Infomazioni
varie su mappe e cartografia
PREMESSA
LA STAMPA
CHIROGRAFIA
XILOGRAFIA
CALCOGRAFIA O ACQUAFORTE
LITOGRAFIA
FOTOGRAFIA/FOTOINCISIONE
GIUDICARE LE CONDIZIONI DELLA MAPPA
FALSI E ORIGINALI
LA CARTA
PIEGATURE
COLORAZIONE
DIMENSIONI
RESTAURI
ACQUISTO, TRASPORTO E MANEGGIO
CODICI DEI CRITERI DI VALUTAZIONE
Ricevo molte domande in merito al valore delle mappe, alla loro autenticità, ed alle qualità che le caratterizzano o che le dovrebbero caratterizzare. Vorrei provare a fornire, da dilettante assoluto, alcune informazioni e chiarimenti che possono evitarVi qualche non sempre facile ricerca e qualche dubbio.
Premesso che le mappe sono tra gli oggetti più affascinanti, che esse concentrano storia , arte e scienza in un unico manufatto, che possono abbracciare da singole unità immobiliari (la pianta di un appartamento) a pianeti o costellazioni (mappe celesti) e che non sempre intrinseco valore ed "antichità" della mappa corrono di pari passo, alcune indicazioni di massima possono essere di aiuto.
In genere i collezionisti tendono a focalizzare la loro attenzione su particolare settori del mercato o su limitate aree geografiche e questo alla lunga rende più semplice all'appassionato costituirsi una competenza specifica, riducendo il proprio settore operativo. Un primo consiglio potrebbe essere perciò quello di non cercare di collezionare tutto.
Trascurando i più moderni e tecnologici sistemi di verifica (rx, esami spettrografici, chimici, C14, etc., che sono costosi e talvolta possono comportare danni per lo specimen), e lasciando anche perdere gli eccezionali risultati che si possono ottenere mediante elaborazione elettronica dell'immagine sottoposta ad emissione luminosa di differenti lunghezze d'onda, non è poi complicatissimo giudicare l'anzianità e l'originalità di una mappa (ricordate che alcuni "falsi" sono talmente buoni da poter quasi competere, sul piano del valore,con gli originali).
Occorre, naturalmente, avere una qualche idea dell'evoluzione nei processi di produzione dei documenti che si è verificata dal XIV secolo in poi.
I mutamenti nella produzione del supporto (la carta) , per esempio, possono già costituire una prima indicazione: i supporti precedenti (al XIV secolo) erano pelli di animali diversi, pergamena (strati di pelle di pecora debitamente trattata), papiro, etc. etc. mentre la carta all'inizio veniva prodotta mediante uso di stracci (generalmente di lino, perché la lana era poco adatta) , scoloriti e bolliti fino a ridurli ad un pastone che, spesso miscelato con leganti e colle organiche diverse, veniva poi compresso e raschiato (a volte anche lucidato) fino ad ottenere "carta". Data la richiesta sempre in aumento (l'avvento della "stampa") si cercò di utilizzare anche altre materie prime e nel 1800 si riuscì ad utilizzare anche paglia ed altre fibre vegetali. In seguito all'abitudine da parte dei "tipografi" (disegnatori, trasportatori, incisori, stampatori) dell'epoca di "segnare" in qualche modo i propri materiali (marchiandoli, segnandoli, colorandoli) è spesso possibile riuscire ad identificare l'origine del supporto e la sua datazione originale (questa procedura viene usata tuttora dai produttori di carta: se comprate carta di alcuni produttori noti potrete osservare controluce il loro marchio filigranato [v.Fabriano, p.e.]).
Per quanto riguarda la "stampa", occorre precisare che sino al .1300 le mappe esistono solo in quanto prodotti "originali" ed unici (anche se mi risulta ne esistano alcune chirografate). Sono, insomma, opera di un artista che effettua direttamente l'operazione di stesura della mappa sul supporto (tela, tavola, cartapecora, ceramica,etc.etc.) utilizzando i materiali e le tecniche che gli sono più familiari (pittura, disegno, incisione, etc. etc.). I dipinti di Egnazio Danti conservati nella Galleria Vaticana detta "delle carte geografiche" sono un esempio di mappe "dipinte".
La stessa metodica viene, più o meno, posta in essere anche nella chirografia (dal greco "scrittura manuale", da ceir = mano, databile al 1000) che rappresenta il trasporto dell'immagine direttamente al momento della sua produzione, mediante utilizzo di carta affumicata o carbonata (all'epoca delle macchine da scrivere [adesso ci sono pc e stampanti] la carta carbone era usata normalmente [e viene usata tutt'ora]). Le sue limitazioni sono immediatamente evidenziate nel ridotto numero di copie possibili (al massimo due o tre) e nel peggioramento progressivo dell'immagine (perdita di definizione; la seconda o laterza copia presentano già tratti più labili e grossolani).
Nella xilografia (dal greco cglon = legno), apparsa nel 1300, l'immagine viene prodotta dall'artista (cartografo, disegnatore, etc.), riportata da un trasportista, mediante utilizzo di una superficie a specchio, su una tavola di legno (in genere di pero) trattata (formando quindi un'immagine speculare della mappa). Un terzo soggetto, l'incisore, detto anche "sgorbio" per l'attrezzo che usa, provvede quindi ad asportare tutto il legno che "cresce" lasciando i segni del trasportista che risulteranno in rilievo e, come già detto, rovesciati rispetto all'originale (matrice xilografica). Debitamente inchiostrata, mediante un tampone od un rullo, la tavola verrà "stampata" su qual si voglia materiale (carta, papiro, pergamenta, tela, etc. etc.) producendo un buon numero di copie (caratterizzate però da una certa rozzezza nel "segno"). Spesso cartografo, trasportista, incisore e stampatore erano caratteristiche riassunte in un unico soggetto, ma la norma era che le singole operazioni venissero effettuate da individui diversi e specializzati.
Nell'immagine sottostante, tratta da "Le vite de pittori..." di Raffaele Soprani, ed. 1674, potete notare una cornice esterna eseguita xilograficamente (che si ripete identica per tutti i numerosi ritratti di artisti contenuti nel volume) ed il ritratto vero e proprio che è invece un'acquaforte (calcografia). La differenza di tratto appare evidente. |
Nel 1400 appare la calcografia (da calkos = rame), dove la matrice (quella che nella xilografia era la tavola di legno) non è più in legno, ma in metallo. Viene chiamata anche acquaforte o acquatinta per il particolare sistema di produzione della matrice. L'operazione di trasporto dell'immagine viene posto in essere come nella xilografia, ma la lastra metallica è ricoperta di un sottilissimo strato di vernice e, nel corso dell'operazione, tale vernice viene rimossa proprio in coincidenza con il segno. La lastra di metallo (rame [la cui durata era realtivamente ridotta per la duttilità del mezzo] dai primi del 1500 o acciaio [assai più resistente]dai primi del 1800) viene quindi immersa in una soluzione concentrata di acido nitrico (mordente o attaccante) che corrode il metallo nei minuscoli solchi segnati dal trasportista contemporaneamente in tutti i punti dell'immagine. La lastra viene quindi pulita e inchiostrata e quindi nuovamente ripulita con un'apposita lama (racla) o panno che la deterge. L'inchiostro non è quindi più nelle parti sporgenti, ma nei minuscoli solchi che "disegnano" l'immagine. Per la stampa viene utilizzato all'incirca lo stesso sistema usato per la xilografia. L'acquaforte (o calcografia) permette una maggiore raffinatezza del segno, una migliore definizione (ricordando che il procedimento poteva essere interrotto in ogni istante, riverniciando alcune zone della lastra e ri-incidendole, per aggiungere o elaborare dettagli) ed un maggior numero di copie stampate (per la maggior resistenza all'usura del metallo e per il diverso sistema di stampa: nella xilografia si stampa con le sporgenze, nella calcografia con gli incavi ).
Non mi soffermo sugli aspetti economico-politici di queste prime due "invenzioni" che hanno, probabilmente, prodotto l'esplosione rinascimentale e dato vita, brutalmente, alla riforma, alla controriforma ed agli altri scismi religiosi e politici, etc,etc., ma passo alla quarta evoluzione della stampa: la litografia (1800). In questa l'artista riporta il disegno , opportunamente effettuato con una matita "grassa" ( o litografica) su carta speciale (che viene appunto chiamata "carta da riporto"), sulla lastra di pietra levigata, pressandolo adeguatamente. La lastra, debitamente inchiostata,, automaticamente stampa l'immagine su carta. Vi preciso che l'inchiostro aderisce al segno grafico in quanto "oleofilo" e non aderisce al resto della lastra che, opportunamente inumidita in precedenza, risulta oleorepulsiva (da ricordare che nel rotocalco, per esempio, viene sfruttata l'idrofilia del rame, che inumidisce allegramente, e l'idrorepulsione dell'acciaio cromato, che rifiuta l'acqua ma prende bene l'inchiostro, essendo oleofilo). Questo straordinario sistema di riproduzione avrebbe potuto ( e potrebbe ancora) dominare la scena della stampa per parecchio tempo. La qualità e la precisione del segno, la possibilità di stampa policroma (utilizzando varie lastre inchiostrate con colori diversi), la grande facilità di stampa erano vantaggi non da poco, anche se parzialmente temperati dalla complessità dello strumento litografico e dalle difficoltà da parte dell'artigiano/artista/scienziato nel padroneggiare i diversi aspetti del metodo litografico. .
L'invenzione della fotografia e della fotoincisione (1880) resero quasi subito la litografia classica obsoleta, non consentendole un pieno sviluppo ed una crescita come quella della xilografia e dell'acquaforte. Solo in un primo tempo la necessaria lunghezza dell'esposizione, i problemi legati alla messa a fuoco e le difficoltà di riproduzione permisero la convivenza tra i diversi metodi (anche se si verificò un ritorno veemente della xilografia, all'epoca degli "illustrati" ottocenteschi, perché come la stampa a caratteri piombati ha il segno in rilievo e permette quindi di stampare contemporaneamente scritto ed immagine). In seguito solo fotografia e fotoincisione, che rendevano possibile ottenere automaticamente matrici di ogni genere e tipo (rilievografiche [xilografia], incavografiche [calcografia], planigrafiche [litografia]) rimasero quali metodi riproduttivi di largo uso e consumo. La fotoincisione, soprattutto, che costituisce il seguito del procedimento fotografico a fini di stampa. Essa sfrutta dapprima la proprietà dei sali d'argento di scurire per effetto della luce (formando l'immagine), poi quella del bicromato di potassio di diventare, indurendo, progressivamente insolubile ed oleofila (quindi prendre bene l'inchiostro tipografico) da solubile ed oleorepulsiva che era.
Queste , più o meno, le metodiche di stampa o riproduzione, che, anche per soggetti poco esperti possono fornire prime indicazioni in ordine alla valutazione dei documenti.
Riprendendo, sintetizzate, alcune utili indicazioni dal sito dell'IMCOS Vi espongo i seguenti argomenti:
GIUDICARE LE CONDIZIONI DELLA MAPPA
La prima impressione sembra essere molto importante e fornisce, di norma, già indicazioni significative.
Occorre controllare se la mappa è in buone condizioni, verificando l'esistenza di eventuali fori prodotti da larve, pieghe o strappi nel documento. Controllando se i margini o i bordi della mappa sono stati modificati o tagliati o rifatti. Se esistono segni di riparazione e se è andata persa una qualche parte della superficie stampata. Occorre controllare il documento da entrambi i lati, osservandolo contro luce, verificando che il materiale non sia stato artificialmente invecchiato (magari mediante cottura) o impropriamente restaurato (mediante sbiancanti o sostanze scoloranti).
Verificare se esistono parti scritte nelle quali vengono identificati il cartografo, l'incisore o l'editore della mappa. Se esistono date o se la mappa è stata dedicata a qualcuno e quale titolo nobiliare aveva costui.
Ricordarsi che talvolta l'incisore e l'autore appaiono iscritti in ornati cartigli variamente disposti nel documento. Ricordarsi di controllare se esiste nel documento un numero di pagina che possa assegnargli una posizione all'interno di un eventuale Atlante o libro (di cui è possibile controllare l'edizione).
Avere sempre presente il fatto che una data eventualmente iscritta sulla mappa può non essere indicativa. In tali casi la mappa non sarà certamente precedente alla data, ma, in conseguenza dell'abitudine di conservarla anche nelle edizioni successive, potrebbe essere materialmente assai più tarda.
Le indicazioni topografiche e geografiche possono fornire altri utili elementi: l'esame dei nomi di località, l'uso dei termini, la presenza o l'assenza di paesi, torrenti o boschi devono essere considerate. Le annotazioni scritte a mano a volte sono utili, talvolta danneggiano la mappa mentre in altre occasioni ne aumentano il valore. I marchi a pressione o a filigrana nella carta, se esistenti, sono altre utili indicazioni (ricordando che esistono ancora stock di carta antica ed intonsa, che potrebbero essere utilizzati per la produzione di falsi).
Molte mappe prodotte con più matrici possono recare segni di collegamento dove le diverse stampe sono state fatte combaciare per produrre una mappa più grande. Vanno esaminati tali linee di legame per controllare se combaciano e come combaciano.
Le mappe prodotte prima del 1830 normalmente (esistono rare eccezioni) venivano stampate con inchiostro nero soltanto. L'eventuale colorazione veniva applicata al momento della stampa o subito dopo, ma in alcune mappe l'applicazione del colore poteva essere posta in essere da un proprietario successivo che voleva migliorarne la qualità o l'aspetto artistico. Talvolta il colore verde presenta rilevanti tracce di erosione, che depongono a favore di una originalità della mappa.
Colori e colorazioni, sovente assai diverse a seconda dei diversi paesi, possono e devono essere presi in considerazione al fine di determinare originalità (autenticità) dei documenti. Nelle mappe italiane e tedesche del XVII e XVIII secolo la colorazione era rara, per esempio, mentre in quelle olandesi , dal 1570 al 1730, era uso frequente. Le mappe inglesi erano di rado colorate prima del 1800; dopo sembra fosse abbastanza normale colorarle.
Quasi tutte le mappe provenienti da libri di viaggi o di geografia erano prive, per prassi comune, di colorazione.
Le mappe possono essere "originali", originali da matrici alterate (per esempio con successive aggiunte di indicazioni basate su nuove scoperte o modifiche), ristampe da matrici antiche (anche uno o due secoli dopo la prima stampa), o riproduzioni.
Le riproduzioni vanno considerate con certa attenzione in quanto possono essere state prodotte, in origine, senza l'intento di frodare. Spesso le dimensioni differiscono da quelle dell'originale (che quindi devono essere note). In questi casi, generalmente, l'artigiano inserisce una indicazione (timbro o scritta o marchio) fuori dell'immagine o sul retro del documento. A volte appaiono addirittura diciture quali "copyright 1960" o "da un originale conservato in....". E' bene quindi verificare che non esistano segni di decolorazione o zone stranamente mancanti dal documento che si esamina, perchè sovente tale è l'abilità dell'artista (incolpevole ed innocente) nell'uso delle antiche metodiche da rendere molto complesso verificare l'originalità del documento. Talvolta la qualità di stampa appare confusa ed i colori, ad un esame approfondito con una lente d'ingrandimento, presentano quelli che vengono chiamati "mezzi toni", cioè una serie di microscopici punti di colore sistemati geometricamente che osservati ad occhio nudo non possono essere rilevati.
Stranamente i falsi non sono molto frequenti , ma con l'aumento di valore e della richiesta è probabilme aumentino. Pare sia più agevole riprodurre xilografie (matrici in legno) piuttosto che acqueforti(matrici metalliche).
I restauri sono talvolta così pesanti da dequalificare i documenti da originali a parzialmente falsi.
Sempre è bene domandare l'opinione di un esperto, accertando, se possibile, la provenienza del documeto che si intende acquistare.
Nei prodotti xilografici è talvolta possibile percepire sul retro della mappa (se cartacea) l'impressione parziale della matrice. Nella calcografia è normalmente percepibile al tatto ( e talvolta anche alla vista) la traccia del bordo tagliente della matrice metallica, che nelle mappe più antiche era ad appena cm.1 dalla zona di stampa. Anche in questo caso è bene controllare che tale traccia non sia identica in tutta la zona circostante la stampa: si conoscono casi in cui tali segni indicativi sono stati artificialmente inseriti. Nelle mappe originali la profondità delle scanalature prodotte dai margini della lastra metallica è quasi sempre incostante o priva di continuità e di regolarità.
La carta europea prodotta sino al 1800 presenta una serie di linee parallele parallele ed un'altra serie sempre parallela, perpendicolare alla prima, separate di circa un pollice una dall'altra, che formano una sorta di griglia leggermente irregolare (prodotta dal sistema di compressione e di asciugatura della carta). Le linee e la griglia possono essere osservate controluce e si stendono sino ai margini del foglio in esame. Quando le linee sono presenti ma non arrivano ai bordi, potrebbero essere state poste in essere nel corso di restauri o potrebbero essere stati restaurati i margini del foglio. Quando sono del tutto assenti è bene approfondire gli esami e sospettare falsificazioni. Come già detto la carta antica normalmente è identificata anche dai cosiddetti "marchi ad acqua" o simboli filigranati che possono assumere le più varie forme (gigli, fiori, lettere dell'alfabeto.etc.). Dopo il 1800 la produzione (che in precedenza, come già detto, avveniva usando stracci) cominciò ad essere effettuata meccanicamente sfruttando direttamente la polpa del legno. La griglia di cui sopra non appare più e la carta risulta più liscia e dura. Malgrado questo la carta del periodo precedente, sebbene spesso deteriorata per il decadimento delle colle animali utilizzate e per l'ossidazione, risulta più duratura e durevole di quella del XIX secolo.
Provare a passare le dita su di una mappa sicuramente antica e su di una più recente può essere utile a far comprendere le diverse caratteristiche di entrambe ed a fornire un'esperienza utile per successive valutazioni. Così pure i danni dei bordi, il taglio degli stessi, il retro , etc. etc.
Se la mappa proviene da atlanti o libri certamente porta segni di piegatura che nulla levano al suo valore (esistono stronzi che asportano la mappe dagli atlanti e dai libri per venderle isolatamente. Per esempio le mappe riportate nel volume dello Scoto ("Itinerario d'Italia", ed. 1761), possono essere vendute singolarmente ad una somma variabile dai 250 ai 500 euro. Sono 26 per un valore complessivo tra 6500 e 13.000 euro. Il volume intatto e completo di mappe ha un valore di mercato di circa 1.500/3.000 euro con una differenza che nel migliore dei casi può quindi arrivare ad 11.500 euro. Di certo un bel guadagno, ma una vera schifezza per un appassionato). Le pieghe possono essere diverse a seconda di come le mappe siano state inserite nell'atlante o nel libro originale e talvolta, nel corso del tempo e delle molteplici consultazioni possono aver prodotto danni all'immagine, danni che però depongono a favore dell'originalità del manufatto.
La colorazione ha significati ed incidenza differenti (in genere si considera originale quella applicata all'epoca della stampa), ma non sempre l'applicazione di colore successiva rende la mappa "un falso" , anche se non è mai una cosa da apprezzare. In taluni casi, quando la mappa colorata in questione era inserita in un atlante, essa può anche mostrare tracce speculari di colore sulle controfacce. Le colorazioni originali sono talvolta un poco imprecise, come fossero state fatte da bambini, ed i colori hanno talvolta infiltrato [bruciato] la carta (soprattutto il verde ed il marrone) cosa che le tinte moderne non fanno. Qualche moderno falsario sa come ottenere questo particolare effetto, che talvolta può essere scoperto controllando la coincidenza tra recto e verso del foglio di carta. Molte mappe, come detto, sono state colorate all'epoca della stampa, ma altre vennero colorate successivamente, magari su ordinazione del proprietario, senza per questo risultare di valore ridotto o di peggiore qualità. Resta però il fatto che la moderna cultura degli oggetti antichi è indirizzata al ripristino ed alla conservazione dei manufatti nelle condizioni originali.
Uno scarto sino al 2% nelle dimensioni delle mappe (rispetto alle matrici originali, sovente a dimensione nota) non è rara e può anche essere provocata dal raggrinzimento della carta e dalle variazioni di umidità e di temperatura verificatesi nel corso del tempo. Anche i margini possono avere ampiezza variabile in quanto alcuni cartografi (Ortelio p.e.) producevano atlanti con margini differenti usando le medesime matrici.
La questione dei restauri o ripristini è sempre in discussione e l'unica cosa pressoché certa è che le operazioni di restauro dovrebbero sempre avere il carattere della "reversibilità" per non incidere in maniera definitiva sul documento. Le moderne tecniche di indagine mediante utilizzo di luce di lunghezza d'onda differenziata e sistemi elettronici di elaborazione hanno sovente permesso di scoprire disegni e scritture cancellate da una successiva sovrascrittura. Un restauro improprio renderebbe impossibile il recupero delle informazioni più antiche. In passato le tecniche di restauro dei documenti erano indirizzate al tentativo di ricondurre il documento alle condizioni originali, possibilmente ripristinandone le qualità estetiche ed artistiche. Per le più diverse ragioni questo non è più l'indirizzo guida dei moderni restauratori.
Sempre in passato, ma sto parlando di questi ultimi cento anni, si cominciò ad elaborare (Schill, 1899) un processo, diciamo scientifico, di conservazione e ripristrino delle mappe mediante immersione in Zapon (un nitrato di cellulosa addittivato di canfora) e successiva asciugatura. I fogli diventavano però pericolosamente infiammabili e tendevano pesantemente ad ingiallire. Nello stesso periodo Franz Ehrle suggerì l'uso di gelatina pura dissalata (allora utilizzata in fotografia) per ripristinare le zone consunte o bruciata dall'inchiostro ferrogallico. Al fine di ridurre la formazione di grumi si aggiunse anche formaldeide (sol.40% in acqua). Le pagine restaurate però tendevano ad appiccicarsi tra loro ed agli altri fogli. Mah! Per neutralizzare l'acidificazione furono proosti ed usati anche vapori di ammoniaca, ma gli effetti stabilizzanto erano di breve durata.
Nel 1940 gli studiosi del terzo Reich cercarono di conservare gli antichi documenti inserenedoli tra due fogli trasparenti ( di sottilissima pergamena), ma dopo una trentina d'anni si poteva osservare un pesante ingiallimento dei documento, forse dovuto al tipo di collante/legante utilizzato. Dal 1920 sino al 1960 furono utilizzati anche sistemi di rinforzo mediante l'applicazione di chiffon di seta (Hugo Ibscher), con risultati affatto buoni.
La laminazione dei fogli mediante applicazione di pellicole di pvc o acetati diversi (usata tra il 1950 ed 1960) ha prodotto pesnati ingiallimenti e rilevanti danni, conseguenti alla migrazione degli acidi acetici o ipocloridrici contenuti nei films.
Attualmente credo si deacidifichi mediante applicazione di una soluzione di bicarbonato di calcio o di bicarbonato di magnesio. Insieme all'idrossido di calcio questi composti fanno parte del gruppo degli agenti deacidificanti acquosi (che possono quindi essere utilizzati quasi soltanto su inchiostri non solubili o poco solubili in acqua). Quelli non acquosi sono costituiti da idrossido di bario in metanolo, ossido di magnesio, metilcarbonato di magnesio, etilcarbonato di magnesio, etc. etc.. Ognuno dei due metodi ha vantaggi e svantaggi possibili di cui non Vi parlo per assoluta incompetenza del sottoscritto. Recentemente ricercatori tedeschi, italiani, etc., hanno tentato di fermare la corrosione prodotta dall'inchiostro ferrogallico immergendo , protetti da un contenitore di hollytex, i documenti in acqua bollente. Sembra che i risultati ottenuti siano stati molto buoni, con una quasi totale eliminazione degli ioni (ferro-II solubili) pericolosi e una maggiore flessibilità della carta.
In Germania nel 1989 venne posto in essere e sperimentato il precedimento di bi-sezione dei fogli con inserimento tra le due lamine di un nuovo supporto cartaceo deacidificante. Tale tecnica è attualmente posta in essere quasi completamente attraverso l'uso di specifici macchinari e con risultati che sembrano soddisfacenti e un buon numero di laboratori e di restauratori italiani è in grado di effettuarla.
Tra le nuove tecniche attualmente studiate ci sono l'uso dell'elettrolisi, degli inibitori dell'ossidazione e delle sostanze che eliminano i radicali liberi. Per la carta si stanno sperimentando varie proteine (derivati della caseina) che pare abbiano ottime qualità rinforzanti.l
ACQUISTO, TRASPORTO E MANEGGIO
Non
comprare mai una mappa incorniciata senza averla potuta esaminare priva della
cornice. Osservarla contro luce per verificare la presenza di difetti o di riparazioni,
per esaminare i margini al fine di evidenziare tagli o altri difetti, per controllare
la qualità della carta. Non piegarla mai salvo che la mappa non abbia
già i segni "naturali" di piegatura per essere stata contenuta
in un libro o in un atlante.
Provvedere
a proteggerla appropriatamente, conservandola e trasportandola inserita tra
due cartoncini più grandi della mappa stessa, oppure arrotolata tra due
fogli di carta incolore ed inserita in un tubo di cartone o di plastica dal
diametro sufficientemente grande da non forzarla eccessivamente. Più
la mappa è secca e rigida e più ampio deve essere il diametro
del tubo e quando vi sono ossidazioni della carta provocate dal colore verde
è buona norma non arrotolare affatto la mappa. Se la mappa viene trasportata
incorniciata e protetta da una lastra di vetro è bene mettere sul vetro
del nastro adesivo al fine di ridurre i possibili danni se il vetro si rompesse.
Nel caso di spedizioni ricordare che i timbri postali possono danneggiare la
mappa se la pressione o l'inchiostratura attraversano l'eventuale imballo; ricordare
di inserire all'interno del pacco o della busta un biglietto con i Vs. dati
(nel caso di smarrimento); ricordare di conservare la ricevuta di spedizione
e di annotare tutti i dettagli della medesima e dell'oggetto inviato.
Maneggiate la mappa con entrambe le mani oppure fatela scivolare trasversalmente,
senza sollevarla affatto. Se dovete maneggiarla ripetutamente usate guanti di
cotone bianco o di materiale sintetico. Coprire il documento con un foglio di
mylar eviterà gli eventuali danni provocati dal grasso cutaneo. Assicuratevi
di operare su di una superficie piatta e perfettamente pulita di ampiezza sufficiente
a permettere alle mappe (se ne state esaminando diverse) di scivolare trasversalmente
senza sovrapposizioni, nemmeno parziali. Se la mappa è stata conservata
arrotolata, srotolatela con grande cautela, usando altra carta incolore per
tenerla piatta (una trentina di fogli esercitano una sufficiente pressione sui
bordi della mappa, senza danneggiarla). Non usate pesi eccessivi, rotondi o
spigolosi. A volte anche righelli leggeri, di plastica o di legno e di lunghezza
superiore a quella del margine della mappa, possono servire allo scopo. Quando
la esaminate state ben attenti a non lasciarVi sotto oggetti (lenti d'ingrandimento,
matite, etc.). Non scriveteci sopra (lo fanno in molti) e se proprio dovete
scriverci sopra usate una matita a punta morbida (5b o 6b) ed utilizzate margini
e retro cercando di esercitare la minima pressione possibile. Se dovete cancellare
quello che avete scritto o lo scritto di altri , abbiate la compiacenza di provare
prima la gomma da cancellare su una zona della carta non stampata. Non appiccicate
etichette, nastri adesivi o altre schifezze sulla mappa.
Evitate di lasciare la mappa alla luce solare diretta per tempi lunghi. I dati ideali di conservazione sono: temperatura 13/15 gradi C., umidità relativa 50/55%. Nell'ipotesi le temperature e l'umidità fossero assai superiori gli esperti raccomandano interventi di deacidificazione.
Sembra sia consigliato da quasi tutti gli esperti ed in quasi tutte le circostanze che la conservazione dei documenti cartacei avvenga in contenitori (siano scatole o buste o films di poliestere [pellicola]) che abbiano subito un trattamento di "neutralizzazione" o di "alcalinizzazione" (siano, cioè, stati resi basici). E' necessario ricordare, però, che alcuni supporti reagiscono agli alcali con un effetto tornasole. Per questi ultimi è indispensabile usare solo contenitori e supporti "neutri".
CODIFICAZIONE DEI CRITERI DI VALUTAZIONE
Le associazioni di "collezionisti" e mercanti di mappe hanno buttato giù una codificazione dei criteri di valutazione che può essere di qualche interesse. La codificazione si basa sulle lettere dell'alfabeto:
A+. Condizione Eccellente: pulita e luminosa, con precisa incisione dell'immagine. Su carta intatta e con ampi margini interi. Colorazione di ottima qualità.
A. Condizione Molto Buona : pulita e luminosa, con precisa incisione dell'immagine. Piccole macchie o decolorazioni parziali e ridotte solo sui margini. Buona la qualità della colorazione
B. Condizione Buona : Imperfezioni non significative. Piccole macchie, ridotta separazione nella piega centrale o nelle piegature senza perdita d'immagine, eventuale ridotto scurimento dovuto all'età. Può avere margini ristretti o ridotti, ma la carta è ancora in buone condizioni. Buona la colorazione.
C. Condizione accettabile : imperfezioni significative. Macchie o scoloriture sparse. Rilevante separazione nella piega centrale o nelle piegature che interferisce nell'immagine, ma che può essere agevolmente restaurata. Il colore può aver perso brillantezza e qualità.
D. Condizione cattiva : necessita di restauro, pulitura o riparazioni rilevanti. La carta può essere acidificata, corrosa, o fragile. Il colore può essere sbiadito in maniera significativa.
Tanto per farci ancora quattro chiacchiere le macchie sulle mappe possono avere origini diverse. Dalle possibili macchie d'inchiostro alle macchie d'acqua o di altri liquidi che vi possono essere stati versati sopra. Quasi tutte lasciano tracce. Gli scurimenti e le bruciature in genere sono sulle pieghe , ma possono avere origine anche da reazioni chimiche nella carta, nel collante originale, nei restauri . La muffa è uno dei fenomeni frequenti che produce quella familiare picchiettatura di macchie più scure ( i restauratori sovente rimediano con un lavaggio leggero mediante appositi preparati). I tagli, gli strappi ed i danni sulla mappa possono sovente essere riparati (per quanto riguarda la parte stampata) da esperti mediante applicazione di un sostegno sul retro della mappa. Nel caso le mappe in discorso "debbano" essere maneggiate con frequenza (cosa improbabile nell'era dell'informatica e delle riproduzioni digitali) è però indispensabile restaurare questo genere di danni in quanto soggetti a peggiorare nel corso del tempo.
.......(prosegue)
Vorrei inserire anche una serie di links, prevalentemente (tutti) in lingua inglese, nei quali è possibile approfondire i vari problemi:
ECPA (EUROPEAN COMMISSION ON PRESERVATION AND ACCESS)
SCMRE (SMITHSONIAN INSTITUTION)
SCMRE (altro per artefatti cartacei)
IMCOS (INTERNATIONAL MAP COLLECTORS' SOCIETY)
RICORDATEVI CHE SONO UN DILETTANTE ED IL MIO SPASSIONATO CONSIGLIO E' SEMPRE E COMUNQUE QUELLO DI RIVOLGERSI AD ESPERTI COMMERCIANTI, LABORATORI DI CONSERVAZIONE E RESTAURO UNIVERSITARI O LABORATORI PRIVATI RICONOSCIUTI. |
Infomazioni varie su mappe e cartografia
OCRAM WEB
BASE :PUNTO PARTENZA DI TUTTI I SITI
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