SAFARI FOTOGRAFICO IN MESSICO (seconda parte)
(di Elio D'Arcangeli e Arturo Guidoni)

 

L’indomani, dopo aver consultato la carta, decidiamo di raggiungere Guadalcazar via Derramaderos, ignorando le difficoltà che avremmo dovuto affrontare. Infatti, proprio nel tratto di strada che la carta riportava asfaltato, ci troviamo a dover superare vere e proprie voragini. Più di una volta uno di noi deve scendere per dirigere l’altro rimasto alla guida dell’auto, al fine di limitare al massimo i danni e togliere dei macigni.

Conquistiamo Guadalcazar dopo un vero e proprio calvario, convinti sempre di più che, se mai avremo occasione di tornare in Messico alla ricerca di cactus, un fuoristrada è indispensabile. Da Guadalcazar per fortuna la strada torna asfaltata e questo ci consente di procedere più celermente. Dopo pochi chilometri ci fermiamo, attratti da milioni di esemplari di Agave stricta. La strada in quel punto è costeggiata da una fila di basse colline sulle cui pendici si possono scorgere anche da lontano grossi esemplari di Echinocactus ingens e Ferocactus stainesii var. pilosus a migliaia. Le piante di quest’ultima specie sono ornate da decine di piccoli fiori giallo arancio in un bellissimo contrasto cromatico con le spine rosso vivo e le setole bianche che distinguono questa varietà. Una esplorazione più attenta ci permette di rintracciare anche Thelocactus hexaedrophorus, Astrophytum myriostigma var. strongylogonum (solo le piante adulte di questa specie hanno le caratteristiche coste arrotondate proprie di questa varietà), Mammillaria candida e Gymnocactus knuthianus.

Ci immettiamo nuovamente sulla strada federale 57 a Charco Blanco, scoprendo che questa località ben evidenziata sulla carta, altro non è che un minuscolo gruppo di catapecchie pericolanti. Proseguiamo dopo aver programmato di pernottare a Huizache, il che ci lascia il tempo per una escursione abbastanza lunga.

Questa si rivela più proficua del previsto permettendoci di ammirare, in una vasta pianura argillosa ai piedi di alte colline, Echinocactus ingens, Ferocactus stainesii var. pilosus, Ferocactus haematacanthus, Echinocereus pectinatus, Lophophora williamsii, Thelocactus hexaedrophorus, Glandulicactus uncinatus, Coryphantha palmeri, Neolloydia ceratistes, Astrophytum myriostigma ed un unico grosso esemplare di Leuchtenbergia principis. Ci sorprende non poco l’aver incontrato quest’ultima specie il cui areale ci risulta essere più a nord, negli stati di Coahuila e Zacatecas. I tubercoli più vecchi dell’esemplare che abbiamo trovato sono rosicchiati da qualche animale. E’ già quasi buio quando, giunti a Huizache, ci accorgiamo che il paese non offre nessuna possibilità di alloggio. Proseguiamo quindi per Matehuala dopo aver chiesto informazioni al posto di polizia a presidio de "Entronque de Huizache".

Al mattino del 5 Aprile lasciamo Matehuala in direzione Doctor Arroyo, avendo come obiettivo Ariocarpus furfuraceus, Ariocarpus retusus ed Encephalocarpus strobiliformis. Ci fermiamo per ben tre volte in posti promettenti, ma non troviamo altro che qualche grosso esemplare di Echinofossulocactus sp, Echinocactus ingens, Agave stricta, Neolloydia ceratistes ed un unico esemplare di Echinocactus horizontalonius. Quest’ultimo era profondamente retratto nel terreno, avendo assunto una forma completamente piatta.

L’individuazione di questa specie a questo punto del viaggio ci provoca qualche emozione, ignorando che cosa ci avrebbero riservato gli habitat visitati successivamente. In noi si fa strada anche un po’ di delusione per le notevoli quantità di Ariocarpus retusus e furfuraceus segnalate da BBBBB e ZZZZZ che ci sembrano sfuggire puntualmente. Ci è inoltre difficile trovare luoghi adatti per fermarci, in quanto la strada è costeggiata da entrambi i lati da profondi canali di scolo che mettono a dura prova la resistenza della marmitta della "nostra" Jetta. Lungi dal demordere ci fermiamo per esplorare una bassa collina nei pressi della strada. Già prima di cominciare l’ascesa rinveniamo il primo esemplare di Ariocarpus furfuraceus. Fatte le prime foto, scopriamo subito alcuni esemplari di Echinocactus horizontalonius, Thelocactus hexaedrophorus, Echinofossulocactus sp.

Lungo le pendici cominciamo a vedere i primi Thelocactus conothelos il cui numero cresce all’avvicinarsi dell’apice della collina. Sulla cima di questa ci troviamo letteralmente immersi in una fitta popolazione di Thelocactus conothelos alcuni dei quali in fiore ed Ariocarpus furfuraceus. Entrambe le specie sono presenti in questa stazione con esemplari di grosse dimensioni. Un gruppo di Ariocarpus formato da 14 rosette supera addirittura i 40 cm di diametro!

Notiamo ben presto che di questa specie mancano esemplari giovani di piccole dimensioni, mentre ci colpisce il notevole numero di Thelocactus morti, calcificati, sembrerebbe per motivi naturali. Durante l’escursione abbiamo modo di individuare anche Echinocereus pectinatus, Coryphantha sp, Mammillaria candida, Opuntia tunicata. Quando il sole comincia a calare decidiamo di cambiare posto, pur non allontanandoci eccessivamente dal precedente. Non ci preoccupiamo troppo di trovare una sistemazione per dormire, sia perché Matehuala è ancora vicina sia perché anche Doctor Arroyo offre qualche possibilità di pernottare.

Nella nuova stazione troviamo Echinocactus horizontalonius, Ariocarpus furfuraceus di ogni taglia, Mammillaria sp, Echinofossulocactus sp, ma stranamente nessun Thelocactus conothelos anche se ci siamo allontanati di poco da dove ce ne erano migliaia.

Stiamo quasi per desistere, provati da una giornata caldissima, quando ci imbattiamo nel primo esemplare di Encephalocarpus strobiliformis. Come spesso succede in questi casi, l’individuazione della prima pianta ci permette di trovarne con facilità molte altre, tutte profondamente infossate nel terreno molto compatto. Solo le piantine molto giovani, fino a mezzo centimetro di diametro, sono sporgenti ed hanno una forma accentuatamente elongata. Questa caratteristica tende a scomparire con l’età: infatti tutte le piante di più di un centimetro di diametro sono completamente piatte.

Non è difficile rinvenire esemplari "doppi" e, più raramente "tripli". La specie comunque non sembra accestire facilmente, anche se il fenomeno è favorito dalle onnipresenti capre che ne rosicchiano gli apici.

Il modo in cui questa specie si incunea nel terreno ricorda da vicino la Pelecyphora aselliformis, che abbiamo avuto la fortuna di vedere in precedenza.

Abbandoniamo le ricerche in questa località, dopo aver scattato varie fotografie, quando l’oscurità non ci permette più di distinguere le piante nel terreno.

Alloggiamo all’Hotel Plaza di Doctor Arroyo, poco più di un ricovero e per giunta senza acqua! Forse sarebbe stato meglio tornare a Matehuala.

Da Doctor Arroyo ci dirigiamo verso Aramberri alla ricerca questa volta di Ariocarpus kotschoubeyanus che è riportato in questa zona insieme ad Ancistrocactus scheerii e Glandulicactus uncinatus in pianure alluvionali fortemente argillose. Troviamo presto un ambiente che corrisponde alla descrizione, per cui non ci resta che esplorarlo. In alcuni punti ci imbattiamo in boschi bassi e molto luminosi i cui alberi, ancora in riposo e privi di foglie, sono completamente coperti da una minuscola Tillandsia che conferisce loro un aspetto spettrale. Nei luoghi più aperti il terreno è completamente scoperto e la superficie è fittamente fessurata per la prolungata siccità. È molto caldo, ma questo non ci distoglie dalla nostra ricerca durante la quale identifichiamo Ferocactus stainesii, Ferocactus haematacanthus, Coryphantha palmeri, Thelocactus bicolor, Lophophora williamsii, Echinocactus horizontalonius, varie Mammillaria, Echinocereus sp e milioni di Echinofossulocactus sp così infossati nel terreno che il solo ciuffo di spine apicali ne tradisce la presenza. Molti cespi di Echinocereus sono in boccio ma sono pochissimi i fiori che riescono ad aprirsi in quanto le capre sembrano includerli con piacere nella loro dieta. Incontriamo in effetti un gruppo di questi animali che pascolano con i musi pieni di sangue a causa delle spine. Dopo aver letteralmente setacciato un’area di circa 1 kmq, un urlo disumano rompe il silenzio spettrale di quella località ideale solo per i serpenti: <<L’ho trovato!>>. Dopo pochi secondi un altro urlo rompe di nuovo il silenzio <<...l’ho perso!>>.

Arturo ce l’aveva tra i piedi e già non lo vedeva più, perfettamente mimetizzato nel terreno nudo.

Basta infatti distogliere per un attimo lo sguardo per rischiare di perdere l’oggetto di tanta affannosa ricerca. Le piante di Ariocarpus kotschoubeyanus, distribuite uniformemente all’interno di aree di qualche decina di metri quadrati, sono piccole (non superano i tre centimetri di diametro) e quasi sempre solitarie (solo due esemplari da noi trovati erano "doppi"). La pastorizia non sembra nuocere a questa specie in quanto non sporge affatto dal terreno. Ci sorprende non aver trovato durante l’intera escursione alcun esemplare di Glandulicactus uncinatus né di Ancistrocactus scheerii riportati entrambi in associazione con Ariocarpus kotschoubeyanus. Comunque soddisfatti proseguiamo verso Aramberri, sperando di localizzare l’habitat della Neolloydia pseudopectinata, tentativo che risulterà vano. Raggiungiamo quindi la cittadina posta in una stretta valle molto fertile e ricca di acque. Troviamo subito alloggio e, visto che c’è ancora luce, ci dirigiamo verso Zaragoza lungo una strada stretta e tortuosa. Una prima sosta nei pressi della cittadina ci frutta solo Neolloydia ceratistes e Thelocactus hexaedrophorus. Ci fermiamo nuovamente nei pressi di ripide colline di gesso in parte cristallizzato che ci offrono pochissimi e precari appigli. Ad un certo punto ci troviamo la strada sbarrata da una dolina larga circa 50 metri con le pareti verticali. Riusciamo a udire lo scorrere dell’acqua sul fondo, ma non ci sentiamo così sicuri da sporgerci per verificare la profondità. L’ambiente ricorda per qualche verso il "nostro" Carso. Stiamo riguadagnando il luogo dove abbiamo lasciato l’auto quando, quasi casualmente, scorgiamo un piccolo esemplare di Neolloydia subterranea var. zaragozae perfettamente mimetizzata nel terreno gessoso e friabile. Questa specie ha come caratteristica principale un lunghissimo colletto che può raggiungere i 10 centimetri a fronte di un fusto che raramente supera i 5 centimetri di altezza e i 2 di diametro. I fusti delle piante allo stato giovanile non hanno spine centrali e non sono altro che il prolungamento del colletto già completamente sviluppato. Solo nello stadio successivo i fusti assumono la caratteristica forma a clava e producono le spine centrali. In questo posto troviamo anche qualche rara rosetta di Echeveria strictiflora di non più di tre centimetri di diametro.

Torniamo quindi ad Aramberri dove, per la prima volta, possiamo gustare un delizioso arrosto di capretto.

L’indomani cerchiamo di localizzare l’habitat della Neolloydia pseudopectinata var. albiflora mancata il giorno precedente, individuando con certezza il luogo descritto dalle nostre fonti. Purtroppo, nonostante una lunga ed approfondita ricerca, non riusciamo a trovare alcun esemplare di questa bellissima ed evidentemente elusiva pianta. Il luogo è oltretutto avaro di altre specie concedendoci solo Coryphantha georgii, Thelocactus conothelos, Opuntia tunicata, Glandulicactus uncinatus, Coryphantha palmeri, Echinocactus ingens, Ferocactus stainesii var. pilosus e un serpente morto. Ci dirigiamo quindi verso Galeana, programmando alcune soste lungo la strada per cercare Echinocereus pulchellus, Echinocereus knippelianus var. kruegeri e Neobesseya asperispina. L’ambiente in questa parte del Messico è simile a quello che in Italia si incontra in bassa montagna con boschi di conifere che si alternano a radure erbose. Non troviamo nessuna delle specie citate dalle nostre fonti, ma solo Echinocereus enneacanthus, Mammillaria sp ed Echinofossulocactus sp, che, nonostante cresca nel sottobosco ombroso, produce egualmente spine notevoli. Questo ci sorprende non poco in quanto, almeno in Italia, il sole diretto è condizione necessaria perché questo avvenga. A Galeana decidiamo di fermarci due notti avendo come obiettivo l’Aztekium ritteri!

L’indomani ci fermiamo lungo la strada che conduce a Rayones, in prossimità dell’inizio di un complicato intreccio di canyons che, dopo qualche centinaio di metri, diventano profondi centinaia di metri. Già nel punto dove ci fermiamo è difficile raggiungere il fondo a causa dell’estrema cedevolezza delle pareti. Dopo qualche tentativo senza esito riusciamo nella nostra impresa, il che ci permette di spostarci più comodamente verso zone irraggiungibili dall’alto. Esploriamo per alcune ore più di un canyon di questo labirinto, trovando solo una specie non meglio identificata Mammillaria perfettamente mimetizzata nelle pareti e Thelocactus tulensis i cui esemplari sembrano caduti verso il basso a causa delle frane. Risaliti in superficie, non senza qualche difficoltà, optiamo per una ricognizione a largo raggio che frutterà solo Gymnocactus beguinii, una forma nana molto attraente, Thelocactus tulensis, Thelocactus hexaedrophorus e Thelocactus bicolor, una forma dalle spine molto rade. Purtroppo dell’Aztekium ritteri nemmeno l’ombra. Abbandoniamo il luogo delle ricerche per dirigerci verso Rayones che dista sulla carta circa 20 km. In quella località è segnalato l’Aztekium ritteri e 1’Ariocarpus scapharostrus. Purtroppo la strada non è asfaltata e piuttosto malconcia, decisamente peggiore rispetto alle altre che abbiamo dovuto percorrere. Il paesaggio è comunque bellissimo con gole molto profonde che ci mettono in apprensione. Quando la strada si biforca proseguendo verso la città di Montemorelos, (per Rayones ci sono almeno altri 5 km) ci accorgiamo di aver coperto una distanza di 30 km in due ore!

Siamo così esausti e preoccupati dall’idea di dover affrontare il ritorno al buio, che decidiamo di effettuare una breve sosta all’altezza del bivio senza nemmeno raggiungere Rayones. Troviamo comunque Neolloydia ceratistes ed Echinocereus longisetus, una specie molto bella che in questo posto è presente con una forma dalle spine molto lunghe. Ci colpisce il fatto che tutti gli esemplari sono singoli. A Galeana chiediamo al proprietario dell’hotel dove alloggiamo qualche dettaglio per facilitarci l’individuazione del habitat dell’Aztekium. Gli mostriamo anche un disegno, ma senza successo. Ci rendiamo immediatamente conto che una foto ci sarebbe stata molto più utile. Otteniamo comunque l’indirizzo di una persona che potrebbe aiutarci, un dottore che ormai non esercita più, ma che è un profondo

conoscitore della flora locale. L’indomani, rintracciata l’abitazione del dottore, riusciamo ad ottenere un colloquio non senza qualche difficoltà. Il disegno però non è evidentemente dei migliori, poiché fa scambiare l’Aztekium per il "Peyote". Scoraggiati per il fallimento anche di questo tentativo, lasciamo Galeana rimpiangendo di non esserci dotati di foto almeno delle specie più interessanti.

Lungo la strada che porta a Saltillo ci fermiamo, attratti da grossi cespi di Ferocactus stainesii var. pilosus concentrati sulle pendici di una bassa collina calcarea. Oltre questi rinveniamo Mammillaria sp, Echinofossulocactus sp dalle bianche e lunghissime spine papiracee ed Echinocactus horizontalonius, che in questa zona è presente con molti esemplari accestiti, Glandulicactus uncinatus e Neolloydia ceratistes. Più oltre verso nord nei pressi di Ramos Arizpe, ci fermiamo in una spianata circondata da basse colline, sperando di individuare nuove specie in corrispondenza del cambio di paesaggio. Infatti, oltre ad Echinocactus horizontalonius, Lophophora williamsii, Thelocactus bicolor e Neolloydia ceratistes, rinveniamo Mammillaria pottsi, Echinocereus sp, Astrophytum capricorne var. minor ed una varietà di Echeveria strictiflora. Ci sorprende il numero straordinario di Echinocactus horizontalonius che costituiscono talvolta un ostacolo non indifferente per camminare! Comunque il nostro vero obiettivo in questa zona è la Pelecyphora valdeziana presente nella sua forma rubriflora. Il cielo nuvoloso e la temperatura piuttosto rigida non facilitano il nostro compito, che si rivela ben presto più arduo del previsto. Questa volta le indicazioni in nostro possesso sono molto precise, ma evidentemente l’elusività della valdeziana è superiore alla nostra determinazione. Ci imbattiamo inoltre in una pattuglia della polizia che, insospettita dalla nostra auto in sosta, ci chiede delucidazioni sul nostro comportamento.

Ben presto ci accorgiamo di non avere nulla da temere in quanto quello che cercano è il "Peyote", la cui raccolta è severamente vietata e perseguita. Una minuta perquisizione alla nostra auto chiarisce tutto.

L’indomani siamo sullo stesso posto, di buon ora, ma circondati da un nebbione così fitto da fare invidia alla nostra Valle Padana. Oltre tutto fa molto freddo, per cui decidiamo di lasciare Saltillo in direzione Torreon. Quando la nebbia si dirada, poco oltre la periferia, ci fermiamo ma troviamo solo grossi esemplari di Mammillaria heyderi. Si è alzato un fastidioso vento che aumenta di intensità man mano che ci avviciniamo al bivio per Hipolito. Quando lo raggiungiamo il vento è così forte che quasi ci sconsiglia di scendere dall’auto. Il paesaggio è promettente, formato da una pianura alluvionale cosparsa di cespi di Echinocereus sp, Euphorbia antisyphilitica e strani ciottoli di colore rosso e bruno scuro. Una lunga sosta ci permette di rintracciare Lophophora williamsii, Ancistrocactus scheerii, Glandulicactus uncinatus, Coryphantha poselgeriana simile in questa stazione ad Echinocactus horizontalonius, Mammillaria heyderi, Lepidocoryphantha macromeris e, finalmente, i primi esemplari di Epithelantha micromeris var. greggii.

Questi sono quasi tutti solitari, spesso addossati ai ciottoli rossi che ci avevano così colpito dalla strada. Una successiva visita al paese ci fa scoprire una stazione ferroviaria di fine secolo con intorno poche case di fango che si oppongono come possono al vento che nel frattempo è diventato impetuoso.

Un’altra, questa volta breve, escursione non ci permette di scoprire nessuna specie nuova né tantomeno Ariocarpus kotschoubeyanus, Leuchtenbergia principis e Wilcoxia kroenleinii riportate in questa zona.

Raggiungiamo Parras nel pomeriggio dove troviamo una confortevole sistemazione come di rado ci è capitato precedentemente e troviamo anche il tempo di fare un giro per conoscere la cittadina. Durante la notte si scatena un lungo temporale che almeno lava via dall’auto parte della sabbia accumulatasi durante i circa 2500 km percorsi fino a questo punto.

L’indomani, non riuscendo a trovare alle 8 di mattina un solo locale dove fare colazione, decidiamo di dirigerci verso le colline a sud di Parras, primi contrafforti di quella che è segnata sulla carta come Sierra di Parras. Dopo aver superato l’ostacolo di due cani che ci interrompono il cammino due volte, rinveniamo i primi esemplari di Neolloydia ceratistes (onnipresente). Qui è presente con una popolazione molto attraente con una lunga spina centrale nera e spine radiali dal colore bianco candido. Ben presto ci imbattiamo nei primi esemplari dell’onnipresente Echinocactus horizontalonius, di Thelocactus bicolor (che qui raggiunge dimensioni notevoli) e di Glandulicactus uncinatus nella sua varietà wrightii, caratterizzata da spine centrali uncinate eccezionalmente lunghe. Avanziamo a fatica fra un fittissimo intreccio di Agave lechuguilla ed Hechtia sp fino a raggiungere una povera casa il cui padrone, un vecchietto tutto sommato dai modi gentili, ci chiede che cosa stiamo cercando. Poiché, ci precisa, "tutto ciò che è commestibile in quella zona è suo...!" (Siamo in piena zona arida e deserta) prendiamo al volo l’occasione per chiedere del "Chaute", nome sotto il quale è noto da queste parti l’Ariocarpus fissuratus var. lloydii. A detta del vecchio si trova un po’ dovunque, anche se noi fino a quel momento non eravamo riusciti a localizzarlo. Tranquillizzati dalle informazioni ottenute, riprendiamo le ricerche e, dopo nemmeno cinque minuti, troviamo il primo esemplare, piuttosto grosso.

Presto ne individuiamo molti altri, tutti di grossa taglia, qualcuno accestito e uno dicotomico! Come accaduto precedentemente per altre specie, notiamo la mancanza di esemplari giovani e ciò rende la popolazione da noi incontrata minacciata anche se attualmente numerosa. Ci attardiamo ad osservare un esemplare completamente rosicchiato dalle capre, quando, tra le foglie di un gruppo di Agave lechuguilla, scopriamo un grosso esemplare di Astrophytum capricorne var. majus. Solo la parte apicale della pianta è coperta dalla caratteristica peluria bianca e da lunghe spine papiracee grigie, mentre la parte più vecchia, nuda, è completamente rossa, quasi legnosa. Come spesso accade in questi casi, la scoperta del primo esemplare ci permette di individuarne molti altri, in tutte le fasi di sviluppo.

Continua....

Prima parte...

 

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