ARMANDO ORLANDO |
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#Diesis Anno XI n° 1/2001 - pag.7
IL CLUB TENCO
Il Club Tenco di Sanremo è stato fondato da Amilcare Rambaldi, un grande operatore culturale e una figura umana indimenticabile, già ideatore del Festival della canzone italiana.
Costituito sotto forma di associazione, il Club ha lo scopo di "riunire tutti coloro che, raccogliendo il messaggio di Luigi Tenco, si propongono, con i mezzi a loro disposizione, di valorizzare la canzone d’autore, ricercando, anche nella musica leggera, dignità artistica e poetico realismo".
Nel 1974, con un piccolo contributo comunale, parte la prima edizione della rassegna Club Tenco e la commissione, presieduta da Rambaldi, premia Léo Ferré come migliore artista straniero dell’anno; Nanni Ricordi come operatore culturale; Sergio Endrigo, Gino Paoli, Giorgio Gaber e Domenico Modugno come cantautori.
Léo Ferré era un istrione anticonformista, quasi bohémien, che rappresentava l’élite dei cantautori d’oltralpe, il quale dirà: "Le più belle canzoni sono le canzoni di rivendicazione".
Dopo il primo anno di rodaggio la rassegna della canzone d’autore comincia a prendere consistenza e le richieste di adesione diventano numerose.
Dopo Ferré, il premio Tenco va a Vinicio De Moraes, un altro autore, brasiliano, riconosciuto grande in tutto il mondo. E poi a Georges Brassens, Jacques Brel, Leonard Cohen, Luis Llach (conosciuto soltanto dagli addetti ai
lavori, interprete di ben diciannove album di grande valore), Héctor Chavero (considerato l’ultimo degli Inca), Chico Buarque de Hollanda...
Sono gli anni in cui la rassegna viene snobbata dalla RAI e maltrattata dal comune di Sanremo, il quale puntava sul Festival di febbraio, considerato da molti più importante.
Ma il Premio aveva imparato a muoversi come struttura autonoma sorretta unicamente dal volontariato dei soci, e Rambaldi, attorniato da una schiera di collaboratori, riusciva a portare alla rassegna artisti di tutte le parti del mondo; segnalava all’attenzione generale artisti pressoché sconosciuti o quanto meno ancora da valorizzare come Francesco Guccini, Paolo Conte, Roberto Benigni, Angelo Branduardi, Roberto Vecchioni, Gianna Nannini, Vinicio Capossella; proponeva linguaggi d’avanguardia, etnie minoritarie, repertori non di massa, genialità anticonformiste; capiva quale formidabile serbatoio di vocazioni e di culture poteva essere quell’interporto di poeti e musicisti, quel traffico intellettuale di arrivi e partenze che lui convogliava allegramente alla stazione di Sanremo.
La rassegna diventa un appuntamento abituale per gli appassionati di musica leggera che vedono nella canzone non un prodotto di rapido consumo ma uno strumento di comunicazione e di rappresentazione artistica. Nel 1976 il Club Tenco è l’ultima apparizione pubblica di Piero Ciampi; è la scoperta di Paolo Conte, l’avvocato di Asti destinato a diventare compositore di livello europeo; è il debutto di due toscani, Gianna Nannini e Roberto Benigni, quest’ultimo in veste di cantautore.
Nel 1977 è la volta di Dario Fo. Nel 1982 tocca ad Arsen Dedic, un "marchio di qualità" della canzone iugoslava, che ha fatto conoscere al pubblico del suo paese i cantautori italiani, soprattutto Tenco, Endrigo e Paoli. E poi alla francese Colette Magny "per la passione con cui ha testimoniato che la canzone non può essere soltanto evasione e scherno, ma s’innesta sempre in una profonda speranza di libertà".
A Silvio Rodriguez, cubano, cresciuto negli sviluppi della rivoluzione castrista.
A Joni Mitchell, del Canada, musa americana della canzone.
Per seguire con Randy Newman, le cui canzoni riflettono il gioco di società contraddittorio e crudele di un’America violentemente amata e odiata quanto idealizzata, e con Caetano Veloso, un altro artista brasiliano che apre la rassegna dei premi degli anni Novanta.
I1 Premio Tenco è ormai maggiorenne, ed il 1990 fa registrare il tutto esaurito fin dalla prima serata, nella sua sede del Teatro Ariston.
E’ la prima volta, scrive un cronista, segno di un rinnovato e sempre più forte interesse... o un’esigenza?
Nato nel 1911, Amilcare Rambaldi è morto nel 1995, dopo aver assistito all’affermarsi della sua creatura, voluta in memoria dello sfortunato artista di Cassine (Alessandria), protagonista della "scuola genovese", morto suicida nel 1967 in una stanza dell’Hotel Savoy a Sanremo, al cui funerale erano andati solo due cantanti: Fabrizio De André e Michele.
Ed oggi - scrivono gli autori di un libretto pubblicato nel 1999 - "Tenco" e "Rambaldi" non sono più due cognomi ma sono diventati la stessa entità, lo stesso meraviglioso giocattolo:
IL CLUB TENCO
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#Diesis Anno XI n° 2/2001 - pag.7
LA NOSTRA GENERAZIONE HA SPERATO TROPPO...
C'era un ragazzo che con otto fratelli e con la madre era emigrato a Ciriè da un paesino vicino a Napoli. Il padre, al quale aveva sempre dato del "voi", era già un operaio della Fiat e Pasquale - questo è il nome del ragazzo - giunto in Piemonte, cominciò subito il suo cammino verso l'impegno sociale.
Già a vent'anni, quando usciva dalla fabbrica nella quale lavorava, si incontrava con i disoccupati e organizzava manifestazioni davanti all'Uffico di Collocamento.
E negli anni successivi, pensando ad Anna, Grazia, Maria - ragazzine nemmeno adolescenti che avevano conosciuto troppo della vita, creature rifiutate da ogni altra istituzione - aveva fondato assieme allo psicologo Carmine Ianni una cooperativa che si occupava di ragazzi emarginati.
Era il 1982 e per Pasquale la politica e l'impegno sociale erano diventati una passione. A Ciriè, dove era arrivato dal Sud, divenne consigliere comunale; poi venne eletto consigliere regionale del Piemonte.
Era rimasto sempre un uomo controcorrene, Pasquale, e il suo modo di fare politica era lo stesso dell'adolescenza: cocciuto e a testa bassa. Solo contro tutti, s'imbavagliava quando capiva che i problemi scivolavano via nel silenzio generale.
E quando Edoardo Massari, detto Baleno, 38 anni, lo mandò a chiamare dal carcere pochi giorni dopo l'arresto, Pasquale fu protagonista di un incontro drammatico. Massari gli confidò: "Qualche cavolata l'ho fatta", ma si dichiarava estraneo agli attentati contro l'Alta Velocità per i quali era finito in galera. Baleno pianse quel giorno, abbracciando l'uomo politico, ed il 28 marzo 1998 si tolse la vita impiccandosi in cella.
Maria Soledad Rosas, sopannominata "Sole" dagli amici, 23 anni, uscita dal carcere per partecipare ai funerali di Massari, china sulla bara dell'amico, fra sei poliziotti che la controllavano, aveva avuto la forza di sussurrare "arrivederci amore, ci rivedremo presto". Intorno a lei gli squatter gridavano "Sole libera!", ma i poliziotti riportarono la ragazza in prigione, e lì, l'11 luglio del 1998, anche Maria Soledad si tolse la vita.
Pasquale era andato a funerali di Massari, in un paese di mezza montagna vicino a Ivrea, ed era rimasto colpito dalla rabbia espressa dai giovani amici del povero suicida. Continuava a ricevere pacchi bomba - tre in tutto - inviati per posta come ad altri politici sostenitori del dialogo con i Centri Sociali, e nello stesso periodo moriva impiccato pure Enrico de Simone, un ragazzo che aveva ospitato Maria Soledad nella sua comunità.
Un anno di tragedie avevano lasciato il segno su Pasquale, ed in quei giorni di agosto del 1999 a Cordova, lontano da casa, egli era tornato sicuramente alle sue origini, alle radici, rivedendo il film dei suoi 41 anni di vita. Era andato in Argentina per accompagnare il figlio Matias dalla madre, una donna conosciuta a Torino otto anni prima: una breve relazione, la nascita del bambino, e poi la donna era tornata nel suo Paese per andare a lavorare nel campo della cooperazione internazionale.
Un legame intenso, quello venutosi a creare tra padre e figlio, malgrado la distanza oceanica, ed ogni separazione era un dolore che si rinnovava. Ed è proprio in Argentina, nel paese dove vive il figlio, che Pasquale è stato travolto dall'inquietudine, e forse anche dalla solitudine; non ha resistito, e al tramonto di un giorno d'agosto si è impiccato.
Il giorno dopo, quando a Torino è arrivata la notizia, qualcuno ha ricordato Pasquale Cavaliere come l'amico degli squatter. Un eterno ragazzo che, in un breve messaggio agli amici, ha lasciato scritto: "Carissimi, i pesi a volte diventano insostenibili ed io, anche senza accorgermene, ne ho accumulati molti sulle spalle. La nostra generazione ha sperato troppo e troppo pesante è stato farci carico di questo. Abbiamo mischiato gli affetti alla politica e, spesso, molti di noi non riescono più a sbrogliare questa matassa di sentimenti e di amori irrisolti".
E con queste parole finisce la storia di un ragazzo che con otto fratelli e con la madre era emigrato in Piemonte da uno sperduto paese del Sud.
Armando Orlando