indice news letteratura esclusive origini film fumetti musica immagini link
  il mito  

 Lussuriose divinità ematofaghe

La ragazza-dea passava il resto della notte in un luogo appartato sotto scorta e il popolo vegliava presso il cortile del tempio attendendo l’alba, giunta la quale si portava di nuovo fastosamente in processione la dea incarnata. Il corteo terminava nella sala in cui si era svolta la precedente cerimonia: qui la ragazza, in piedi su mucchi di granturco, riceveva le offerte del popolo consistenti in tazze di sangue raggrumato che i fedeli si erano fatti spillare dalle orecchie durante i giorni del digiuno: il sangue umano in cambio delle messi, il sangue in cambio della vita.


Nel vampiro che conosciamo tutti si condensano alcune caratteristiche comuni ai peggiori mostri che hanno spaventato l’uomo sin dalla preistoria e che sono reperibili in ambito religioso prevalentemente fra le divinità maligne; queste caratteristiche sono l’ematofagia, la capacità di trasformarsi in animale e le apparizioni notturne soprattutto durante il sonno delle vittime.
Il prezioso liquido rosso, sinonimo di vita ma anche segnalatore di morte, ha impregnato tutte le culture in qualsiasi parte del mondo assumendo connotati magico medicamentosi e diventando, molto spesso il protagonista di complicate cosmogonie.
La mitologia atzeca parla della nascita del sole come un atto di coraggio compiuto dal dio Nanauatzin che si gettò nel fuoco per illuminare e scaldare il mondo, però questo nobile scopo doveva essere premiato dalla garanzia di un pasto sicuro che consisteva nel sangue e nel cuore degli uomini; altrimenti il sole si sarebbe spento e sarebbe stata la morte per tutti. Anche gli altri dei chiedevano questo tipo di tributo quindi l’uomo era loro debitore di una parte del suo sangue e provvedeva al saldo dello stesso infliggendosi incisioni nel corpo, attraverso le guerre, senza contare i famosissimi sacrifici umani i cui resoconti scandalizzarono l’Europa ai tempi delle grandi scoperte geografiche.
Si trattava di divinità dal significato ambivalente, esigenti più che altro, che proteggevano e contemporaneamente minacciavano il popolo col loro potere distruttivo.
La colonizzazione e la conseguente opera di cristianizzazione delle civiltà precolombiane certo portarono un bel cambiamento: immaginate questi sacerdoti che spiegano loro prima che bene e male non possono compenetrarsi in un’unica entità, e poi che non è Dio che deve avere il sangue e la carne umana, ma è l’uomo che deve cibarsi del dio a cadenza quantomeno settimanale!
kalìkalì
Due rappresentazioni della dea indù Kali che si autodistrugge e si autorigenera, a destra con la testa mozzata in mano. Dal suo corpo sgorgano fiotti di sangue che danno vita a tre figure femminili, rappresentanti i diversi aspetti della dea. Sposa di Siva e dea della distruzione e della morte, Kali viene adorata ancora oggi nel Bengala. Un tempo venivano immolate al suo altare vittime umane.
Daniel Farson, Creature del male (Rizzoli, 1976)

Anche i resoconti di chi aveva esplorato i paesi orientali non sono certo privi d’agghiaccianti testimonianze sul comportamento da tenersi nei confronti del sangue (nei Veda è scritto che l’uomo nacque dal sangue di un essere primigenio chiamato Parusa) e soprattutto delle preferenze gastronomiche delle loro divinità a cominciare dalla Dea indù Kalì che oltre ad avere quattro braccia aveva anche i denti particolarmente acuminati, anch’essa creatrice e sostenitrice della vita ma allo stesso tempo divoratrice cannibalesca dei propri figli; la dea Kalì è spesso mostrata con un vaso pieno di cibo e con un mestolo dorato (e talvolta mentre dispensa latte dal suo seno) ma, allo stesso tempo, è cinta di teschi umani e nell’atto di brandire, con una delle sue braccia, una scimitarra. È anche rappresentata, talvolta, come una megera che divora i visceri delle sue vittime e succhia loro il sangue con una lingua animalesca.
Nell’area Tibetana i culti pre-buddhisti annoverano nella sfera sotterranea alcuni demoni vampiri che hanno una predilezione per il sangue dei neonati.
Dal sangue del gigante Ymir dei celti ha avuto origine il mare e non mancano, nemmeno presso queste popolazioni morti che ritornano ad infastidire i viventi chiedendo tributi soprattutto nelle notti tempestose d’inverno (basti pensare alla festa di Halloween, che proprio dai miti celtici ha avuto origine).
Il demone egizio Apopi, sebbene sia divoratore di cadaveri ha in comune coi nostri vampiri la totale avversione nei confronti della luce solare, infatti viene respinto usando il nome del dio Ra.
Un mito babilonese del III sec. a.C. vede l’origine degli uomini nel mescolamento del sangue del dio Bel (il dio del Sole) mescolato con la terra. Ed è proprio in Mesopotamia che possiamo cominciare a parlare di vampiri in senso stretto, infatti, proprio i sumeri elaboreranno una demonologia che, influenzando gli Assiri e i Babilonesi e contaminando l’ebraismo, lascerà tracce anche nel cristianesimo.
Si comincerà a parlare di uomini che si svegliano nottetempo in preda ad un senso di oppressione sul torace e col membro in erezione, si sentiranno svuotati d’ogni energia e vedranno una misteriosa donna dai lunghi capelli che li avvinghia al suo corpo.


Lilitu, lilu e l’ardat-lili sono tre demoni femminili originariamente associati al vento e alle tempeste che sono poi diventati l’incarnazione del piacere infecondo della lussuria, in particolare l’ardat-lili definita come vergine priva di latte, incapace di generare prole e quindi non in grado di soddisfare gli uomini che induce alla lussuria. Questi demoni notturni/femminili erano esorcizzati con le preghiere rivolte a Marduk, una divinità solare/maschile sorta dalle acque per illuminare il mondo.
Da questo momento il principio maschile sarà inscindibilmente legato al sole e quello femminile legato alla luna e alla ciclicità delle sue fasi fino all’ultima, quella di luna nera che racchiude i significati più nefasti, infatti, anche Ishtar è una divinità babilonese associata alla luna e alla sessualità ma le polluzioni effettuate nei suoi templi erano un preciso dovere religioso e non certo sfrenate manifestazioni orgiastiche, lo prova il fatto che Ishtar, a differenza di Ardat lili divenne madre/amante di Tammuz identificato come spirito del grano.
lilith
Antico bassorilievo raffigurante Lilith.

Della Lilith abbiamo tracce anche nelle scritture ebraiche e nella Genesi dell’antico Testamento, qui compare come la prima moglie di Adamo che rifiutando di sottomettersi al maschio durante la copula viene ripudiata dal paradiso terrestre e si rifugia nei pressi del Mar rosso, nella Geenna, dove si accoppia con le schiere demoniache e in particolare con Belial generando centinaia di lilim al giorno. Dio mandò tre angeli per convincerla a tornare dallo sposo ma lei rifiutò, allora fu punita con la morte di parte della sua prole e con la creazione di Eva. Lilith, però, decide di vendicarsi infierendo sui figli di Eva e volando di notte alla ricerca di neonati da strangolare e di seme maschile (comprendendo in un’unica entità anche la figura del demone mesopotamico Lamatsu che causava aborti e rapiva i bambini).
Questa infecondità del vampiro al femminile, la conseguente predilezione per l’infanzia come vittima da cui suggere il sangue e la grande seduttività compare nelle pagine dei migliori romanzi del genere, basti pensa re a Lucy una volta vampirizzata da Dracula.
Con l’affermarsi della civiltà greca e romana compaiono altre due figure mitologiche con caratteristiche vampiriche, abilmente ripescate nella letteratura neoclassica e romantica da autori come Keats e Goethe.
La parte oscura della Luna, presso i Greci, viene impersonata da Ecate, una divinità tricefala ctonia identificata come protettrice delle streghe che compariva nottetempo col suo seguito di morti e di fedeli ancelle, e proprio queste ultime sono legate al vampirismo.
Le Empuse (coloro che si introducono a forza, stando al significato letterale) sono state descritte, per quanto riguarda il loro aspetto fisico, in svariati modi, testa e torace umano, capelli come serpi attorcigliate e sibilanti; le discordie compaiono quando si passa alla parte inferiore del corpo dove abbiamo natiche equine (precisamente d’asina per indicarne la lussuria, di cui l’animale è simbolo), una gamba di bronzo e una d’asina e un piede che termina ad artiglio d’aquila (alcune versioni le conferiscono una gamba di sterco d’asina). La si incontra nei crocicchi avvolta in una vescica sanguignolenta e accompagnata da cani, non si può resistere al suo sorriso, aggredisce le mogli e i figli per avere i mariti. L’unico sistema per cacciarla è inveire e insultarla, al che fugge emettendo urla disumane (simili a qulle di alcuni uccelli notturni). L’empusa può cambiare anche aspetto, da fanciulla bellissima a cagna o vacca, ma soltanto quando c’è la luna la metamorfosi in bella fanciulla ha l’esito migliore. Succhiano le forze vitali agli uomini schiacciandosi contro al loro corpo e dopo li costringono all’amplesso.
Gli autori classici che hanno lasciato tracce nei loro scritti di queste entità vampire sono principalmente Aristofane (le Rane) e Filostrato.
Un’altra creatura vampirica nata nel mondo classico è Lamia, la leggenda vuole che si trattasse delle bellissima figlia di Belo, re di Libia (già nel nome Belo non è difficile trovare una connessione col Belial di Lilith), che fu amata da Zeus scatenando la gelosia di Era che le uccise tutti i figli ad eccezione di Scilla. Lamia si arrabbiò a tal punto che il suo volto divenne una maschera terribile e cominciò a rapire i bambini per poi mangiarli (aprendo il ventre di Lamia era possibile estrarre le creature divorate ancora vive), i suoi occhi sono carichi di un odio cui non si può restare indifferenti; e dalla bocca esce una lingua lunghissima che danza fra i denti appuntiti. Anche Lamia poteva trasformarsi per succhiare il sangue dagli uomini dopo averli sedotti.
Lamia compare anche nella mitologia romana più spesso usata come spauracchio per le madri distratte e per i bambini disobbedienti, ma mantengono la caratteristica di demoni lascivi e di vampiri e anche adesso possiamo leggere di loro nelle fiabe dove hanno l’aspetto di regine terribili che chiedono il cuore delle figliastre buone, ingenue e infelici.
C’è chi le associa, assieme alle sirene, ai demoni di mezzogiorno considerando la facilità con cui in quelle ore si cade preda ad allucinazioni.
La civiltà Romana annovera anche una creatura chiamata STRIGE, anch’essa insaziabile succhiatrice di sangue di neonato che emetteva urla acutissime durante la notte e poteva trasformarsi in uccello rapace notturno, Ovidio segnala che potevano essere tenute lontane dalle case delle puerpere invocando una dea benefica di nome Cardea (I Fasti, libro sesto).
Con l’avvento del cristianesimo come religione ufficiale, che farà cadere nel dimenticatoio questi culti pagani, si smetterà di parlare di queste creature per poi ricominciare nel medioevo nel periodo della caccia alle streghe, importante segnalare la faccenda della maga Circe cui il prode Ulisse ha resistito grazie all’aiuto di Hermes che gli ha fatto ingerire una pianta che appartiene alla specie degli agli: pianta che cresceva proprio quando la luna era al suo ultimo quarto, diventando un potente talismano contro Ecate e le sue seguaci.
Secondo alcuni studiosi la mitologia del vampirismo al femminile è testimone del maschilismo delle società arcaiche nei confronti della donna, in particolare nei confronti del ciclo mestruale, anch’esso collegato al ciclo lunare e carico di un mistero che diventa accettabile soltanto quando questo sangue impuro si trasforma in latte attraverso l’unione col liquido seminale maschile e secreto attraverso le mammelle (attenzione però in Germania esiste una tipologia di vampiri - gli Alp - che si nutrono solo di latte sia di donna sia di vacca prosciugando letteralmente le ghiandole dispensatrici).
L’uomo è attratto dalla donna e, contemporaneamente la teme per la doppiezza che caratterizza l’imago femminile che può rivelarsi sì languida, ricettiva e disponibile fino alla morte, ma anche divoratrice d’uomini, d’altra parte l’archetipo della vagina dentata non fa solo parte delle canzoni da osteria.






 << origini