Questa relazione è stata tenuta da Maria Vita Negro il giorno 8 novembre 2014 nell’ambito del Seminario di formazione TRASFORMARE IL DOLORE IN AMORE organizzato dall’AVO di Galatina (Le).
1994 – 2014 Ventennale dell’AVO di Galatina
Ringrazio gli organizzatori di quest’incontro, il quale ha lo scopo di celebrare il Ventennale dell’AVO galatinese, per avermi offerto
l’opportunità di condividere con tutti voi ricordi, pensieri, emozioni di un importante periodo della mia vita, vissuto in questa Associazione:
per i primi 10 anni sono stata in prima linea accanto ai malati dell’ospedale e , per qualche tempo, anche della Clinica Tartaro, nonché svolgendo
il servizio di tesoriera, e per gli altri 10 stando nelle retrovie, partecipando sempre però alle assemblee e agli incontri e, indirettamente,
alla vita associativa con costante attenzione ed affetto.
Ero da un anno in pensione e mi godevo finalmente il mio tempo, dedicandolo alla
mia famiglia, ai miei hobby ed interessi. Un giorno viene a trovarmi una giovane signora, mai incontrata prima, la quale, allo scopo di coinvolgermi,
mi espone un suo progetto di servizio ai malati ospedalieri. Lei era molto sensibile ai disagi e al dolore degli altri: viveva accanto ad un giovane
familiare cieco.
La proposta di formare un’associazione di volontari mi prende ed io l’accolgo, allargando così lo stretto, angusto orizzonte
personale della mia vita e aprendomi agli altri con l’accostarmi alla loro sofferenza nello sforzo di alleviarla un pochino. Era il 1993. Contatto
amiche (fra le altre Anna Mirabella) e conoscenti. Si forma il primo gruppetto di volenterosi. Intanto la giovane signora non si fa più vedere. Non ne
conosco il motivo, ma non importa, perché il seme da lei gettato lentamente germoglia. I nostri primi passi sembrano incerti, ma si procede.
Intanto
a Trieste era nata la mia prima nipotina, figlia di mia figlia. La mia presenza accanto a loro due è spesso necessaria, ed io parto quando mi chiamano.
Durante una di queste mie assenze viene finalmente registrata davanti al notaio Rescio (siamo nel luglio 1994) la fondazione dell’AVO di Galatina, che
eleggerà come sua prima presidente la carissima Anna Mirabella. Ecco perché la mia firma non appare sul documento notarile, ma io sono ugualmente felice
di aver potuto contribuire, anche se per una piccolissima parte, alla nascita di questa Associazione di Volontari Ospedalieri, che mi stava allora , e
continua a starmi ancora oggi, tanto a cuore.
Dopo avervi raccontato la preistoria della nostra AVO, passiamo ora alla sua storia. Essendoci
collegati con l’AVO regionale e con quella nazionale (la FEDERAVO), il nostro servizio ospedaliero va organizzandosi sempre meglio sia in rapporto agli
ammalati che al personale ospedaliero, medici e infermieri, sia nel nostro rapporto interno, associativo, anche se non mancano difficoltà, incertezze,
dubbi. Intanto per le nostre riunioni abbiamo trovato ospitalità presso i Missionari della Consolata, la cui casa si trova nelle vicinanze del nostro
Ospedale “Santa Caterina Novella”.
Ma abbiamo bisogno di chiarire e approfondire la nostra formazione. A far fronte alle nostre carenze (non
dimentichiamo di essere nei primi anni della nostra esperienza associativa) ci viene in aiuto a volte l’attenta lettura, con commento e approfondimento,
di articoli specifici della nostra rivista NOI INSIEME. Sarebbe opportuno, a mio modesto avviso, che questa stesse nelle mani di ciascuno di noi volontari.
Ne arrivano qui 7 copie, e si può trovare il modo per estenderne la lettura a tutti. Per lo stesso scopo utili e molto ben fatti sono i Quaderni per la
formazione (in particolare il n. 19) pubblicati da FEDERAVO. Ci viene anche in aiuto la frequenza dei più anziani in servizio ai corsi annuali o biennali
per aspiranti volontari, durante i quali si rivelano preziose le lezioni dello psicologo indispensabili per affrontare bene il nostro servizio sia riguardo
a noi stessi che all’ammalato. E non manca qualche caso di volontario, che, sentendosi troppo coinvolto dalla sofferenza altrui, abbandona il campo.
Attenzione a questo problema!
Nel secondo triennio eleggiamo presidente Renata Ottaviano, attiva e generosa. L’Amministrazione ospedaliera ci
permette di accedere a qualche altro reparto. Intanto i rapporti con l’AVO regionale si fanno più frequenti. Indimenticabili sono le varie visite
dell’allora presidente regionale (ora nazionale) dott. Claudio Lodoli, che con competenza, pazienza e generosità ci guidava, ci consigliava, togliendoci
a volte dalle mani qualche patata bollente.
Nel frattempo la nostra associazione è diventata luogo di incontro e di nuove conoscenze. Nascono
amicizie tra chi condivide ideali, valori sia religiosi che civili. Tra queste ricordo, perché per me arricchente, quella con l’allora segretario
Paolo Micheli, da voi conosciuto come valido presidente ora uscente: un giovane che, anche se ancora lavorava presso la Segreteria dell’Università di
Lecce, aveva verso l’AVO un comportamento di consueta disponibilità, gentilezza, generosità. Un esempio per noi tutti. Gran belle persone ho io incontrato
qui, infaticabili, altruiste, serie e riservate, solide colonne della nostra associazione. Non è mancato, certo, qualche isolato caso di volontarie che
tentavano di trasformare il nostro GRATUITO, ripeto e sottolineo GRATUITO, servizio in personale lavoro domiciliare a pagamento. Attenzione a questo
problema, si può ripresentare! La nostra nuova presidente, prof. Tina Zamboi, vigile, isola il caso e lo neutralizza, richiamando tutti noi allo
spirito di GRATUITA’ che caratterizza il nostro volontariato.
Dall’AVO io ho ricevuto tre doni. Ho già accennato ai primi due, e cioè:
1) l’avermi offerto l’opportunità di rompere il mio ristretto orizzonte egocentrico e di allargarlo e arricchirlo donando un po’ del mio tempo e
della mia solidarietà, pazienza e affetto al malato ospedaliero, sofferente e a volte solo. Indimenticabile è per me il caso di un anziano signore di
Soleto, che stava molto male. Gli era accanto da alcuni giorni l’unico figlio. Questi, preoccupatissimo perché aveva esaurito il proprio permesso
(lavorava in Svizzera) ci pregò di assistere particolarmente suo padre. Noi non lo lasciammo mai solo, mattina e sera, per alcuni giorni, sino alla fine.
Avvertimmo il figlio e con lui accompagnammo il povero padre all’ultima dimora, pregando tutti insieme durante il funerale, celebrato nella Chiesa
parrocchiale di Soleto. Il giovane ci fu molto grato.
Vi invito ancora a pensare per un attimo ad un ospedale di una grande città: quanti di
noi hanno fatto esperienza o hanno sentito parlare di questi viaggi della speranza da sud a nord dell’Italia. Partiti i familiari il paziente non vede
accanto a sé nessun volto amico che gli offra sostegno, conforto, compagnia. Ma la nostra AVO è presente nelle strutture ospedaliere di molte città
italiane e all’occorrenza si allerta anche per cercare di risolvere problemi di informazione o di sistemazione in loco dei familiari affaticati e
talvolta disorientati. Io, per esempio, ho incontrato le volontarie AVO, gentili e disponibilissime, nell’ospedale di San Donato Milanese.
2) Passiamo al secondo dono fattomi dall’AVO, che è stato, come ho accennato poco prima, l’avermi fatto incontrare nuovi amici, con i quali condividere
non solo il servizio al malato, ma anche la visione della vita, basata su responsabilità, solidarietà, generosità.
3) Ed ora il terzo dono:
l’AVO mi ha reso come volontaria cosciente di un valore del nostro servizio, che io all’inizio non coglievo. Mi spiego: ciascuno di noi, lavorando
nell’Associazione, cresce e matura nella formazione di cittadino responsabile, offrendo a chi ci sta intorno testimonianza di gratuità del proprio
impegno e servizio volontario, fatto con responsabilità e competenza, in un mondo in cui il denaro domina i rapporti umani, e chi non ne ha viene
emarginato. Non dimentichiamo mai l’altissimo valore della persona umana, di nostro fratello, se ci professiamo cristiani. Questo aspetto dello
sviluppo della responsabilità civile del volontario ci veniva spesso richiamato dal fondatore, dott. Erminio Longhini, che ho avuto la fortuna e
l’onore di incontrare più di una volta. Egli nel nostro servizio sottolineava l’importanza della testimonianza sia religiosa che civile nel farci
INSIEME carico dei problemi degli altri.
Vi faccio ascoltare le sue parole, tratte dalla nostra rivista NOI INSIEME del marzo scorso, p. 2:
“L’AVO offre un servizio di
- utilità sociale con la nascita di CITTADINI NUOVI
- coscienza di utilità dell’altro, anche se diverso
- promozione della solidarietà
- sottolineatura della sussidiarietà e della gratuità
- compimento del proprio dovere, avvicinandosi
agli altri, agli ultimi, privi del bene più grande, la salute.”
Ma poi la sua parola si eleva:
“Il servizio è il MEZZO
per un FINE PIU’ ALTO. Il servizio deve aprire la porta all’amore, e ciò è la pratica per amare per primi, senza esclusione, anche quando si ha
la sensazione di non essere accolti con gradimento, amare incondizionatamente anche quando si delinea rischio o discredito.”
Infine la sua
parola tocca l’apice quando egli, richiamandosi alla originalità delle opere dello SPIRITO, afferma che “la originalità propria dell’AVO, che rende
utile il servizio, è la RICERCA DELLA RECIPROCITA’, sperando che la carità abbia una risposta analoga da parte del malato. Così attraverso il
volontario viene personificata la cura dell’afflizione insita nella solitudine del malato. La RECIPROCITA’ richiede al volontario di FARSI NULLA,
perché possa sentire come proprio il problema del malato, e fargli comprendere che la sofferenza della sua solitudine può diventare un dono per chi
di lui si prende cura. La RECIPROCITA’ rende lecito sperare in una nuova energia, che trasforma il servizio in amore reciproco, in una potenza più
grande dell’IO divenuto NOI INSIEME, di cui non si può prevedere il risultato e tuttavia si ha la certezza di ricchi frutti: non essere più servi
di Dio, ma familiari di Dio”.
Da queste alte, spirituali vette torniamo al nostro discorso, propriamente al primo servizio base offerto dall’AVO
: la utilità sociale con la nascita di CITTADINI NUOVI.
In verità noi meridionali siamo più individualisti che sensibili al sociale e, di
conseguenza, meno disponibili verso il volontariato, di qualunque tipo.
Dai risultati della prima rilevazione ISTAT sul lavoro volontario,
pubblicati il 24 luglio scorso, emerge che:
in Italia il numero dei volontari è stimato poco più di 6.600.000 persone; 1 italiano su 8
svolge attività gratuita a beneficio di altri e della comunità;
il lavoro volontario è più diffuso nel nord del Paese, soprattutto nel nord-est (16%), mentre il sud si contraddistingue per i livelli di partecipazione sensibilmente più bassi (8%).
Ma questi dati non ci
devono scoraggiare, piuttosto ci devono spronare a fare di più.
Se noi meridionali veniamo aiutati a prendere coscienza del valore, della forza,
della utilità di questo servizio e ci apriamo ai bisogni degli altri, avremo arricchito soprattutto noi stessi, diventando cittadini più responsabili
e pronti a lavorare insieme per affrontare e possibilmente superare i problemi della comunità in cui viviamo.
Ascoltate un breve ma significativo
passaggio della “Lettera al Paese”, diffusa nel 2012 dagli 800 partecipanti alla Conferenza Nazionale Italiana, svoltasi a L’Aquila in occasione della
Giornata Internazionale del Volontariato, che cade ogni anno il 10 dicembre: “Ci impegniamo ad essere ancora più presenti - dice il documento -
in tutte le situazioni più difficili, con GRATUITA’, SOLIDARIETA’, RESPONSABILITA’; a denunciare bisogni, ingiustizie, inefficienze; ad attivare
percorsi di COESIONE SOCIALE, a cercare e proporre NUOVI STILI DI VITA e MODELLI DI SVILUPPO”:
Dovremmo meditare su questi impegni presi dal
volontariato italiano!
Ritorniamo ora alla nostra AVO galatinese. Vi voglio accennare ad un mio sbaglio. Prestavo servizio in Clinica Tartaro.
Un’anziana malata mi esprime il desiderio di bere un po’ di vino. La volta successiva glielo porto, senza però aver chiesto il parere, il consiglio
dell’infermiera. Questa mi proibisce di ripetere il gesto, che avrebbe potuto nuocere all’ammalata, di cui ignoravo lo stato di salute.
Aveva ragione! Non ci avevo proprio pensato.
Nel successivo incontro associativo sento l’urgenza di comunicare il mio errore, affinché gli altri
involontariamente non lo commettano anche loro. La discussione di questo problema diventa così di carattere formativo per tutti noi volontari.
Di queste occasioni si presentano tante: facciamone tesoro per dare concretezza al nostro discorso durante gli incontri, senza perderci dietro parole v
uote o sottraendoci al dialogo e all’approfondimento, spinti dalla fretta di andar via. Approfittiamo anche delle nostre riunioni per chiarire con
sincerità ed umiltà, e così superarle, le piccole incomprensioni che fra noi possono sorgere, ma che non devono mai prevalere. Se interiormente
non siamo sereni e in pace, come possiamo donare sostegno e conforto a chi soffre? Non possiamo dare ciò che non abbiamo.
Intanto, meritando
la fiducia e la stima dell’amministrazione ospedaliera, il nostro servizio si estendeva a nuovi reparti, essendosi anche concluso quello svolto in
clinica Tartaro. E si allargava anche il nostro orizzonte associativo, perché cominciammo a partecipare ai Convegni Nazionali, dove potevamo confrontarci
con le altre AVO locali e, soprattutto, imparare molto da quelle più anziane o attive di noi. L’esempio degli altri volontari, impegnati in ambienti
diversi dal nostro e gli incisivi discorsi dei relatori ci inducevano a riflettere, a comprendere più a fondo l’alto valore del volontariato e ci
stimolavano a migliorare il nostro servizio, del quale dare testimonianza autentica alla comunità.
Io ho partecipato a due Convegni Nazionali,
svoltisi a Pestum e a Montecatini. Indimenticabile fu per me, che per la prima volta sentivo parlare dell’hospice, la testimonianza altamente
professionale e appassionata data da una caposala bolognese, circa la funzione sanitaria ma soprattutto umana di questi centri per malati terminali,
allora sconosciuti a noi del sud. Solo da pochi anni se ne è aperto uno in provincia di Lecce, a San Cesario, e ultimamente un altro a Tricase.
Una seconda testimonianza che mi colpì fu quella di una volontaria settentrionale, che da vari anni aveva scelto di far compagnia e alleviare la
solitudine degli ammalati sottoposti a dialisi. Parlò con tanta passione e convinzione dell’umile servizio accanto a questi poveri pazienti, che
maturai il proposito di farlo anch’io, quando nel nostro ospedale saremmo potuti entrare nel reparto di nefrologia.
Ma se i Convegni Nazionali
o Regionali non sempre né da molti di noi possono essere frequentati, partecipiamo almeno ai Corsi per aspiranti volontari ospedalieri organizzati a
Galatina o dalle AVO vicine, ma soprattutto non perdiamo l’occasione di utilizzare le nostre riunioni mensili per dedicare a 15-20 minuti per volta
all’approfondimento della conoscenza del nostro Nuovo Statuto (1-2 articoli la volta) oppure ad affrontare un problema concreto riguardante il nostro
comportamento o a riflettere sulla nostra formazione. Questo è il luogo e il momento dove deve avvenire la nostra crescita di volontari responsabili:
certo, sono necessarie sincerità e chiarezza nell’esporre scambievolmente le difficoltà incontrate, ma anche nel proporre soluzioni ai problemi,
avendo sempre un gran rispetto per gli altri ed il desiderio di superare con generosità le incomprensioni e di riprendere con serenità ed un più qualificato
impegno il proprio servizio.
Vi confesso che per me è stato anche arricchente il non aver formato sempre coppia fissa di servizio. Se la
necessità dell’organizzazione richiede un ricambio, dimostriamo disponibilità proponendoci noi stessi per primi, purché ne tragga beneficio il servizio
all’ammalato. La nostra collaborazione associativa ed il nostro servizio pronto, disponibile, gentile, umano sono il miglior biglietto da visita dell’AVO.
Il comportamento di ciascuno di noi, ricordiamolo sempre, torna a vantaggio o meno della nostra associazione.
Guardiamoci dal formare gruppetti
autoreferenti, chiusi, ma tendiamo sempre all’unità: l’individualismo corrode la forza del volontariato. A tal proposito è molto significativa la
testata del nostro giornale NOI INSIEME.
Il nostro non è solo un servizio utile, ma è meraviglioso, siamone coscienti, se fatto però con
convinzione e responsabilità, dedizione e gratuità. Solo così il nostro comportamento, oltre a venire incontro ai bisogni del malato, potrà catturare
l’attenzione e suscitare l’interesse di chi ci osserva e forse convincerlo ad unirsi a noi.
Il 24 ottobre u.s. è stata celebrata la VI Giornata
Nazionale dell’AVO 2014. Era presente ed è intervenuto il presidente nazionale dott. Lodoli. Essa, come deciso dalla FEDERAVO, si è svolta a Bari
nell’Aula Consiliare della Provincia ed è stata trasmessa in diretta stream. Quanti di noi volontari l’hanno seguita? Quanti galatinesi se ne sono
accorti? Cosa noi, AVO locale, abbiamo fatto per pubblicizzare l’evento? Abbiamo perduto un’occasione importante! Attiviamoci allora per tempo a
celebrare anche a Galatina la prossima Giornata Nazionale AVO, tenendo presenti le finalità di questo avvenimento, come ha evidenziato la vicepresidente
vicaria Agata Danza durante il suo intervento a Bari: - farsi conoscere – accogliere altri volontari – stimolare il senso d’appartenenza
(l’orgoglio dell’associazione) – sensibilizzare la popolazione.
E le AVO locali cosa fanno in questa Giornata Nazionale? Allestiscono gazebi,
banchetti (suggerisce sempre la sig.ra Danza), raccolgono risorse, provvedono all’organizzazione cittadina. Tutti i volontari collaborano alla buona
riuscita.
Qual è allora il mio augurio? Che l’AVO di Galatina si incrementi sempre più, trovando essa nuovi modi e luoghi affinché i nostri
concittadini, anche al di fuori dell’Ospedale, vengano raggiunti dal nostro messaggio, ne siano attratti e partecipino con noi al servizio all’ammalato,
essendosi essi convinti che oggi non è tutto disinteresse, sopraffazione, malaffare e che invece vi sono innumerevoli persone, come i volontari AVO,
che operano silenziosamente e con determinazione per costruire un’Italia migliore.
Lunga vita all’AVO!
MARIA VITA NEGRO
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