SAFARI FOTOGRAFICO IN MESSICO (ultima parte)
(di Elio D'Arcangeli e Arturo Guidoni)

 

Soddisfatti per le sorprese riservateci nei dintorni di Parras, decidiamo di avviarci verso il giardino botanico di DON AGUIRRE che avevamo già localizzato al mattino e chiediamo informazioni ad una donna apparentemente diretta verso lo stesso luogo. Da lei apprendiamo che DON AGUIRRE è venuto a mancare sette anni prima e che ora il giardino botanico è curato dal figlio EUGENIO AGUIRRE, suo marito. Gentilmente ci permette di visitare il giardino in attesa che rientri. Le piante sono in parte sistemate in piena terra ed in parte in barattoli di latta. Fra gli altri, ammiriamo un gigantesco cespo di Leuchtenbergia principis, molti esemplari crestati di Lophophora williamsii, Epithelantha micromeris var. greggii e var. pachyrhiza, Ariocarpus fissuratus.

Fra le piante coltivate in "vaso", sempre nella forma crestata, notiamo Ariocarpus kotschoubeyanus, altre Epithelantha e, protetti da una tettoia di canna, centinaia di Aztekium ritteri e Ariocarpus scapharostrus. I tubercoli di questi ultimi sono però quasi completamente mangiati, probabilmente da bruchi. Mentre siamo intenti a fotografare tutto il possibile, arriva il Sig. AGUIRRE che c’intrattiene per circa un’ora parlando un po’ in spagnolo e un po’ in inglese. Ci illustra soprattutto l’opera del padre, che ha raccolto tutte le piante durante la sua attività di ingegnere stradale e delle difficoltà che incontra per mantenere in condizioni accettabili il luogo. Lo stato di Cohahuila, ci spiega, ha sì riconosciuto il rango di "Monumento Nazionale" all’orto, ma si è limitato ad opere di sistemazione paesaggistica come l’impianto di alberi e la sistemazione dei sentieri senza erogare alcun finanziamento. Durante il giro il Sig. AGUIRRE ci interroga su una pianta che noi reputiamo, tutto sommato, poco interessante, forse un Gymnocactus horripilus, e questo disinteresse lo colpisce non poco.

Si tratta infatti, del Gymnocactus aguirrei, chiamato così proprio in onore del padre! Ci riprendiamo presto dalla "gaffe" e, dopo esserci scambiati gli indirizzi, lasciamo l’orto e Parras de la Fuente.

Riprendiamo la strada per Hipolito e, nel corso di un paio di escursioni, rinveniamo, tra i soliti Echinocactus horizontalonius, Ferocactus haematacanthus e Thelocactus bicolor, molti esemplari di Coryphantha difficilis dotati di spine fitte e robuste.

Raggiungiamo Saltillo (questa volta senza nebbia) ma con la temperatura che si è abbassata notevolmente.

L’indomani decidiamo di battere la prima parte della strada che conduce a Monterrey, grande città industriale e capitale dello stato di Nuevo Leòn. Le escursioni fruttano le seguenti specie: Echinocactus horizontalonius, Coryphantha valida, Thelocactus bicolor, Astrophytum capricorne var. minor, Echinocereus pectinatus alti fino a mezzo metro, Mammillaria chionocephala, Coryphantha sp. di forma simile alla C. difficilis, ma con pochissime spine radiali e dall’epidermide verde bottiglia, Gymnocactus beguinii (una forma robusta alta fino a 30 cm), Mammillaria pottsii, Ancistrocactus scheerii, Thelocactus rinconensis molto grandi e dalle lunghe spine centrali sfibrate e, su un affioramento di roccia calcarea, molti esemplari della bellissima Epithelantha micromeris var. pachyrhiza!!! Tutti gli esemplari di quest’ultima varietà, caratterizzata da una lunga radice napiforme, sono molto piccoli (al massimo misurano 3 centimetri di diametro), generalmente solitari e con gli apici molto lanosi che lasciano appena affiorare le piccolissime spine centrali di colore grigio. Sullo stesso costone rinveniamo due differenti specie di Mammillaria che non riusciamo ad identificare; una di esse ci ricorda la M. chionocephala già incontrata a Buenavista, nel S. Luis de Potosì. Il tempo purtroppo è tiranno per cui decidiamo di rinunciare a visitare il canyon Huasteca nei pressi di Monterrey che ci costerebbe quasi un giorno.

Ci dirigiamo verso Matehuala dove cercheremo di rintracciare Turbinicarpus valdezianus var. albiflorus che avevamo mancato a Saltillo (dove è però riportata la varietà rubriflora). Questa volta siamo già preparati all’eventualità di fallire, come ci è già capitato in precedenza per altre specie. Oltre tutto, di questo habitat abbiamo indicazioni piuttosto generiche, ma trovandosi lungo il nostro itinerario decidiamo di tentare egualmente. Il terreno è collinoso, coperto da una rada e bassa vegetazione e presto temiamo di aver sbagliato in quanto non solo non troviamo alcun Turbinicarpus valdezianus, ma se si eccettua una minuscola Mammillaria che non riusciamo neanche ad identificare, non rintracciamo nessuna specie di cactus. Ci spostiamo leggermente verso un’altra collina dove almeno ci imbattiamo in un piccolo esemplare di Mammillaria candida; non è molto, ma è abbastanza per rinvigorire la nostra determinazione.

Infatti, dopo poco scopriamo alcuni grossi esemplari di Ariocarpus retusus, la forma tipica, e poco oltre molti altri, di tutte le dimensioni. Questa popolazione, al contrario di quella incontrata nei pressi di Doctor Arroyo, mostra chiari segni di vitalità per la presenza di molti esemplari giovani.

Troviamo anche rari Thelocactus conothelos, molto piccoli. Completamente impegnati nella ricerca, non ci accorgiamo che un giovane messicano ci avvicina e ci chiede che cosa stiamo cercando. Rispondiamo un po’ sospettosi, cercando di far capire che il nostro interesse è per una pianta bianca molto piccola, non il Peyote! Egli, poco sorpreso, ci dice che può aiutarci e ci invita a seguirlo, per mostrarci una piccola Mammillaria candida. Delusi, gli spieghiamo. che quella che ci interessa è molto più piccola ed egli, senza scomporsi, si dirige verso un altro posto. Questa volta lo seguiamo con meno entusiasmo, anche perché ci accorgiamo che già ci eravamo passati durante la nostra escursione. Quando si china verso un grosso sasso ci ha distanziato di circa 20-30 metri, per cui non possiamo vedere cosa c’è dietro di esso. Raggiungiamo il giovane Massimiliano e ci accorgiamo, con grande sorpresa, che ci sta mostrando un Turbinicarpus valdezianus! La pianta è piccolissima, meno di un centimetro di diametro e, anche se parte del fusto è scoperta, possiamo facilmente dedurre che in condizioni normali emerge dal terreno per pochi millimetri! Massimiliano ci spiega che in questo periodo le piante sono molto difficili da trovare perché non piove da molto tempo ma che sono più numerose di quanto sembri e che l’area su cui sono distribuite è ampia. Noi, pur avendone vista una e trovandoci sul posto adatto, dobbiamo letteralmente spostarci sulle ginocchia per avere qualche speranza di individuarne altre. Alla fine, però, anche il nostro occhio si abitua e questo ci dà modo di individuare un numero sufficiente di esemplari per fare una piccola statistica. Le piante sono quasi tutte solitarie (tranne due esemplari, uno a due teste ed uno a tre teste), distribuite uniformemente in "isole" di qualche decina di metri quadrati con una densità di due-tre per metro quadrato. Alla fine della nostra indagine sul campo incontriamo anche il fratello di Massimiliano che ci riferisce di domande rivoltegli da una pattuglia della polizia che già sospettava che stessimo cercando il famoso Peyote. Noi, impegnati nella ricerca, non ci eravamo accorti di nulla. È’ ormai sera quando salutiamo i nostri amici e ci avviamo verso Matehuala distante ancora qualche chilometro.

L’indomani raggiungiamo Tula dove ci aspettiamo di trovare molte specie rare. Riceviamo la prima doccia fredda quando non riusciamo neppure ad individuare il luogo di cui abbiamo riferimenti molto precisi e in cui dovrebbe trovarsi Turbinicarpus pseudopectinatus. Ci fermiamo lo stesso scegliendo il posto a caso, ma troviamo solamente Echinocactus ingens, Echinocactus horizontalonius, Ferocactus, Coryphantha. Su una collina dietro la cittadina di Tula, più tardi, troviamo Echinocereus pentalophus, Mammillaria compressa, Neolloydia ceratistes e piccoli Thelocactus tulensis. Il vento, già forte durante l’ascensione, diventa così impetuoso una volta raggiunta la vetta, che decidiamo di ritornare sui nostri passi rinunciando ad esplorare un ambiente che sembrava promettente. La sera, calato il vento, un forte acquazzone pulisce le polverose strade di Tula, facendo mancare la luce per un’ora abbondante. Lasciamo Tula mancando tutti gli obiettivi che ci eravamo posti e ci avviamo verso Jaumave. Lungo la strada ci fermiamo per cercare nuovamente, in un posto diverso da quello del giorno precedente, il Turbinicarpus pseudopectinatus. Facciamo due tentativi ostacolati da una bassa vegetazione a tratti molto fitta tra cui spiccano Juniperus e palme nane riportati nello stesso habitat del Turbinicarpus pseudopectinatus. Troviamo esemplari di Ferocactus echidne crescere anche sugli alberi, Mammillaria candida, Neolloydia ceratistes, un bell’Echinocereus dalle lunghe spine aciculari bianco-grigie in fiore e Mammillaria viereckii. Del Turbinicarpus pseudopectinatus, invece, nemmeno l’ombra. Un’altra sosta che effettuiamo più a nord sulle sponde di un fiume dall’alveo piuttosto ampio frutta la scoperta di Mammillaria klissingiana, simile nell’aspetto alla Mammillaria chionocephala. Un nuovo acquazzone ci consiglia di guadagnare Jaumave dove troviamo una modestissima sistemazione all’Hotel Taray.

Finita la pioggia abbiamo il tempo di perlustrare una zona a nord della città, molto piatta e con pochissima vegetazione. Il terreno, molto sabbioso, è a tratti fangoso e mostra all’inizio solo rade popolazioni di Coryphantha retusa e Opuntia bigelowii.

Dopo qualche minuto troviamo molti esemplari di Ferocactus hamatacanthus var. sinuatus dalle lunghe spine papiracee. Rispetto alla specie tipica notiamo anche che le dimensioni sono mediamente inferiori. Ben altro impatto ha su di noi il reperimento del primo Ariocarpus trigonus con i tubercoli appena affioranti dal terreno e le ascelle coperte da fango e dalle poche foglie prodotte dai pochissimi arbusti circostanti. E’ un esemplare grande, circa 15 centimetri di diametro, di colore verde scuro. Durante l’escursione troviamo pochi altri esemplari e ciò rende la specie molto rara, almeno in questa locazione. Quando il buio ci impedisce ulteriori ricerche torniamo a Jaumave dove consumiamo un buon pasto in un ambiente familiare nel nostro hotel. Per quasi tutta la notte piove abbondantemente, tanto che ci fa temere di non poter rispettare il programma del giorno successivo che prevede anche strade sterrate. I timori si rivelano infondati dato che l’indomani già alle prime ore del giorno tutto è nuovamente asciutto.

Abbandoniamo la strada asfaltata pochi chilometri a nord di Jaumave e ci addentriamo per qualche chilometro. Una rapida occhiata dall’auto ci permette di scorgere solo Ferocactus hamatacanthus var. sinuatus e ciò ci suggerisce di fermarci un paio di chilometri più avanti. Il posto che scegliamo è aperto con campi coltivati che si vedono in lontananza e, dalla parte opposta rispetto al sentiero, basse colline. Ci dirigiamo verso le colline che distano un centinaio di metri quando, protette dal primo cespuglio che incontriamo, troviamo il primo gruppo di Obregonia denegrii, alcune delle quali in fiore. Poco oltre troviamo un esemplare in terreno aperto che trattiene disperatamente con le radici un cilindro di terra alto 10 centimetri. Questo ci dà un’idea sull’entità dell’erosione in questo luogo. Avvicinandoci alla collina più vicina la popolazione diventa più fitta fino a costituire un vero e proprio tappeto alla base di essa.

Contemporaneamente cominciano a comparire i primi esemplari di Ariocarpus trigonus da lunghissimi tubercoli e di Astrophytum myriostigma var. jaumavense, alcuni dei quali a quattro coste! Lungo i pendii della collina le popolazioni di Obregonia denegrii e Ariocarpus trigonus raggiungono un certo equilibrio, con le prime leggermente più numerose dei secondi, mentre gli Astrophytum sembrano ovunque uniformemente distribuiti anche se con una popolazione molto meno densa. Vicino alla sommità della collina le Obregonia spariscono, gli Ariocarpus diventano rari mentre gli Astrophytum diventano la specie dominante. Fra i cespugli notiamo degli appariscenti fiori rosa simili alle nostre campanule che tradiscono la presenza di una Ipomoea caudiciforme. Nascoste alla base di alcuni cespugli troviamo rare Dolichothele baumii. Ritornando sui nostri passi attraversiamo il sentiero per esplorare la parte pianeggiante che ci separa dai campi coltivati. Notiamo subito la presenza di bassi alberi completamente assenti dalla parte delle colline e profondi canali scavati dalla pioggia. Ben presto notiamo grossi esemplari di Astrophytum alti più di 30 centimetri e larghi più di venti, grandi Obregonia, Ferocactus echidne, Ferocactus hamatacanthus var. sinuatus, Opuntia microdasys, O. leptocaulis ed Echinocereus pentalophus assenti dalla parte opposta del sentiero, ma nessun Ariocarpus trigonus. Raggiungiamo i bassi alberi che avevamo notato da lontano e sotto alcuni di essi, non senza sorpresa, troviamo molte piante di Wilcoxia poselgeri, alcune con frutti spinosi! Stranamente, in questo luogo questa specie si incontra solo all’ombra, talvolta fitta, degli alberi quando gli appunti in nostro possesso la riportano crescere o esposta o mimetizzata al massimo fra bassi cespugli!!!

Abbandoniamo a fatica questo Eden per noi amatori di cactus con la convinzione di aver avuto la fortuna di imbatterci in un habitat ricchissimo e meritevole di molto più tempo di quanto abbiamo potuto dedicargli.

Inoltre con il tramonto nuvole minacciose ci consigliano di non prolungare oltre la nostra sosta.

Lasciamo Jaumave dopo che per la seconda notte consecutiva è piovuto abbondantemente e ci dirigiamo verso Ciudad Victoria, capitale dello Stato di Tamaulipas. Lungo il tragitto dobbiamo superare un forte dislivello costituito dalla Sierra Madre Oriental, al di là della quale l’ambiente appare immediatamente più umido.

Nei pressi del colle le montagne sono coperte da boschi molto fitti, anche se nelle radure si possono ammirare molti esemplari di Agave. Lasciataci alle spalle Ciudad Victoria, ci fermiamo nei pressi dell’abitato di Liera, una cittadina accogliente che domina una vasta pianura contro cui si stagliano strane colline dalle cime spianate, chiamate "mesetas". Noi decidiamo di esplorare invece alcuni "cerros" più a portata di mano, a ridosso dell’abitato. Già ai primi passi ci imbattiamo in molti Hamatocactus setispinus, alcuni dei quali in fiore, dalla forma allungata. Poco oltre, sempre ai piedi della collina dove il terreno è ancora parzialmente libero dalla vegetazione, troviamo alcuni esemplari di Homalocephala texensis e di Mammillaria sp. che ricorda da vicino la Mammillaria gaumeri che però i nostri testi riportano molto più a sud. Durante l’ascesa, che è ostacolata da una vegetazione che si infittisce man mano che ci avviciniamo alla cima, incontriamo Pilosocereus palmeri in fiore, Dolichothele longimamma var. uberiformis e altri esemplari di Homalocephala texensis. Questi ultimi ci sorprendono per la robustezza delle spine nonostante crescano praticamente nell’ombra più completa.

Decidiamo di non fermarci oltre anche se sappiamo che nella zona si trova il habitat di Astrophytum asterias di cui però abbiamo informazioni estremamente generiche. Raggiungiamo Ciudad Valles dopo aver attraversato zone abbastanza umide ed intensamente coltivate poco promettenti per chi, come noi, è alla ricerca di cactus. L’indomani, presa la strada 85 per raggiungere Pachuca, ci troviamo immersi per molti chilometri in un paesaggio tropicale molto montuoso. La strada è molto stretta e ci costringe a medie molto basse anche a causa della pericolosità derivante dalla mancanza di guard-rail per lunghi tratti.

Purtroppo, a causa dell’elevata antropizzazione, l’intero manto vegetale naturale è stato rimpiazzato in questa zona dalle coltivazioni che si estendono nelle valli e non risparmiano nemmeno i pendii più ripidi vicino alle cime delle montagne. Su qualche maestoso albero sfuggito allo sfruttamento agricolo vediamo crescere una moltitudine di orchidee, bromeliacee ed anche una cactacea: Hatiora salicornioides!

La strada comincia a risalire per riportarci al di là della Sierra Madre Oriental, dove ci aspettiamo di incontrare paesaggi più interessanti per la ricerca dei cactus. Ci fermiamo a consumare un pasto frugale all’ombra di alti pini e Juniperus che hanno ormai rimpiazzato le essenze tropicali caratteristiche della costa atlantica messicana. A qualche metro dalla nostra auto scorgiamo alcuni esemplari di Mammillaria magnimamma, Mammillaria obconella, Echinocereus ehrenbergii, Echinofossulocactus sp. Pochi chilometri dopo, in direzione Pachuca, ci fermiamo nuovamente, attratti da cespi di Echinocereus ehrenbergii in fiore. Insieme a questi ben presto rinveniamo grossi esemplari molto accestiti di Thelocactus leucacanthus, Coryphantha radians ed Echinofossulocactus lamellosus.

Nei pressi di Zimapan troviamo alcune specie nane di Opuntia, Coryphantha radians, Mammillaria compressa, Mammillaria sempervivi molto grandi, Neolloydia conoidea in fiore, Echinofossulocactus phyllacanthus e Dolichothele longimamma. Raggiungiamo quindi Pachuca, capitale dello Stato di Hidalgo dove, dopo qualche tentativo fallito, riusciamo a trovare una comoda sistemazione per pochi pesos presso l’Hotel Set-Inn. Il programma per il giorno successivo prevede la visita della celebre Barranca di Meztitlàn. Per lasciare Pachuca dobbiamo affrontare una salita molto ripida per raggiungere Mineral del Monte, un grosso centro il cui nome non ci è del tutto nuovo. Una rapida consultazione degli appunti riporta infatti questa località come habitat dello Strombocactus disciformis da noi rinvenuto nello Stato di Querétaro. Per questo motivo decidiamo di non verificare l’informazione anche perché il paesaggio che si trova davanti ai nostri occhi è costituito principalmente da ciuffi di conifere alternati a prati verdi tra i quali, da lontano, si scorge qualche Opuntia. Inoltre il terreno è di un colore rosso mattone indice di forte acidità, mentre non c’è traccia di conglomerato calcareo su cui dovrebbe crescere lo Strombocactus disciformis. Solo dopo Atotonilco el Grande cominciano ad apparire le prime rade, ma maestose colonnari che, nei pressi del bivio che porta a Meztitlàn, diventano improvvisamente così fitte da formare veri e propri boschi. Due sono le specie dominanti, Stenocereus dumortieri e Myrtillocactus geometrizans, mentre saltuariamente possiamo ammirare anche Stenocereus marginatus e qualche Echinocactus ingens.

Appena abbandonata la strada federale 105, dopo una breve salita, ci si spalanca la verde valle di Meztitlàn circondata da ripidi pendii di natura calcarea. Quasi a guardia dell’ingresso della Barranca i primi altissimi Cephalocereus senilis ci fanno quasi sobbalzare per l’emozione. Sono piante bellissime spesso alte più di 10 metri, con pseudocefalii laterali che proteggono i fiori. Prima di dedicarci all’esplorazione della valle decidiamo di cercare una sistemazione nel paese di Meztitlàn. Troviamo infatti un hotel, apparentemente in condizioni decorose, che si rivelerà invece una vera e propria topaia. Decidiamo comunque di pernottare per due notti, pagando anticipatamente il conto che ammonta a ben 20.000 pesos! La prima escursione la dedichiamo alle colline che dominano Meztitlàn, nei dintorni dell’antico monastero che domina il paese. Troviamo, in grandissima quantità, Myrtillocactus geometrizans, Stenocereus marginatus, Stenocereus dumortieri, Cephalocereus senilis, Echinocactus ingens, Ferocactus glaucescens, Coryphantha erecta e imponenti cespi di Mammillaria geminispina. Nei pressi delle cime compaiono i primi Echinofossulocactus anfractuosus, anche questa specie rappresentata da esemplari di notevoli dimensioni. Nel pomeriggio ci mettiamo alla ricerca dell’Astrophytum ornatum, che ci era sembrato di scorgere in lontananza il mattino. Infatti, su un pendio alle porte di Meztitlàn, troviamo senza difficoltà numerosi esemplari alti fino a un metro e mezzo! Le piante giovani sono del tutto simili a quelle trovate nello Stato di Querétaro all’inizio del viaggio, ed è difficile pensare che in due località relativamente poco distanti possano svilupparsi in maniera cosi differente! Anche se le piante si trovano a pochi metri dalla strada sono molto difficili da raggiungere a causa della ripidità dei pendii e per scattare delle foto siamo costretti a correre qualche rischio. Dobbiamo oltre tutto fare attenzione a non far rotolare sulla strada troppo materiale per non urtare la suscettibilità dei locali, costantemente affannati a garantirne la percorribilità.

Poco più a sud della stazione dove cresce Astrophytum ornatum abbiamo la fortuna di individuare numerosi cespi di Gymnocactus horripilus, alcuni dei quali in fiore. I piccoli frutti, anche se ancora verdi, contengono semi maturi piuttosto grandi.

Troviamo anche una curiosa forma di Mammillaria geminispina dalle spine rade e cortissime. E ormai quasi buio quando decidiamo di far ritorno al nostro hotel e di cercare un ristorante, che troviamo dopo un’affannosa ricerca ostacolati anche dalla quasi assoluta mancanza di illuminazione lungo le strade di Meztitlàn.

L’indomani non ci offre nessuna sorpresa nonostante una lunga escursione che frutta, di nuovo, solo una specie: Echinofossulocactus lamellosus. Abbiamo comunque l’occasione di verificare la relativa penuria di piante giovani di Cephalocereus senilis cosa che minaccia il ricambio all’interno della popolazione della Barranca. A fronte di molte centinaia di esemplari adulti contiamo non più di 10 esemplari molto giovani! Non riusciamo a spiegarci il fenomeno in quanto la pastorizia è poco praticata e i segni di prelievo sono quasi assenti. Lasciamo Meztitlàn e, prima di far ritorno a Città del Messico, ci fermiamo ad Atotonilco el Grande sede di un coloratissimo mercato che ci offre forse l’unica variante dell’intero viaggio. Abbiamo comunque l’occasione di trovare nei dintorni della cittadina Echinofossulocactus sp., Mammillaria magnimamma, Mammillaria sempervivi ed una piccola Coryphantha con spine corte e dritte. Siamo ormai agli sgoccioli del nostro viaggio, ci preoccupa solo il ritorno a Città del Messico. Per fortuna non abbiamo difficoltà a ritrovare l’abitazione della persona che ci ha procurato l’auto e offerto l’alloggio all’arrivo. Abbiamo il tempo per trascorrere l’ultima giornata a Città del Messico in compagnia dei nostri ospiti che gentilmente ci conducono in un centro artigianale per fare qualche acquisto ed in un ristorante tipico dove consumiamo un pasto decisamente buono. Sull’aereo che ci riconduce in Europa abbiamo modo di cominciare un consuntivo del viaggio che ben presto si trasforma nella..., programmazione del prossimo.

  Arrivederci Messico !!

Seconda parte...

 

Tutto il materiale pubblicato (testi, fotografie, e quant'altro) è proprietà privata.
Pertanto ne è vietata la duplicazione senza specifica autorizzazione degli autori.