PUNTO a CAPO Mensile XI - XII circoscrizione di ROMA n.ro Gennaio-febbraio 1997 di Gianclaudio de Angelini |
Il 14 dicembre scorso si
è tenuto all'Hotel dei Congressi di Roma un convegno internazionale
organizzato dalla Società di Studi Fiumani, sotto il patrocinio
della Regione Lazio, avente per tema "Il trattato di pace del 1947 e le
sue conseguenze a Fiume". Il convegno aveva lo scopo di analizzare col
più rigoroso metodo storico, quel trattato di pace che pose sì
fine alla guerra fascista ma che comportò le dolorose perdite territoriali
della Venezia Giulia, di Fiume e di Zara.
Il sindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio, l'avv. Claudio Schwarzernberg, ha tenuto il saluto d'apertura in una sala gremita tra cui si potevano notare vari esponenti della diaspora giuliano-dalmata come padre Flaminio Rocchi, Aldo Clemente, Arturo Vigini, Guido Cace e personalità del mondo universitario e degli enti locali. La cosa più piacevole è stata l'attenta e vivace partecipazionr di rappresentanze studentesche di quattro licei romani (Aristotile, San Benedetto da Norcia, Augusto e Socrate). Gli interventi dei relatori sono stati preceduti da un breve discorso del presidente della Società di Studi Fiumani, Amleto Ballerini, e da un filmato d'epoca a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che rispecchiava fedelmente la posizione del governo presieduto dall'on. Alcide De Gasperi. In questo filmato infatti si poneva l'accento, con la solita enfasi verbosa dell'epoca, sul positivo evolversi della questione della Zona A (Trieste), per cui si pospettava un prossimo ritorno sotto la sovranità italiana, ma come al solito non si diceva una parola dell'Istria, di Fiume e di Zara, le terre che circa 350.000 nostri connazionali avevano dovuto abbandonare. Il primo relatore, l'avv. Roberto Modena, ha inquadrato con precisazione storica la travagliata genesi del trattato di pace, che allora spaccò molte coscienze, e spinse alcuni autorevoli esponenti del parlamento italiano, come Benedetto Croce e Leo Valiani, a battersi affinchè il nostro parlamento non ne ratificasse le clausole vessatorie. Un'ottica diversa sul trattato è stata invece esposta con buona obiettività dal giovane studioso croato Aljosa Puzar, anche se non si è peritato di definire le città giuliane come delle enclavi italiane in un territorio etnicamente croato. Due giovani esponenti della Comunità Italiana di Fiume, l'attuale Rijeka, Laura Marchig ed Elvio Baccarini, hanno rispettivamente analizzato la posizione degli intellettuali italiani che scelsero di restare nella federazione comunista jugoslava e le prospettive future della comunità italiana nel neo-nato stato di Croazia. La "politica del terrore" attuata dai comunisti titini nei confronti del gruppo etnico italiano è stata lucidamente analizzata da Angela Maria Schwarzernberg. La dottoressa Ester Capuzzo, dell'Università La Sapienza di Roma, ha ripercorso le tappe storiche del concetto giuridico dell'Autonomia a Fiume nel corso dei secoli, il dott. Giuseppe Agosta di Bologna ha analizzato in controluce il principale organo di stampa della comunità degli italiani rimasti nella "Federativa" jugoslava, quella "Voce del Popolo" che a lungo è stata in realtà la Voce del Padrone. Il dott. Marino Micich ha invece trattato della diaspora fiumana e delle associazioni culturali che questa è riuscita a creare e a mantenere in vita nonostante la scarsa sensibilità delle istituzioni italiane, preservando il retaggio storico culturale della città, patrimonio inalienabile di tutti gli italiani. La prof. Antonella Ercolani dell'Università di Cassino ha, con grande abilità espositiva e perfetta conoscenza della materia, parlato dell'antefatto dannunziano esaminando i rapporti tra il capo dell'impresa fiumana ed il Duce del fascismo. Infine un breve accenno alla relazione che io, studioso delle cose istriane, ho tenuto sul P.C.I. e la questione giuliana. Un argomento questo che potrà e dovrà essere approfondito dagli storici di professione, ma che ho ritenuto doveroso trattare visto il silenzio ormai cinquantennale sulle indubbie responsabilità politiche che il partito comunista italiano, allora presieduto da Palmiro Togliatti, ha avuto nella perdita delle terre giuliano-dalmate. Concludendo, il convegno non è stato il solito raduno di vecchi esuli che tra di loro si dicono le ingiustizie subite e che irrealisticamente sognano chissà quali ritorni, ma un serio e variegato dibattito che ha fornito lo spunto sia per nuovi e doverosi approfondimenti storici sia per il futuro del patrimonio culturale degli esuli e la sopravvivenza della comunità italiana in Slovenia e Croazia. Al convegno va dato l'indiscusso merito di aver riunito per la prima volta giovani intellettuali sia degli esuli che delle Comunità degli Italiani di Croazia e Slovenia, i quali alla luce di una più obiettiva e serena analisi dei fatti storici hanno posto le basi per un dialogo che dia una speranza di sopravvivenza alla comune cultura istriana, fiumana e zaratina, non piccola parte della grande cultura europea. |
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