LUIGI RIZZO
Luigi
Rizzo raccontato dal prof. Augusto Benemeglio (su Salento news)
1. Solo Milazzo, sua città natale, si è ricordata di lui e lo ha
celebrato nel 50° anniversario dalla morte. Parliamo di Luigi Rizzo, l'eroe dei Mas, che
segnò una vera e propria epopea nel ventennio fascista, e a cui rimane legata
indissolubilmente la "Festa della Marina" che trae origine proprio dal ricordo
della straordinaria impresa da lui compiuta nelle acque di Premuda il 10 giugno 1918, da
me rievocata in un'opera drammatizzata, "L'affondamento della Santo Stefano",
che è stata rappresentata presso molte delle Associazioni dei Marinai d'Italia salentine
nei primi anni '90. Il Comandante Rizzo e i suoi
uomini, tra cui il marinaio leccese Francesco Bagnato e il gallipolino Umberto Biancamano,
riuscirono, con il piccolo mitico Mas 15 (è conservato al Museo Storico del Risorgimento
di Piazza Venezia, al Vittoriano) ad affondare la grande corazzata "Szent
Istvan", vanto e orgoglio della Marina austriaca. Fu una delle più belle e
ardimentose imprese che siano state compiute sul mare nel conflitto 1915-18, un'azione
leggendaria a cui s'inchinò perfino un grande e severo marinaio come l'ammiraglio David
Beatty, comandante in capo della Great Fleet, che espresse le più vive e sentite
congratulazione a Thaon di Revel, ma ebbe anche una notevole importanza tattica e
strategica poichè stroncò sul nascere una pericolosa incursione della flotta austriaca
contro lo sbarramento del canale di Otranto e di fatto ribaltò la situazione in
Mediterraneo, dove fino allora la flotta austriaca aveva avuto una chiara superiorità,
lasciando all'Italia praticamente il totale controllo dell'Adriatico, tant'è che le navi
austriache non tentarono più nessuna sortita offensiva fino al giorno della resa.
2. Ma chi era Luigi
Rizzo? E' presto detto. Un siciliano di pelle scura,
un siculo-berbero come ce ne sono tanti in Sicilia ma anche qui nel Salento. Era un
"tuareg" del mare, perchè era nato sul mare e tutta la sua infanzia ne fu
meravigliata. Storie di mare gli raccontavano il padre e il fratello maggiore, entrambi
naviganti nella Marina Mercantile; storie di guerra gli raccontavano il nonno, che
combattè nel 1848 con i militi di Patria Risorgente, e lo zio, che aveva seguito
Garibaldi dopo lo sbarco dei Mille a Marsala. A soli otto anni, Luigi aveva già fatto le
sue scelte: la sua casa sarebbe stata la nave dove si muoveva a suo agio più che su
qualsiasi altro terreno. A diciotto anni, conseguito il diploma presso l'Istituto Nautico
di Messina, è già navigante. A 23 anni è capitano e pilota del porto di Messina: opera
il salvataggio di un piroscafo che sta navigando nella tempesta. Gli viene assegnata la
sua prima medaglia d'oro, al valor civile. Altre, d'oro e d'argento, ne seguiranno al
valor militare.
Entrata in guerra l'Italia, il Tenente di Vascello Rizzo si mette subito in evidenza,
imponendosi rapidamente all'attenzione generale per sangue freddo, perizia marinaresca,
intraprendenza e sprezzo del pericolo. Gli viene assegnato il comando della Sezione MAS di
Grado e inizia una serie di scorribande nel golfo di Trieste presidiato dagli austriaci.
3. Siamo sul volgere del
1917 e l'Italia versa in una situazione assai difficile e delicata: Caporetto, con il
nostro esercito in rotta, inoltre due corazzate austriache, la "Wien" e la
"Budapest" che da mesi cannoneggiano sull'Isonzo e sul Piave, sia in appoggio
delle truppe imperiali, sia per mettere fuori combattimento le nostre batterie costiere di
Cortellazzo. Il morale delle truppe italiane è a terra, la situazione è insostenibile.
E' un momento assai delicato per le sorti della nostra guerra. Anzi, la verità è che la
guerra sembra ormai perduta. Bisogna far qualcosa prima che sia troppo tardi, bisogna
almeno far qualcosa per eliminare l'azione assillante e insostenibile delle due corazzate
austriache, che sono entrambi ormeggiate nel porto di Trieste. In questo momento assai delicato per le sorti della guerra, l'Ammiraglio
Thaon di Revel, Capo di Stato Maggiore della Marina, s'affida al "corsaro di
Milazzo". Sa che Rizzo è l'unico che può riuscire nell'impresa. E Rizzo non lo
delude; penetra nel porto di Trieste e riesce ad affondare la "Wien",
daneggiando, inoltre, seriamente la "Budapest". In quel tempo talmente grande
era la fama di Luigi Rizzo che gli austriaci fecero di tutto per eliminarlo. Nella notte
tra il 3 e il 4 aprile del 1918 un "commando" di sessanta uomini, al Comando del
Tenente di Vascello Joseph Weith, penetrò nel porto di Ancona, dove nel frattempo Rizzo
era stato trasferito, al solo scopo di eliminare "il corsaro di Milazzo" e
sabotare i suoi Mas. Ma la spedizione fallì grazie all'eroico intervento di un
finanziere, che riuscì a dare l'allarme sacrificando la propria vita. Gli austriaci
furono catturati e Rizzo in persona interrogò gli Ufficiali ed esprimendo il proprio
virile apprezzamento per il coraggio dimostrato nell'impresa strinse loro la mano. Erano
davvero gesti d'altri tempi. Questo fatto accadde circa due mesi prima dell'Affondamento
della corazzata "Szent Istven" (Santo Stefano), che rimane l'ultima e forse più
grande impresa di Rizzo e di cui scrissi anni fa una drammatizzazione che è stata più
volte rappresentata nell'ambito delle Associazioni Nazionali dei Marinai di Galatina,
Gallipoli, Nardò, Taviano ecc. ("Il teatro - affermò Strehler - è uno slancio
verso la giovinezza, è l'entusiasmo, il lampo che ci dà modo di fare i messaggeri
d'amore.")
4. A guerra finita, Rizzo ebbe molti onori,
celebrazioni, titoli. Venne promosso Ammiraglio, nominato Conte di Grado, a lui furono
dedicate molte strade, vie, Piazze e perfino una diga. Ma per noi italiani, che siamo uno
strano popolo, Rizzo ebbe forse il torto di non essere morto sul campo di battaglia, di
non essere stato rapito in cielo dagli dei, ebbe il torto soprattutto di rappresentare,
certo non per sua colpa, l'emblema di un regime. E ciò, con il mutare dei tempi e della
fortuna (la caduta del regime), il sopraggiungere della vecchiaia e delle malattie, non
gli poteva essere perdonato. Tant'è che nel 1949 è costretto a subire un ridicolo
processo di epurazione con l'accusa, risultata del tutto infondata, di aver tratto
profitto dal regime, e contestualmente viene abolita la festa della Marina, perchè legata
indissolubilmente all'azione di Premuda e al suo nome ormai chiaramente declinante. Il
vecchio eroe finì per essere dimenticato e dovette assistere al trionfo dei parolai
pavidi, di coloro che salivano sui carri dei vincitori e sbandieravano il tricolore senza
mai aver imbracciato un fucile, né mosso un dito per la Patria; dovette assistere al
trionfo dei vigliacchi, dei parassiti, degli invidiosi, degli sciacalli che da sempre
tramano nell'ombra, dei vampiri che succhiano il sangue dei nobili e dei coraggiosi lui,
che era un eroe purissimo, e di questo soffrì moltissimo, fino al punto da ammalarsi
seriamente. Gli fu diagnosticato un tumore ad un polmone. Decise di andare a Roma, dov'era
il professore Raffaele Paolucci, altro eroe della prima guerra mondiale che era diventato
medico di fama europea. Paolucci, amicissimo di Rizzo con cui si esprimeva spesso in
dialetto romanesco, dopo averlo visitato e avergli confermato la diagnosi, gli disse:
"A Giggi, te lo devo proprio da ddì. La cosa è grave assai. Bisogna asporta'
subbito er pormone prima che sia troppo tardi." Rizzo gli rispose: "Raffaè,
fai quello che devi fare: meglio morire una volta per tutte che questo lento e penoso
morire di ogni giorno. Qualcuno mi rimprovera di non essere morto sul campo di battaglia,
ma è proprio lì che io avrei preferito morire, sul mio MAS, magari subito dopo
l'affondamento della Santo Stefano, piuttosto che assistere a ciò che oggi vedo in tutte
le piazze italiane..." "Ma tu non morirai mai", rispose
Paolucci. "Perché tu sei la storia della Marina Militare di questi ultimi
trent'anni e la storia non si può cancellare con un tratto di gomma." Rizzo
morì solo, in silenzio. Non ebbe cedimenti, debolezze, non emise neppure un lamento.
Morì così com'era vissuto, due mesi dopo aver subito l'operazione. Era l'inizio
dell'estate del 1951 ed erano passati 33 anni dalla mitica impresa di Premuda .
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