V/a.
Disegno anatomico:
la figura, la natura dell'uomo. |
il pensiero |
la
tecnica |
|
introduzione
|
"...7allora il
Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente."
Antico
Testamento, "Genesi".
Il corpo determina
l’esistenza spaziale dell’uomo.
L’anima determina l’esistenza temporale dell’uomo.
Lo Spirito determina l’esistenza eterna dell’uomo.
"Con la parola corpo s'intende ciò
mediante cui si palesano all'uomo le cose che l'attorniano, come
nell'esempio precedente, i fiori del prato. Con la parola anima si
vuole indicare ciò mediante cui egli congiunge le cose con la sua
esistenza, sente in relazione ad esse piacere e dispiacere, letizia e
disgusto, gioia e dolore. Per spirito s'intende ciò che nell'uomo si
rivela quando, secondo l'espressione di Goethe, egli guarda le cose
quale "essere per così dire divino". In questo senso l'uomo consiste
di corpo, anima e spirito.
Mediante il suo corpo egli può mettersi
in relazione momentanea con le cose. Mediante la sua anima, conserva
in sé le impressioni che queste fanno su di lui; e mediante il suo
spirito gli si rivela ciò che le cose custodiscono in se stesse.
Solo osservando l'uomo sotto questi tre aspetti, si può sperare di
arrivare a comprenderne la natura, poiché questi tre aspetti lo
mostrano imparentato in tre modi diversi col restante mondo."
Rudolf Steiner, "Teosofia".
Dall'iniziale brano tratto dalla Bibbia
possiamo renderci conto di come l'uomo fosse in principio solo
l'unione di corpo fisico e forza vitale, in seguito come vedremo si
svilupparono i successivi organi sovrasensibili.
Steiner ci spiega inoltre come l'uomo
sia di natura tripartito e di conseguenza si congiunga in questo
triplice modo anche con le cose del mondo. Come abbiamo visto nella
precedente lezione sulla natura, anche l'uomo opera
facendo delle imperfezioni perché con esse vogliamo tendere alla
perfezione, al divino, la stessa cosa fa la natura.
Molti artisti figurativi ad esempio,
creano delle imperfezioni sulla figura umana, quali il collo lungo o
il ventre gonfio, in realtà sono simboli alchemici, archetipi che
indicano la grande madre e allusioni al processo alchemico, quindi una
forma divina. Solitamente lo facciamo inconsciamente, ma l'artista può
diventare consapevole di ciò.
Si può notare in questo modo il
parallelismo tra alchimia, arte, antroposofia, di questo pensare per
immagine o simbolo, che indica l'unione degli opposti nella sua
natura, e di come esse siano in continua metamorfosi di forma, seguendo un passaggio
che avviene in modo
organico.
Attraverso la lezione sul disegno e le
tecniche pittoriche abbiamo visto come è costituito il mondo minerale,
un mondo morto, privo di vita e forza eterica; la natura morta infatti
rappresenta tutto ciò che è morto o di cui è rimasto solo la parte non
vitale.
Il mondo vegetale al contrario rappresenta
l'immagine morta del vivente che ritroviamo nel colore verde. Questo perché il
vegetale è costituito da minerali, quindi un'immagine morta, ma la pianta nel
suo verdeggiare ci viene incontro come vita.
Ora prenderemo in esame la natura dell'uomo, un
essere formato da corpo, anima e spirito, che vive come microcosmo nel
macrocosmo, nel tempo, nello spazio e nella misura, ma allo stesso tempo ne vive
fuori, per il fatto di poter accedere all'esperienza del sovrasensibile.
Si può notare come nello sviluppo dell'arte
figurativa se prendiamo in esame il periodo che va tra il paleo-indiano e
l'egizio, come la figurazione umana fosse resa per stilizzazioni, evidentemente
non avendo sviluppato l'organo dell'anima razionale, non si tentava di imitare
la natura, il pensare non era scientifico, e l'io non era cosciente.
Evidentemente quelle forme rappresentavano l'essenza dell'uomo, trasfigurata nel
divino, l'arte era un dono del divino, conseguita per immaginazione-ispirativa.
Quando l'io si trasferisce nel corpo fisico in epoca Greco-Romana, nasce l'anima
razionale, l'artista greco eseguirà alla perfezione l'imitazione della natura
umana. Con la venuta del Cristo, ci sarà una svolta verso il mondo spirituale
contemplativo, e un ritorno alla stilizzazione perché in questo periodo si
sviluppa il sentire. Nel Rinascimento con lo sviluppo dell'anima cosciente nasce
lo studio scientifico, si creano le teorie sulla prospettiva, i corpi acquistano
volume e vivono in uno spazio calcolabile e misurabile. E' la nostra era, in cui
si deve sviluppare il pensare in favore del volere e dell'individualità dell'io.
Oggi coesistono tutti i movimenti artistici, in una sorta di eclettismo degli
stili. Le tendenze principali sono due: il naturalismo e l'arte concettuale.
Mentre la prima si basa sull'esteriorità, e imita la natura; la seconda è
introspettiva, sorta di arte che nasce dall'inconscio.
Non esiste un'arte giusta o sbagliata da seguire,
in realtà gli individui non sono tutti ad un pari grado di conoscenza, e come è opportuno sapere a che
livello si sia prima di svolgere una pratica iniziatica, per indicare la "giusta
meditazione"; allo stesso modo occorre con l'esercizio artistico risvegliare le
proprie capacità assopite, per riconoscere il proprio livello evolutivo e di
conseguenza procedere secondo la propria inclinazione. Tutti gli artisti se non
sono già ad un livello alto di conoscenza spirituale, inizieranno con
l'esercitarsi sulla natura, imitandola, per scoprire come essa lavora e le leggi
che la regolano. In seguito raggiunto uno stato evolutivo più alto si
affideranno coscientemente al nuovo mondo immaginativo-elementare-eterico-angelico,
da cui trarranno le idee che potranno elaborare ed usare, e renderle
leggibili anche ad altri.
|
La natura dell’uomo: la metamorfosi |
Il corpo
delluomo cresce ad ogni stadio
dellevoluzione: sullantico Saturno
luomo era solo calore dotato di sensi, sul Sole si
aggiunse la regione della testa e torace con gli organi
nervosi e della respirazione, sullantica Luna il
ricambio e la riproduzione, sulla Terra lo scheletro e le
membra.
ERA |
STADIO
UMANO DEL CORPO |
ANTICO
SATURNO |
calore dotato di sensi |
SOLE |
testa,
torace, organi nervosi, respirazione |
ANTICA
LUNA |
ricambio e riproduzione
|
TERRA |
scheletro e
membra |
Sulla terra
compare la vita il decadimento e la morte.
Allinterno
delluomo agiscono gli elementi, gli eteri e le
forze centrali.
ELEMENTI |
FONDAMENTO CORPOREO |
fuoco |
io |
aria |
corpo astrale |
acqua |
corpo eterico |
terra |
corpo fisico |
Gli eteri compiono
unazione congiunta che si manifesta attraverso i
sensi nella sfera organica. Lazione di etere di
luce e di calore fa determinare la crescita, la lunghezza
e la grandezza di una pianta. La luce è la forza che
estende e produce spazio, il calore genera. Letere
di luce e del suono insieme generano la suddivisione
spaziale della pianta. Dove la luce rende lo spazio e il
suono separa e ordina. Letere del suono e della
vita insieme formano gli organi come il fegato ecc.,
infatti letere del suono separa e ordina ciò che
letere di vita vivifica e racchiude dentro una
pelle. Etere di vita e etere di calore danno letà
della vita, la totalità di un uomo di una certa età
dove per tutto quel periodo ha generato calore e
dissipato calore. Quando si mettono insieme gli eteri
opposti come etere di calore e etere del suono risulta un
chimismo fruttificante, ossia processi di
maturazione. Etere di luce e etere di vita dispiegano la
crescita e la metamorfosi del vivente, formazione
plastica o di metamorfosi.
ETERI |
SFERA ORGANICA |
luce e calore |
crescita |
luce e suono |
ramificazione |
suono e vita |
organi interni |
vita e calore |
età di vita |
calore e suono |
maturazione |
luce e vita |
crescita e metamorfosi |
Dalla forza di densità e
di estinzione ne viene lappassimento condizione che
arriva con linvecchiamento. Dallagire della
forza di densità e di immobilizzazione si produce la
sedimentazione e lindurimento, sono depositi di
sostanze una volta vive. Anche le ossa umane sono
sedimentazione calcarea, ma ciò si verifica con ordine e
se lordine viene a mancare si hanno le malattie. La
forza di immobilizzazione e scissione danno la
decomposizione, attraverso lo sbriciolamento e il giacere
immobile. La forza di distruzione e polverizzare sono
processi di disfacimento della forma e delle sostanze. Le
forze fisiche sono forze di distruzione della natura,
sono forze terrene, invece le forze eteree sono forze
costruttrici cosmiche. Finché lorganismo vive queste
forze opposte sono in equilibrio.
FORZE CENTRALI |
SFERA ORGANICA |
densità ed estinzione |
invecchiamento |
densità e immobilizzazione |
sedimentazione calcarea |
immobilizzazione e scissione |
decomposizione |
distruzione |
disfacimento delle sostanze |
Secondo Steiner
luomo possiede in tutto 12 sensi non 5, e sono
disposti secondo le categorie:
senso della parola |
senso della vista |
senso delludito |
senso del pensiero |
senso dellio |
senso dellodorato |
senso del gusto |
senso del tatto |
senso del calore |
senso del
movimento |
senso
dellequilibrio |
senso della vita |
La sensazione è il
fattore primario che determina il colore, il processo
spazio-temporale, è lazione della sensazione in un
oggetto esteso nello spazio e nel tempo. Questa qualità
della sensazione è oggettiva. Nel mondo esistono delle
forze che rendono le percezioni insensibili in qualità
sensorie percepibili e si chiamano forze formatrici. Tali
forze rendono percepibili colori, suoni, forme, pesi,
sostanze, ecc. Il sole, la luna e le
stelle sono i corpi celesti che modificano le forze
eteriche. Le forze eteriche sono forze dissolvitrici
della forma e non formatrici. Le forze formatrici si
originano perché le forze stellari agiscono insieme agli
eteri modificando la loro azione. Le forze formatrici
sono periferiche e partono da un punto preciso, non
universali come gli eteri che partono da tutta la
periferia. Esse partono da un luogo preciso: il Sole, i
pianeti, le stelle.
Dallorizzonte
che separa, divide, dà il tempo, originano gli elementi.
Esso è una circonferenza che tutto abbraccia ed ha un
centro. Questo si estende allinfinito. Quando le
stelle e i pianeti di sera e di mattina sono
allorizzonte, fungono da forze formatrici di vita,
il loro movimento e le loro armonie generano vita, ritmi,
colori e suoni. Quando gli astri sono sotto
lorizzonte divengono forze formatrici di sostanza.
Le stelle fisse sono ben
salde in cielo, i pianeti si muovono col Sole nella loro
armonia delle sfere. Le stelle manifestano forze di esseri
spirituali che sollecitano gli eteri facendo di essi
delle forze formatrici eteriche. Le forze spirituali
penetrano attraverso la terra negli elementi, generando
forze formatrici elementari. Mediante le forze spirituali
vengono generate forze formatrici di vita e di ritmi.
Tutte queste forze nella loro totalità danno la Parola
Cosmica che agisce nelle stelle e attraverso esse.
E il LOGOS che
parla, risuona e pensa tramite le stelle. Quando parla
dallalto attraverso le stelle si generano forze
creatrici di forma; risuona il suo canto dalla periferia,
sorgono forze creatrici di vita; agisce il suo pensare
dal basso attraverso la terra, si originano forze
creatrici di sostanza.
In ogni essere vivente
possiamo riscontrare tre elementi: forma, attività
vitale, la sua sostanza. Questi sono sorti per mezzo
della vita, delleterico, del corpo eterico. Nel
corpo eterico risiedono le forze per questi tre elementi
che creano la forma, lattività vitale e la
formazione di sostanza. Mediante il fisico diviene
per noi percepibile la forma eterica; ma quello che
vediamo è proprio la forma eterica.
Ernst Marti, "Eterico: ampliamento
delle scienze naturali attraverso lantroposofia".
J.W.Goethe: "Non appena si accorge degli oggetti
intorno a lui, l'uomo li considera in relazione a se stesso; e con ragione,
poiché tutto il suo destino dipende dal fatto che essi gli piacciano o no, lo
attraggano o lo respingano, gli giovino o gli nuocciano. Questo modo del tutto
naturale di guardare e giudicare le cose sembra essere altrettanto facile quanto
è necessario, eppure espone l'uomo a mille errori che spesso lo umiliano e gli
amareggiano la vita. Un compito ben più difficile si assumono quelli che, mossi
da un vivace impulso di conoscenza, aspirano ad osservare gli oggetti della
natura in sé e nei loro reciproci rapporti, poiché ben presto lamentano la
mancanza della norma che è loro di aiuto quando, come uomini, osservano le cose
in relazione a se stessi. Manca loro la norma del piacere e dispiacere,
dell'attrazione e repulsione, dell'utile e dannoso. A tutto ciò devono
interamente rinunciare; devono, quali esseri indifferenti e, per così dire,
divini, cercare e investigare quel che è, e non quel che piace. Così né la
bellezza ne l'utilità delle piante devono commuovere il vero botanico; egli ha
da investigare la loro struttura, il loro rapporto col restante regno vegetale
e, come il Sole le ha fatte spuntare e le illumina tutte, così egli, con sguardo
equanime e tranquillo, le deve guardare e abbracciar tutte, traendo la norma
delle sue cognizioni, i dati del suo giudizio non da se stesso, ma dalla cerchia
delle cose osservate".
L'uomo quindi si ritrova congiunto al mondo in triplice
modo. Il primo è prestabilito, ed egli lo accetta di fatto, e sono gli oggetti
che gli pervengono coi sensi. Il secondo è basato sulle impressioni che tali
oggetti gli suscitano, simpatia o antipatia, utilità o danno. Il terzo è
considerato come una meta verso cui deve tendere incessantemente, perché l'uomo
come "essere per così dire divino" acquista cognizioni sui segreti della natura
degli oggetti che gli si rivelano. Mentre le leggi che regolano il tutto l'uomo
le trova fuori di sé, nel mondo, i sentimenti che abbiamo nei confronti delle
cose rimangono in noi. Questi sono i tre aspetti della natura dell'uomo: corpo,
anima, e spirito.
R.Steiner: "Con la parola corpo s'intende ciò mediante
cui si palesano all'uomo le cose che l'attorniano, come, nell'esempio
precedente, i fiori del prato. Con la parola anima si vuole indicare ciò
mediante cui egli congiunge le cose con la sua esistenza, sente in relazione ad
esse piacer e dispiacere, letizia e disgusto, gioia e dolore. Per spirito
s'intende ciò che nell'uomo si rivela quando, secondo l'espressione di Goethe,
egli guarda le cose quale "essere per così dire divino". In questo senso l'uomo
consiste di corpo, anima e spirito. Mediante il suo corpo egli può mettersi in
relazione momentanea con le cose. Mediante la sua anima, conserva in sé le
impressioni che queste fanno su di lui; e mediante il suo spirito gli si rivela
ciò che le cose custodiscono in se stesse."
L'uomo è imparentato con le tre forme
d'esistenza, minerale, vegetale, animale. Come i minerali edifica il suo corpo
con le materie della natura; come le piante cresce e si riproduce; come gli
animali percepisce gli oggetti che lo circondano e si forma in base
all'impressione ricevuta, un'esperienza interiore. Ma al corpo umano si
riconosce anche una forma a sé che lo porta a costituire il quarto regno.
L'anima umana è in grado di percepire le sensazioni degli oggetti, le quali
producono dei sentimenti che lo portano alla volontà. Con gli atti della volontà
l'anima fluisce all'esterno. L'uomo riflettendo sulle sue percezioni e azioni
acquista cognizioni intorno alle cose e porta nella sua vita un nesso
ragionevole, lasciandosi guidare da pensieri giusti. Questo fa parte di un
ordine superiore, l'ordine spirituale.
L'organo dello spirito si trova coronato nel
cervello, che è la base corporea dello spirito pensante. Infatti il corpo umano
ha un'organizzazione rispondente al pensare. Questa struttura minerale conforme
al suo compito verrà chiamata corpo fisico dell'uomo. La forma
dell'essere vivente viene tramandata attraverso l'eredità dal padre e la madre
che appartengono ad una specie, la quale si trasmette ai discendenti. La specie
è ciò che determina la combinazione delle materie. A questa forza che configura
la specie si da il nome di forza vitale o forza formatrice. Coi sensi
ordinari non si è in grado di percepire la forza vitale, si deve dischiudere
nell'uomo l'organo adatto a percepire tale forza, non limitandosi a percepire
solo i colori o altre manifestazioni degli esseri viventi, ma percepire la loro
stessa vita, la figura spirituale piena di vita. Questa figura spirituale si
chiama corpo eterico o vitale. Il corpo vitale preserva durante la vita
il corpo fisico dalla distruzione. Esso può essere visto solo da chi ha aperto
l'occhio spirituale, il veggente, come si vede un colore, gli altri possono solo ammettere la
sua esistenza per via logica. Il corpo eterico dell'uomo differisce da quello
delle piante e dei minerali. La fonte di attività per cui l'uomo riceve
sensazioni da ogni parte è l'anima senziente. Chi ha aperto l'occhio
spirituale può vedere il mondo delle sensazioni che normalmente vive solo
nell'interiorità di un altro essere.
Il veggente non può sperimentare le sensazioni
di un altro uomo ma sperimenta le sensazioni da parte della propria interiorità.
L'attività dell'anima senziente dipende dal corpo eterico da cui attinge
quello che deve far risplendere come sensazione. Il corpo eterico dà la vita al
corpo fisico, quindi l'anima senziente dipende anche dal corpo fisico. Il corpo
è costruito con sostanze minerali, vivificato dal corpo eterico che limitano
l'anima senziente. L'anima senziente sporge dal corpo fisico, perché è più
possente, e tra di essa e il corpo fisico ed eterico si inserisce il corpo
animico. Il corpo eterico si divide di due parti una grossolana che si
unisce con il corpo fisico e una più sottile che si unisce all'anima senziente.
L'essere animico oltre alle sensazioni possiede i sentimenti di piacere e
dispiacere, gli impulsi, gli istinti, le passioni, tutte queste dipendono dal
corpo fisico.
L'anima senziente entra in azione col corpo e
con il pensare, con lo spirito. Prima usa il pensare perché l'uomo forma
pensieri intorno alle proprie sensazioni, e così si spiega il mondo esteriore.
Tutto ciò che vi è di materiale nel mondo è dato dalla forza del pensiero volto
a soddisfare i bisogni dell'anima senziente. La forza vitale formatrice
compenetra il corpo fisico, la forza pensante compenetra l'anima senziente. La
forza vitale formatrice congiunge il corpo fisico ad ascendenti e discendenti
e lo inserisce in un ordine di leggi che non appartengono solo al mondo
minerale. La forza pensante colloca l'anima in un ordine di leggi a cui l'anima
senziente non appartiene. Per l'anima senziente uomo e animale sono affini,
perché anche in esso esistono: sensazioni, impulsi, istinti, passioni. Mentre
l'animale li segue immediatamente, perché in lui non vi sono pensieri autonomi
che trascendono l'esperienza immediata. Quindi l'anima senziente è più inferiore
dell'evoluto elemento animico legato al pensiero. Così tale anima servita dal
pensiero si chiamerà anima razionale, che compenetra l'anima senziente.
Chi è veggente riesce a vederla come un'entità particolare rispetto all'anima
senziente.
Per l'uomo il pensiero è costituito per
certezza da leggi che concordano con l'ordine dell'universo. Nell'affermare la
verità l'anima si congiunge con qualcosa che ha il suo valore in sé, e questo
valore non scompare con la sensazione dell'anima e non nasce con essa. Quello
che è realmente vero, non sorge e non passa, ha un valore indistruttibile.
Singole verità umane hanno però un valore transitorio, infatti l'uomo deve dirsi
che la verità esiste in se stessa anche se i suoi pensieri non rappresentano che
aspetti transitori delle verità eterne. Quindi i singoli nostri pensieri sono
transitori, mentre le leggi che regolano l'ordine del cosmo sono stabili. Il
buono si comporta come il vero, il bene morale infatti è indipendente da
simpatie e passioni perché non si lascia comandare ma è esso che comanda loro.
Il bene morale e la verità, hanno il proprio valore eterno in sé e non lo
ricevono dall'anima senziente. Quello che risplende come eterno in verità e bene
è anima cosciente. Anche i moti inferiori dell'anima come l'ordinaria
sensazione è oggetto della coscienza, che possiede anche l'animale. Mentre
l'anima razionale è impigliata nelle emozioni, negli istinti, nelle sensazioni,
ma solo le verità liberate da questi elementi può considerarsi vera, e la parte
in cui vive questa verità si chiama anima cosciente. Come il corpo è costituito
da: corpo fisico, corpo eterico e corpo animico. Anche l'anima è costituita da
anima senziente, anima razionale e anima cosciente.
corpo |
anima |
fisico |
senziente |
eterico |
razionale |
senziente |
cosciente |
La corporeità agisce dal basso, ed esercita
sull'anima un'azione limitatrice. Mentre dall'alto, la spiritualità agendo
sull'anima esercita un'azione amplificatrice, perché più l'anima si riempie di
ciò che è vero e buono, più cresce e si estende l'eterno in lei. Il veggente
vede l'anima che si accresce realmente come uno splendore uguale ad una fiamma.
Per riassumere:
-
Corpo fisico: figura grossolana che sta in
mezzo ad altre figure che lo compenetrano.
-
Corpo eterico: riempie come forma vitale tutto
il corpo fisico.
-
Corpo animico: sopravanza in ogni direzione
sul corpo eterico (figura astrale).
-
L'anima senziente: sporge dal corpo animico.
-
L'anima razionale si allarga tanto più accoglie in
sé verità e bene. Un
uomo senza inclinazioni alla verità e al bene, che vive solo come spettatore,
possiede un'anima razionale con i limiti che coincidono con la sua anima
senziente.
-
Aura umana: sta ad indicare l'insieme di
queste formazioni in cui il corpo fisico appare avvolto come in una nube. Il veggente riesce a vedere l'aura.
Nel corso della vita il bambino arriva ad un
certo punto in cui si rende conto di essere indipendente da tutto il resto del
mondo. E' arrivato il momento in cui si è autocoscienti e l'uomo si designa come
un Io. Nell'Io l'uomo riassume tutto quel che sperimenta come entità corporea e
animica. Corpo e anima portano l'Io ed in essi l'Io agisce.
Mentre le sensazioni
vengono suscitate nell'uomo da fuori, i sentimenti si manifestano come effetti
del mondo esterno, la volontà si riferisce al mondo esterno perché si concreta
in azioni esteriori. L'Io è la vera essenza dell'uomo che rimane
invisibile. Perché ognuno può chiamare Io solo se stesso. Anche
questo si esprime nell'aura, infatti quanto più l'Io domina il corpo e l'anima,
tanto più sarà differenziata con varietà e ricchezza di colori l'aura. Il
veggente riesce a vedere questa azione dell'Io sull'aura, però l'io gli rimane
invisibile. I fenomeni sensibili si rivelano all'io da una parte, e lo spirito
si rivela all'io dall'altra parte. Corpo e anima servono l'io, ma l'io a sua
volta serve lo spirito che lo riempie. Quindi lo spirito vive nell'IO, mentre
l'IO vive nel corpo e nell'anima.
IO vive ne |
Spirito vive ne |
corpo |
IO |
anima |
|
La parte spirituale che vive nell'IO è eterna,
poiché lo spirito è eterno. Quindi l'uomo in quanto vive entro il corpo fisico è
soggetto alle leggi minerali, in quanto al corpo eterico è soggetto alle leggi
di riproduzione e crescita (come per le piante); quanto all'anima senziente e
razionale è soggetto alle leggi del mondo animico (come per gli animali), in
quanto accoglie in sé l'elemento spirituale, è soggetto alle leggi dello
spirito. Mentre nasce e perisce riguardo alle leggi minerali e vitali che lo
formano, nello spirito è eterno.
Lo spirito è eterno e plasma l'Io. Quindi
più l'Io diventa cosciente, riesce a plasmare corpo e anima facendo in modo che
l'anima si ingrandisca nel bene e nella verità, e il veggente vedrà nell'aura
l'agire dell'Io in una colorazione ricca.
L'io
vive nell'anima cosciente e da qui in tutta l'anima che agisce sul corpo. Lo
spirito vive nell'io e nel suo involucro. Lo spirito forma l'io dall'interno
all'esterno.
Il
minerale lo forma dall'esterno all'interno. Lo spirito che forma l'io si chiama
Sé spirituale che si differenzia dall'anima cosciente, perché mentre l'anima si
basa sulle sensazioni, l'io sull'intuizione, che è una manifestazione del vero e
del buono del mondo spirituale. La natura è sentita anche dal selvaggio, ma le
leggi della natura si rivelano soltanto al pensiero, fecondato da intuizione,
nell'uomo più evoluto. Quindi l'io umano attinge le intuizioni dal mondo
spirituale e le sensazioni dal mondo fisico. L'uomo è separato dal mondo
spirituale ed anche dal mondo fisico, perché è un essere indipendente, questa
entità autonoma è chiamata uomo spirituale. Questo involucro che separa
l'uomo spirituale dal mondo spirituale si chiama involucro spirituale o
involucro aureo. Questa pelle spirituale si dilata continuamente durante il
progresso dell'evoluzione umana illimitatamente. L'uomo spirituale vive in
questo involucro spirituale, e in lui agisce lo spirito eterico o vitale,
come per il corpo fisico agiva il corpo eterico o vitale. Quindi l'entità
spirituale umana si divide in tre: uomo spirituale, spirito vitale, sé spirituale.
Il veggente vede l'entità spirituale dell'uomo nella parte superiore dell'aura,
che può crescere e dilatarsi, mentre l'entità fisica non si dilata. L'aura umana
è costituita da due parti che si interpenetrano, una è colorata e ha forma a
secondo dell'esistenza fisica dell'uomo, mentre l'altra dalla sua esistenza
spirituale.
Mediante il corpo, l'anima è chiusa nel fisico;
mediante l'uomo spirituale le crescono le ali per muoversi nel mondo spirituale;
l'io sta in mezzo, da una parte muove l'anima e dall'altra è mosso dallo
spirito. Riassumendo:
-
Il
corpo fisico si forma coi materiali del mondo fisico, e sta a servizio dell'Io.
-
Attraverso la forza vitale diviene corpo eterico o corpo vitale.
-
Il
corpo eterico per mezzo degli organi sensori si apre verso l'esterno e diventa
corpo animico.
-
L'anima senziente compenetra il corpo e diventa con esso un'unità.
-
L'anima senziente riceve le sensazioni dal basso del mondo esterno, ma le
feconda col pensiero e diventa anima razionale.
-
Aprendosi verso l'alto alle intuizioni diventa anima cosciente, grazie al mondo
spirituale che le forma l'organo dell'intuito.
-
L'uomo
spirituale è congiunto con l'anima cosciente, come nel corpo animico, il corpo
fisico è unito all'anima senziente.
-
Anima
cosciente e sé spirituale formano un'unità, dove l'uomo spirituale vive nel suo
spirito vitale, come il corpo eterico offre la base vivente corporea al corpo
animico.
-
Il
corpo fisico è racchiuso nella pelle fisica e l'uomo spirituale e chiuso
nell'involucro spirituale.
A |
corpo fisico |
B |
corpo
eterico o vitale
|
C |
corpo animico
|
D |
anima senziente |
E |
anima razionale |
F |
anima cosciente
|
G |
sé spirituale |
H |
spirito vitale |
I |
uomo spirituale |
Nell'uomo terrestre il corpo animico e l'anima senziente formano un'unità, anche
l'anima cosciente e il sé spirituale sono uniti:
1 |
corpo fisico |
2 |
corpo eterico o vitale
|
3 |
corpo animico
senziente
|
4 |
anima razionale |
5 |
anima cosciente
pervasa dallo spirito |
6 |
spirito vitale
|
7 |
uomo spirituale |
L'Io
sfolgora nell'anima, riceve il suo impulso dallo spirito, diventando portatore
dell'uomo spirituale.
Con il
corpo fisico, animico e eterico l'uomo ha radice nel mondo fisico, in virtù del
sé spirituale, dello spirito vitale e dell'uomo spirituale fiorisce nel mondo
spirituale. Il tronco è l'anima. Le parti dell'essere animico non sono così
nettamente suddivise come quelle del corpo, così se si considerano l'anima
razionale e l'anima cosciente come i due involucri dell'io, tra loro congiunti,
e l'io il loro nucleo, l'uomo si potrà divide in: corpo fisico, corpo eterico,
corpo astrale e io.
Il
corpo astrale è ciò che è costituito dall'insieme di corpo animico, e anima
senziente. Nel corpo astrale agiscono gli appetiti e le brame, le passioni
umane, e agiscono le percezioni sensorie, perché qui vi agisce l'io ma una volta
compenetrato dal sé spirituale una parte di esso si modifica. Quindi il sé
spirituale è trasformato in corpo astrale.
Invece
quando l'uomo accoglie nell'io lo spirito vitale allora si trasforma il corpo
eterico, in spirito vitale. Quando l'io accoglie in sé l'uomo spirituale si
compenetra col corpo fisico, ma ad occhio fisico la spiritualizzazione del corpo
non si vede.
1 |
corpo fisico |
2 |
corpo eterico
|
3 |
corpo astrale
|
4 |
io quale nucleo
dell'anima |
5 |
sé spirituale
quale corpo astrale trasformato |
6 |
spirito vitale quale
corpo vitale trasformato
|
7 |
uomo spirituale
quale corpo fisico trasformato |
Rudolf Steiner, "Teosofia".
|
L'uomo euritmico |
Il chiaroveggente riconosce le forze
formatrici nell’organizzazione di ogni essere vivente. Per tale
motivo egli chiama questa organizzazione vivente anche corpo di
forze formatrici.
Le forze formatrici
sono attive nel linguaggio parlato i cui suoni,
raggruppati nellalfabeto, sono gli stessi
per tutti gli uomini.
Leuritmia è
unarte del movimento creata da Steiner che
può essere chiamata espressione visibile del
linguaggio e della musica. Luomo che fa
euritmia esegue con lintera figura del
corpo, principalmente con braccia e mani i
movimenti che compie il corpo eterico durante
lascolto. Nei movimenti di crescita della
pianta si ritrovano questi movimenti euritmici.
Le forze formatrici e di crescita di ogni essere
vivente sono gesti euritmici.
Uniamo le consonanti
euritmiche con i movimenti delle forze formatrici,
si ha:
germinare |
G o K |
spuntare |
L |
germogliare |
M |
ristagnare |
N |
avvolgere |
W |
attorcigliare |
R |
fiorire |
H |
polverizzare
|
F |
accogliere |
T (D) |
fruttificare |
B |
alleggerire
|
C |
irrigidire |
S(Z) |
Mentre gli uomini
fanno euritmia solo quando qualcuno fa risuonare
i moduli vocali e consonanti di una lingua. La
pianta sta ad ascoltare il linguaggio del Verbo
cosmico. Così essa ascolta, euritmizza e
configura la sua forma. E il Logos, la
parola cosmica, che parla attraverso le stelle.
Steiner indagando il luogo di origine delle
consonanti lo ha trovato nei 12 segni zodiacali.
Collocando i movimenti di crescita della pianta
nel corso annuale dello zodiaco si constata la
corrispondenza della pianta col corso
dellanno. A dicembre la pianta inizia a
destarsi, in primavera spunta e germoglia, a
pentecoste inizia la fioritura, giunge a
fruttificare in autunno e a novembre termina.
Parte della pianta
|
Etere |
Elemento |
Seme o
frutto |
Etere di
vita |
Fuoco |
Fiore |
Etere di suono |
Aria |
Foglia o stelo |
Etere di luce |
Acqua |
Radice |
Etere di calore |
Terra |
Leuritmia
delle vocali si esegue con questi movimenti del corpo:
A . le braccia aperte ad angolo e
tese
E . le braccia incrociate salde
I . è il rettilineo estendersi
verso l’alto e il basso come l’asse di una sfera che ruota
O . movimento tondo che abbraccia
U . braccia tese parallele quasi a
contatto
EI . movimento con le braccia dove
uno è teso nella I l’altro scorre lungo di esso sfiorandolo come
nella E
AU. È mezza A con un braccio
mentre l’altro tocca la figura
Le vocali hanno
origine nei pianeti:
A venere
E Marte
I Mercurio
O giove
U saturno
AU sole
EI Luna
Gli altri pianeti
non sono considerati perché sono di recente
scoperta e sono più che altro vagabondi
spaziali, non appartengono al sistema solare
originario.
Nella pianta
ritroviamo le forze formatrici date dalle vocali
emanate dai pianeti nella struttura e nella
conformazione complessiva della pianta. Nella
pianta si ha un asse, la I, attorno al quale tutto
si ordina. Riconosciamo un albero da lontano
dalla sua forma data da una forza la O. La U è
data da tutto quello nella pianta è sottile e
duro come gli aghi, il picciolo, il fusto. La
forza di ramificazione che crea configurazioni ad
angolo è data dalla A. Dove incrocia per formare
la gemma è la E. Nella EI la E arresta lascesa
della I. AU è
lespressione di espansione e contrazione
della pianta.
I ritmi dettati
per ricavare la misura del diagramma fiorale
differente per ogni pianta sono tutti misurabili
e traducibili in numeri perché elementi
delleuritmia musicale della pianta.
Kranich mise in
evidenza come le piante appartenenti tutte alla
stessa famiglia si possono ricondurre ad un tipo
che è in relazione ad un determinato pianeta.
Qui si lega leuritmia della parola e la
musica in ogni tipo. Es: il movimento del pianeta
Venere è messo in relazione coi fiori di Venere; Mercurio con i fiori del tulipano.
Steiner rende
visibile, ossia percepibile attraverso
leuritmia, parole e musica. È la chiave
per percepire le forze formatrici. Ad ogni
pianeta associa una nota e gli intervalli.
Quando il bimbo nasce già respira, genera calore,
viene nutrito e inizia l’attività di ripristino e generazione, comincia a
crescere.
Vi sono 7 processi vitali:
respirazione
generazione di calore
nutrizione
separazione
mantenimento
crescita
riproduzione
Sono forze diverse dalle forze
formatrici. Perché sono forze delleterico che hanno
origine dai corpi celesti e che unificano le 4 forze eteriche nel
corpo vitale.
Noi poniamo allorigine di
tutta la vita sulla terra Il sole che origina la vita. Quindi il
sole unifica i 4 eteri. Luniverso è luno il tutto ed
esso è vivo. Luniverso è vita, forma, sostanza. Le stelle
nel loro ordinamento costituiscono la forma, la terra è una
sostanzialità come le stelle e tutto vive per mezzo del Sole.
Luniverso una volta era più vivente, e lumanità
percepiva e conosceva questa vita, ma la vita universale dovette
ritrarsi e la sua conoscenza svanire affinché luomo
potesse acquistare una libera autocoscienza. Lo sviluppo della
coscienza avviene a scapito dello sviluppo vitale. I pianeti
ricevono vita dal Sole e la vita del Sole viene modificata dai
pianeti.
Steiner pone accanto ai 7 processi
vitali i 7 pianeti. La forza più importante è quella di
separazione infatti il Sole individualizza creando esseri viventi
distinti. Le tre forze dei pianeti superiori sono chiamate arimaniche (consumare, bruciare, sedimentare) quelle
tre dei
pianeti inferiori luciferiche (indurimento, maturazione,
generazione). Il Sole è tenuto fuori. I pianeti influenzano
luomo con la luce, velocità, distanza dalla Terra. La luce da origine ai 7
processi vitali, il movimento, ai 7 movimenti interiori, le distanze ai 7 stadi
della vita:
7 movimenti interiori |
7 stadi della vita |
della
posizione eretta |
vita dei
sensi - vita morente |
del pensare |
vita dei
nervi - vita preservantesi |
del parlare |
vita del
respiro - vita formatrice |
del sangue |
vita della
circolazione - immagini di organi metamorfosantesi |
del respiro |
vita del
ricambio - organi fisici |
delle
ghiandole |
vita del
movimento - vita rinvigorentesi |
della
riproduzione |
vita della
riproduzione – vita rinnovantesi |
Luomo porta in sé i pianeti
come centri vitali dei suoi 7 organi:
Cuore
|
Sole |
Polmoni
|
Mercurio |
Fegato |
Giove |
Cistifellea
|
Marte |
Reni |
Venere |
Milza |
Saturno |
Cervello e
Organi riproduttivi |
Luna |
I ritmi del sole, luna, e dei pianeti sono
connessi alla vita della terra. Vi sono ritmi nell’alternarsi delle stagioni,
ecc. Il ritmo viene usato in tutti i campi dall’uomo esso è la ripetizione di
elementi simili in intervalli di tempo simili. Nel ritmo si cela qualcosa di
disuguale, non è ritmo ciò che si ripete in modo uguale. Il ritmo è trinitario:
quando è risuonato, l’attesa, ciò che verrà. Passato, presente e futuro. Forte -
piano, alto - basso sono polarità del ritmo.
Nelluomo esistono i ritmi
legati al valore della temperatura o al battito dove si misurano
delle quantità. Però alcuni non sono misurabili come il dormire
e la veglia. Il tempo fa si che il ritmo diventi qualitativo dove
non cè ripetizione ma trasformazione. Il ritmo puro è
dato da un ritmo ritmizzato cioè un rapporto ritmico, come
respiro e polso. Lio fa da mediazione tra il ritmo del
respiro e del cuore è la forza di mezzo del rapporto 1:4. Il
corpo umano è diviso in organismo superiore, mediano e
inferiore. E si manifesta nel sistema dei nervi, dei sensi, nel
sistema ritmico e nel sistema del ricambio e delle membra.
Nelluomo vi sono 4 ritmi: respirazione - pulsazione, veglia
e sonno, ritmo della nutrizione. Essi sono uniti dallio.
Veglia e sonno, sono ritmi qualitativi. La nutrizione e la
pulsazione sono ritmi quantitativi. Ogni ritmo ha in sé
ripetizione e trasformazione, quindi il ritmo diventa rapporto
di ripetizione e trasformazione diventando armonia. Tutta la
vita si svolge mediante trasformazione e ripetizione, dove la
ripetizione è il principio del corpo eterico e la trasformazione
del corpo astrale. Lorigine del ritmo è il Sole.
Luomo ha in sé ritmi cosmici.
Ogni essere quando diventa essere
vivente afferra le forze formatrici formando con essa il proprio
corpo eterico. Esso può essere detto: corpo di forze
formatrici quando osserviamo il costituirsi della forma e lo
sviluppo della figura. Corpo vitale quando si prendono in
considerazione i processi vitali e i diversi organi vitali coi
loro centri e ritmi e sviluppi temporali. Corpo eterico-elementare quando si parla di sostanza specifica considerata nei
suoi processi sostanziali e di trasformazione, origine e
annientamento, vita e morte. Corpo temporale è
lintera immagine della vita dallinizio alla fine,
vita passata e futura, dove il tempo si fa spazio. Finché la
facoltà di percezione superiore non è sviluppata, il pensare
scientifico deve essere sostenuto da una formazione artistica, occorre conoscere luomo attraverso larte. Lantroposofia
serve ad ampliare attraverso la conoscenza delle forze formatrici
ed eteriche la scienza naturale. Chi conosce leterico
afferrerà lanima nella sua relazione col corpo. Le forze
attive nel corpo eterico operano allinizio della vita
umana, nellembrione come forze plasmatrici e di crescita.
Nel corso della vita una parte di queste forze plasmatrici e di
crescita diventano forza di pensiero dellanima. Nel
processo di formazione e crescita dellorganismo umano si
manifesta una realtà spirituale che diventa forza spirituale di
pensiero. Le forze formatrici della forma, vita e sostanza si
trasformano nelle attività del pensare, sentire e volere.
Coscienza e autocoscienza non si basano su attività eteriche
costruttrici ma sono connesse a processi distruttivi. Perché
dove lo spirito agisce nelluomo, la sostanza deve
retrocedere dalla sua attività. Il pensare dentro il corpo umano
non avviene in virtù dellessere eterico, ma sulla
distruzione dello stesso. Il pensare cosciente non si realizza
tramite processi di conformazione e crescita, ma in processi di
dissoluzione della forma, di morte. Le forze eteriche formatrici
si metamorfosano, sia nella percezione che nel pensare nella
sensazione e formazione dei pensieri. Se la sensazione e tutti i
contenuti animici come i pensieri, sentimenti e forze istintive,
sono presenti nellambito situato fra cielo e terra, queste
facoltà delluomo sono influenzate dallatmosfera, dal
tempo ed anche il contrario, cioè i contenuti animici
influenzano e modificano lambiente.
Lo spirito del mondo
crea mediante le forze formatrici e gli elementi; chi comprende i
segreti della forma, della vita, della sostanza, comprende pure
come il Logos delle stelle parla, risuona e pensa. Nel prologo di Giovanni, la
Parola, il Logos, è descritto come creatore del mondo nella
sua relazione con luomo. Vi sono tre immagini in cui esso si
manifesta: Stella, Sole, Croce. Questi simboli sono
manifestazione di Cristo, visto come essere stellare, solare e
spaziale legato alla croce; è la Parola, Vita, Luce degli uomini. La
realtà del mondo è la sua manifestazione: nel cielo stellato ci
appare limmagine del Logos. Nelle forze solari si manifesta
la Vita in Lui. Nel Sole che col suo corso genera la Croce dello
spazio, abbiamo la Luce degli uomini. Infatti secondo Steiner Cristo è risorto
nelleterico dove la sua corporeità è contessuta di luce, ed è dal mondo
eterico che lui agisce.
Ernst Marti, "Eterico: ampliamento
delle scienze naturali attraverso lantroposofia".
|
Essere: uomo |
Del
1927 è "Essere e
tempo", l'opera in
cui Martin
Heidegger pose l'attenzione del mondo filosofico sul problema dell'essere. Egli
indicherà come ente l'uomo, che designa con la parola Esserci (Dasein).
Interrogando dunque l'Esserci, possiamo cercare che cosa sia l'essere e sperare
di trovarne il senso. Ma il modo di essere tipico dell'Esserci è l'esistenza.
Allora la filosofia dovrà in primo luogo essere un'anali dell'esistenza,
che dovrà portare alla scoperta del senso dell'essere.
Una caratteristica fondamentale
dell'esistenza è la
comprensione dell'essere che è una possibilità dell'esistenza. La struttura
invece fondamentale dell'esistenza è di essere nel mondo. Trascendere verso il mondo
significa fare del mondo stesso il progetto dei possibili atteggiamenti e
azioni dell'uomo. L'uomo ha bisogno del mondo e delle cose che lo costituiscono,
e che sono la realtà-utènsile, cioè i mezzi della sua vita e della sua
azione. Essere nel mondo vorrà allora dire prendersi cura delle cose che
gli occorrono: mutarle, manipolarle ecc. L'essere di queste cose consiste nel
servire come strumenti per l'uomo, nell'essere utilizzabili. L'utilizzabilità
è così per Heidegger la caratteristica fondamentale delle cose del mondo.
L'esistenza
non è solo apertura verso il mondo ma anche verso gli altri. Il rapporto tra
l'uomo e gli altri Esserci è un aver cura degli altri. Per
comprendersi, l'uomo può assumere come punto di partenza sé stesso oppure il
mondo e gli altri. Nel primo caso, si ha una comprensione autentica, nel secondo
caso una comprensione inautentica. |
Martin
Heidegger
(1889-1976)
filosofo tedesco. |
Quest'ultima è il fondamento
dell'esistenza anonima, del si dice, si fa, dove tutto è
livellato, convenzionale. Nell'esistenza anonima il linguaggio diventa
chiacchiera inconsistente; inoltre un'esistenza così vuota cerca
naturalmente di riempirsi, ed è perciò morbosamente protesa verso il nuovo: la
curiosità per le apparenze è l'altro suo carattere dominante. Ciò
però non implica una condanna moralistica dell'esistenza anonima, egli si limita a riconoscere che l'esistenza anonima è uno dei possibili poter
essere dell'uomo. Alla sua base c'è la deiezione (Verfallen), per
cui l'essere umano cade a livello delle cose nel mondo; l'uomo è gettato nel
mondo in mezzo agli altri, è un Esserci tra tanti altri. L'esistenza è un
essere possibile cioè un progettarsi in avanti; ma questo progettarsi non fa che
ricadere all'indietro, su ciò che l'esistenza è già, di fatto. Tale è la
struttura circolare e conclusa dell'essere dell'uomo, che possiamo adesso
chiamare anche Cura: essa è appunto l'essere dell'Esserci, nella sua
unità di esistenza, deiezione e fatticità (o effettività: l'uomo è quello che è,
diverso dalle cose).
Vi è però
anche la possibilità dell'esistenza autentica, a cui l'uomo è richiamato
dalla voce della coscienza. Essa lo richiama a riconoscere l'annullamento ultimo di tutte le sue
possibilità, e cioè lo richiama a riconoscere la morte. Solo se l'uomo riconosce la possibilità della
morte e la assume su di sé con una decisione anticipatrice, l'uomo può
trovare il suo essere autentico. Mentre l'esistenza banale è una fuga di fronte
alla morte, la voce della coscienza chiama l'uomo all'essere-per-la-morte,
cioè alla decisione anticipatrice che consiste nel vivere-per-la-morte.
Questo vuol dire comprendere l'impossibilità dell'esistenza in quanto
tale. Ad essa si accompagna una tonalità emotiva che Heidegger chiama
angoscia. Con l'angoscia, l'uomo "si sente in presenza del nulla,
dell'impossibilità possibile della sua esistenza". Essa pone l'uomo di fronte al
nulla, e il nulla si presenta nella sua potenza di annientamento. L'angoscia fa
vedere all'uomo l'insignificanza e la nullità dei fini che gli vengono proposti
nella sua esistenza quotidiana, e gli offre la possibilità di rimanere fedele a
quelli inerenti alla situazione in cui viene a trovarsi. Poiché questa
situazione è un coesistere con gli altri, fra le cose del mondo, l'esistenza
autentica dà all'uomo la possibilità di rimanere fedele al destino della
comunità cui appartiene. In altri termini, la libertà per l'uomo consiste
nello scegliere e nell'accettare la sua situazione e nel rimanerle fedele. Per
l'uomo vi è anche un tempo autentico ed un tempo inautentico: il
primo è dato dalla paura, dall'ora; mentre il secondo è dato dalla
decisione anticipatrice di vivere per la morte (per cui il futuro è per
Heidegger la dimensione temporale fondamentale), dall'angoscia e dalla
ripetizione (nel senso della ri-scelta delle possibilità che sono
state). Il tempo così non si aggiunge all'essere dell'uomo ma l'essere è il
tempo. L'essere dell'uomo ha trovato il suo senso nel tempo. Il tempo è
il senso dell'essere: questo è quanto il titolo dell'opera di Heidegger può
suggerire.
Arrivato a
questo punto, però, Heidegger deve riconoscere che non ha ancora trovato
l'essere e tanto meno il suo senso. Il senso dell'essere non può essere trovato
interrogando un ente, sia pure l'uomo, l'Esserci, "ciò che noi stessi sempre
siamo", come dice Heidegger. L'unico risultato positivo che può derivare
dall'analitica esistenziale è stato quello di scoprire che l'essere di cui si
cerca il senso non è l'essere di un ente. Essere e tempo fu salutato all'inizio come
il più importante documento della filosofia esistenzialistica, esso non voleva
affatto essere tale. Heidegger stesso ribadirà più volte: "Le mie tendenze
filosofiche non possono essere classificate come 'Filosofia dell'esistenza'. La
questione che mi preoccupa non è quella dell'esistenza dell'uomo, ma quella
dell'essere nel suo insieme e in quanto tale" (cf. Lettera sull'umanismo,
1947).
Il termine
metafisica è usato da Heidegger per indicare tutto il pensiero
occidentale che non ha saputo riconoscere l'essere. Certo, fin dagli inizi parla
dell'essere e ricerca l'essere, ma ha gradualmente confuso l'essere con le cose. La metafisica è giunta alla sua fine col pensiero di
Nietzsche. La tecnica
moderna o, meglio, la mentalità tecnologica è il fenomeno che esprimere
il venire a fine della metafisica. Non vi è oggi alcun ente davvero misterioso,
tutto è dato per conosciuto o per conoscibile attraverso i metodi razionali; la
mentalità corrente è quella che conosce la cosa solo in ciò che essa ha di
funzionale. Il pensiero stesso non è diventato altro che una escogitazione
tecnica, strumento esso stesso per la soluzione dei problemi. Ma forse è proprio
in questa situazione di estrema povertà di pensiero, che deve dare l'impulso
alla ricerca di un modo nuovo di esercitare il pensiero stesso, che non si
consideri più di adeguarci alla cosa, cioè assumiamo la cosa come
norma. Ma questo modo di rapportarsi alla cosa presuppone per Heidegger
un'apertura più originaria, che è un essere-aperto alla cosa come tale.
L'aprirsi alla cosa così come essa è, è un atto di libertà: l'essenza della
verità è la libertà. La verità è intesa da Heidegger come originaria apertura e svelamento.
La svolta
di Heidegger consiste nell'instaurare un rapporto diverso tra pensiero ed
essere. Il pensiero
può essere pensiero dell'essere in senso oggettivo, cioè comprende
l'essere: non ci può essere infatti comprensione e conoscenza dell'ente se non
c'è, preliminarmente, una comprensione dell'essere. L'essere allora non potrà più essere
pensato metafisicamente come presenza, ma viene inteso come luce, come
illuminazione, nel senso che è proprio della luce lasciar apparire le cose
proprio perché essa non appare direttamente. Così è dell'essere: fa apparire gli
enti, lascia sussistere la storia, solo in quanto a sua volta si cela, si
nasconde.
Se l'essere
può rivelarsi attraverso le cose e gli eventi, l'uomo può coglierlo solo se
si abbandona allo svelamento dell'essere come tale. Ma lo svelamento
dell'essere non può mai essere totale o diretto. L'esistenza è allora stare
alla luce dell'essere, per cui l'uomo diventa il pastore dell'essere
e la sua dignità consiste "nell'essere chiamato dall'essere stesso a far la
guardia alla sua verità". In quanto l'uomo pensa, non può fare altro che
"lasciare che l'essere sia". L'uomo deve mettersi in ascolto del linguaggio
dell'essere e affidarsi ad esso. L'essere parla all'uomo attraverso il
linguaggio o, meglio ancora, attraverso la sua forma più autentica, che è la
poesia. La poesia è intesa da Heidegger come annuncio, appello, ed usa
l'uomo come suo messaggero. L'uomo deve ascoltare il linguaggio nella sua
originaria poeticità, cioè nella sua forza fondante e creativa.
"L'essere non è Dio né un fondamento del mondo", dice
chiaramente Heidegger
nella Lettera sull'umanismo. Heidegger ritiene che "solo a partire
dall'essenza del sacro va pensata l'essenza della divinità". Heidegger lascia
aperta la porta al problema di Dio. Egli riconosce soltanto che l'uomo
contemporaneo non può porsi tale problema se non ponendosi nella dimensione del
sacro, che però resta chiusa, secondo Heidegger, se non si è illuminati e aperti
all'Essere. (cf. Sentieri interrotti).
"Nel ciclo di conferenze di Parigi ho esposto una
concezione che aveva dovuto subire nella mia anima un lungo periodo di
"maturazione". Dopo aver spiegato quale rapporto abbiano tra loro le parti
dell'entità umana: il corpo fisico, il corpo eterico quale mediatore dei
fenomeni della vita, il corpo astrale quale mediatore per le sensazioni e la
volontà e il portatore dell'io, comunicai il fatto che il corpo eterico
dell'uomo è femminile e che il corpo eterico della donna è maschile. ...
Mediante il corpo fisico l'uomo è connesso con le forze della terra, mediante il
corpo eterico con le forze del cosmo extraterrestre. Maschile e femminile
vengono accostati ai misteri dell'universo."
Rudolf Steiner, "La mia vita".
Il corpo fisico ha peso, volume, e dimensione,
mentre ha il senso dello spazio, non ha il senso del tempo, esso lo deduce dal
Sole, ma il tempo interiore è il seguire le variazioni del nostro corpo
eterico rispetto la posizione del Sole. Il tempo si può udire, mentre lo spazio
si vede. Se chiudiamo gli occhi lo spazio viene a mancare, ma acquistiamo
sensibilità temporale. La facoltà immaginativa coinvolge le immagini, in quanto
le vediamo. La facoltà ispirativa coinvolge l'udire, in quanto qui non vediamo
immagini, ma percepiamo suoni che si snodano nel tempo monodimensionale. Il
corpo eterico dunque vive in uno spazio bidimensionale e in uno monodimensionale.
Perché le immagini non vivono in uno spazio bidimensionale, ma tridimensionale,
e il suono è monodimensionale. Lo spazio tridimensionale è quello che coinvolge il corpo, il bidimensionale è
quello vissuto dal corpo eterico, ma qui esso diventa tempo monodimensionale.
L'esperienza del tempo viene vissuta dal corpo eterico ed esso è il secondo uomo
in noi. Se guardiamo noi stessi andando indietro nel tempo sino ad oggi, ci
rivediamo in figure, quindi immagini temporali. Quindi passiamo da un pensare spaziale ad un pensare morfologico: un
pensare in figure. In senso organico, deve essere interiormente mobile, in modo
da produrre una figura dall'altra, un pensare che assume di continuo una forma
organica che cresce continuamente. E' un pensare artistico, infatti si parte da
un'idea che cresce e poi crea morfologicamente altre idee, in modo organico. Il
secondo uomo in noi da una parte ci dà un senso di beatitudine per il fatto di
poter accedere all'esperienza del sovrasensibile, ma dall'altro ci opprime come
se un altro ci imponesse con peso la sua presenza, per il senso di essere in due.
Nel vivere questa polarità possiamo dire di vivere nell'equilibrio di un fatto
vitale e prenderlo con serenità.
Claudio Gregorat, "Quale Iniziazione?"
L'uomo comune guardando un altro uomo lo vede come vede un animale, la prima cosa che pensa guardandolo e di misurarlo in modo
fisico. Di un animale si guardano gli occhi, il pelo, se è in forma fisica, ma molti uomini
fanno altrettanto quando guardano un altro essere umano. Non si va a guardare il
suo lato spirituale, cioè quel che esce dall'incarnato, le vibrazioni dell'anima
che essa fa trasparire. Non si pensa a quel che esso vuol comunicare. Quando
l'anima vive nel colore è sempre nello spirito che la si vede.
Con la musica si arriva in quello che l'anima sperimenta nello
spirito. Siamo fuori dallo spazio. Mentre la pittura è bidimensionale, la musica
è lineare, la linea unidimensionale del tempo. La musica è sperimentata in
modo da sentire il mondo in pari tempo con il nostro mondo. I greci con la lira
di Apollo intendevano lo sperimentare nella musica, il nascosto adeguamento
dell'uomo alle interiori condizioni armoniche e melodiche dell'esistenza
universale, dalle quali egli venne creato. Corde meravigliose che hanno
un'attività metamorfosata sono i fasci di nervi che partono dal midollo spinale.
Il midollo spinale che termina nel cervello e che irradia i singoli fasci
nervosi in tutto il corpo, è appunto la lira di Apollo. Entro il mondo terrestre
l'uomo animico-spirituale viene fatto risuonare su quei fasci di nervi. Lo
strumento più perfetto al mondo è l'uomo stesso, e uno strumento musicale
esterno incanta per lui i suoni artistici nella misura in cui l'uomo stesso nel
risuonare delle corde di un nuovo strumento sente ad esempio qualcosa che è in
relazione con la costituzione derivata dal complesso dei fasci nervosi e dalle
vie del sangue. In quanto uomo dei nervi, egli è costruito interiormente sulla
base della musica e la sente artisticamente, perché ciò che si presenta come
musica si accorda con il segreto della propria costituzione musicale.
Quando ci dedichiamo alla musica facciamo appello alla nostra parte
animico-spirituale vivente sulla terra, e agiamo sulla creazione musicale.
Il nostro corpo funge da filtro, noi se non avessimo questo
filtro vivremmo come spirito immersi nel macrocosmo in un tutt'uno con esso,
invece il corpo ci fa da contenitore e compie l'azione di filtrare attraverso la
percezione tutto quello che ci sta intorno. Il corpo funge da microcosmo. L'arte
deve esprimere ciò che l'artista è in grado di imprimere nelle sue forme perché
la sua anima sperimenta in contatto con il mondo, che il suo corpo è
l'immagine microcosmica di tutto il macrocosmo.
Il corpo è composto da
scheletro, una mirabile struttura architettonica le cui forme si possono
ritrovare ovunque. Da muscoli, cartilagini, tendini, che si attaccano alle ossa
e dove scorre il sistema nervoso che dona plastica al corpo. L'epidermide
racchiude la forma, protegge gli organi e filtra l'esterno. Le nostre cellule si
ricostruiscono in continuo, una capacità di autorigenerazione che ritroviamo
ovunque in natura. Le fasi alchemiche seguono questo processo vitale che prima o
poi incontra la morte e poi ritorna a nuova vita all'infinito. Nella metamorfosi
la farfalla si ricorderà mai di aver strisciato per terra? No, noi ci ricordiamo
della nostra precedente vita animica. Però grazie alla nostra
intuizione veggente possiamo intuire che c'era stata e che ce ne sarà un'altra
dopo, perché lo leggiamo e impariamo dalle leggi della natura, dai
fenomeni che accadono, gli stessi del macrocosmo nel microcosmo e viceversa.
L'anima quando entra nel corpo cresce nello
spazio, così veniva descritto da civiltà antiche. Nei tempi antichi era
abitudine non portare in sé ciò che era estraneo. L'uomo sentiva
la propria testa come qualcosa datagli dal mondo spirituale, e il corpo come
adatto alla forza di gravità. Infatti diviene testa quello che in vite
precedenti era corpo e questo diverrà testa in future vite terrene. Anche se il
corpo si disgrega, è il complesso di forze che esiste nell'organismo fisico, che
lo tiene insieme, forze verticali e orizzontali, si arrotonda e diventa
complesso di forze per la nostra testa nella vita successiva. Collaborano
alla trasformazione tutte le gerarchie superiori, alla metamorfosi dei piedi,
gambe e così via. La testa assume così la forma grazie alla quale essa appare
l'immagine del vasto spazio che si curva sopra di noi. Quindi nella parte
superiore della testa si ha l'immagine delle forze atmosferiche, la precisa
immagine della volta del cielo. Nella sua parte mediana si ha l'adattamento della testa al
torace, a tutto ciò che circonda la terra. Nel torace abbiamo bisogno dell'aria
e della luce che circonda la terra e così via. Dove il nostro organismo è solo
un complesso di sostanze, non un complesso definito con la curvatura della
testa, il torace ha solo una relazione con la forma del naso, con la parte
centrale della testa. La bocca nella tripartizione umana è in relazione con gli
arti, con l'organismo della digestione, della nutrizione, del movimento. Quindi
ciò che ha attraversato il cielo per diventare testa dalla precedente condizione
corporea, si adegui in alto alla curvatura del cielo, e nella parte mediana si
adegui a quel che l'uomo è attraverso ciò che circonda la terra, e come si
adegui a quel che è in quanto uomo terreno nella formazione della bocca per la
gravità e per le sostanze terrestri.
Nella mitologia europea la testa nasce
così: in alto Asgard, il castello degli dèi, nella parte centrale Midgard, la
patria degli uomini sulla terra, e Jotunheim che è parte della terra, la patria
dei giganti, degli spiriti della terra. E' come paragonare in essa il cielo
(dei), la terra (uomini), l'inferno (giganti).
Quindi nella volta della testa vi
è il ricordo della precedente incarnazione, dove si vede nella parte centrale,
nella zona degli occhi, delle orecchie, del naso, il ricordo turbato
dall'atmosfera terrestre, vedendo nella bocca la forma umana precedente
costretta dalla terra, la forma umana già esiliata sulla terra. Nella fronte
l'uomo porta con sé ciò che karmicamente gli è stato trasmesso dalla sua
precedente vita terrena. Nelle caratteristiche del suo mento è già costretto
nell'attuale vita terrena, manifesta la mitezza o la caparbietà della vita
attuale. Non avrebbe mento se la precedente organizzazione, non si fosse
trasformata nella testa attuale. Nella formazione di bocca e mento
la somma degli attuali impulsi terrestri è tanto forte che gli elementi passati
si imprimono, si tendono in quelli presenti.
Quindi le caratteristiche fisognomiche da notare in un uomo sono la curvatura e la superficie della fronte,
lo sporgere o il rientrare delle curvature. Il mento sporgente appartiene ad una
persona caparbia, un mento rientrante ad una mite. In questo modo si comprendono
le forme umane derivata da tutto l'universo, un universo temporale e atemporale. L'essere umano porta dai mondi spirituali in quello fisico il colore dei
suoi vestiti. Mentre l'architettura lo porta alla fine mortale.
L'uomo si trova a vivere sulla terra, ma la
sua esistenza gli pone dei dubbi esistenziali per cui è necessaria la conoscenza
e la religione. La conoscenza tende a risvegliare verso il cammino che poi porta
ad attraversare la porta del mondo spirituale, mentre la religione è
consolatrice e risveglia l'uomo verso la prospettiva del mondo spirituale.
L'arte supera l'abisso dell'esistenza terrena, e da un lato porta la vita
divino-spirituale sulla terra e dall'altro struttura la vita fisico-terrena in modo che nelle sue forme nei suoi colori, nelle parole e nei suoni possa
apparire come una manifestazione terrena della sfera spirituale.
Una volta l'arte, la religione e la scienza
erano tre correnti spirituali riunite in un'origine comune che allora era la
poesia. L'uomo in antichità guardava alla terra come un riflesso di quel che
avviene nel cosmo. A quel tempo la poesia era l'unico mezzo di espressione
altamente sviluppato rispetto le altre arti, perché l'uomo era conscio che con
la parola ricreava dall'intimo segreto della sua organizzazione e poteva
esprimere qualcosa di soprasensibile. La poesia era l'inserirsi in modo
veggente, in un'unità animica con qualcosa di extraterrestre, di stellare. I
pensieri erano inseriti nel cosmo, erano espressi secondo la reciproca posizione
delle stelle, secondo il loro reciproco movimento. A quei tempi non si pensava
solo in base alla forza interiore dell'uomo, questo lo fece più avanti l'uomo
libero. In ogni figura di pensieri, in ogni forma di pensieri si aveva
un'immagine delle stelle nel cielo. Quando si pensava ci si sentiva trasferiti
nello spazio stellare, esso indicava la saggezza non la luce solare che di
giorno abbagliava rispetto a ciò che fuori nel cosmo dirige e orienta i
pensieri, cioè l'autentica luce solare, ma quel che veniva irraggiato dalla luna
entro il mondo delle stelle. L'antica saggezza dei misteri diceva: di giorno si
vede la luce con il corpo fisico, di notte non si vede la luce del sole, ma essa
viene afferrata dalla coppa argentea della luna. In questo modo la luce del sole
veniva carpita anche di notte. L'anima beveva questa luce e veniva
spiritualizzata, così essa poteva afferrare i pensieri che erano il risultato,
il riflesso del cielo stellato. Le forze del pensare non erano
nell'organismo dell'uomo, ma dove orbitano le stelle e dove si formano le
costellazioni. L'uomo con la sua anima si sentiva riversato in tutto l'universo.
Non cercava le leggi logiche indagando la riunione e la separazione dei
pensieri, ma osservava il corso e le immagini delle stelle nel firmamento
notturno se voleva sapere come i pensieri si uniscono e si separano. Cercava nel
cielo le leggi e le immagini del suo pensare. Il suo sentire
l'uomo, non si riferiva al sentire astratto moderno, ma al concreto, l'interiore
esperienza del respiro e della circolazione del sangue, legata con tutto
l'attivo tessere nell'interiorità del corpo umano. Sentiva come nell'anima
si intrecciavano la circolazione del sangue e il respiro. Non ci si sentiva solo
sulla terra fisica, ma in uno spazio planetario. I globuli del sangue che
circolano nel corpo erano Mercurio e Venere che si incrociavano con il Sole e
con la Luna. Quando si viveva nei propri pensieri ci si sentiva più nelle stelle
fisse e nelle loro costellazioni, mentre si viveva col sentire entro la sfera
dei pianeti, dei pianeti in movimento. Soltanto con la volontà ci si
sentiva sulla terra. La terra era sentita come immagine del cosmo, e se le
forze di Giove, della Luna, di Venere e del Sole colpivano la terra, ne
compenetravano il terreno nei suoi elementi solidi, liquidi e aeriformi, ci si
diceva che da questi elementi entravano nell'uomo gli impulsi della volontà,
come entravano in lui gli impulsi dei pensieri dalle stelle fisse, e quelli del
sentire dal movimento dei pianeti. Sentendo con quel sentimento si può
arrivare a capire il tempo in cui era nata l'arte primordiale. L'arte
primordiale è il linguaggio umano. Oggi non si sente che il linguaggio è la vera
arte primordiale, un tempo gli uomini si sentivano trasposti nello zodiaco e nel
sentire le sue immagini facevano proprie le dodici consonanti, mentre nel
movimento dei pianeti entro le costellazioni zodiacali facevano proprie le
vocali. Se non volevano esprimere quel che sperimentavano sulla terra, ma quel
che l'anima sperimentava quando si sentiva rapita dalla terra nel cosmo, il
linguaggio diventava ciò che era la poesia in quegli antichi tempi. Da quella
comunione col cosmo spirituale è nata tutta l'antica poesia. Gli ultimi residui
di poesia sono rimasti nei Veda e negli Edda. Quel che è rimasto nella poesia
dei nostri tempi è il superamento del significato prosastico della parola nel
ritmo, nella rima, nell'immaginazione, nella struttura del linguaggio, che
sempre dobbiamo cercare dietro il significato prosastico della parola. La vera
poesia non consiste nel significato delle parole, ma nel testo in prosa, ove vi
risuona il ritmo, la battuta o l'immaginazione. La poesia è ancora tale oggi
perché ha qualcosa che non è solo nelle parole, per cui le parole sono soltanto
un mezzo grazie al quale la poesia ha un'atmosfera, un retroscena che è un'eco
dell'armonia, della melodia, e dell'immaginazione dell'universo. Così Omero non
canta la sua anima, ma l'anima che in lui è comune ai movimenti del cosmo. Ciò
che nell'Iliade viene raccontato in una prospettiva stellare non viene detto
come se gli uomini avessero qualcosa a che fare fra loro, ma vi operano gli dei,
le azioni degli dei compaiono fra quelle degli uomini. Egli canta della
prospettiva stellare non della terra. La poesia è solo un mezzo terreno e la
vera arte consiste nel trattarlo in modo che parola, colori, suoni e forme
possono condurre in mondi spirituali.
Rudolf Steiner, "La missione
universale dell'arte".
Rudolf Steiner, "Arte e conoscenza
dell'arte".
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Il superuomo |
L'idea di "Così parlò Zarathustra" nasce da Nietzsche
nell'agosto del 1881, in Engadina (Svizzera), dove egli elaborò
la sua teoria dell'eterno ritorno assieme all'idea del superuomo.
L'opera è scritta secondo un modello che richiama lo stile del Nuovo
Testamento e questa scelta di stesura in forma profetica ci fa
intuire come Nietzsche, da questo periodo della sua vita in poi, si
senta investito di un compito epocale, una convinzione di dover
provocare un mutamento radicale di civiltà, mutamento concepito in
solitudine e in un totale isolamento intellettuale. In questa opera
Nietzsche prende congedo dal moralista e dallo psicologo e prende i
toni di un profeta e di un lirico. I pensieri di fondo sono ritmati dal tempo
musicale. La forma è rivelatrice di un tentativo particolare di
comunicazione, dove ciò che importa è anzitutto quello che vuol
essere comunicato. La poetica filosofica rievoca attraverso il
pensiero immaginativo dei concetti che si svelano attraverso delle
rappresentazioni simboliche. Zarathustra si giostra tra un
temperamento malinconico e uno sanguigno, ritma la sensibilità e la
reattività, impiega concentrazione ed espansione per farsi profeta
del superuomo. Dopo essersi ritirato in se stesso per anni, vivendo
sui monti in un luogo isolato, sente il bisogno di ritornare in
mezzo agli uomini. |
Friedrich Wilhelm Nietzsche,
(1844-1900), filosofo tedesco. |
Zarathustra fa il suo arrivo in città e pronuncia
alla folla la teoria del superuomo, sostenendo che l' uomo in sé non
è giunto ad
un punto di arrivo, ma di partenza per dare un qualcosa di più,
l'uomo deve superare se stesso:
"Ecco, io vi insegno
il superuomo! Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra
volontà: sia il superuomo il senso della terra!"
Egli si
fa voce di un uomo che sappia seguire per sua natura, le leggi della
natura, che non si leghi supino alla speranza del sovraterreno.
Nietzsche asserisce che la vera libertà starà allora nel liberarsi
dall'illusione della libertà. Il profeta annuncia la nuova verità,
indispensabile per liberarsi dalle credenze che paralizzano la
volontà di potenza e la natura umana. La prima credenza da
smascherare è la credenza in Dio, cioè una realtà
soprasensibile condizionante quella terrena. La liberazione dalla
credenza in Dio è la prima condizione per la nascita del Superuomo.
L'uomo non più imprigionato da false credenze, prende coscienza
delle proprie possibilità. Un altro passo che deve fare è liberarsi
dalle false morali cosicché il volere trionfi su ogni norma e si
imponga come verità assoluta. Nietzsche vuole fungere da
provocatore, perché l'uomo si elevi a Dio, non aspettando che
qualche entità lo aiuti con atti devozionali quali la preghiera o i
riti religiosi, ma prendendo coscienza di sé e delle leggi che
regolano il mondo per migliorare se stesso e la vita con e degli
altri. Questo si ha col superamento dell'uomo, che significa
superarsi per evolversi in continuo, ciò avviene attraverso la
conoscenza e la potenza di volontà, che è creatrice. Ciò viene
spiegato attraverso la metafora del Sole che ha il dovere di
risplendere e di tramontare ogni giorno. Questa sua caratteristica
non ha valore morale, non dipende da un destino trascendente, non è
per libera scelta, ma deriva da un destino proprio, immanente dalla
sua natura. Analogamente Zarathustra discende tra gli uomini non
condizionato dalla morale, o perché vittima di un destino superiore,
ma perché la sua natura lo rende capace di farlo, è la sua volontà
di potenza che lo porta per natura ad essere in tal modo. "Imprimere
al divenire il carattere dell'essere - è questa la suprema volontà
di potenza".
La folla
non apprezza le parole di Zarathustra, è incapace di dar
vita al superuomo, non vuole stravolgere un mondo che ai loro occhi
era consolidato. Successivamente Zarathustra
espone la grande teoria delle tre metamorfosi dello spirito per diventare
superuomini: attraverso le tre figure simboliche del cammello, del leone,
e del
fanciullo. E' il procedere verso l'uomo libero dagli idoli della superstizione e della
colpa dettati dalla religione e dalla morale. Il cammello
rappresenta l'uomo che teme e riverisce, che si piega davanti alla
grandezza di Dio assumendo volontariamente su di sé i grandi
tormenti del mondo. L'uomo poi diventa leone quando combatte contro
la morale che gli è stata imposta riconoscendo il suo stato di
alienazione precedente. Ma il leone possiede una "libertà da..." e
non una "libertà di..." e allora per dare nuove leggi il leone deve
diventare fanciullo, che rappresenta l'innocenza. I motti sono "tu
devi" per il cammello, "io voglio" per il leone e "io sono" per il
fanciullo.
Pronuncia
la morte di tutti gli Dei in favore della nascita del superuomo, di
un uomo con un io individuale. Ma il popolo sicuro nella
tradizione non comprende il suo insegnamento così Zarathustra decide
di tenersi distante dal popolo e di allontanarsi dalla città per far
ritorno sulla montagna alla sua caverna. Il suo permanere presso gli
uomini non é stato vano, é arrivato a scoprire che in ogni uomo é
insita la volontà di potenza, ogni azione é motivata dal cercare di
aumentare il proprio potere.
Zarathustra é il grande distruttore della morale
classica, imposta dal razionalismo; la più grande
liberazione deve però riguardare l’idea cristiana della morte, la
paura della morte è la paura della sanzione finale dell’insensatezza
dell’esistenza.
Ritornato sulla sua
montagna è arricchito di nuove esperienze e ha conosciuto ancor più
profondamente l'uomo, matura la teoria dell' eterno ritorno : "Guarda questa porta carraia! Nano!
continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno
li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta
e all'indietro: dura un'eternità. E quella lunga via fuori della
porta e in avanti - è un'altra eternità. Si contraddicono a vicenda,
questi sentieri; sbattono la testa l'un contro l'altro: e qui, a
questa porta carraia, essi convengono. In alto sta scritto il nome
della porta: "attimo''. Ma, chi ne percorresse uno dei due sempre
più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri
si contraddicano in eterno?". "Tutte le cose diritte mentono,
borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso
è un circolo". ...Guarda,
continuai, questo attimo! Da questa porta carraia che si chiama
attimo, comincia all'indietro una via lunga, eterna: dietro di noi è
un'eternità. Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà
forse avere già percorso una volta questa via? Non dovrà ognuna
delle cose che possono accadere, già essere accaduta, fatta,
trascorsa una volta? E se tutto è già esistito: che pensi, o nano,
di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia esserci già
stata? E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l'una
all'altra in modo tale che questo attimo trae dietro di sé tutte le
cose avvenire? Dunque - anche se stesso? Infatti, ognuna delle cose
che possono camminare: anche in questa lunga via al di fuori - deve
camminare ancora una volta! E questo ragno che indugia strisciando
al chiaro di luna e persino questo chiaro di luna e io e tu
bisbiglianti a questa porta, di cose eterne bisbiglianti - non
dobbiamo tutti esserci stati un'altra volta? e ritornare a camminare
in quell'altra via al di fuori, davanti a noi, in questa lunga
orrida via - non dobbiamo ritornare in eterno?".
Il
superuomo non può che apprezzare l'eternità, l'eterno ritorno,
perché è un rinnovarsi continuo della sua volontà di potenza e del
suo dominio sul mondo: un dominio che dovrà ritornare all'infinito,
per l'eternità. Zarathustra dialoga a riguardo della dottrina dell'eterno ritorno con i suoi stessi animali, che, a differenza del
volgo, lo ascoltano entusiasti; e alla tematica dell'eterno ritorno
vi collega il destino o karma: "... ecco che io muoio e scompaio, diresti, e in un attimo sono un
nulla. Le anime sono mortali come i corpi. Ma il nodo di cause,
nel quale io sono intrecciato, torna di nuovo, esso mi creerà di
nuovo! Io stesso appartengo alle cause dell'eterno ritorno. Io
torno di nuovo, con questo sole, con questa terra, con quest'aquila, con questo serpente, non a nuova vita o a vita migliore o
a una vita simile: io torno eternamente a questa stessa identica
vita."
Tutto ciò
che è eterno è il divenire, il divenire di conflittualità, di
tensioni, di rapporti. La vita è il continuo, incessante superamento
di se stessa. Nella "Gaia scienza" questo pensiero è messo in
discussione e diventa eterno ritorno come pensiero di divenire
incessante: "Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta,
dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non
ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e
ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa
della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa
sequenza e successione". Egli, in Zarathustra, vuole approfondire
questo concetto con la metafora del serpente simbolo della versione
circolare dell'eterno ritorno a cui viene strappata la testa, e da
qui libera l'eterno ritorno dal suo circolo. Infatti dire che ogni
cosa si ripete in eterno significa rendere vano ogni evento ed ogni
pensiero congelandoli in un radicale determinismo: soffocare il
libero divenire delle cose e delle idee. Quindi l'eterno ritorno si
applica nell'eterno ritorno dell'uguale, che ritorna in generale, e
nel fatto che il ritorno non sia nella forma della circolarità. Così
il ritorno è incompatibile con eterno e l'eterno ritorno dell'uguale
va interpretato come divenire che ripete se stesso, divenire che
sempre è. Non siamo liberi, la libertà è solo apparente, ma il
rendersene consapevoli porta alla volontà di potenza.
Sulla sua montagna Zarathustra ritrova
la pace: ma essa viene improvvisamente sconvolta da un grido d'aiuto
lanciato dalla foresta: é l'umanità che ha bisogno di Zarathustra e
dei suoi insegnamenti. Ecco allora che il vecchio senzadio non esita
a scendere dal monte e si lancia alla ricerca di chi ha emesso
l'urlo per potergli prestare soccorso: si imbatte in un indovino già
incontrato anni addietro e poi in una coppia di re: anch'essi, come
Zarathustra, sono alla disperata ricerca di un uomo superiore,
nauseati dalla volgare società comune. Il punto culminante nei vari
incontri di Zarathustra é quello con il vecchio papa: il vecchio
senzadio gli domanda se é vero, come si dice, che Dio é morto: il
vecchio papa annuisce. "Basta con un Dio così! Meglio nessun Dio,
meglio costruirsi il destino con le proprie mani, meglio essere un
folle, meglio essere noi stessi Dio!."
Zarathustra alla fine
invita nella sua caverna tutti i personaggi che ha incontrato ed
essi accettano l'invito con gioia. Nonostante l'abbiano seguito sono
ancora tanto devoti da dover inventare la festa dell'asino, e ancora
dormono mentre Zarathustra è già sveglio ed è attorniato dai suoi
animali. Capisce che ci vuole compassione per l'uomo superiore, ma
che importanza poteva avere, ormai lui stesso era diventato maturo,
aveva superato se stesso, la sua opera era compiuta. Ha colto come
nell'attimo del proprio tramonto vi sia anche il momento dell'aurora
e del meriggio, perché è conscio del divenire dell'eterno ritorno;
necessità naturale e di se stesso, e chi ne è conscio sa che in sé
prevale la potenza del "fanciullo".
F. W. Nietzsche, "Così parlò Zarathustra"
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L’alchimista |
La cosmologia alchemico-rosacrociana
nella visione dell'unità tra microcosmo terreno e macrocosmo uranico.
L’incisione è inserita nel terzo trattato dedicato alla Basilica
Philosophica dell’ Opus Medico-Chymicum di Johann
Daniel Mylius. L’opera fu eseguita dall’incisore Mattheus Merian al quale
l’autore affidò il compito di sintetizzare dogmi e segreti dell’Alchimia in
«immagini». Nel volume esistono altre importanti illustrazioni alchemiche come
l’Undicesima Chiave di Basilio Valentino e la geometrica rappresentazione del
Mundus Archetipus di Thomas Norton. Le immagini sono state utilizzate
dall’editore Lucas Jennis per la marca tipografica e per la raffigurazione
schematica della visione ermetica del Mondo. L’editore impiegò l’opera di
Mattheus Merian anche per illustrare l’appendice del Museum Hermeticum pubblicato nel 1625 a Francoforte.
La teoria del Macrocosmo e del Microcosmo ebbe nel Medio Evo e nel Rinascimento
una grandissima fortuna. Al Macrocosmo fu associata l’immagine dell’Universo,
del Mondo, del locus in cui risiedeva Dio, la Luce Creatrice propagante
in ogni direzione e capace di dissolvere le tenebre e di fornire il principio
attivo generatore di tutte le cose. L’Uomo, creato da Dio e nel quale la
Divinità si rifletteva, fu, invece, il Microcosmo e l’Universo di cui costituiva
una replica in piccolo.
Macrocosmo e Microcosmo erano dunque costituiti da una sola materia formata da
due principi contrapposti: la Luce Infinita e le Tenebre Oscure. Nel dualismo
gli alchimisti credettero di individuare il mistero della Pietra Filosofale,
della Quintessenza, del Medicamento Universale in grado di guarire ogni tipo di
malattia. Nell’illustrazione simbolica e negli scritti alchemici, i principi
opposti, Luce e Tenebre, acquisirono il significato dello Zolfo e del Mercurio,
del Giorno e della Notte, del Sole e della Luna, del Maschile e del Femminile,
del Re e della Regina. Il simbolismo ebbe la funzione di Lutum Sapientiae
(un tipo di preparato che
veniva impiegato per "sigillare ermeticamente" il vaso alchemico posto sul
fuoco dell’athanor)
che «sigillando» il vero significato delle cose permetteva il
rispetto del segreto dogmatico dell’Arte Sacra che imponeva l’assoluto silenzio
e il divieto alla volgare divulgazione della sapienza eterna. Operazioni,
consigli e teorie per la fabbricazione del Lapis Philosophorum furono
così memorizzate in immagini emblematiche.
L’opera rappresenta
in forma sintetica, ma nel medesimo tempo completa, l’Universo ermetico. Essa
appare divisa in due parti secondo un asse orizzontale che separa il divino dal
terreno, il cielo illuminato dall’abisso oscuro. Un grande emisfero raggiante,
simbolo dell’Universo macrocosmico, è lo scenario della parte superiore. In
questo fondale di luce e di energia primitiva, una moltitudine di Angeli
avvolgono il Nome Sacro ed impronunziabile di Dio scritto con i quattro
caratteri ebraici JHVH (Jehovah). Accanto l’Agnello Mistico del Figlio e la Colomba dello Spirito
Santo. Nella zona sottostante una sfera più piccola, cinta da nuvole, contiene i
simboli alchemici del Corvo, del Cigno, del Drago o Basilisco, del Pellicano e
della Fenice. La raffigurazione delle fasi dell’Alchimia è racchiusa a sua volta
tra un anello di sette stelle e un cerchio che congiunge la sfera superiore a
quella inferiore. Il tutto circonda una struttura di sette anelli concentrici
che accoglie, partendo dall’esterno, il regno dello Zodiaco e dei Pianeti -
Metalli, quello del Vento, del Sole e delle Stelle, quello del Mercurio, dello
Zolfo e del Sale, quello del Fuoco.
La parte centrale della struttura è costituita dall’insieme dei simboli della
conoscenza alchemica ovvero i triangoli dell’Acqua, del Fuoco e la Stella a sei
punte o Scudo magico di Salomone simbolo della Pietra Filosofale. Il triangolo
inscritto nel cerchio è l’immagine trinitaria del fondamento alchemico, il
Mercurio Filosofico, il cui geroglifico è posto al centro.
La parte inferiore dell’incisione è divisa, a sua volta, da una linea
immaginaria in due parti; una diurna a sinistra e una notturna a destra. Nel
mezzo del paesaggio una piccola collina alberata, di forma rotondeggiante,
simboleggia la terra. Ogni albero porta il segno di un metallo e in quello posto
alla sommità è riprodotto quello dell’Oro. Gli alberi sono querce che nel
linguaggio dei filosofi ermetici significavano forza e perpetua resistenza.
Al limite inferiore della «foresta» un vecchio brandisce due asce, una nella
mano destra e l’altra in quella di sinistra e la sua tunica, tutta ricamata di
stelle, è per metà in luce e per l’altra metà nell’oscurità. La figura incarna
l’Alchimista e l’Unità indissolubile della Pietra d’Oro ed è
sorretta da due Leoni i cui corpi si fondono in una sola testa da cui esce un
fluido, trasposizione della materia prima.
A destra della collina, immersa
nelle tenebre della notte, un’aquila con le ali spiegate sostiene una donna nuda
e un uomo dalla testa di cervo e nel contempo protegge la sfera della terra e
dell’acqua. L’ermetismo vuole che questa sia la parte consacrata al principio
femminile cioè alla Luna-Argento innalzata dalle due figure. La donna nuda è
Diana e l’uomo è il mitologico Atteone allegoria del monito per gli uomini a non
avvicinarsi troppo al mondo degli Dei senza la necessaria riverenza. La Donna
tiene nella mano destra un grappolo d’uva rossa valorizzazione sessuale e
materna del latte della fertilità che esce, diretto verso la terra, dal suo seno
sotto forma di uno sciame di stelle. Atteone regge, invece, nella mano sinistra,
un trifoglio emblema dei tre principi Zolfo, Mercurio e Sale. Una catena lega il
polso della donna alla sfera delle nuvole confermando l’unione con l'emisfero
superiore.
Nella parte diurna sono posti i
simboli maschili del Leone rampante, dell’Uomo, del Sole e della Fenice. Come
l’Aquila, l’uccello che rinasce dalle proprie ceneri, ripara con le ali la sfera
del fuoco e dell’aria e sostiene l’Uomo e il Leone uniti nel Sole. L’Uomo è
anch’egli incatenato alla sfera celeste. La linea, che divide il paesaggio
inferiore, parte dall’unica testa dei Leoni e, attraversando il corpo
dell’alchimista, raggiunge l’albero dell’Oro, il Dragone, il Sigillo di
Salomone, il simbolo del Mercurio filosofico posto all’incrocio dei due assi,
quello orizzontale e quello verticale dove avviene l’unione suprema. La linea
prosegue in forma completamente immaginaria fino al Tetragramma divino.
L’espressione artistica risulta così essere, una rappresentazione della «summa
philosophica» dove le raffigurazioni sono «imagines agens» armoniche
con l’antico linguaggio della Dottrina dei Saggi e la visione macro-microcosmica
dell’Universo. Adottando il motto alchemico «Prega, leggi, leggi, leggi,
rileggi lavora e troverai» l’incisione rivela la sua peculiare funzione di luogo
mnemonico in cui tutti i misteri della sapienza eterna sono stati riposti. L’uso
esplicito o implicito delle forme geometriche ne sono un esempio.
Il richiamo all’Opus alchemicum sono così il cerchio chiuso dal diametro,
il triangolo ottenibile unendo i polsi dell’uomo e della donna al Tetragramma,
il triangolo formato dalla veste e dal corpo dell’Alchimista, il triangolo
formato dall’unione del Sole e della Luna con il simbolo del Mercurio. Mediando
i significati dei geroglifici dell’antico Egitto le forme geometriche riflettono
il corso del Sole nel cielo, l’origine e la fine, la nascita e la morte, il
principio femminile e quello maschile, la composizione ternaria della materia e
la natura trinitaria della Divinità. Il medesimo nucleo centrale, secondo una
comune interpretazione, rappresenta la totalità del «mondo» contenuta
nell’esistenza divina o Luce inavvicinabile. In tutta l’incisione il messaggio è
indirizzato all’interazione equilibrata tra il Mondo Archetipo, il Macrocosmo,
frutto dell’unione degli elementi acqua, fuoco e delle loro combinazioni, e il
Microcosmo, rappresentato dall’Uomo creato ad immagine di Dio e dell’Universo.
Secondo la teoria della «signatura» il paesaggio di fondo è l’iconografia della
Natura intera trascritta in un infinito Libro ermetico dove le creature
sono le parole.
Il concetto duale del credo alchemico è stato trasferito nell’opera con grande
tecnica dall’autore che ha sfruttato la contrapposizione tra i due colori
assoluti per rendere visibile l’inizio e la fine dell’opera.
La tecnica della contrapposizione tra luce e ombra, tra nero e bianco fu
impiegata in varie opere d’arte il cui intimo significato aveva, alle volte,
sfondo alchemico. Infatti i due colori possono essere posti all’estremità della
gamma cromatica divenendo assenza o somma di tutti gli altri, loro negazione o
loro sintesi. La negazione diventa, in tal modo, associabile alle tenebre
primordiali, all’ora di Saturno che con le proprie influenze negative conferisce
agli uomini gli umori della tristezza, della melanconia. L’affermazione è invece
il colore messianico ottenuto per «sublimazione» della materia.
Un esempio di contrapposizione bipolare, in cui una parte inizia quando finisce
l’altra, è il simbolo cinese del Tao, yin-yang (nero yin,
bianco yang). In esso le singole unità sono perfettamente integrate
senza alcuna prevalenza dell’una sull’altra e la linea curva mediana rilascia la
sensazione della ciclicità e delle due metà dell’Uovo del Mondo.
I due poli, che si toccano e che si condensano in un unico "Uno", trovano
corrispondenza nel passo della Tavola di Smeraldo «Sali dalla Terra al cielo e
dal cielo ridiscendi alla Terra» e il nero saturnino diventa così preludio di
una nascita, perpetuando la ritmica successione del Microcosmo a quella del
Macrocosmo. Il simbolo preso a prestito cela anche un altro significato; quello
della circoambulazione (ha soprattutto un valore cosmico, è l’imitazione dei cicli
astrali che assicurano l’armonia del Mondo adattandola a quella dell’Universo.
Nei più differenti riti religiosi la circoambulazione ha una sua precisa
collocazione. Ad esempio nei riti cattolici il prete gira attorno all’altare
incensandolo prima di iniziare la Santa Messa) che
nell’alchimia, diventa l’opus circolatorium. Infatti la materia
era sottoposta ad una continua lavorazione e rilavorazione
(nel
trattato, come in altri, sono riportate immagini delle apparecchiature di
laboratorio che comunemente venivano impiegate nei lavori e l’alambicco che
meglio permette di comprendere l’opera circolatoria è quello chiamato i gemelli) al fine di raggiungere un grado
di purezza assoluta generatrice degli elementi più semplici ovvero della
Quintessenza.
|
|
agnello |
colomba |
Innegabilmente l’Alchimia e gli
alchimisti hanno attinto dalle Sacre Scritture e dai dogmi della Chiesa
cristiana analogie e simboli per la loro opera. Così l’immagine dell’Agnello con
il vessillo acquisisce il significato del Cristo Redentore, l’«Agnus Dei»
sacrificatosi per la liberazione dell’umanità. Nella vasta riproduzione
iconografica dei Padri della Chiesa l’Agnello è il divino Pastore che conduce il
suo popolo alla Resurrezione sconfiggendo la morte, il peccato. Il simbolo
affonda le sue origini nell'arcaico mondo mediterraneo e fu diffusamente
impiegato come motivo figurato sia nel paganesimo che nel cristianesimo.
L’Agnello è dunque il Figlio di Dio, che nell’opus alchemicum è lo stato
di purezza assoluta, il secretum secretorum di San Domenico che, secondo
una tradizione medievale, avrebbe scoperto la perfezione terrena, cioè la Pietra
Filosofale. L’Agnello diventa quindi un parallelo tra Lapis e Cristo che C. G.
Jung affermò essere uno dei temi centrali dell’alchimia. Gli alchimisti si
misero al posto di Cristo perché
l’Alchimia ne suggellò il parallelo.
La Colomba è la purezza giudeo
cristiana, è l’armoniosa semplicità, è lo Spirito Santo simbolo del «vento
del sud» asciutto e caldo. In alchimia il vento è associato al
processo della sublimazione, del riscaldamento della storta contenente la
materia prima da tramutare. Nell’opus alchemicum la colomba assume il
ruolo sinonimo del fuoco ardente ed esaltante i principi
costituenti la materia; un sole sorgente. Dal corvo nero nasce una colomba
bianca, dalla materia putrefatta esce l’anima.
Il diagramma
centrale a cerchi concentrici rappresenta secondo la visione neoplatonica la
gerarchia celeste e l’organizzazione degli elementi cosmici che influenzano il
percorso dell’alchimia. Dal sesto secolo dopo Cristo al Rinascimento tale
concezione ebbe una considerevole influenza nella schematizzazione cristiana del
Cosmo e delle relazioni tra il superiore e il «mundus elementaris». Nel
concetto cabalistico esoterico alchemico la struttura è l’albero della
pansofia, in cui nasce l’unione tra il macrocosmo e il microcosmo: «omnia
ab uno» e «omnia ad unum». Il modello è l’immagine della
coppia attiva cielo-natura i cui principi elementari si trovano nell’Ouroboros,
il serpente che si morde la coda, nella ruota della vita, nello Zodiaco (Zodiaco deriva dal Greco Zoe (vita) e
Diakos (ruota).
Il primo anello è infatti occupato dalla cintura dello Zodiaco sintesi del
Cosmo, delle stelle fisse e delle dodici costellazioni in cui si muovono gli
astri erranti, ovvero i Pianeti. Nella parte inferiore del medesimo anello sono
riprodotti i simboli dei Pianeti-metalli stabilendo che tra Astrologia e
Alchimia esiste una relazione come esiste la connessione tra Cielo e Terra.
L’inferiore somiglia al superiore. Ai cinque Pianeti che si possono vedere a
occhio nudo gli alchimisti unirono il Sole e la Luna nel tentativo di porre, per
l’ennesima volta, in risalto il dualismo tra Oro e Argento, tra spirito ed
anima.
Alcune pagine della Basilica Philosophica sono dedicate alla relazione
tra i Pianeti e i metalli che maturavano sotto il loro influsso, celati in seno
alla Terra. L’elemento grafico per la dimostrazione è la stella a sei punte
inscritta in un cerchio in cui sono riportati dei numeri ai quali Mylius fa
corrispondere un Arcangelo. La correlazione è ordinata secondo un metodo arcano
dal quale nasce poi l’abbinamento finale tra Angeli, Pianeti e metalli. Una
successiva immagine riproduce le orbite dei Pianeti in maniera concentrica
tenendo conto della distanza dalla Terra del corpo celeste, delle affinità con
il metallo corrispondente e delle analogie con gli altri corpi astrali.
La prima, la più ampia, è quella di Saturno a cui fa riferimento il piombo,
padre di tutti i metalli e da cui l’opera dei filosofi partiva per la
preparazione dell’oro e della Luna che è il corpo celeste più vicino alla Terra.
L’associazione Saturno-Luna trae origine dalla concezione cabalistica per cui
Saturno, il pianeta più lontano dalla Terra e quindi dal Microcosmo, simboleggia
la ragione, l’intelletto in antitesi allo spirito vitale, anello di congiunzione
tra anima e corpo, associato alla Luna più vicina alla Terra ovvero al
Microcosmo. Tra i due poli tutte le altre orbite planetarie simulano la
graduatoria delle molteplici distanze dalla Terra e delle conseguenti facoltà
umane.
Il punto di origine è il Sole-Oro il cui simbolo è il cerchio con un punto nel
mezzo. Il disegno di Mylius è pure un tentativo di rendere evidente la
gerarchizzazione dei pianeti e dei correlati metalli ponendo alcuni
pianeti-metalli in posizione attiva ed altri in posizione passiva.
L’illustrazione intende ritrarre il Cosmo nell’Unità essenziale e in quella
materiale così come solo nell’uomo perfetto l’immagine e la somiglianza con Dio
si manifestano in un unico spirituale.
Il concatenamento tra Astrologia e Alchimia fu di grande importanza
nell’apprendimento della convinzione che esisteva un’influenza delle
costellazioni e delle congiunzioni planetarie sulla natura terrestre. Ogni
regno, animale, vegetale, minerale, godeva di tale effetto che poteva essere
benigno o maligno a secondo delle posizioni e delle combinazioni degli astri.
Questa opinione fu molto diffusa e venne applicata in numerosi campi. Per
esempio nella preparazione dei farmaci.
La Grande Opera non poté esimersi da questo convincimento e ogni operazione
doveva essere quindi avviata soltanto in un preciso momento dell’anno, del mese,
del giorno poiché solo in quell’istante il flusso planetario e delle stelle
avrebbe garantito il successo. Il movimento dei Pianeti attraverso le
costellazioni, contenute nelle dodici Case celesti del Sole che
dividono lo Zodiaco, è altrettanto una visione mediata dell’opus
circolatorium alchemicum tentativo della riproduzione microcosmica
delle strutture dell’Universo con il loro formarsi e riformarsi a partire
dal Tetragramma divino. Le dodici divisioni sono i dodici «stadi» in cui
era previsto che la materia dovesse passare prima di raggiungere la consistenza
adeguata dell’ultima fase ed è pure il numero perfetto risultante dal prodotto
di quattro per tre cioè dei quattro elementi per i tre principi.
Nel complesso sistema cosmico e delle relazioni tra Macrocosmo e Microcosmo il
luogo dove risiede il vento è il petto dell’Uomo che racchiude in sé, in intima
miscela, tutte le proprietà alchemiche delle cose. L’anello del Vento, del Sole
e delle Stelle è il Cielo Etereo dove soggiornano le Stelle fisse illuminate dal
Sole e dove l’alito divino, il soffio originatore, è il legame tra il Mondo
superiore e quello inferiore. Tale luogo divide lo spazio superiore dallo spazio
inferiore, tra Luce e Tenebre, tra grado spirituale e grado materiale
riconoscibile nel regno minerale, vegetale ed animale e quello della Terra pura.
Su una linea invisibile giace il Sole centro dell’ intelligenza cosmica e della
vita, ma anche punto di equilibrio tra materia e forma.
Il Vento degli alchimisti è il vento biblico Rouah (in arabo come in
ebraico la parola significa ‘soffio’,
‘spirito’)
che simbolizza la forza elementare, il sinonimo dello Spirito di Dio che porta
il fuoco primordiale, il potere come inteso dalle popolazioni Druidiche, capace
di variare magicamente i rapporti degli elementi acqua, aria, fuoco e terra
nella composizione di tutti gli esseri viventi. Nell’«explicatio locorum
signatorum» il petto dell’Uomo microcosmico diventa quindi il luogo
ospitante l’anima vitale dove le stelle, con la loro luce, fungono da
collegamento tra le forze spirituali o luce infinita e quelle materiali o
tenebre profonde cioè tra le «idee del mondo sovraceleste e il mondo subceleste
degli elementi». Il conflitto tra queste due entità è mantenuto in equilibrio
dal Sole grazie al quale la vita è insufflata nel corpo.
Nell’imaginatio alchemica, il Vento è associato al flusso animatore del
primo Uomo, all’Anima del Mondo originata dai quattro venti principali
provenienti dai punti cardinali Nord, Sud, Est e Ovest che, secondo la mistica
di Böhme, sono le quattro braccia della Croce, le quattro lettere del
Tetragramma, le quattro entità elementari Aria, Acqua, Fuoco e Terra, i quattro
temperamenti umani: il sanguigno, il collerico, il flemmatico, il melanconico;
e, attraverso una moltiplicazione successiva, tutto l’Universo. A questo anello
è dunque associata la riproduzione dell’«intero cielo con le proprie immagini
magiche delle stelle» e dei corpi siderei che fungono da intermediari tra il
mondo superiore e quello inferiore nel trasferimento alla natura del loro
influsso segreto. Le circonferenze concentriche che seguono corrispondono alle
strutture sefirotiche cabalistiche tanto diffuse nella filosofia dei Rosa Croce
della fine del ’500 e dell’inizio del ’600. Le prime tre sono rispettivamente
dedicate al Mercurio nelle sue diverse declinazioni, allo Zolfo e al Sale mentre
l’ultima, prima del cerchio finale, è quella del Fuoco.
Nell’ideogramma del Mercurio
(Mercurius Philosophorum, Mercurius Corporeum,
Mercurius Vulgaris) gli alchimisti riposero il segreto della Grande
Arte e in esso fu sintetizzato il mistero che non avrebbe dovuto essere portato
a conoscenza dei non iniziati. Nella zona anulare è racchiusa l’immagine di
memoria collegata a tutto quanto riguarda il Mercurio che viene definito «philosophorum»
quello dei filosofi, «vulgaris» quello degli spagiristi e «corporeum»
quello rappresentante l’intelletto dell’uomo inteso come spirito vitale.
Il Mercurio fu per l’Alchimia occidentale il Monstrum hermaphroditus, il
Rebis (res bis: la doppia cosa) in cui il principio solare o maschile si
è fuso con quello lunare o femminile. È il figlio procreato dall’unione del Re
con la Regina, è il mediatore tra l’Olimpo e la Terra. Il suo simbolo è il
Caduceo raffigurazione della dualità della natura nella quale si confrontano i
principi contrari e complementari: luce e tenebre, femminile e maschile.
Il Mercurio è quindi l’elemento circolatorio da cui nasce l’intelligenza,
luogo in cui il sensibile si contrappone al razionale. Per l’Alchimista il
Mercurio fu il principio e la fine di ogni corpo e per riprodurre tale opinione
lo chiamarono "Azoto" un acronimo cabalistico la cui lettura svela
l’associazione al principio ermetico. A è l’inizio di tutti gli alfabeti, Z la
fine dell’alfabeto latino, W di quello greco e TO di quello ebraico. Fu così
considerato l’elemento di partenza per tutte le trasmutazioni affidandogli il
ruolo di rigeneratore interiore, di manifestazione transitoria tra l’inferiore e
il superiore, tra lo stato impuro e lo stato puro.
Scomponendo
l’ideogramma una moltitudine di significati affiorano alla compressione. Così la
parte superiore, assimilabile a una coppa, è in realtà una Luna crescente
ricettiva quindi passiva e femminile. Se unita al cerchio, diventa il simbolo
zodiacale del Toro_che alle volte è sostituito da quello dell’Ariete,
rappresentante il suo contrario e che per contro è il segno dell’equinozio
primaverile, del mese di Marzo, del germoglio scaturente dalla terra in
risveglio, della Trinità, del corso della vita dell’uomo che perennemente si
trova al bivio della vita con Dio o con il Demonio. Il cerchio con la croce è
l’antico simbolo orientale del Sole nascente che lancia in ogni direzione i suoi
raggi. Più tardi della croce ansata egizia chiamata anche «specchio di Venere» e
da qui il simbolo del pianeta Venere che in biologia assume il significato del
femminile detentore in sé, in forma di germe, dell’energia vitale della natura.
Il Mercurio è pertanto il punto da cui universalmente parte ogni vitalità, è l’
Anima Mundi che tende a liberare l’Uomo dalla materia spiritualizzandolo
ed innalzandolo verso il superiore, è il punto più alto delle sfere
dell’intelletto, della Binah dell’albero delle Sefirot. Il Mercurius
Philosophorum è la linfa e il collante di tutti gli esseri e tramite esso si
compiono le magie e i miracoli della Pietra Filosofale, della Medicina
alchemica.
Il cerchio
concentrico seguente è quello dello Zolfo (Sulphur
Fixum, Sulphur Aetheorum,
Sulphur Combustibilem)
è il principio originario maschile che agisce fecondando il passivo e
femminile Mercurio. Gli alchimisti abbinarono allo Zolfo il Fuoco, il calore
vitale, lo Spirito, la Luce celeste dalla quale e per la quale ogni forma
vivente nasce e si sviluppa.
Nell’illustrazione, sopra la collina, l’immagine del Fuoco nascente da una
spaccatura della Terra, è l’affermazione di quanto gli alchimisti affidavano
allo Zolfo che stava nel Microcosmo come il Sole dimorava nel Macrocosmo. Al
Fuoco veniva contrapposta l’Acqua simbolo della femminilità e infatti in
posizione diametralmente opposta, è riprodotta una sorgente d’acqua pura. Lo
Zolfo «Fixum» è per gli alchimisti il Fuoco interiore di ogni fissità
individuale quindi parte di quella «pioggia di zolfo di Sodoma» similitudine
dell’attività dello Spirito creatore e particella di quella Luce creatrice Una e
Trina.
Il Sale è il terzo principio accanto a sulphur et mercurius. L’accostamento avvenne
per la prima volta per l’opera di Paracelso che lo
definì la "qualità del
corporeo". Nei trattati e nelle ricette alchemiche fu inteso come il «Sale
dei filosofi che nulla aveva a che vedere con il Sale comune», il Sale
della Sapienza eterna la cui origine era nell’Allume,
essenza indifferenziata e primitiva. Il simbolo del cerchio è il simbolo
dell’eternità, di Dio che non ha inizio ne fine, delle acque dell’Oceano cosmico
che nel Caos primordiale appaiono sotto forma di una massa confusa in cui gli
elementi non sono separati. Quando avvenne la divisione tra il firmamento e il
mondo questa "materia prima" acquisì la natura celeste della quintessenza
diventando la radice di tutti i corpi, il sale dei metalli.
Il diametro orizzontale simboleggia tale avvenimento che ordinò e stabilizzò
tutto il creato, scindendo il Cosmo in Macro e Micro, in acque superiori ed
inferiori. Il Sale è nell’immaginazione alchemica ciò che determina
l’equilibrio, la stabilizzazione, la combinazione armonica tra anima e spirito,
tra zolfo e mercurio. Il parallelo, che gli alchimisti intesero vedere tra Lapis
e Cristo, trova nel sale un fondamento. Essi indicarono in Gesù il Sale
che compenetra Cielo e Terra, l’elemento che sterilizza ogni cosa, che vince
ogni male rendendo il corpo e l’anima. Il nesso tra Sale e Cristo fu concepito
anche per quel concetto di stabilità a cui il Sale era legato.
Nell’immaginazione attiva dell’Alchimista l’equilibrio divenne sinonimo di
solidificazione, di cristallizzazione espressa sotto le forme dei cristalli
ottenuti negli esperimenti di laboratorio alla ricerca del «tesoro nascosto»
frutto della combinazione dei tre principi originatori. Da qui il parallelo tra
il Lapis «trinus et unus» alla Divinità. Il sale fu il principio della
conservazione, dell’incorruttibilità, della purificazione come ancora oggi nelle
cerimonie shintoiste è creduto.
Con il simbolismo intricato e introverso gli alchimisti avevano tentato di
sondare e descrivere per secoli il mistero del Mondo. Non a caso l’autore ha
posto al centro di tutta l’opera un’iconografia che in forma condensata
rispecchia tale tentativo. Osservando con occhi diversi, si ritrovano tutta la
storia e le idee del misticismo esoterico dell’Alchimia e l’intreccio dei
differenti significati dei simboli presentano un fascino enigmatico proprio
dell’itinerario verso Dio unico creatore. La bellezza, che emana
dall’inestricabile insieme, è di proporzioni imponenti e il suo splendore
diventa la sua trasparenza e più preciso è il suo carattere simbolico.
La sua decifrazione impone un impervio cammino tra le conoscenze cabalistiche e
la comprensione dei concetti di intere generazioni di filosofi, di esoterici, di
alchimisti che, alle loro conoscenze oggettive e razionali, aggiungevano
esperienze spirituali determinate dal vissuto individuale e della comunità. Così
il cerchio per l’Alchimia rappresenta il serpente dragone che si morde la coda e
che racchiude in sé l’Uno da cui proviene il Tutto criptato nella figura
geometrica del triangolo che, per la tradizione cristiana, aderisce all’immagine
di Dio Uno e Trino e che per la visione cabalistica è invece il sistema
costituito da Keter, Binah e Hockmah
(nel sistema sefirotico Keter è la Corona,
Binah l’ Intelligenza e Hockmah la Sapienza, ragione sovrana),
cioè la lotta tra il principio attivo e passivo generatore del movimento dal
quale emana la vita. Il punto posto al centro di tutta la figura è l’origine, è
l’essenza segreta in cui Luce e Tenebre sono allo stato di Caos e non si possono
identificare.
Accanto al Triangolo, ma sempre all’interno del cerchio cosmico, i simboli del
Fuoco e dell’Acqua che si interpenetrano dando come risultato la stella a sei
punte del Sigillo di Salomone, somma del pensiero ermetico, dell’anima umana,
dei principi attivi e passivi, della evoluzione e dell’involuzione.
L’interpretazione dell’esagramma permette di scoprire l’esistenza al suo interno
della materia che forma l’Universo, cioè il Macro e il Microcosmo interagenti. E
così il triangolo con la punta verso l’alto è il Fuoco, quello con la punta
riversa verso il basso è l’Acqua, quello con la punta tronca verso l’alto è
l’Aria e quello complementare è la Terra.
Le quattro punte sono le proprietà essenziali della materia che si combinano nei
differenti modi producendone la molteplice varietà. L’emblema è così l’anfiteatro
della sapienza eterna, della natura, del Cosmo nella sua forma unica e
nel contempo complessa. Nel Sigillo si possono ritrovare anche i sette metalli e
gli analoghi sette Pianeti. Sulla base di tali analogie la lettura del pensiero
ermetico si fa semplice poiché tutto quello che sta al limite estremo è
l’imperfetto e ciò che corrisponde alla perfezione è al centro ove si trova il
segno dell’Oro-Sole. Il lavoro alchemico fu infatti il ridurre i multipli
all’unità simboleggiante il Principio Originatore, la Pietra Filosofale.
Nelle
opere alchemiche è molto facile imbattersi nell’uso degli animali come simboli.
Un gruppo importante di questi sono gli uccelli. Essi dominano l’elemento aria,
anello tra la realtà terrena e il regno dei cieli. Osservando il loro volo gli
alchimisti credettero di riconoscere quindi un legame tra il volo e l’animo
dell’uomo la cui vocazione è quella di tendere alla spiritualità.
Il simbolismo degli uccelli acquisì pertanto la funzione della mediazione tra il
mondo fisico e quello spirituale riflettendo ciò che l’animo umano tende a fare
per raggiungere la propria perfezione. Da qui il parallelo con i processi del
lavoro alchemico trasposizione mistica delle fasi attraverso cui l’uomo avrebbe
raggiunto la perfezione, ovvero, la riuscita dell’esperimento di tramutazione in
oro dei metalli vili.
Nelle riproduzioni iconografiche come nei testi la sequenza dell’uso degli
uccelli corrispondeva alla sequenza delle operazioni svolte, nelle storte del
laboratorio, dagli alchimisti e iniziava con il Corvo seguito dal Cigno, dal
Pavone, dal Pellicano per finire con la Fenice. Nell’incisione il Pavone è
sostituito dal Dragone inizio della fase centrale che si risolve con la
purificazione dell’animo dominando gli aspetti negativi dello stesso concludendo
nella completa bellezza e splendore rappresentata dalla molteplicità dei colori
della coda del Pavone.
I processi fisici degli alchimisti risultavano essere un ciclo che prendeva vita
da uno stato di disfacimento della materia putrefazione o nigredo, per
passare ad uno stato di albedo o calcinazione, proseguendo attraverso una
rapida iridescenza, una distillazione a ricadere o «circolazione» e una
finale «sublimazione». Attorno alla struttura armillare della conoscenza
alchemica un anello diviso in cinque parti riporta le rappresentazioni di
diversi animali. Partendo da sinistra guardando l’incisione ritroviamo il Corvo,
il Cigno, il Dragone mercuriale o Basilisco, il Pellicano e la Fenice.
Il simbolismo del Corvo è sempre
stato associato a qualcosa di negativo. Il nero del Corvo è il nero delle
tenebre è il colore della morte. In Alchimia è l’inizio della Grande Opera, la
prima fase attraverso la quale il cammino verso la trasmutazione iniziava. La
materia prima veniva scaldata vigorosamente nell’uovo alchemico posto
sull’athanor finchè la materia, mediante il processo di putrefatio, si
calcinava carbonizzandosi: nigredo. Quando la nigredo avveniva
seguendo un processo di riscaldamento forte e veloce l’operazione si diceva
eseguita secondo la via secca e il simbolo impiegato negli scritti era il Corvo.
In alternativa alla via secca esisteva quella definita umida in cui la materia,
comunque, giungeva allo stato di putrefazione, ma in un tempo estremamente più
lungo con un riscaldamento lento e una continua circolazione. In questo caso
l’animale utilizzato per la metafora era il rospo. Un’altra allegoria per la
rappresentazione di questa fase fu il Dragone Ouroboros un consueto abitante
dell’ampolla degli alchimisti. Il significato del dragone fu quello dello
spirito che esala dalla terra quando la sostanza primigene inizia a rilasciare
le parti essenziali che poi si sublimeranno nell’alto dell’ampolla. La
putrefazione culminava nella calcinazione la cui corrispondenza era il Bianco
Cigno.
Nel candore e nella forma del
Cigno gli alchimisti trovarono sia la luce solare, sinonimo della natura
maschile, sia la luce lunare immagine della femminilità. Il lungo collo
diventava l’accezione del simbolo fallico e il corpo rotondeggiante il senso del
corpo femminile. Il simbolismo del Cigno fu anche quello dell’uovo del Mondo e
del corpo androgino frutto dell’unione degli opposti. La concezione che il cigno
fosse collegato alla realizzazione dei desideri facilitò l’accostamento alla
fase del processo di calcinazione che per sua peculiare caratteristica, la
materia assumeva un colore bianco latte, ingannò gli sperimentatori facendo
credere di aver raggiunto la purezza assoluta. L’associazione al Cigno, dello
stadio temporaneo, fu una conseguenza di quanto gli alchimisti osservarono nel
compiere la loro opera seguendo la via umida. Infatti la materia una volta
calcinata per via umida alle volte formava una crosta che si rompeva sotto
riscaldamento liberando cristalli bianchi assomiglianti a dei cigni galleggianti
sopra le acque di un lago. Quando la via seguita era la secca la fase veniva
contraddistinta dal simbolismo dell’aquila bianca.
L’animale fiabesco, rappresentato con il corpo da serpente, la testa di gallo,
ali e zampe d’aquila, nel medioevo era considerato l’espressione infernale la
cui triplice natura si anteponeva a quella divina. Fulcanelli nelle Dimore
Filosofali lo definisce come il «piccolo re», il «regulus»
precorritore della primavera dell’Opera. Nelle numerose riproduzioni
iconografiche del XV e XVI secolo il Basilisco è anche il dragone che sputa
fuoco vivo capace di uccidere chiunque trovi sul suo cammino. Sant’Agostino
lo definisce il "re dei serpenti", cioè il demonio. L’alito del basilisco è
velenoso come pure il suo sguardo e le leggende medioevali raccontano che
l’unico modo per difendersi dall’«immonda fiera» era quello di usare uno
specchio nel quale il drago, rispecchiandosi, avrebbe trovato la morte per opera
del proprio veleno. La raffigurazione del Basilisco simboleggia la materia
prima da trasformare che dallo stato vile passa a quello paradisiaco e
perfetto. C. G. Jung nei suoi studi individua, in tutto ciò che è infimo, la
prima materia a buon mercato da cui partire per lo svolgimento
dell’Opera. I bestiari medioevali, a conferma della visione di Jung, usavano le
allegorie dei più demoniaci animali quali il serpente, il drago, il basilisco,
il corvo per identificare lo stato d’infimo ordine da cui partire per il
raggiungimento del «tesoro dei tesori». Il Basilisco è così il malefico
guardiano che deve essere battuto per aver accesso al tesoro, il simbolo del
Mercurio Filosofale emblema della germinazione del Mondo, il Leviatano che
dimora nelle acque, manifestazione della pioggia accompagnata da lampi e tuoni,
segnali dell’attività celeste.
Il simbolo del Pellicano che nutre i suoi piccoli con il sangue che sgorga dal
suo petto è l’immagine dell’amore paterno. Per questa ragione l’iconografia
cristiana ne ha fatto l’allegoria di Cristo che sulla Croce venne trafitto al
petto perdendo sangue e acqua fonte della vita per gli Uomini. Il sangue
scaturente dal petto del Pellicano è, per l’Ars Symbolica, la forza
spirituale che alimenta il lavoro dell’alchimista che con grande amore e
sacrificio conduce la ricerca della perfezione. Nell’iconografia alchemica il
Pellicano simboleggia un particolare vaso nel quale veniva riposta la
materia liquida da distillare.
Il simbolo della Fenice trova le
proprie origini nell’antico Egitto ove assumeva il significato solare associato
alla città di Heliopolis. In essa veniva onorato il dio Sole che ogni
giorno sorgeva e tramontava. La Fenice rappresenta spesso la fase finale del
processo alchemico e gli alchimisti in questo uccello riposero il significato
della spiritualizzazione completa, della rinascita della personalità risultato
finale della Grande Opera. Secondo un mito greco, rifacentesi ad uno più antico
egizio, la Fenice risorgeva dalle ceneri della sua pira ogni cinquecento anni e
tale leggendaria immagine di longevità ed immortalità costituì, durante il
Medioevo, un parallelo con l’immortalità e la resurrezione di Cristo dal Santo
Sepolcro.
Nell’opera l’iconografia dell’uccello viene dopo quella del Pellicano non solo
nel rispetto della successione delle fasi alchemiche, ma anche nel significato
rispetto a quello che lo precede. Infatti la sua capacità di ricrearsi
acquisisce il significato divino nei confronti di quello umano del Pellicano. Il
magnifico aspetto rosso dell’uccello (‘fenice’ deriva da una parola greca che
significa ‘rosso’) evoca il fuoco creatore capace di dissolvere le tenebre della
notte simboleggianti la condizione della morte, del peccato, dell’anima liberata
dalla natura umana che l’opprime. Il simbolo alchimistico è molto diffuso e
viene spesso impiegato per raffigurare la proprietà della Pietra Filosofale
capace di moltiplicare e aumentare la quantità d’oro ottenibile dalla
trattazione della vile materia prima. Nel lato sinistro della tavola la
Fenice è riprodotta come simbolo maschile che protegge i due elementi fuoco e
aria contenuti nelle due sfere sotto le sue ali.
Nell’antichità il
simbolismo del Leone ebbe un ampio impiego. Ciò dipese dalla sua natura forte e
dalle sue sembianze. Il colore e la fulva criniera lo portarono ad essere
associato al Sole che con la sua energia illuminava e donava la vita.
L’accostamento all’astro era già presente nelle culture primitive che vedevano
nell’animale la maestosità della natura e la prosperità del periodo centrale
dell’anno quando le stelle di maggiore grandezza brillavano nella notte e il
Sole splendeva più intenso durante il giorno. Nell’iconografia egiziana il leone
era molte volte ritratto in coppia con lo sguardo di uno rivolto all’orizzonte
opposto dell’altro. Essi disegnavano l’arco che il sole compieva nel cielo
andando da Est a Ovest, dalla suo sorgere al suo tramontare. Il medesimo
significato fu ripreso nel complesso codice dei filosofi alchemici che
affidarono all’immagine del Leone giovane quella dell’alba e al Leone vecchio e
malato quella del tramonto. Questa duplicità si tradusse nella distinzione
alchemica tra Leone verde e rosso che materializzavano l’uno l’inizio e l’altro
la fine dell’opera. L’oro era quindi il Leone rosso che divorava quello verde e l’inquietante visione voleva essere il geroglifico del
tortuoso percorso che l’addetto avrebbe dovuto compiere per raggiungere la
perfezione passando attraverso la lavorazione della materia prima cruda
(il mercurio filosofico), il fuoco iniziatore, lo zolfo filosofico e finendo con
l’ottenimento del re dei metalli, la polvere di proiezione, la Pietra
Filosofale. Il Leone verde fu anche l’immagine traslata del mondo vegetale e
minerale, e il Leone rosso l’esempio della materia rossa dimorante
al fondo del vaso alchemico prima della sublimazione. Il Leone della tavola di
Mattheus Merian è riprodotto in maniera classica come siamo abituati a vederlo
negli stemmi araldici medioevali. La posizione eretta sulle gambe posteriori, le
fauci aperte, le gambe anteriori distese e la lingua fuori era l’espressione
della potenza, dell’aggressività e dell’alto rango che si sposava perfettamente
allo spirito del principio maschile. Nella tavola il posizionamento del Leone,
in questo caso verde, è infatti previsto nel lato dedicato ai principi maschili
come il solvente universale, il fuoco originatore che si sprigiona dalla terra
(riprodotto sulla montagnola), il Sole splendente e l’Adamo alchemico che, come
il Leone, ha un piede su una stella a sette punte simbologia delle sette
operazioni della Grande Opera. Il richiamo alle sette fasi è anche visibile nel
collare del leone ove sono incastonate sette stelle.
L’immagine mostruosa centrale è la metafora del matrimonio dei contrari come la
luna e il sole, l’acqua e il fuoco, lo zolfo e il mercurio, il Re e la Regina
che nell’amplesso creeranno il nuovo essere. L’unica testa della figura deforme
vomita il «bronzo dei filosofi», un «liquido dorato e vischioso»
che simbolicamente raffigura il duenech ( ‘Antimonio’, inteso come
materia primordiale da cui l’addetto partiva per compiere l’opera),
la materia nella fase della nigredo ancor prima della putrefactio.
I due leoni uniti nella singola testa sono pure la raffigurazione dell’essere
androgino simbolo della perfetta integrazione.
Il simbolo
dell’aquila secondo C. G. Jung è un simbolo polivalente. Infatti il re degli
uccelli acquisiva un significato differente se bianca o nera. Essa incarnava
l’allegoria dell’alta divinità, del fuoco celeste, del sole, della nobiltà e
dell’anima come parte dell’uomo appartenente a Dio.
L’impiego del simbolismo dell’aquila fu nelle differenti civiltà quasi sempre
indirizzato all’espressione di «altitudine» che cambiava quando, con un volo in
picchiata, l’uccello si scagliava contro la preda. Le figure emblematiche
dell’aquila e del serpente furono la traduzione di tale dualismo.
La duplice figura dell’aquila e del serpente acquistava il significato del Cielo
e della Terra, della lotta tra l’Angelo e il Demone metafora del contrasto tra
bene e male. In alchimia l’aquila è lo spirito costretto nella materia bruta che
si libera solo dopo la fase di riscaldamento prolungato nell’athanor e si
concretizza nell’alto dell’alambicco. L’aquila bianca fu percepita come una
proiezione maschile associabile al potere soprannaturale e il suo sangue nelle
vecchie farmacopee veniva prescritto come un rinvigorente delle forze e unico
mezzo per ridonare la fecondità delle donne sterili.
Quando invece era ritratta nera o bruna il suo significato cambiava totalmente
divenendo un segno notturno, lunare, femminile come quella effigiata nella
tavola. Sotto l’ombra dell’ali dell’aquila sono poste le sfere dell’acqua e
della terra disegnate con le sembianze di Poseidone e di un bosco.
Poseidone è l’iconografia delle acque primordiali dalle quali tutti i corpi
prendono vita sia quelli che abiteranno le acque sia quelli che vivranno sulla
terra. La divinità è quindi la forza elementare non ancora organizzata alla
ricerca del elemento iniziale padre di ogni armonico sviluppo. Il bosco e in
generale il simbolismo del paesaggio, è la terra centro della vita, simbolo
femminile che Jung associa all’inconscio immensa riserva di spirito vitale e di
conoscenze misteriose.
La figura umana al centro della stampa è l’alchimista. La figura è la
trasposizione dell’unità dell’opera, della pietra filosofale che si compone
mediante l’unione dei contrari simbolicamente raffigurati dalla veste metà
chiara e metà scura. L’indumento è trapuntato da una moltitudine di stelle segni
dell’ordine cosmico, della luce che viene dall’alto e, essendo tutte a sei
punte, richiamo del sigillo magico di Salomone. La tunica nella sua globalità
vuole essere anche l’immagine della simmetria celeste, del Macro e del
Microcosmo. Nell’originale e simbolica veste è riaffermato la circolarità
dell’alchimia.
Nelle mani alzate l’alchimista tiene due asce a loro volta piene di stelle. In
questo caso la similitudine delle asce è ancora quella delle due realtà
separate, della materia frantumata (le stelle riprodotte in ogni penna) affinché da essa si liberi la quintessenza, lo spirito. Le due asce sono il
«separa e riunisci» dell’Arte di Paracelso supremo inizio della presa di
coscienza della dualità della materia e dell’esistenza.
L’immagine
delle nubi risale alle più antiche religioni. I significati principali prendono
spunto dalla natura delle nubi che hanno un aspetto indefinito e confuso
figurazione di uno stato primordiale e caotico. Le nubi sono anche correlate
alla pioggia evidenza dell’attività celeste procuratrice di fecondità. In
alchimia le nubi sono pure il geroglifico della metamorfosi che gli addetti
devono compiere per avvicinarsi alla sfera celeste o delle acque superiori. Le
nubi sono inoltre gli Angeli che, come emanazione di Dio, dall’Empireo invadono
l’Universo intero popolandolo.
Questa tavola rappresenta attraverso
i simboli alchemici il riassunto della grande opera:
|
L’iniziato |
L'iniziazione è la conoscenza dei segreti del mondo e dell'uomo, il cui
conseguimento richiede impegno e dedizione totali, per condurre
l'umanità in avanti, verso le mete stabilite dalla saggia direzione
del mondo. L'iniziazione è un addestramento alle facoltà
dell'anima, sul corpo astrale-emotivo, al fine di raggiungere mete conoscitive e
pratiche che l'umanità, raggiungerà per lentissima evoluzione tra due millenni.
L'acquisto di conoscenza va devoluto agli altri per aiutarli a progredire.
Infatti la gente non è ad un pari grado di conoscenza, ed è opportuno sapere a che
livello si sia prima di svolgere una pratica iniziatica.
Le dottrine orientali
molto in voga oggi, non sono evolutivamente compatibili con l'uomo moderno. Le
tre grandi correnti iniziatiche moderne sono: yoga, cristiana, rosacrociana.
Questo schema mostra come l'uomo durante
le varie epoche abbia acquistato nuovi organi sovrasensibili per
sviluppare in principio il pensare, grazie all'iniziazione yoga, poi
il sentire grazie alla cristiana e ora dovrà sviluppare l'anima
cosciente
che poggia sul volere, con la nuova direzione
antroposofica-rosacrociana:
organi di sviluppo |
corpo vitale
corpo fisico |
corpo senziente
corpo vitale
corpo fisico |
anima senziente
corpo senziente
corpo vitale
corpo fisico |
anima intellettiva
anima senziente
corpo senziente
corpo vitale
corpo fisico |
anima cosciente
anima intellettiva
anima senziente
corpo senziente
corpo vitale
corpo fisico |
civiltà |
indù |
persiana |
egiziana |
greco-latina |
moderna |
iniziazione |
yoga |
cristiana |
rosacrociana
antroposofica |
forza dell'anima |
pensare |
sentire |
volere |
Nel periodo in cui si svilupparono gli organi sino
all'anima senziente, l'uomo era come un bambino che aveva bisogno di una guida, di un
maestro, perché non vi era individualità. L'antico discepolo che sentiva in sé la
vocazione verso la vita interiore, si poneva in cerca di un Maestro, una volta
trovato, il maestro doveva aspettare che la volontà del discepolo si annullasse
totalmente per porsi nelle sue mani. Quindi iniziava la vera istruzione
esoterica plasmandolo secondo la sua volontà e tenendolo legato a sé tutta la
vita.
In occidente ogni essere è individuale e oggi chi è ad un livello
inferiore di principi umani e non è ancora ben individualizzato si affida ad un
guru perché trova gratificante affidarsi ad un altro. Nella cerimonia di iniziazione il discepolo non è
presente, l'io non è ancora formato, si svolge tutto sotto trance, nel
profondo inconscio dell'anima. Gli esercizi di sviluppo, concentrazione e
meditazione, hanno per soggetto la propria corporeità, anche se
occulta. L'orientale anche moderno, è centrato sul ventre, sul sistema di ricambio. Il Pranayama
è la respirazione ritmica, comune a tutte le scuole orientali occulte.
Il processo respiratorio lega alla corporeità più del normale, e il
discepolo si rivolge sempre ad un elemento corporeo al quale dedica le
massime cure. Il processo ritmico e pensante erano lontani
dall'essere una facoltà istintiva come lo è oggi per l'uomo occidentale. L'uomo
orientale non ha coscienza dell'evoluzione storica, è rimasto fermo ai
loro tempi migliori, invece l'uomo occidentale si è evoluto
storicamente e ha espresso un concetto di evoluzione. Le pratiche
antiche non sono non valide, vanno bene per gli orientali o quegli
occidentali che non hanno ancora sviluppato una individualità verso
l'anima senziente.
Quindi durante l'evoluzione si è visto che la
respirazione deve diventare animica, e non fisica. E' il corpo astrale che
respira ed imprime il proprio ritmo. In questo modo essa diventa una pratica
moderna in armonia coi tempi. Lo sviluppo della corporeità si è già sviluppato
attraverso i tempi, ora si devono sviluppare gli elementi dell'anima.
L'antico yogin si isolava in piccole comunità dove
insieme a pochi altri coltivava il suo sviluppo interiore, quindi può farlo oggi
solo appunto chi non ha raggiunto l'individualità.
L'occidentale di oggi non deve fuggire dal mondo, in
un ritiro, non accettare il confronto con gli altri è una debolezza animica.
Questo genere di sistema iniziatico è descritto
nei vangeli e aveva due aspetti:
1. per ispirazione inconscia in stato di
trance, che era una iniziazione spontanea, chiamata Abelita o Salomonica e
consisteva in un dono.
2. artificiale tradizionale, per mezzo di una
lunga preparazione, chiamata Cainita, o di Giona, che si conseguiva tramite una
morte apparente di tre giorni e mezzo, dopo una lunga preparazione, sotto la
guida di un Maestro. Un esempio è la resurrezione di Lazzaro.
Con il progredire l'umanità si trova a dover
elaborare con l'iniziazione un strumento nuovo: l'io.
- L'iniziazione di Giona ottenuta per impegno ed
esercizio, sviluppava il corpo eterico.
- L'iniziazione secondo Salomone, raggiunta per
grazia, coinvolgeva il corpo astrale.
- L'iniziazione moderna deve vedere l'IO, ispirato
dalla forza del Cristo. Infatti l'io nasce alla Terra a seguito della venuta del
Cristo, attraverso lo sviluppo dei corpi inferiori: astrale ed eterico. L'io si
evolve e matura a partire dallo spirito, quindi la forza dell'io si deve unire
al Cristo.
Tramite l'iniziazione l'anima consegue una
conoscenza superiore, che coglie le profonde realtà delle cose e del mondo.
Tutto l'anelare e lo studio verso questo deve tener conto dell'equilibrio che va
controllato e sviluppato tra due atteggiamenti dell'anima: verso l'interiorità
da un lato e verso l'esterno dall'altro. L'io sta al centro come motivo
equilibrante.
Le iniziazioni possono essere rivolte ad elaborare
le facoltà del corpo astrale e quindi dell'anima verso la propria interiorità,
oppure dall'anima verso l'esterno elaborando il corpo vitale o eterico.
Il processo di iniziazione è sempre lo stesso
durante tutti i tempi, e in tutti i sistemi, per quello che riguarda
l'elaborazione, ossia la purificazione, del corpo astrale interiore. Ma muta
l'elaborazione del corpo eterico esteriore, e l'illuminazione attraverso i tempi
e l'evoluzione dell'uomo.
L'iniziazione si risolve di ricevere col corpo
astrale purificato quanto il corpo eterico elaborato attira dal cosmo intero.
Quindi il primo passo è la purificazione il
secondo l'illuminazione. Il diverso rapporto fra i due corpi, astrale ed
eterico, è la base dei vari sistemi iniziatici.
Il corpo astrale, che è l'interiorità dell'anima
umana, deve essere purificata e nobilitata, in questo modo si formano gli organi
astrali, i chakrams o fiori di loto, entro la sua sostanza. Poi esso deve
attendere che lo Spirito dal di fuori, fluisca su di lui e lo illumini,
attraverso il corpo eterico, che riceve l'impronta dei chakrams entro la
sua propria sostanzialità. Solo allora l'iniziazione diventa un fatto cosciente.
Ora a causa dell'evoluzione dell'uomo verso il
materialismo diviene difficile staccare il corpo eterico dal fisico, perché il
loro legame è molto forte. Quindi è opportuno introdurre un sistema che conceda
l'illuminazione senza che il corpo eterico si distacchi dall'astrale. Tale
sistema è stato messo a punto ad Atene, da Dionigi l'Aeropagita della scuola
esoterica di Paolo di Tarso, e si è ulteriormente evoluto dopo l'intervento del
Cristo.
Esso si basa su intense esperienze di sentimento,
che purificano il corpo astrale e formano i fiori di loto. Quindi a partire da
Anahata, dal centro del cuore. La traccia per conseguirli è data in alcuni
capitoli del vangelo di Giovanni, che il maestro insegnerà al neofita,
prendendone i punti salienti come meditazione. L'intensa compenetrazione di quei
capitoli porta alla catarsi o purificazione del corpo astrale. Proseguendo
con la meditazione, esso giunge a coinvolgere anche il corpo eterico, con dei
riflessi sul fisico, come ne è esempio le stimmate, e così si consegue
l'illuminazione. Per fare questo occorre ritirarsi in solitudine, in
tranquillità e silenzio. In quell'epoca medievale fino al 1200, era favorita la
vita contemplativa, oggi sarebbe difficile praticarla in questo modo.
La meditazione deve avvalersi di una forza molto
potente per poter agire in presenza del corpo eterico e fisico nella coscienza
di veglia. E in questo caso non serve lo stato di letargo e il maestro
iniziatore. Invece nell'iniziazione occulta occorre sempre il maestro-guida
sempre presente, in quanto è il Cristo stesso.
Il Cristo è l'io del sistema solare, io cosmico.
La sua venuta ha prodotto una scia discendente verso la Terra degli Io-spirituali di tutti gli uomini, facendo nascere la possibilità
dell'individualizzazione. Ogni uomo riceve un Io e questo si unisce al proprio
Io nel principio fisico.
Tutte le varie tentazioni avute dai santi dal
medioevo sino ad oggi sono dovute al fatto che le iniziazioni condotte senza la
presenza dell'IO cosciente, lasciano aperto il varco a tutte le possibili
sortite dell'inconscio, perché qui vi rimanevano sempre dei residui non
trasformati e purificati. In determinate circostanze essi salivano a galla
traducendosi in immagini astrali animalizzate secondo la loro vera natura, erano
proiezioni della propria interiorità non ancora completamente metamorfosata. E'
il confronto col male che bisogna conoscere, per poi superarlo. Non bisogna
tacitarlo ma trasformalo nel suo opposto positivo.
La prima iniziazione, la yoga-orientale è basata
sull'immobilità degli eventi, di un ritorno alle origini, dove l'ideale è
ritornare indietro fino ai tempi primordiali e fermare la ruota delle continue
incarnazioni.
Il secondo tipo di iniziazione è la
cristiana-mediorientale, basata sull'apparizione del Cristo che indica il
progredire-evolutivo verso il futuro, iniziando dai conseguimenti
dell'evoluzione umana del momento.
Oggi la visione del mondo è
sensibile-materiale-scientifica-mercantile, e l'iniziazione deve cambiare in
base alle nuove esigenze e alla nascente anima di coscienza. Il mondo
fisico-sensibile deve essere la base per ritrovare in esso l'agire dello
spirito.
L'iniziazione Rosacroce imposta uno sviluppo
interiore verso l'immaginazione a carattere simbolico, a partire dalla coscienza
abituale. Lo Studio deve essere alla base, perché studiare significa rendersi
consapevoli intellettualmente di un contesto determinato. La coscienza dell'Io
si sviluppa entro l'attività pensante, poi vi è il successivo passo verso
un'attività immaginativa. Quindi si va da una conoscenza oggettiva ad una
conoscenza immaginativa. L'elaborazione o purificazione del corpo astrale si
attua nel primo passaggio. Il corpo eterico viene elaborato con un secondo
passaggio e qui si ha l'illuminazione o conoscenza ispirata. Non vi è il sonno
letargico di tre giorni e mezzo, dato che il discepolo è cosciente.
L'illuminazione si attua presso una meditazione molto più potente e
coinvolgente. Il maestro è una guida non un'autorità. La segretezza sui
procedimenti del metodo, è resa tale perché si attende che l'umanità progredisca
ancora verso l'autocoscienza e maturità dell'io che è ancora giovane.
Il maestro comunica qualcosa che poi verrà
accettata o meno liberamente dopo adeguata riflessione. Questa è la via giusta
per insegnare al discepolo. Non bisogna assoggettare una persona con la propria
volontà perché è una violazione dell'interiorità di un individuo.
Il metodo antroposofico è quello rosacrociano
modificato per i tempi di oggi, si basa sempre sullo sviluppo della
volontà. Il primo passo è sempre rappresentato dallo Studio, che
impegna il pensare cosciente, seguono gli esercizi per l'immaginazione
e l'ispirazione, come nel rosacrociano. A
differenza del rosacrociano sta la consapevolezza, la conoscenza che le
potenze cosmiche di Arimane e Lucifero assumono nel contesto storico presente;
il riconoscimento della posizione unica del Cristo entro l'evoluzione
umana.
E' un'iniziazione altamente cristiana, ma resa
pubblica, infatti i metodi non sono più occultati, ma esplicati in conferenze e
libri, rendendo pubblico il pensiero esoterico del tempo presente.
La posizione del corpo eterico ed astrale sono
come nella rosacrociana, ma si ha una maggiore consapevolezza dovuta alla
posizione assunta dall'io, infatti nel 1400 l'io era appena nato. Oggi è più
adulto ed è in grado di sostenere prove di consapevolezza più alte. Può cercare
l'equilibrio cristico tra le due potenze seduttrici.
Detta purificazione ha lo scopo di formare gli
organi astrali dislocati tra sopracciglia, laringe e cuore, in ordine: Ajna, Vishuddha, Anahata, entro la
sostanza del corpo astrale stesso. Il passo successivo che un tempo consisteva
nel sonno letargico, ora viene compiuto in veglia e coscienza, seguendo degli
esercizi, tutto senza alcun aiuto. Il
maestro occulto si farà conoscere a tempo opportuno per dare un saldo consiglio
al discepolo quando sarà pervenuto all'esperienza del mondo elementare, il cui
ingresso potrebbe costituire una minaccia per il suo equilibrio, visto l'enorme
differenza di leggi che lo governano e che egli ancora ignora. Una volta entrati con questa iniziazione nel mondo
elementare superiore al fisico, non si è al riparo da pericoli, perché è
indispensabile una facoltà: il Giusto Giudizio. La libertà di pensiero non
significa pensare qualsiasi cosa, perché avere un'opinione è diverso dal
giungere alla verità, ed avere un'opinione non è libertà ma arbitrio.
Libertà, verità e moralità devono vivere insieme. La purificazione del corpo
astrale tramite gli esercizi, è attuabile se si sorveglia il proprio sviluppo in
ordine alla sicurezza di visione e di ascolto sovrasensibile, per giudicare
secondo realtà. Il mondo superiore infatti è un mondo instabile, dove i fenomeni
non si dimostrano secondo realtà ma secondo come noi crediamo o desideriamo che
siano, come li vogliamo vedere e udire. La propria condizione interiore
influenza le forme percepite alterandole secondo la nostra condizione animica.
Quindi bisogna che si sviluppi la virtù del "Pensare-giudicare oggettivo secondo
la verità" proprio qui nel mondo sensibile.
In tempi primordiali, l'uomo godeva di una certa
chiaroveggenza atavica-istintiva sognante, che gli consentiva percezioni entro i
mondi superiori. Con la conquista della desta coscienza dell'io, l'uomo si è
liberato di quella facoltà atavica inconscia ed è caduto nel mondo materiale,
entro il quale ha lentamente conquistato tale auto-coscienza e la forza del
pensare autonomo. E' una legge di natura, che ogni facoltà debba essere
conquistata isolatamente, magari a scapito di altre, che poi verranno a loro
volta aggiunte. Tutta questa involuzione quindi porta ad un progresso, è
come se gli organi animici-senzienti di percezione si fossero ritirati in
riposo, per lasciare il posto alla coscienza dell'io. Quindi esistono già, ma
sono in attesa del momento evolutivo che li vedrà nuovamente attivi. Quindi i
chakras o fiori di loto ci sono ancora nel tessuto del corpo senziente, ma non
sono attivi.
Nei tempi primordiali i fior di loto erano attivi
solo per metà del loro numero di petali, quindi ad esempio il fiore a 16 petali
era di 8 petali. La disciplina occulta è chiamata a sviluppare l'altra
metà dei petali. Una volta conclusa la purificazione, l'intero ordine di petali
si pone in movimento rotatorio, emanando luce e percependo nell'ambiente
circostante tutte le forme e figure viventi in esso.
Quando attraverso gli esercizi di meditazione si è
giunti alla soglia del mondo spirituale-immaginativo, si presenta alla sua anima
una prima possibilità di sperimentare una "scissione della personalità"
parziale, questo accade quando si va dal mondo fisico al mondo elementare
immaginativo. La scissione definitiva avverrà quando si andrà dal mondo
immaginativo a quello ispirativo, quindi abbandonando il mondo fisico ed
eterico, e ritirandosi nell'anima del corpo astrale nel mondo astrale.
Nel nuovo mondo: immaginativo-elementare-eterico,
vi è l'instabilità delle forme e degli esseri, e della loro pura parvenza, non
vi è la loro essenzialità. Si percepiscono solo immagini pure, solo parvenze, in
continua metamorfosi di forme. L'essenza e la realtà si raggiungono solo con
l'intuizione, che si consegue con la metamorfosi della volontà, l'immaginazione
impegna solo il pensare.
In questo mondo si perde il contatto col sé
abituale, quindi ci possono essere problemi di auto-indentificazione, se si
entra negli esseri che si percepiscono. Si deve diventare somiglianti a quanto
si vuole percepire, altrimenti non si consegue a nulla. Perdere la nostra
coscienza abituale per andare a divenire degli altri esseri per poterli
percepire, può avvenire dopo esercizi di meditazione in modo da rendere l'anima
forte per potersi identificare con l'altro essere pur rimanendo se stessi.
Metamorfosare se stesso è necessario nel mondo immaginativo. Una volta
conseguita tale facoltà, al discepolo non è consentito percepire direttamente le
immagini del mondo elementare. La loro parvenza se sperimentata direttamente è
potente da poter sconvolgere l'anima impreparata e debole per questo evento,
quindi è necessario un intermediario che attenui la loro potenza, e ne trasmetta
la sostanza in modo da poter essere accolta. Nell'anima, questa esperienza, la si ritrova poi come
un qualsiasi ricordo, non viene sperimentata coscientemente ma nel sorgere del
ricordo, nel profondo dell'anima, come un pensiero qualsiasi in un momento
posteriore a tale evento.
Quindi avviene tutto in due tempi:
1. immersione-identificazione col percepito ed
entrata nel nulla.
2. dal nulla emerge come un ricordo, una immagine
o un pensiero, che si può considerare ora in piena coscienza.
Tra questi due momenti vissuti deve intervenire il
proprio Angelo, quindi un altro essere, che assume in sé l'immaginazione e la
traduce in pensieri, l'angelo pensa in noi. E' in questo momento che diveniamo
coscienti del suo intervento in nostro favore, perché noi pensiamo i suoi
pensieri, che diventano i nostri e li possiamo elaborare coscientemente. La
conoscenza immaginativa è conoscenza angelica. I termini: elementare, eterico,
immaginativo sono sinonimi di angelico. Questo si può sperimentare sin dai primi
gradi di iniziazione.
Quando l'anima umana sarà cresciuta e rafforzata
interiormente da poter sopportare l'abbandono di tutto quanto era stata fin'ora,
avverrà l'incontro con il Guardiano della Soglia. Da una parte l'anima
cade nel terrore dell'auto annullamento, una paura di finire nel
nulla, inconsciamente vi è rifiuto ad avvicinarsi allo Spirito per
poter rimanere nella sicurezza delle cose esteriori ed interiori date
dalla vita. Ma il mondo spirituale rifiuta un'anima simile, legata
alla cose del mondo.
Bisogna essere in grado di sopportare di dover
abbandonare tutto quanto si sa di noi stessi, e questo può essere
spaventoso e terribile se non si è preparati. Mentre sulla Terra
abbiamo imparato ad essere un Io, nel Mondo Spirituale questo deve
essere sradicato, perché faceva parte solo della vita sensibile.
L'uomo si pone di fronte al mondo in due direzioni,
verso fuori e verso dentro. Le acquisizioni esterne le deve all'azione di
Arimane, e queste devono essere abbandonate. Sono le idee, le concezioni
scientifiche, tecniche, meccaniche, finanziarie, politiche, sono solo parte
della Terra di proprietà di Arimane. Le acquisizioni interiori, comportamenti,
atteggiamenti interiori, come l'orgoglio, sono dati da Lucifero, e anche questo
deve venire abbandonato. L'egoismo, la superbia, le nostre teorie che ci
rendono sicuri nella vita, entro il Mondo Spirituale vengono respinte e sono
lasciate in mano a Lucifero perché derivano da lui.
Tutto quel che possiamo portare nel Mondo
Spirituale è quel che abbiamo trasformato in "sostanza spirituale
imperitura", valida per noi e per il mondo. La nostra vita è vissuta
secondo lo spazio e il tempo, e in essi agiscono potenze ingannevoli
che vanno superate per raggiungere il proprio essere reale. La Realtà
e soltanto nello Spirito, il resto è illusione. E' solo una
manifestazione necessaria per raggiungerlo, per acquistare la forza
necessaria, di tempo in tempo e di spazio in spazio, per giungere alla
realtà e alla verità del proprio essere.
Claudio Gregorat, "Iniziazione antica e
moderna"
Claudio Gregorat, "Quale Iniziazione?"
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a cura di A.
Delvecchio |
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