci volle un bel coraggio, devo dire,
perché ero scannato, a quel tempo. Stavo scrivendo avevo bisogno di denaro
per essere creativamente libero. Stavo lavorando a una versione
cinematografica del Rapporto Warren.
Un mese dopo, sfoglio le pagine della rivista Life e mi cadono gli
occhi su una foto di Monique Van Buren in bikini su una spiaggia di
Trinidad, e accanto a lei, con una vodka fresca in mano, c'è il mio rabbino.
Allora gli telefono, lui prima tergiversa, poi quello che vien fuori è
questo: vuol buttarsi nel mondo dello spettacolo. Era già apparso in
televisione, per recitare una preghiera, e aveva cantato il Salmo
Ventesimo-Terzo, improvvisando da un certo punto in poi. Gli era stato
chiesto, dal presentatore, di elencare i sette peccati mortali ma lui si
era impappinato e aveva elencato invece i setti nani. Adesso apre una
discoteca, insieme ad alcuni suoi colleghi: i Rabbini in topless - cioè
senza zucchetto in testa.



"Un tremendo conflitto religioso"
Tit. orig.: "A Tremendous Religious Conflict"
Brano estrapolato da "N.Y.U.", un monologo registrato dal vivo al Mr.
Kelly's di Chicago nel marzo del 1964 e poi inciso su Woody Allen. Nelle
raccolte appare una versione riveduta.

Frequentavo, tanto tempo fa, la New York University, che si trova nel
Greenwich Village. E' là che ho cominciato. Ero una matricola quando mi
innamorai di una collega di lettere, il mio primo amore. Ma non la sposai
perché c'era, fra noi, un tremendo conflitto religioso. Lei era atea, io
agnostico. Non sì era d'accordo su quali insegnamenti religiosi non impartire ai nostri figli.
Per un pezzo, poi, feci il vagabondo, finché non incontrai la donna che
sarebbe diventata mia moglie. La sposai contro il volere dei miei
genitori. Fummo uniti in matrimonio da un rabbino riformato - estremamente
riformato: si era convertito ai nazismo.

 


"La vita mi passò davanti agli occhi"
Tit. orig.: "My Life Passed Before My Eyes"
Monologo registrato dal vivo all'Eugene's di San Francisco nell'agosto
1968 e poi inciso col titolo "Down South" su The Third Woody Allen Album e
su entrambe le raccolte.

Mi trovavo giù al sud, nel Profondo Sud, e fui invitato a una festa in
costume. Accettai volentieri l'invito, era Halloween, e decisi di andarci
travestito da fantasma. Prendo un lenzuolo e mi ci avvolgo tutto. Esco per
andare alla festa. Dovete figurarvi la scena: io che cammino per le strade
d'una cittadina del Profondo Sud con un lenzuolo bianco sulla testa. Si
ferma una macchina, con tre tipi a bordo, avvolti in lenzuoli bianchi, e
uno mi fa: "Sali". Arguii che anche loro andavano alla festa travestiti da
fantasmi. Salii tranquillamente, ma dopo un po' mi accorsi che stavamo
andando da un'altra parte e glielo dissi.
E loro: "Passiamo a prendere il Grande Drago".
D'un tratto mi venne un lampo di genio. Profondo Sud. Lenzuoli bianchi.
Grande Drago. Feci presto a fare due più due quattro. Arguii che un loro
amico stava andando alla testa travestito da drago.
Poco dopo sale a bordo un omaccione e mi rendo conto che quei tipi sono
membri del Ku Klux Klan. Quattro, e ben armati. Lo sportello è bloccato.
Mi pietrifico. Cerco in qualche modo di trarli in inganno, buttando là
qualche parola nel dialetto dell'Alabama. Accanto a me è seduto il capo
del clan - lo si riconosce per via delle lenzuola con gli angoli.
Arriviamo sul luogo di riunione, in aperta campagna, e qui mi tradisco,
purtroppo, perché - quando fanno la colletta e tutti gli altri versano un
contributo in contanti - io dico: "Mi impegno per cinquanta dollari". Mi
sgamarono immediatamente.
Mi tolsero il cappuccio e mi misero un cappio intorno al collo.
Decidono di impiccarmi li per li. Allora tutta quanta la mia vita mi passò
davanti agli occhi. Mi rividi bambino, nel Kansas. Andare a scuola,
sguazzare nel laghetto. Andar giù al fiume a pescare. Andare dal droghiere
a comprare i tarallucci per zia Marta...
A questo punto mi accorgo che non è la mia vita, quella. Stanno per
impiccarmi e una vita fasulla mi sta passando davanti agli occhi.
Allora parlai loro. Fui molto eloquente e dissi: "Ragazzi, questo paese
non può sopravvivere se non ci si ama fraternamente a vicenda,
indipendente mente dalla fede religiosa e dal colore della pelle". Li
commossi talmente, con le mie parole, che non solo mi lasciarono andare
ma, quella sera, vendetti loro Buoni pro Israele per oltre duemila dollari.

 


"Ha sofferto molto?"
Tit. orig.: "Did He Suffer Much?"
Brano tratto da "Eggs Benedict", un monologo registrato dal vivo allo
Shadows di Washington, D.C., nell'aprile del 1965, e poi inciso su Woody
Allen, Volume 2. Nelle due raccolte appare una versione riveduta.

A quel tempo, avevo un dolore alla regione toracica. Ero sicuro che
dipendesse da bruciore di stomaco poiché, a quell'epoca, ero sposato e mia
moglie mi cucinava sempre la sua ricetta nazista preferita: Pollo alla Himmler.
Ma non mi andava di sborsare venti dollari per sentirmelo semplicemente
confermare da un medico qualunque - che si trattava di acidità di stomaco
- senonché ero preoccupato, trattandosi, è vero, della regione toracica.
Viene fuori che un mio caro amico, Eggs Benedict, ha un dolore identico al
mio, nella stessa regione toracica. Allora - mi dico - se ci mando Eggs
dal medico, vengo a sapere di che cosa soffro senza spendere un soldo.
Quindi convinco Eggs, e lui va. Risulta che ha bruciore di stomaco. Gli
costa 25 dollari. Io esulto, perché ho praticamente scroccato una visita medica.
Telefono a Eggs due giorni dopo. E' morto.
Mi ricovero immediatamente. Mi faccio fare subito tutta una serie di
esami, di analisi, raggi, controlli. Risulta che ho bruciore di stomaco.
Mi costa centodieci dollari.
Sono fuori dal gangheri, adesso. L'altro giorno ho incontrato la madre
di Eggs e le ho chiesto: "Ha sofferto molto?".
"No", mi fa, "è morto sul colpo. L'ha investito una macchina".

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