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Racconto
Costalta, un angolo di paradiso
Mi alzai infreddolita, infilai le pantofole, indossai la mia vestaglia grossa in pile sempre pronta per le giornate più fredde…
Mi affacciai alla finestra: un’altra dimensione appariva al mio sguardo. Un manto di neve era caduto nella notte; il fumo nero dei camini era l’unico segno della presenza umana; una distesa di soffice, impalpabile neve ricopriva i sentieri, le rocce, gli abeti. La montagna sembrava riprendere le sue creature; uscii di casa; volevo far parte anch’io di quel mondo sconosciuto, ma tanto amato. Mi sentivo un’estranea in quel mondo ovattato, dove lunghi silenzi nascondevano la vita; un leggero frusciare si sentiva fra i cespugli. Intuivo che la mia solitudine era solo apparente.
Le foglie sui rami più alti non volevano lasciarsi cadere e un vento leggero le faceva volteggiare in una lenta armoniosa danza. L’acqua del ruscello saltellava tra i sassi e il ghiaccio, cantando una litania antica e sconosciuta, quasi una poesia nata dall'eco dei monti. I raggi del sole tentavano inutilmente di oltrepassare i fitti rami dei pini. Anche le dense nuvole, cariche di neve, ostacolavano i raggi. Tutta la vallata era imbiancata, vestita a festa.
La consapevolezza di saper guardare e ascoltare mi faceva essere in sintonia con l’universo celeste. Nel silenzio si udivano, in lontananza, dei rumori sconosciuti. Il gelido vento sul viso, però, mi riportava alla realtà. Mi accorgevo che il freddo andava intensificandosi. Il grande bosco sembrava volesse respingermi, ma quella bellezza naturale, mistica, dove anima e preghiera erano tutt’uno, mi attraeva.
Camminai, mi inoltrai nella fitta vegetazione: piccole orme sulle neve segnavano la presenza di tassi, volpi, lepri…
Una miriade di piccole impronte di svariati animaletti mi faceva pensare a uno scoiattolo, a una volpe, a un cervo, a un cerbiatto... E improvvisamente… quanta gioia provai nel vederli! Chissà se loro si erano accorti di me? Il respiro affannoso per la gioia e l’emozione tradiva la mia immobilità; volevo zittire anche il mio cuore che batteva troppo veloce! Cercavo di calmare quell’agitazione profonda, che mi prendeva ad ogni attimo. Erano pronti a fuggire, eppure non percepivo in loro la paura, solo diffidenza. Nei loro occhi neri si intravedeva una luce, che li guidava, li tratteneva dalla fuga… Avevano intuito che non avrei fatto loro del male; avevano capito che sarei ritornata con del cibo.
(Racconto di Mirta Costantini - Foto di Gianfranco Fabbian)