V/a. Disegno anatomico: la figura, la natura dell'uomo.

il pensiero la tecnica

 

 

 

introduzione

 

"...7allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente."

Antico Testamento, "Genesi".

 

Il corpo determina l’esistenza spaziale dell’uomo.
L’anima determina l’esistenza temporale dell’uomo.
Lo Spirito determina l’esistenza eterna dell’uomo.

 

"Con la parola corpo s'intende ciò mediante cui si palesano all'uomo le cose che l'attorniano, come nell'esempio precedente, i fiori del prato. Con la parola anima si vuole indicare ciò mediante cui egli congiunge le cose con la sua esistenza, sente in relazione ad esse piacere e dispiacere, letizia e disgusto, gioia e dolore. Per spirito s'intende ciò che nell'uomo si rivela quando, secondo l'espressione di Goethe, egli guarda le cose quale "essere per così dire divino". In questo senso l'uomo consiste di corpo, anima e spirito.

Mediante il suo corpo egli può mettersi in relazione momentanea con le cose. Mediante la sua anima, conserva in sé le impressioni che queste fanno su di lui; e mediante il suo spirito gli si rivela ciò che le cose custodiscono  in se stesse. Solo osservando l'uomo sotto questi tre aspetti, si può sperare di arrivare a comprenderne la natura, poiché questi tre aspetti lo mostrano imparentato in tre modi diversi col restante mondo."

 

Rudolf Steiner, "Teosofia".

 

 

Dall'iniziale brano tratto dalla Bibbia possiamo renderci conto di come l'uomo fosse in principio solo l'unione di corpo fisico e forza vitale, in seguito come vedremo si svilupparono i successivi organi sovrasensibili.

Steiner ci spiega inoltre come l'uomo sia di natura tripartito e di conseguenza si congiunga in questo triplice modo anche con le cose del mondo. Come abbiamo visto nella precedente lezione sulla natura, anche l'uomo opera facendo delle imperfezioni perché con esse vogliamo tendere alla perfezione, al divino, la stessa cosa fa la natura.

Molti artisti figurativi ad esempio, creano delle imperfezioni sulla figura umana, quali il collo lungo o il ventre gonfio, in realtà sono simboli alchemici, archetipi che indicano la grande madre e allusioni al processo alchemico, quindi una forma divina. Solitamente lo facciamo inconsciamente, ma l'artista può diventare consapevole di ciò.

Si può notare in questo modo il parallelismo tra alchimia, arte, antroposofia, di questo pensare per immagine o simbolo, che indica l'unione degli opposti nella sua natura, e di come esse siano in continua metamorfosi di forma, seguendo un passaggio che avviene in modo organico.

Attraverso la lezione sul disegno e le tecniche pittoriche abbiamo visto come è costituito il mondo minerale, un mondo morto, privo di vita e forza eterica; la natura morta infatti rappresenta tutto ciò che è morto o di cui è rimasto solo la parte non vitale.

Il mondo vegetale al contrario rappresenta l'immagine morta del vivente che ritroviamo nel colore verde. Questo perché il vegetale è costituito da minerali, quindi un'immagine morta, ma la pianta nel suo verdeggiare ci viene incontro come vita.

Ora prenderemo in esame la natura dell'uomo, un essere formato da corpo, anima e spirito, che vive come microcosmo nel macrocosmo, nel tempo, nello spazio e nella misura, ma allo stesso tempo ne vive fuori, per il fatto di poter accedere all'esperienza del sovrasensibile.

Si può notare come nello sviluppo dell'arte figurativa se prendiamo in esame il periodo che va tra il paleo-indiano e l'egizio, come la figurazione umana fosse resa per stilizzazioni, evidentemente non avendo sviluppato l'organo dell'anima razionale, non si tentava di imitare la natura, il pensare non era scientifico, e l'io non era cosciente. Evidentemente quelle forme rappresentavano l'essenza dell'uomo, trasfigurata nel divino, l'arte era un dono del divino, conseguita per immaginazione-ispirativa. Quando l'io si trasferisce nel corpo fisico in epoca Greco-Romana, nasce l'anima razionale, l'artista greco eseguirà alla perfezione l'imitazione della natura umana. Con la venuta del Cristo, ci sarà una svolta verso il mondo spirituale contemplativo, e un ritorno alla stilizzazione perché in questo periodo si sviluppa il sentire. Nel Rinascimento con lo sviluppo dell'anima cosciente nasce lo studio scientifico, si creano le teorie sulla prospettiva, i corpi acquistano volume e vivono in uno spazio calcolabile e misurabile. E' la nostra era, in cui si deve sviluppare il pensare in favore del volere e dell'individualità dell'io. Oggi coesistono tutti i movimenti artistici, in una sorta di eclettismo degli stili. Le tendenze principali sono due: il naturalismo e l'arte concettuale. Mentre la prima si basa sull'esteriorità, e imita la natura; la seconda è introspettiva, sorta di arte che nasce dall'inconscio.

Non esiste un'arte giusta o sbagliata da seguire, in realtà gli individui non sono tutti ad un pari grado di conoscenza, e come è  opportuno sapere a che livello si sia prima di svolgere una pratica iniziatica, per indicare la "giusta meditazione"; allo stesso modo occorre con l'esercizio artistico risvegliare le proprie capacità assopite, per riconoscere il proprio livello evolutivo e di conseguenza procedere secondo la propria inclinazione. Tutti gli artisti se non sono già ad un livello alto di conoscenza spirituale, inizieranno con l'esercitarsi sulla natura, imitandola, per scoprire come essa lavora e le leggi che la regolano. In seguito raggiunto uno stato evolutivo più alto si affideranno coscientemente al nuovo mondo immaginativo-elementare-eterico-angelico, da cui trarranno le idee che potranno elaborare ed usare, e renderle leggibili anche ad altri.

 

 

La natura dell’uomo: la metamorfosi

 

Il corpo dell’uomo cresce ad ogni stadio dell’evoluzione: sull’antico Saturno l’uomo era solo calore dotato di sensi, sul Sole si aggiunse la regione della testa e torace con gli organi nervosi e della respirazione, sull’antica Luna il ricambio e la riproduzione, sulla Terra lo scheletro e le membra.

 

ERA

STADIO UMANO DEL CORPO

ANTICO SATURNO

calore dotato di sensi

SOLE testa, torace, organi nervosi, respirazione
ANTICA LUNA

ricambio e riproduzione

TERRA scheletro e membra

 

Sulla terra compare la vita il decadimento e la morte.

All’interno dell’uomo agiscono gli elementi, gli eteri e le forze centrali.

 

ELEMENTI

FONDAMENTO CORPOREO

fuoco

io

aria

corpo astrale

acqua

corpo eterico

terra

corpo fisico

 

 

Gli eteri compiono un’azione congiunta che si manifesta attraverso i sensi nella sfera organica. L’azione di etere di luce e di calore fa determinare la crescita, la lunghezza e la grandezza di una pianta. La luce è la forza che estende e produce spazio, il calore genera. L’etere di luce e del suono insieme generano la suddivisione spaziale della pianta. Dove la luce rende lo spazio e il suono separa e ordina. L’etere del suono e della vita insieme formano gli organi come il fegato ecc., infatti l’etere del suono separa e ordina ciò che l’etere di vita vivifica e racchiude dentro una pelle. Etere di vita e etere di calore danno l’età della vita, la totalità di un uomo di una certa età dove per tutto quel periodo ha generato calore e dissipato calore. Quando si mettono insieme gli eteri opposti come etere di calore e etere del suono risulta un chimismo fruttificante, ossia processi di maturazione. Etere di luce e etere di vita dispiegano la crescita e la metamorfosi del vivente, formazione plastica o di metamorfosi.

 

 

ETERI

SFERA ORGANICA

luce e calore

crescita

luce e suono

ramificazione

suono e vita

organi interni

vita e calore

età di vita

calore e suono maturazione
luce e vita crescita e metamorfosi

 

 

Dalla forza di densità e di estinzione ne viene l’appassimento condizione che arriva con l’invecchiamento. Dall’agire della forza di densità e di immobilizzazione si produce la sedimentazione e l’indurimento, sono depositi di sostanze una volta vive. Anche le ossa umane sono sedimentazione calcarea, ma ciò si verifica con ordine e se l’ordine viene a mancare si hanno le malattie. La forza di immobilizzazione e scissione danno la decomposizione, attraverso lo sbriciolamento e il giacere immobile. La forza di distruzione e polverizzare sono processi di disfacimento della forma e delle sostanze. Le forze fisiche sono forze di distruzione della natura, sono forze terrene, invece le forze eteree sono forze costruttrici cosmiche. Finché l’organismo vive queste forze opposte sono in equilibrio.

 

FORZE CENTRALI

SFERA ORGANICA

densità ed estinzione

invecchiamento

densità e immobilizzazione

sedimentazione calcarea

immobilizzazione e scissione

decomposizione

distruzione

disfacimento delle sostanze

 

 

Secondo Steiner l’uomo possiede in tutto 12 sensi non 5, e sono disposti secondo le categorie:

 

senso della parola senso della vista senso dell’udito senso del pensiero
senso dell’io senso dell’odorato senso del gusto senso del tatto
senso del calore senso del movimento senso dell’equilibrio senso della vita

 

La sensazione è il fattore primario che determina il colore, il processo spazio-temporale, è l’azione della sensazione in un oggetto esteso nello spazio e nel tempo. Questa qualità della sensazione è oggettiva. Nel mondo esistono delle forze che rendono le percezioni insensibili in qualità sensorie percepibili e si chiamano forze formatrici. Tali forze rendono percepibili colori, suoni, forme, pesi, sostanze, ecc. Il sole, la luna e le stelle sono i corpi celesti che modificano le forze eteriche. Le forze eteriche sono forze dissolvitrici della forma e non formatrici. Le forze formatrici si originano perché le forze stellari agiscono insieme agli eteri modificando la loro azione. Le forze formatrici sono periferiche e partono da un punto preciso, non universali come gli eteri che partono da tutta la periferia. Esse partono da un luogo preciso: il Sole, i pianeti, le stelle.

Dall’orizzonte che separa, divide, dà il tempo, originano gli elementi. Esso è una circonferenza che tutto abbraccia ed ha un centro. Questo si estende all’infinito. Quando le stelle e i pianeti di sera e di mattina sono all’orizzonte, fungono da forze formatrici di vita, il loro movimento e le loro armonie generano vita, ritmi, colori e suoni. Quando gli astri sono sotto l’orizzonte divengono forze formatrici di sostanza.

Le stelle fisse sono ben salde in cielo, i pianeti si muovono col Sole nella loro armonia delle sfere. Le stelle manifestano forze di esseri spirituali che sollecitano gli eteri facendo di essi delle forze formatrici eteriche. Le forze spirituali penetrano attraverso la terra negli elementi, generando forze formatrici elementari. Mediante le forze spirituali vengono generate forze formatrici di vita e di ritmi. Tutte queste forze nella loro totalità danno la Parola Cosmica che agisce nelle stelle e attraverso esse.

E’ il LOGOS che parla, risuona e pensa tramite le stelle. Quando parla dall’alto attraverso le stelle si generano forze creatrici di forma; risuona il suo canto dalla periferia, sorgono forze creatrici di vita; agisce il suo pensare dal basso attraverso la terra, si originano forze creatrici di sostanza.

In ogni essere vivente possiamo riscontrare tre elementi: forma, attività vitale, la sua sostanza. Questi sono sorti per mezzo della vita, dell’eterico, del corpo eterico. Nel corpo eterico risiedono le forze per questi tre elementi che creano la forma, l’attività vitale e la formazione di sostanza. Mediante il fisico diviene per noi percepibile la forma eterica; ma quello che vediamo è proprio la forma eterica.

 

Ernst Marti, "Eterico: ampliamento delle scienze naturali attraverso l’antroposofia".

 

 

J.W.Goethe: "Non appena si accorge degli oggetti intorno a lui, l'uomo li considera in relazione a se stesso; e con ragione, poiché tutto il suo destino dipende dal fatto che essi gli piacciano o no, lo attraggano o lo respingano, gli giovino o gli nuocciano. Questo modo del tutto naturale di guardare e giudicare le cose sembra essere altrettanto facile quanto è necessario, eppure espone l'uomo a mille errori che spesso lo umiliano e gli amareggiano la vita. Un compito ben più difficile si assumono quelli che, mossi da un vivace impulso di conoscenza, aspirano ad osservare gli oggetti della natura in sé e nei loro reciproci rapporti, poiché ben presto lamentano la mancanza della norma che è loro di aiuto quando, come uomini, osservano le cose in relazione a se stessi. Manca loro la norma del piacere e dispiacere, dell'attrazione e repulsione, dell'utile e dannoso. A tutto ciò devono interamente rinunciare; devono, quali esseri indifferenti e, per così dire, divini, cercare e investigare quel che è, e non quel che piace. Così né la bellezza ne l'utilità delle piante devono commuovere il vero botanico; egli ha da investigare la loro struttura, il loro rapporto col restante regno vegetale e, come il Sole le ha fatte spuntare e le illumina tutte, così egli, con sguardo equanime e tranquillo, le deve guardare e abbracciar tutte, traendo la norma delle sue cognizioni, i dati del suo giudizio non da se stesso, ma dalla cerchia delle cose osservate".

L'uomo quindi si ritrova congiunto al mondo in triplice modo. Il primo è prestabilito, ed egli lo accetta di fatto, e sono gli oggetti che gli pervengono coi sensi. Il secondo è basato sulle impressioni che tali oggetti gli suscitano, simpatia o antipatia, utilità o danno. Il terzo è considerato come una meta verso cui deve tendere incessantemente, perché l'uomo come "essere per così dire divino" acquista cognizioni sui segreti della natura degli oggetti che gli si rivelano. Mentre le leggi che regolano il tutto l'uomo le trova fuori di sé, nel mondo, i sentimenti che abbiamo nei confronti delle cose rimangono in noi. Questi sono i tre aspetti della natura dell'uomo: corpo, anima, e spirito.

R.Steiner: "Con la parola corpo s'intende ciò mediante cui si palesano all'uomo le cose che l'attorniano, come, nell'esempio precedente, i fiori del prato. Con la parola anima si vuole indicare ciò mediante cui egli congiunge le cose con la sua esistenza, sente in relazione ad esse piacer e dispiacere, letizia e disgusto, gioia e dolore. Per spirito s'intende ciò che nell'uomo si rivela quando, secondo l'espressione di Goethe, egli guarda le cose quale "essere per così dire divino". In questo senso l'uomo consiste di corpo, anima e spirito. Mediante il suo corpo egli può mettersi in relazione momentanea con le cose. Mediante la sua anima, conserva in sé le impressioni che queste fanno su di lui; e mediante il suo spirito gli si rivela ciò che le cose custodiscono in se stesse."

L'uomo è imparentato con le tre forme d'esistenza, minerale, vegetale, animale. Come i minerali edifica il suo corpo con le materie della natura; come le piante cresce e si riproduce; come gli animali percepisce gli oggetti che lo circondano e si forma in base all'impressione ricevuta, un'esperienza interiore. Ma al corpo umano si riconosce anche una forma a sé che lo porta a costituire il quarto regno. L'anima umana è in grado di percepire le sensazioni degli oggetti, le quali producono dei sentimenti che lo portano alla volontà. Con gli atti della volontà l'anima fluisce all'esterno. L'uomo riflettendo sulle sue percezioni e azioni acquista cognizioni intorno alle cose e porta nella sua vita un nesso ragionevole, lasciandosi guidare da pensieri giusti. Questo fa parte di un ordine superiore, l'ordine spirituale.

L'organo dello spirito si trova coronato nel cervello, che è la base corporea dello spirito pensante. Infatti il corpo umano ha un'organizzazione rispondente al pensare. Questa struttura minerale conforme al suo compito verrà chiamata corpo fisico dell'uomo. La forma dell'essere vivente viene tramandata attraverso l'eredità dal padre e la madre che appartengono ad una specie, la quale si trasmette ai discendenti. La specie è ciò che determina la combinazione delle materie. A questa forza che configura la specie si da il nome di forza vitale o forza formatrice. Coi sensi ordinari non si è in grado di percepire la forza vitale, si deve dischiudere nell'uomo l'organo adatto a percepire tale forza, non limitandosi a percepire solo i colori o altre manifestazioni degli esseri viventi, ma percepire la loro stessa vita, la figura spirituale piena di vita. Questa figura spirituale si chiama corpo eterico o vitale. Il corpo vitale preserva durante la vita il corpo fisico dalla distruzione. Esso può essere visto solo da chi ha aperto l'occhio spirituale, il veggente, come si vede un colore, gli altri possono solo ammettere la sua esistenza per via logica. Il corpo eterico dell'uomo differisce da quello delle piante e dei minerali. La fonte di attività per cui l'uomo riceve sensazioni da ogni parte è l'anima senziente. Chi ha aperto l'occhio spirituale può vedere il mondo delle sensazioni che normalmente vive solo nell'interiorità di un altro essere.

Il veggente non può sperimentare le sensazioni di un altro uomo ma sperimenta le sensazioni da parte della propria interiorità. L'attività dell'anima senziente dipende dal corpo eterico da cui attinge  quello che deve far risplendere come sensazione. Il corpo eterico dà la vita al corpo fisico, quindi l'anima senziente dipende anche dal corpo fisico. Il corpo è costruito con sostanze minerali, vivificato dal corpo eterico che limitano l'anima senziente.  L'anima senziente sporge dal corpo fisico, perché è più possente, e tra di essa e il corpo fisico ed eterico si inserisce il corpo animico. Il corpo eterico si divide di due parti una grossolana che si unisce con il corpo fisico e una più sottile che si unisce all'anima senziente. L'essere animico oltre alle sensazioni possiede i sentimenti di piacere e dispiacere, gli impulsi, gli istinti, le passioni, tutte queste dipendono dal corpo fisico.

L'anima senziente entra in azione col corpo e con il pensare, con lo spirito. Prima usa il pensare perché l'uomo forma pensieri intorno alle proprie sensazioni, e così si spiega il mondo esteriore. Tutto ciò che vi è di materiale nel mondo è dato dalla forza del pensiero volto a soddisfare i  bisogni dell'anima senziente. La forza vitale formatrice compenetra il corpo fisico, la forza pensante compenetra l'anima senziente. La forza vitale formatrice congiunge il corpo fisico ad ascendenti e discendenti  e lo inserisce in un ordine di leggi che non appartengono solo al mondo minerale. La forza pensante colloca l'anima in un ordine di leggi a cui l'anima senziente non appartiene. Per l'anima senziente uomo e animale sono affini, perché anche in esso esistono: sensazioni, impulsi, istinti, passioni. Mentre l'animale li segue immediatamente, perché in lui non vi sono pensieri autonomi che trascendono l'esperienza immediata. Quindi l'anima senziente è più inferiore dell'evoluto elemento animico legato al pensiero. Così tale anima servita dal pensiero si chiamerà anima razionale, che compenetra l'anima senziente. Chi è veggente riesce a vederla come un'entità particolare rispetto all'anima senziente.

Per l'uomo il pensiero è costituito per certezza da leggi che concordano con l'ordine dell'universo. Nell'affermare la verità l'anima si congiunge con qualcosa che ha il suo valore in sé, e questo valore non scompare con la sensazione dell'anima e non nasce con essa. Quello che è realmente vero, non sorge e non passa, ha un valore indistruttibile. Singole verità umane hanno però un valore transitorio, infatti l'uomo deve dirsi che la verità esiste in se stessa anche se i suoi pensieri non rappresentano che aspetti transitori delle verità eterne. Quindi i singoli nostri pensieri sono transitori, mentre le leggi che regolano l'ordine del cosmo sono stabili. Il buono si comporta come il vero, il bene morale infatti è indipendente da simpatie e passioni perché non si lascia comandare ma è esso che comanda loro. Il bene morale e la verità, hanno il proprio valore eterno in sé e non lo ricevono dall'anima senziente. Quello che risplende come eterno in verità e bene è anima cosciente. Anche i moti inferiori dell'anima come l'ordinaria sensazione è oggetto della coscienza, che possiede anche l'animale. Mentre l'anima razionale è impigliata nelle emozioni, negli istinti, nelle sensazioni, ma solo le verità liberate da questi elementi può considerarsi vera, e la parte in cui vive questa verità si chiama anima cosciente. Come il corpo è costituito da: corpo fisico, corpo eterico e corpo animico. Anche l'anima è costituita da anima senziente, anima razionale e anima cosciente.

corpo anima
fisico senziente
eterico razionale
senziente cosciente

La corporeità agisce dal basso, ed esercita sull'anima un'azione limitatrice. Mentre dall'alto, la spiritualità agendo sull'anima esercita un'azione amplificatrice, perché più l'anima si riempie di ciò che è vero e buono, più cresce e si estende l'eterno in lei. Il veggente vede l'anima che si accresce realmente come uno splendore uguale ad una fiamma. Per riassumere:

  • Corpo fisico: figura grossolana che sta in mezzo ad altre figure che lo compenetrano.

  • Corpo eterico: riempie come forma vitale tutto il corpo fisico.

  • Corpo animico: sopravanza in ogni direzione sul corpo eterico (figura astrale).

  • L'anima senziente: sporge dal corpo animico.

  • L'anima razionale si allarga tanto più accoglie in sé verità e bene. Un uomo senza inclinazioni alla verità e al bene, che vive solo come spettatore, possiede un'anima razionale con i limiti che coincidono con la sua anima senziente.

  • Aura umana: sta ad indicare l'insieme di queste formazioni in cui il corpo fisico appare avvolto come in una nube. Il veggente riesce a vedere l'aura.

Nel corso della vita il bambino arriva ad un certo punto in cui si rende conto di essere indipendente da tutto il resto del mondo. E' arrivato il momento in cui si è autocoscienti e l'uomo si designa come un Io. Nell'Io l'uomo riassume tutto quel che sperimenta come entità corporea e animica. Corpo e anima portano l'Io ed in essi l'Io agisce.

Mentre le sensazioni vengono suscitate nell'uomo da fuori, i sentimenti si manifestano come effetti del mondo esterno, la volontà si riferisce al mondo esterno perché si concreta in azioni esteriori.  L'Io è la vera essenza dell'uomo che rimane invisibile. Perché ognuno può chiamare Io solo se stesso. Anche questo si esprime nell'aura, infatti quanto più l'Io domina il corpo e l'anima, tanto più sarà differenziata con varietà e ricchezza di colori l'aura. Il veggente riesce a vedere questa azione dell'Io sull'aura, però l'io gli rimane invisibile. I fenomeni sensibili si rivelano all'io da una parte, e lo spirito si rivela all'io dall'altra parte. Corpo e anima servono l'io, ma l'io a sua volta serve lo spirito che lo riempie. Quindi lo spirito vive nell'IO, mentre  l'IO vive nel corpo e nell'anima.

IO vive ne Spirito vive ne
corpo IO
anima  

 

La parte spirituale che vive nell'IO è eterna, poiché lo spirito è eterno. Quindi l'uomo in quanto vive entro il corpo fisico è soggetto alle leggi minerali, in quanto al corpo eterico è soggetto alle leggi di riproduzione e crescita (come per le piante); quanto all'anima senziente e razionale è soggetto alle leggi del mondo animico (come per gli animali), in quanto accoglie in sé l'elemento spirituale, è soggetto alle leggi dello spirito. Mentre nasce e perisce riguardo alle leggi minerali e vitali che lo formano, nello spirito è eterno.

Lo spirito è eterno e plasma l'Io. Quindi più l'Io diventa cosciente, riesce a plasmare corpo e anima facendo in modo che l'anima si ingrandisca nel bene e nella verità, e il veggente vedrà nell'aura l'agire dell'Io in una colorazione ricca.

L'io vive nell'anima cosciente e da qui in tutta l'anima che agisce sul corpo. Lo spirito vive nell'io e nel suo involucro. Lo spirito forma l'io dall'interno all'esterno.

Il minerale lo forma dall'esterno all'interno. Lo spirito che forma l'io si chiama Sé spirituale che si differenzia dall'anima cosciente, perché mentre l'anima si basa sulle sensazioni, l'io sull'intuizione, che è una manifestazione del vero e del buono del mondo spirituale. La natura è sentita anche dal selvaggio, ma le leggi della natura si rivelano soltanto al pensiero, fecondato da intuizione, nell'uomo più evoluto. Quindi l'io umano attinge le intuizioni dal mondo spirituale e le sensazioni dal mondo fisico. L'uomo è separato dal mondo spirituale ed anche dal mondo fisico, perché è un essere indipendente, questa entità autonoma è chiamata uomo spirituale. Questo involucro che separa l'uomo spirituale dal mondo spirituale si chiama involucro spirituale o involucro aureo. Questa pelle spirituale si dilata continuamente durante il progresso dell'evoluzione umana illimitatamente. L'uomo spirituale vive in questo involucro spirituale, e in lui agisce lo spirito eterico o vitale, come per il corpo fisico agiva il corpo eterico o vitale. Quindi l'entità spirituale umana si divide in tre: uomo spirituale, spirito vitale, sé spirituale. Il veggente vede l'entità spirituale dell'uomo nella parte superiore dell'aura, che può crescere e dilatarsi, mentre l'entità fisica non si dilata. L'aura umana è costituita da due parti che si interpenetrano, una è colorata e ha forma a secondo dell'esistenza fisica dell'uomo, mentre l'altra dalla sua esistenza spirituale.

Mediante il corpo, l'anima è chiusa nel fisico; mediante l'uomo spirituale le crescono le ali per muoversi nel mondo spirituale; l'io sta in mezzo, da una parte muove l'anima e dall'altra è mosso dallo spirito. Riassumendo:

 

  • Il corpo fisico si forma coi materiali del mondo fisico, e sta a servizio dell'Io.

  • Attraverso la forza vitale diviene corpo eterico o corpo vitale.

  • Il corpo eterico per mezzo degli organi sensori si apre verso l'esterno e diventa corpo animico.

  • L'anima senziente compenetra il corpo e diventa con esso un'unità.

  • L'anima senziente riceve le sensazioni dal basso del mondo esterno, ma le feconda col pensiero e diventa anima razionale.

  • Aprendosi verso l'alto alle intuizioni diventa anima cosciente, grazie al mondo spirituale che le forma l'organo dell'intuito.

  • L'uomo spirituale è congiunto con l'anima cosciente, come nel corpo animico, il corpo fisico è unito all'anima senziente.

  • Anima cosciente e sé spirituale formano un'unità, dove l'uomo spirituale vive nel suo spirito vitale, come il corpo eterico offre la base vivente corporea al corpo animico.

  • Il corpo fisico è racchiuso nella pelle fisica e l'uomo spirituale e chiuso nell'involucro spirituale.

A corpo fisico
B

corpo eterico o vitale

C

corpo animico

D anima senziente
E anima razionale
F

anima cosciente

G sé spirituale
H spirito vitale
I uomo spirituale

 

Nell'uomo terrestre il corpo animico e l'anima senziente formano un'unità, anche l'anima cosciente e il sé spirituale sono uniti:

 

1 corpo fisico
2

corpo eterico o vitale

3

corpo animico senziente

4 anima razionale
5 anima cosciente pervasa dallo spirito
6

spirito vitale

7 uomo spirituale

 

L'Io sfolgora nell'anima, riceve il suo impulso dallo spirito, diventando portatore dell'uomo spirituale.

Con il corpo fisico, animico e eterico l'uomo ha radice nel mondo fisico, in virtù del sé spirituale, dello spirito vitale e dell'uomo spirituale fiorisce nel mondo spirituale. Il tronco è l'anima. Le parti dell'essere animico non sono così nettamente suddivise come quelle del corpo, così se si considerano l'anima razionale e l'anima cosciente come i due involucri dell'io, tra loro congiunti, e l'io il loro nucleo, l'uomo si potrà divide in: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io.

Il corpo astrale è ciò che è costituito dall'insieme di corpo animico, e anima senziente. Nel corpo astrale agiscono gli appetiti e le brame, le passioni umane, e agiscono le percezioni sensorie, perché qui vi agisce l'io ma una volta compenetrato dal sé spirituale una parte di esso si modifica. Quindi il sé spirituale è trasformato in corpo astrale.

Invece quando l'uomo accoglie nell'io lo spirito vitale allora si trasforma il corpo eterico, in spirito vitale. Quando l'io accoglie in sé l'uomo spirituale si compenetra col corpo fisico, ma ad occhio fisico la spiritualizzazione del corpo non si vede.

 

1 corpo fisico
2

corpo eterico

3

corpo astrale

4 io quale nucleo dell'anima
5 sé spirituale quale corpo astrale trasformato
6

spirito vitale quale corpo vitale trasformato

7 uomo spirituale quale corpo fisico trasformato

 

 

Rudolf Steiner, "Teosofia".

 

 

L'uomo euritmico

 

Il chiaroveggente riconosce le forze formatrici nell’organizzazione di ogni essere vivente. Per tale motivo egli chiama questa organizzazione vivente anche corpo di forze formatrici.

Le forze formatrici sono attive nel linguaggio parlato i cui suoni, raggruppati nell’alfabeto, sono gli stessi per tutti gli uomini.

L’euritmia è un’arte del movimento creata da Steiner che può essere chiamata espressione visibile del linguaggio e della musica. L’uomo che fa euritmia esegue con l’intera figura del corpo, principalmente con braccia e mani i movimenti che compie il corpo eterico durante l’ascolto. Nei movimenti di crescita della pianta si ritrovano questi movimenti euritmici. Le forze formatrici e di crescita di ogni essere vivente sono gesti euritmici.

Uniamo le consonanti euritmiche con i movimenti delle forze formatrici, si ha:

germinare G o K
spuntare L
germogliare M
ristagnare N
avvolgere W
attorcigliare R
fiorire H
polverizzare F
accogliere T (D)
fruttificare B
alleggerire C
irrigidire S(Z)

Mentre gli uomini fanno euritmia solo quando qualcuno fa risuonare i moduli vocali e consonanti di una lingua. La pianta sta ad ascoltare il linguaggio del Verbo cosmico. Così essa ascolta, euritmizza e configura la sua forma. E’ il Logos, la parola cosmica, che parla attraverso le stelle. Steiner indagando il luogo di origine delle consonanti lo ha trovato nei 12 segni zodiacali. Collocando i movimenti di crescita della pianta nel corso annuale dello zodiaco si constata la corrispondenza della pianta col corso dell’anno. A dicembre la pianta inizia a destarsi, in primavera spunta e germoglia, a pentecoste inizia la fioritura, giunge a fruttificare in autunno e a novembre termina.

Parte della pianta Etere Elemento
Seme o frutto Etere di vita Fuoco
Fiore Etere di suono Aria
Foglia o stelo Etere di luce Acqua
Radice Etere di calore Terra

L’euritmia delle vocali si esegue con questi movimenti del corpo:

A . le braccia aperte ad angolo e tese

E . le braccia incrociate salde

I . è il rettilineo estendersi verso l’alto e il basso come l’asse di una sfera che ruota

O . movimento tondo che abbraccia

U . braccia tese parallele quasi a contatto

EI . movimento con le braccia dove uno è teso nella I l’altro scorre lungo di esso sfiorandolo come nella E

AU. È mezza A con un braccio mentre l’altro tocca la figura

Le vocali hanno origine nei pianeti:

A venere

E Marte

I Mercurio

O giove

U saturno

AU sole

EI Luna

Gli altri pianeti non sono considerati perché sono di recente scoperta e sono più che altro vagabondi spaziali, non appartengono al sistema solare originario.

Nella pianta ritroviamo le forze formatrici date dalle vocali emanate dai pianeti nella struttura e nella conformazione complessiva della pianta. Nella pianta si ha un asse, la I, attorno al quale tutto si ordina. Riconosciamo un albero da lontano dalla sua forma data da una forza la O. La U è data da tutto quello nella pianta è sottile e duro come gli aghi, il picciolo, il fusto. La forza di ramificazione che crea configurazioni ad angolo è data dalla A. Dove incrocia per formare la gemma è la E. Nella EI la E arresta l’ascesa della I. AU è l’espressione di espansione e contrazione della pianta.

I ritmi dettati per ricavare la misura del diagramma fiorale differente per ogni pianta sono tutti misurabili e traducibili in numeri perché elementi dell’euritmia musicale della pianta.

Kranich mise in evidenza come le piante appartenenti tutte alla stessa famiglia si possono ricondurre ad un tipo che è in relazione ad un determinato pianeta. Qui si lega l’euritmia della parola e la musica in ogni tipo. Es: il movimento del pianeta Venere è messo in relazione coi fiori di Venere; Mercurio con i fiori del tulipano.

Steiner rende visibile, ossia percepibile attraverso l’euritmia, parole e musica. È la chiave per percepire le forze formatrici. Ad ogni pianeta associa una nota e gli intervalli.

Quando il bimbo nasce già respira, genera calore, viene nutrito e inizia l’attività di ripristino e generazione, comincia a crescere.

Vi sono 7 processi vitali:

respirazione

generazione di calore

nutrizione

separazione

mantenimento

crescita

riproduzione

Sono forze diverse dalle forze formatrici. Perché sono forze dell’eterico che hanno origine dai corpi celesti e che unificano le 4 forze eteriche nel corpo vitale.

Noi poniamo all’origine di tutta la vita sulla terra Il sole che origina la vita. Quindi il sole unifica i 4 eteri. L’universo è l’uno il tutto ed esso è vivo. L’universo è vita, forma, sostanza. Le stelle nel loro ordinamento costituiscono la forma, la terra è una sostanzialità come le stelle e tutto vive per mezzo del Sole. L’universo una volta era più vivente, e l’umanità percepiva e conosceva questa vita, ma la vita universale dovette ritrarsi e la sua conoscenza svanire affinché l’uomo potesse acquistare una libera autocoscienza. Lo sviluppo della coscienza avviene a scapito dello sviluppo vitale. I pianeti ricevono vita dal Sole e la vita del Sole viene modificata dai pianeti.

Steiner pone accanto ai 7 processi vitali i 7 pianeti. La forza più importante è quella di separazione infatti il Sole individualizza creando esseri viventi distinti. Le tre forze dei pianeti superiori sono chiamate arimaniche (consumare, bruciare, sedimentare) quelle tre dei pianeti inferiori luciferiche (indurimento, maturazione, generazione). Il Sole è tenuto fuori. I pianeti influenzano l’uomo con la luce, velocità, distanza dalla Terra. La luce da origine ai 7 processi vitali, il movimento, ai 7 movimenti interiori, le distanze ai 7 stadi della vita:

 

7 movimenti interiori 7 stadi della vita
della posizione eretta vita dei sensi - vita morente
del pensare vita dei nervi - vita preservantesi
del parlare vita del respiro - vita formatrice
del sangue vita della circolazione - immagini di organi metamorfosantesi
del respiro vita del ricambio - organi fisici
delle ghiandole vita del movimento - vita rinvigorentesi
della riproduzione vita della riproduzione – vita rinnovantesi

L’uomo porta in sé i pianeti come centri vitali dei suoi 7 organi:

Cuore Sole
Polmoni Mercurio
Fegato Giove
Cistifellea Marte
Reni Venere
Milza Saturno
Cervello e Organi riproduttivi Luna

 

I ritmi del sole, luna, e dei pianeti sono connessi alla vita della terra. Vi sono ritmi nell’alternarsi delle stagioni, ecc. Il ritmo viene usato in tutti i campi dall’uomo esso è la ripetizione di elementi simili in intervalli di tempo simili. Nel ritmo si cela qualcosa di disuguale, non è ritmo ciò che si ripete in modo uguale. Il ritmo è trinitario: quando è risuonato, l’attesa, ciò che verrà. Passato, presente e futuro. Forte - piano, alto - basso sono polarità del ritmo.

Nell’uomo esistono i ritmi legati al valore della temperatura o al battito dove si misurano delle quantità. Però alcuni non sono misurabili come il dormire e la veglia. Il tempo fa si che il ritmo diventi qualitativo dove non c’è ripetizione ma trasformazione. Il ritmo puro è dato da un ritmo ritmizzato cioè un rapporto ritmico, come respiro e polso. L’io fa da mediazione tra il ritmo del respiro e del cuore è la forza di mezzo del rapporto 1:4. Il corpo umano è diviso in organismo superiore, mediano e inferiore. E si manifesta nel sistema dei nervi, dei sensi, nel sistema ritmico e nel sistema del ricambio e delle membra. Nell’uomo vi sono 4 ritmi: respirazione - pulsazione, veglia e sonno, ritmo della nutrizione. Essi sono uniti dall’io. Veglia e sonno, sono ritmi qualitativi. La nutrizione e la pulsazione sono ritmi quantitativi. Ogni ritmo ha in sé ripetizione e trasformazione, quindi il ritmo diventa rapporto di ripetizione e trasformazione diventando armonia. Tutta la vita si svolge mediante trasformazione e ripetizione, dove la ripetizione è il principio del corpo eterico e la trasformazione del corpo astrale. L’origine del ritmo è il Sole. L’uomo ha in sé ritmi cosmici.

Ogni essere quando diventa essere vivente afferra le forze formatrici formando con essa il proprio corpo eterico. Esso può essere detto: corpo di forze formatrici quando osserviamo il costituirsi della forma e lo sviluppo della figura. Corpo vitale quando si prendono in considerazione i processi vitali e i diversi organi vitali coi loro centri e ritmi e sviluppi temporali. Corpo eterico-elementare quando si parla di sostanza specifica considerata nei suoi processi sostanziali e di trasformazione, origine e annientamento, vita e morte. Corpo temporale è l’intera immagine della vita dall’inizio alla fine, vita passata e futura, dove il tempo si fa spazio. Finché la facoltà di percezione superiore non è sviluppata, il pensare scientifico deve essere sostenuto da una formazione artistica, occorre conoscere l’uomo attraverso l’arte. L’antroposofia serve ad ampliare attraverso la conoscenza delle forze formatrici ed eteriche la scienza naturale. Chi conosce l’eterico afferrerà l’anima nella sua relazione col corpo. Le forze attive nel corpo eterico operano all’inizio della vita umana, nell’embrione come forze plasmatrici e di crescita. Nel corso della vita una parte di queste forze plasmatrici e di crescita diventano forza di pensiero dell’anima. Nel processo di formazione e crescita dell’organismo umano si manifesta una realtà spirituale che diventa forza spirituale di pensiero. Le forze formatrici della forma, vita e sostanza si trasformano nelle attività del pensare, sentire e volere. Coscienza e autocoscienza non si basano su attività eteriche costruttrici ma sono connesse a processi distruttivi. Perché dove lo spirito agisce nell’uomo, la sostanza deve retrocedere dalla sua attività. Il pensare dentro il corpo umano non avviene in virtù dell’essere eterico, ma sulla distruzione dello stesso. Il pensare cosciente non si realizza tramite processi di conformazione e crescita, ma in processi di dissoluzione della forma, di morte. Le forze eteriche formatrici si metamorfosano, sia nella percezione che nel pensare nella sensazione e formazione dei pensieri. Se la sensazione e tutti i contenuti animici come i pensieri, sentimenti e forze istintive, sono presenti nell’ambito situato fra cielo e terra, queste facoltà dell’uomo sono influenzate dall’atmosfera, dal tempo ed anche il contrario, cioè i contenuti animici influenzano e modificano l’ambiente.

Lo spirito del mondo crea mediante le forze formatrici e gli elementi; chi comprende i segreti della forma, della vita, della sostanza, comprende pure come il Logos delle stelle parla, risuona e pensa. Nel prologo di Giovanni, la Parola, il Logos, è descritto come creatore del mondo nella sua relazione con l’uomo. Vi sono tre immagini in cui esso si manifesta: Stella, Sole, Croce. Questi simboli sono manifestazione di Cristo, visto come essere stellare, solare e spaziale legato alla croce; è la  Parola, Vita, Luce degli uomini. La realtà del mondo è la sua manifestazione: nel cielo stellato ci appare l’immagine del Logos. Nelle forze solari si manifesta la Vita in Lui. Nel Sole che col suo corso genera la Croce dello spazio, abbiamo la Luce degli uomini. Infatti secondo Steiner Cristo è risorto nell’eterico dove la sua corporeità è contessuta di luce, ed è dal mondo eterico che lui agisce.

 

Ernst Marti, "Eterico: ampliamento delle scienze naturali attraverso l’antroposofia".

 

 

Essere: uomo

 

Del 1927 è "Essere e tempo", l'opera in cui Martin Heidegger pose l'attenzione del mondo filosofico sul problema dell'essere. Egli indicherà come ente l'uomo, che designa con la parola Esserci (Dasein). Interrogando dunque l'Esserci, possiamo cercare che cosa sia l'essere e sperare di trovarne il senso. Ma il modo di essere tipico dell'Esserci è l'esistenza. Allora la filosofia dovrà in primo luogo essere un'anali dell'esistenza, che dovrà portare alla scoperta del senso dell'essere.

Una caratteristica fondamentale dell'esistenza è la comprensione dell'essere che è una possibilità dell'esistenza.  La struttura invece fondamentale dell'esistenza è di essere nel mondo. Trascendere verso il mondo significa fare del mondo stesso il progetto dei possibili atteggiamenti e azioni dell'uomo. L'uomo ha bisogno del mondo e delle cose che lo costituiscono, e che sono la realtà-utènsile, cioè i mezzi della sua vita e della sua azione. Essere nel mondo vorrà allora dire prendersi cura delle cose che gli occorrono: mutarle, manipolarle ecc. L'essere di queste cose consiste nel servire come strumenti per l'uomo, nell'essere utilizzabili. L'utilizzabilità è così per Heidegger la caratteristica fondamentale delle cose del mondo.

L'esistenza non è solo apertura verso il mondo ma anche verso gli altri. Il rapporto tra l'uomo e gli altri Esserci è un aver cura degli altri. Per comprendersi, l'uomo può assumere come punto di partenza sé stesso oppure il mondo e gli altri. Nel primo caso, si ha una comprensione autentica, nel secondo caso una comprensione inautentica.

 

Martin Heidegger
(1889-1976)

filosofo tedesco.

Quest'ultima è il fondamento dell'esistenza anonima, del si dice, si fa, dove tutto è livellato, convenzionale. Nell'esistenza anonima il linguaggio diventa chiacchiera inconsistente; inoltre un'esistenza così vuota cerca naturalmente di riempirsi, ed è perciò morbosamente protesa verso il nuovo: la curiosità per le apparenze è l'altro suo carattere dominante. Ciò però non implica una condanna moralistica dell'esistenza anonima, egli si limita a riconoscere che l'esistenza anonima è uno dei possibili poter essere dell'uomo. Alla sua base c'è la deiezione (Verfallen), per cui l'essere umano cade a livello delle cose nel mondo; l'uomo è gettato nel mondo in mezzo agli altri, è un Esserci tra tanti altri. L'esistenza è un essere possibile cioè un progettarsi in avanti; ma questo progettarsi non fa che ricadere all'indietro, su ciò che l'esistenza è già, di fatto. Tale è la struttura circolare e conclusa dell'essere dell'uomo, che possiamo adesso chiamare anche Cura: essa è appunto l'essere dell'Esserci, nella sua unità di esistenza, deiezione e fatticità (o effettività: l'uomo è quello che è, diverso dalle cose).

Vi è però anche la possibilità dell'esistenza autentica, a cui l'uomo è richiamato dalla voce della coscienza. Essa lo richiama a riconoscere l'annullamento ultimo di tutte le sue possibilità, e cioè lo richiama a riconoscere la morte. Solo se l'uomo riconosce la possibilità della morte e la assume su di sé con una decisione anticipatrice, l'uomo può trovare il suo essere autentico. Mentre l'esistenza banale è una fuga di fronte alla morte, la voce della coscienza chiama l'uomo all'essere-per-la-morte, cioè alla decisione anticipatrice che consiste nel vivere-per-la-morte. Questo vuol dire comprendere l'impossibilità dell'esistenza in quanto tale. Ad essa si accompagna una tonalità emotiva che Heidegger chiama angoscia. Con l'angoscia, l'uomo "si sente in presenza del nulla, dell'impossibilità possibile della sua esistenza". Essa pone l'uomo di fronte al nulla, e il nulla si presenta nella sua potenza di annientamento. L'angoscia fa vedere all'uomo l'insignificanza e la nullità dei fini che gli vengono proposti nella sua esistenza quotidiana, e gli offre la possibilità di rimanere fedele a quelli inerenti alla situazione in cui viene a trovarsi. Poiché questa situazione è un coesistere con gli altri, fra le cose del mondo, l'esistenza autentica dà all'uomo la possibilità di rimanere fedele al destino della comunità cui appartiene. In altri termini, la libertà per l'uomo consiste nello scegliere e nell'accettare la sua situazione e nel rimanerle fedele. Per l'uomo vi è anche un tempo autentico ed un tempo inautentico: il primo è dato dalla paura, dall'ora; mentre il secondo è dato dalla decisione anticipatrice di vivere per la morte (per cui il futuro è per Heidegger la dimensione temporale fondamentale), dall'angoscia e dalla ripetizione (nel senso della ri-scelta delle possibilità che sono state). Il tempo così non si aggiunge all'essere dell'uomo ma l'essere è il tempo. L'essere dell'uomo ha trovato il suo senso nel tempo. Il tempo è il senso dell'essere: questo è quanto il titolo dell'opera di Heidegger può suggerire.

Arrivato a questo punto, però, Heidegger deve riconoscere che non ha ancora trovato l'essere e tanto meno il suo senso. Il senso dell'essere non può essere trovato interrogando un ente, sia pure l'uomo, l'Esserci, "ciò che noi stessi sempre siamo", come dice Heidegger. L'unico risultato positivo che può derivare dall'analitica esistenziale è stato quello di scoprire che l'essere di cui si cerca il senso non è l'essere di un ente. Essere e tempo fu salutato all'inizio come il più importante documento della filosofia esistenzialistica, esso non voleva affatto essere tale. Heidegger stesso ribadirà più volte: "Le mie tendenze filosofiche non possono essere classificate come 'Filosofia dell'esistenza'. La questione che mi preoccupa non è quella dell'esistenza dell'uomo, ma quella dell'essere nel suo insieme e in quanto tale" (cf. Lettera sull'umanismo, 1947).

Il termine metafisica è usato da Heidegger per indicare tutto il pensiero occidentale che non ha saputo riconoscere l'essere. Certo, fin dagli inizi parla dell'essere e ricerca l'essere, ma ha gradualmente confuso l'essere con le cose. La metafisica è giunta alla sua fine col pensiero di Nietzsche. La tecnica moderna o, meglio, la mentalità tecnologica è il fenomeno che esprimere il venire a fine della metafisica. Non vi è oggi alcun ente davvero misterioso, tutto è dato per conosciuto o per conoscibile attraverso i metodi razionali; la mentalità corrente è quella che conosce la cosa solo in ciò che essa ha di funzionale. Il pensiero stesso non è diventato altro che una escogitazione tecnica, strumento esso stesso per la soluzione dei problemi. Ma forse è proprio in questa situazione di estrema povertà di pensiero, che deve dare l'impulso alla ricerca di un modo nuovo di esercitare il pensiero stesso, che non si consideri più di adeguarci alla cosa, cioè assumiamo la cosa come norma. Ma questo modo di rapportarsi alla cosa presuppone per Heidegger un'apertura più originaria, che è un essere-aperto alla cosa come tale. L'aprirsi alla cosa così come essa è, è un atto di libertà: l'essenza della verità è la libertà. La verità è intesa da Heidegger come originaria apertura e svelamento.

La svolta di Heidegger consiste nell'instaurare un rapporto diverso tra pensiero ed essere. Il pensiero può essere pensiero dell'essere in senso oggettivo, cioè comprende l'essere: non ci può essere infatti comprensione e conoscenza dell'ente se non c'è, preliminarmente, una comprensione dell'essere. L'essere allora non potrà più essere pensato metafisicamente come presenza, ma viene inteso come luce, come illuminazione, nel senso che è proprio della luce lasciar apparire le cose proprio perché essa non appare direttamente. Così è dell'essere: fa apparire gli enti, lascia sussistere la storia, solo in quanto a sua volta si cela, si nasconde.

Se l'essere può rivelarsi attraverso le cose e gli eventi, l'uomo può coglierlo solo se si abbandona allo svelamento dell'essere come tale. Ma lo svelamento dell'essere non può mai essere totale o diretto. L'esistenza è allora stare alla luce dell'essere, per cui l'uomo diventa il pastore dell'essere e la sua dignità consiste "nell'essere chiamato dall'essere stesso a far la guardia alla sua verità". In quanto l'uomo pensa, non può fare altro che "lasciare che l'essere sia". L'uomo deve mettersi in ascolto del linguaggio dell'essere e affidarsi ad esso. L'essere parla all'uomo attraverso il linguaggio o, meglio ancora, attraverso la sua forma più autentica, che è la poesia. La poesia è intesa da Heidegger come annuncio, appello, ed usa l'uomo come suo messaggero. L'uomo deve ascoltare il linguaggio nella sua originaria poeticità, cioè nella sua forza fondante e creativa.

"L'essere non è Dio né un fondamento del mondo", dice chiaramente Heidegger nella Lettera sull'umanismo. Heidegger ritiene che "solo a partire dall'essenza del sacro va pensata l'essenza della divinità". Heidegger lascia aperta la porta al problema di Dio. Egli riconosce soltanto che l'uomo contemporaneo non può porsi tale problema se non ponendosi nella dimensione del sacro, che però resta chiusa, secondo Heidegger, se non si è illuminati e aperti all'Essere. (cf. Sentieri interrotti).

 

"Nel ciclo di conferenze di Parigi ho esposto una concezione che aveva dovuto subire nella mia anima un lungo periodo di "maturazione". Dopo aver spiegato quale rapporto abbiano tra loro le parti dell'entità umana: il corpo fisico, il corpo eterico quale mediatore dei fenomeni della vita, il corpo astrale quale mediatore per le sensazioni e la volontà e il portatore dell'io, comunicai il fatto che il corpo eterico dell'uomo è femminile e che il corpo eterico della donna è maschile. ... Mediante il corpo fisico l'uomo è connesso con le forze della terra, mediante il corpo eterico con le forze del cosmo extraterrestre. Maschile e femminile vengono accostati ai misteri dell'universo."

Rudolf Steiner, "La mia vita".

 

Il corpo fisico ha peso, volume, e dimensione, mentre ha il senso dello spazio, non ha il senso del tempo, esso lo deduce dal Sole, ma il tempo interiore è il seguire le variazioni del nostro corpo eterico rispetto la posizione del Sole. Il tempo si può udire, mentre lo spazio si vede. Se chiudiamo gli occhi lo spazio viene a mancare, ma acquistiamo sensibilità temporale. La facoltà immaginativa coinvolge le immagini, in quanto le vediamo. La facoltà ispirativa coinvolge l'udire, in quanto qui non vediamo immagini, ma percepiamo suoni che si snodano nel tempo monodimensionale. Il corpo eterico dunque vive in uno spazio bidimensionale e in uno monodimensionale. Perché le immagini non vivono in uno spazio bidimensionale, ma tridimensionale, e il suono è monodimensionale. Lo spazio tridimensionale è quello che coinvolge il corpo, il bidimensionale è quello vissuto dal corpo eterico, ma qui esso diventa tempo monodimensionale. L'esperienza del tempo viene vissuta dal corpo eterico ed esso è il secondo uomo in noi. Se guardiamo noi stessi andando indietro nel tempo sino ad oggi, ci rivediamo in figure, quindi immagini temporali. Quindi passiamo da un pensare spaziale ad un pensare morfologico: un pensare in figure. In senso organico, deve essere interiormente mobile, in modo da produrre una figura dall'altra, un pensare che assume di continuo una forma organica che cresce continuamente. E' un pensare artistico, infatti si parte da un'idea che cresce e poi crea morfologicamente altre idee, in modo organico. Il secondo uomo in noi da una parte ci dà un senso di beatitudine per il fatto di poter accedere all'esperienza del sovrasensibile, ma dall'altro ci opprime come se un altro ci imponesse con peso la sua presenza, per il senso di essere in due. Nel vivere questa polarità possiamo dire di vivere nell'equilibrio di un fatto vitale e prenderlo con serenità.

 

Claudio Gregorat, "Quale Iniziazione?"

 

L'uomo comune guardando un altro uomo lo vede come vede un animale, la prima cosa che pensa guardandolo e di misurarlo in modo fisico. Di un animale si guardano gli occhi, il pelo, se è in forma fisica, ma molti uomini fanno altrettanto quando guardano un altro essere umano. Non si va a guardare il suo lato spirituale, cioè quel che esce dall'incarnato, le vibrazioni dell'anima che essa fa trasparire. Non si pensa a quel che esso vuol comunicare. Quando l'anima vive nel colore è sempre nello spirito che la si vede.

Con la musica si arriva in quello che l'anima sperimenta nello spirito. Siamo fuori dallo spazio. Mentre la pittura è bidimensionale, la musica è lineare,  la linea unidimensionale del tempo. La musica è sperimentata in modo da sentire il mondo in pari tempo con il nostro mondo. I greci con la lira di Apollo intendevano lo sperimentare nella musica, il nascosto adeguamento dell'uomo alle interiori condizioni armoniche e melodiche dell'esistenza universale, dalle quali egli venne creato. Corde meravigliose che hanno un'attività metamorfosata sono i fasci di nervi che partono dal midollo spinale. Il midollo spinale che termina nel cervello e che irradia i singoli fasci nervosi in tutto il corpo, è appunto la lira di Apollo. Entro il mondo terrestre l'uomo animico-spirituale viene fatto risuonare su quei fasci di nervi. Lo strumento più perfetto al mondo è l'uomo stesso, e uno strumento musicale esterno incanta per lui i suoni artistici nella misura in cui l'uomo stesso nel risuonare delle corde di un nuovo strumento sente ad esempio qualcosa che è in relazione con la costituzione derivata dal complesso dei fasci nervosi e dalle vie del sangue. In quanto uomo dei nervi, egli è costruito interiormente sulla base della musica e la sente artisticamente, perché ciò che si presenta come musica si accorda con il segreto della propria costituzione musicale. Quando ci dedichiamo alla musica facciamo appello alla nostra parte animico-spirituale vivente sulla terra, e agiamo sulla creazione musicale.

Il nostro corpo funge da filtro, noi se non avessimo questo filtro vivremmo come spirito immersi nel macrocosmo in un tutt'uno con esso, invece il corpo ci fa da contenitore e compie l'azione di filtrare attraverso la percezione tutto quello che ci sta intorno. Il corpo funge da microcosmo. L'arte deve esprimere ciò che l'artista è in grado di imprimere nelle sue forme perché la sua anima sperimenta in contatto con  il mondo, che il suo corpo è l'immagine microcosmica di tutto il macrocosmo.

Il corpo è composto da scheletro, una mirabile struttura architettonica le cui forme si possono ritrovare ovunque. Da muscoli, cartilagini, tendini, che si attaccano alle ossa e dove scorre il sistema nervoso che dona plastica al corpo. L'epidermide racchiude la forma, protegge gli organi e filtra l'esterno. Le nostre cellule si ricostruiscono in continuo, una capacità di autorigenerazione che ritroviamo ovunque in natura. Le fasi alchemiche seguono questo processo vitale che prima o poi incontra la morte e poi ritorna a nuova vita all'infinito. Nella metamorfosi la farfalla si ricorderà mai di aver strisciato per terra? No, noi ci ricordiamo della nostra precedente vita animica. Però grazie alla nostra intuizione veggente possiamo intuire che c'era stata e che ce ne sarà un'altra dopo, perché lo leggiamo e impariamo dalle leggi della natura, dai fenomeni che accadono, gli stessi del macrocosmo nel microcosmo e viceversa.

L'anima quando entra nel corpo cresce nello spazio, così veniva descritto da civiltà antiche. Nei tempi antichi era abitudine non portare in sé ciò che era estraneo. L'uomo sentiva la propria testa come qualcosa datagli dal mondo spirituale, e il corpo come adatto alla forza di gravità. Infatti diviene testa quello che in vite precedenti era corpo e questo diverrà testa in future vite terrene. Anche se il corpo si disgrega, è il complesso di forze che esiste nell'organismo fisico, che lo tiene insieme, forze verticali e orizzontali, si arrotonda e diventa complesso di forze per la nostra testa nella vita successiva. Collaborano alla trasformazione tutte le gerarchie superiori, alla metamorfosi dei piedi, gambe e così via. La testa assume così la forma grazie alla quale essa appare l'immagine del vasto spazio che si curva sopra di noi. Quindi nella parte superiore della testa si ha l'immagine delle forze atmosferiche, la precisa immagine della volta del cielo. Nella sua parte mediana si ha l'adattamento della testa al torace, a tutto ciò che circonda la terra. Nel torace abbiamo bisogno dell'aria e della luce che circonda la terra e così via. Dove il nostro organismo è solo un complesso di sostanze, non un complesso definito con la curvatura della testa, il torace ha solo una relazione con la forma del naso, con la parte centrale della testa. La bocca nella tripartizione umana è in relazione con gli arti, con l'organismo della digestione, della nutrizione, del movimento. Quindi ciò che ha attraversato il cielo per diventare testa dalla precedente condizione corporea, si adegui in alto alla curvatura del cielo, e nella parte mediana si adegui a quel che l'uomo è attraverso ciò che circonda la terra, e come si adegui a quel che è in quanto uomo terreno nella formazione della bocca per la gravità e per le sostanze terrestri.

Nella mitologia europea la testa nasce così: in alto Asgard, il castello degli dèi, nella parte centrale Midgard, la patria degli uomini sulla terra, e Jotunheim che è parte della terra, la patria dei giganti, degli spiriti della terra. E' come paragonare in essa il cielo (dei), la terra (uomini), l'inferno (giganti).

Quindi nella volta della testa vi è il ricordo della precedente incarnazione, dove si vede nella parte centrale, nella zona degli occhi, delle orecchie, del naso, il ricordo turbato dall'atmosfera terrestre, vedendo nella bocca la forma umana precedente costretta dalla terra, la forma umana già esiliata sulla terra. Nella fronte l'uomo porta con sé ciò che karmicamente gli è stato trasmesso dalla sua precedente vita terrena. Nelle caratteristiche del suo mento è già costretto nell'attuale vita terrena, manifesta la mitezza o la caparbietà della vita attuale. Non avrebbe mento se la precedente organizzazione, non si fosse trasformata nella testa attuale.   Nella formazione di bocca e mento la somma degli attuali impulsi terrestri è tanto forte che gli elementi passati si imprimono, si tendono in quelli presenti.

Quindi le caratteristiche fisognomiche da notare in un uomo sono la curvatura e la superficie della fronte, lo sporgere o il rientrare delle curvature. Il mento sporgente appartiene ad una persona caparbia, un mento rientrante ad una mite. In questo modo si comprendono le forme umane derivata da tutto l'universo, un universo temporale e atemporale. L'essere umano porta dai mondi spirituali in quello fisico il colore dei suoi vestiti. Mentre l'architettura lo porta alla fine mortale.

 

L'uomo si trova a vivere sulla terra, ma la sua esistenza gli pone dei dubbi esistenziali per cui è necessaria la conoscenza e la religione. La conoscenza tende a risvegliare verso il cammino che poi porta ad attraversare la porta del mondo spirituale, mentre la religione è consolatrice e risveglia l'uomo verso la prospettiva del mondo spirituale. L'arte supera l'abisso dell'esistenza terrena, e da un lato porta la vita divino-spirituale sulla terra e dall'altro struttura la vita fisico-terrena in modo che nelle sue forme nei suoi colori, nelle parole e nei suoni possa apparire come una manifestazione terrena della sfera spirituale.

Una volta l'arte, la religione e la scienza erano tre correnti spirituali riunite in un'origine comune che allora era la poesia. L'uomo in antichità guardava alla terra come un riflesso di quel che avviene nel cosmo. A quel tempo la poesia era l'unico mezzo di espressione altamente sviluppato rispetto le altre arti, perché l'uomo era conscio che con la parola ricreava dall'intimo segreto della sua organizzazione e poteva esprimere qualcosa di soprasensibile. La poesia era l'inserirsi in modo veggente, in un'unità animica con qualcosa di extraterrestre, di stellare. I pensieri erano inseriti nel cosmo, erano espressi secondo la reciproca posizione delle stelle, secondo il loro reciproco movimento. A quei tempi non si pensava solo in base alla forza interiore dell'uomo, questo lo fece più avanti l'uomo libero. In ogni figura di pensieri, in ogni forma di pensieri si aveva un'immagine delle stelle nel cielo. Quando si pensava ci si sentiva trasferiti nello spazio stellare, esso indicava la saggezza non la luce solare che di giorno abbagliava rispetto a ciò che fuori nel cosmo dirige e orienta i pensieri, cioè l'autentica luce solare, ma quel che veniva irraggiato dalla luna entro il mondo delle stelle. L'antica saggezza dei misteri diceva: di giorno si vede la luce con il corpo fisico, di notte non si vede la luce del sole, ma essa viene afferrata dalla coppa argentea della luna. In questo modo la luce del sole veniva carpita anche di notte. L'anima beveva questa luce e veniva spiritualizzata, così essa poteva afferrare i pensieri che erano il risultato, il riflesso del cielo stellato. Le forze del pensare non erano nell'organismo dell'uomo, ma dove orbitano le stelle e dove si formano le costellazioni. L'uomo con la sua anima si sentiva riversato in tutto l'universo. Non cercava le leggi logiche indagando la riunione e la separazione dei pensieri, ma osservava il corso e le immagini delle stelle nel firmamento notturno se voleva sapere come i pensieri si uniscono e si separano. Cercava nel cielo le leggi e le immagini del suo pensare. Il suo sentire l'uomo, non si riferiva al sentire astratto moderno, ma al concreto, l'interiore esperienza del respiro e della circolazione del sangue, legata con tutto l'attivo tessere nell'interiorità del corpo umano.  Sentiva come nell'anima si intrecciavano la circolazione del sangue e il respiro. Non ci si sentiva solo sulla terra fisica, ma in uno spazio planetario. I  globuli del sangue che circolano nel corpo erano Mercurio e Venere che si incrociavano con il Sole e con la Luna. Quando si viveva nei propri pensieri ci si sentiva più nelle stelle fisse e nelle loro costellazioni, mentre si viveva col sentire entro la sfera dei pianeti, dei pianeti in movimento. Soltanto con la volontà ci si sentiva sulla terra. La terra era sentita come immagine del cosmo, e se le forze di Giove, della Luna, di Venere e del Sole colpivano la terra, ne compenetravano il terreno nei suoi elementi solidi, liquidi e aeriformi, ci si diceva che da questi elementi entravano nell'uomo gli impulsi della volontà, come entravano in lui gli impulsi dei pensieri dalle stelle fisse, e quelli del sentire dal movimento dei pianeti. Sentendo con quel sentimento si può arrivare a capire il tempo in cui era nata l'arte primordiale. L'arte primordiale è il linguaggio umano. Oggi non si sente che il linguaggio è la vera arte primordiale, un tempo gli uomini si sentivano trasposti nello zodiaco e nel sentire le sue immagini facevano proprie le dodici consonanti, mentre nel movimento dei pianeti entro le costellazioni zodiacali facevano proprie le vocali. Se non volevano esprimere quel che sperimentavano sulla terra, ma quel che l'anima sperimentava quando si sentiva rapita dalla terra nel cosmo, il linguaggio diventava ciò che era la poesia in quegli antichi tempi. Da quella comunione col cosmo spirituale è nata tutta l'antica poesia. Gli ultimi residui di poesia sono rimasti nei Veda e negli Edda. Quel che è rimasto nella poesia dei nostri tempi è il superamento del significato prosastico della parola nel ritmo, nella rima, nell'immaginazione, nella struttura del linguaggio, che sempre dobbiamo cercare dietro il significato prosastico della parola. La vera poesia non consiste nel significato delle parole, ma nel testo in prosa, ove vi risuona il ritmo, la battuta o l'immaginazione. La poesia è ancora tale oggi perché ha qualcosa che non è solo nelle parole, per cui le parole sono soltanto un mezzo grazie al quale la poesia ha un'atmosfera, un retroscena che è un'eco dell'armonia, della melodia, e dell'immaginazione dell'universo. Così Omero non canta la sua anima, ma l'anima che in lui è comune ai movimenti del cosmo. Ciò che nell'Iliade viene raccontato in una prospettiva stellare non viene detto come se gli uomini avessero qualcosa a che fare fra loro, ma vi operano gli dei, le azioni degli dei compaiono fra quelle degli uomini. Egli canta della prospettiva stellare non della terra. La poesia è solo un mezzo terreno e la vera arte consiste nel trattarlo in modo che parola, colori, suoni e forme possono condurre in mondi spirituali.

 

Rudolf Steiner, "La missione universale dell'arte".

Rudolf Steiner, "Arte e conoscenza dell'arte".

 

Il superuomo
 

L'idea di "Così parlò Zarathustra" nasce da Nietzsche nell'agosto del 1881, in Engadina (Svizzera), dove egli elaborò la sua teoria dell'eterno ritorno assieme all'idea del superuomo. L'opera è scritta secondo un modello che richiama lo stile del Nuovo Testamento e questa scelta di stesura in forma profetica ci fa intuire come Nietzsche, da questo periodo della sua vita in poi, si senta investito di un compito epocale, una convinzione di dover provocare un mutamento radicale di civiltà, mutamento concepito in solitudine e in un totale isolamento intellettuale. In questa opera Nietzsche prende congedo dal moralista e dallo psicologo e prende i toni di un profeta e di un lirico. I pensieri di fondo sono ritmati dal tempo musicale. La forma è rivelatrice di un tentativo particolare di comunicazione, dove ciò che importa è anzitutto quello che vuol essere comunicato. La poetica filosofica rievoca attraverso il pensiero immaginativo dei concetti che si svelano attraverso delle rappresentazioni simboliche. Zarathustra si giostra tra un temperamento malinconico e uno sanguigno, ritma la sensibilità e la reattività, impiega concentrazione ed espansione per farsi profeta del superuomo. Dopo essersi ritirato in se stesso per anni, vivendo sui monti in un luogo isolato, sente il bisogno di ritornare in mezzo agli uomini.

 

 

 

 

 

 

 

 

Friedrich Wilhelm Nietzsche,

(1844-1900), filosofo tedesco.

Zarathustra fa il suo arrivo in città e pronuncia alla folla la teoria del superuomo, sostenendo che l' uomo in sé non è giunto ad un punto di arrivo, ma di partenza per dare un qualcosa di più, l'uomo deve superare se stesso:

 "Ecco, io vi insegno il superuomo! Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: sia il superuomo il senso della terra!"

Egli si fa voce di un uomo che sappia seguire per sua natura, le leggi della natura, che non si leghi supino alla speranza del sovraterreno. Nietzsche asserisce che la vera libertà starà allora nel liberarsi dall'illusione della libertà. Il profeta annuncia la nuova verità, indispensabile per liberarsi dalle credenze che paralizzano la volontà di potenza e la natura umana. La prima credenza da smascherare è la credenza in Dio, cioè una realtà soprasensibile condizionante quella terrena. La liberazione dalla credenza in Dio è la prima condizione per la nascita del Superuomo. L'uomo non più imprigionato da false credenze, prende coscienza delle proprie possibilità. Un altro passo che deve fare è liberarsi dalle false morali cosicché il volere trionfi su ogni norma e si imponga come verità assoluta. Nietzsche vuole fungere da provocatore, perché l'uomo si elevi a Dio, non aspettando che qualche entità lo aiuti con atti devozionali quali la preghiera o i riti religiosi, ma  prendendo coscienza di sé e delle leggi che regolano il mondo per migliorare se stesso e la vita con e degli altri. Questo si ha col superamento dell'uomo, che significa superarsi per evolversi in continuo, ciò avviene attraverso la conoscenza e la potenza di volontà, che è creatrice. Ciò viene spiegato attraverso la metafora del Sole che ha il dovere di risplendere e di tramontare ogni giorno. Questa sua caratteristica non ha valore morale, non dipende da un destino trascendente, non è per libera scelta, ma deriva da un destino proprio, immanente dalla sua natura. Analogamente Zarathustra discende tra gli uomini non condizionato dalla morale, o perché vittima di un destino superiore, ma perché la sua natura lo rende capace di farlo, è la sua volontà di potenza che lo porta per natura ad essere in tal modo. "Imprimere al divenire il carattere dell'essere - è questa la suprema volontà di potenza".

La folla non apprezza le parole di Zarathustra, è incapace di dar vita al superuomo, non vuole stravolgere un mondo che ai loro occhi era consolidato. Successivamente Zarathustra espone la grande teoria delle tre metamorfosi dello spirito per diventare superuomini: attraverso le tre figure simboliche del cammello, del leone, e del fanciullo. E' il  procedere verso l'uomo libero dagli idoli della superstizione e della colpa dettati dalla religione e dalla morale. Il cammello rappresenta l'uomo che teme e riverisce, che si piega davanti alla grandezza di Dio assumendo volontariamente su di sé i grandi tormenti del mondo. L'uomo poi diventa leone quando combatte contro la morale che gli è stata imposta riconoscendo il suo stato di alienazione precedente. Ma il leone possiede una "libertà da..." e non una "libertà di..." e allora per dare nuove leggi il leone deve diventare fanciullo, che rappresenta l'innocenza. I motti sono "tu devi" per il cammello, "io voglio" per il leone e "io sono" per il fanciullo.

Pronuncia la morte di tutti gli Dei in favore della nascita del superuomo, di un uomo con un io individuale.  Ma il popolo sicuro nella tradizione non comprende il suo insegnamento così Zarathustra decide di tenersi distante dal popolo e di allontanarsi dalla città per far ritorno sulla montagna alla sua caverna. Il suo permanere presso gli uomini non é stato vano, é arrivato a scoprire che in ogni uomo é insita la volontà di potenza, ogni azione é motivata dal cercare di aumentare il proprio potere. 

Zarathustra é il grande distruttore della morale classica, imposta dal razionalismo; la più grande liberazione deve però riguardare l’idea cristiana della morte, la paura della morte è la paura della sanzione finale dell’insensatezza dell’esistenza.

Ritornato sulla sua montagna è arricchito di nuove esperienze e ha conosciuto ancor più profondamente l'uomo, matura la teoria dell' eterno ritorno : "Guarda questa porta carraia! Nano! continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all'indietro: dura un'eternità. E quella lunga via fuori della porta e in avanti - è un'altra eternità. Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l'un contro l'altro: e qui, a questa porta carraia, essi convengono. In alto sta scritto il nome della porta: "attimo''. Ma, chi ne percorresse uno dei due sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri si contraddicano in eterno?". "Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo". ...Guarda, continuai, questo attimo! Da questa porta carraia che si chiama attimo, comincia all'indietro una via lunga, eterna: dietro di noi è un'eternità. Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà forse avere già percorso una volta questa via? Non dovrà ognuna delle cose che possono accadere, già essere accaduta, fatta, trascorsa una volta? E se tutto è già esistito: che pensi, o nano, di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia esserci già stata? E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l'una all'altra in modo tale che questo attimo trae dietro di sé tutte le cose avvenire? Dunque - anche se stesso? Infatti, ognuna delle cose che possono camminare: anche in questa lunga via al di fuori - deve camminare ancora una volta! E questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna e persino questo chiaro di luna e io e tu bisbiglianti a questa porta, di cose eterne bisbiglianti - non dobbiamo tutti esserci stati un'altra volta? e ritornare a camminare in quell'altra via al di fuori, davanti a noi, in questa lunga orrida via - non dobbiamo ritornare in eterno?".

Il superuomo non può che apprezzare l'eternità, l'eterno ritorno, perché è un rinnovarsi continuo della sua volontà di potenza e del suo dominio sul mondo: un dominio che dovrà ritornare all'infinito, per l'eternità. Zarathustra dialoga a riguardo della dottrina dell'eterno ritorno con i suoi stessi animali, che, a differenza del volgo, lo ascoltano entusiasti; e alla tematica dell'eterno ritorno vi collega il destino o karma: "... ecco che io muoio e scompaio, diresti, e in un attimo sono un nulla. Le anime sono mortali come i corpi. Ma il nodo di cause, nel quale io sono intrecciato, torna di nuovo, esso mi creerà di nuovo! Io stesso appartengo alle cause dell'eterno ritorno. Io torno di nuovo, con questo sole, con questa terra, con quest'aquila, con questo serpente, non a nuova vita o a vita migliore o a una vita simile: io torno eternamente a questa stessa identica vita."

Tutto ciò che è eterno è il divenire, il divenire di conflittualità, di tensioni, di rapporti. La vita è il continuo, incessante superamento di se stessa. Nella "Gaia scienza" questo pensiero è messo in discussione e diventa eterno ritorno come pensiero di divenire incessante: "Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione". Egli, in Zarathustra, vuole approfondire questo concetto con la metafora del serpente simbolo della versione circolare dell'eterno ritorno a cui viene strappata la testa, e da qui libera l'eterno ritorno dal suo circolo. Infatti dire che ogni cosa si ripete in eterno significa rendere vano ogni evento ed ogni pensiero congelandoli in un radicale determinismo: soffocare il libero divenire delle cose e delle idee. Quindi l'eterno ritorno si applica nell'eterno ritorno dell'uguale, che ritorna in generale, e nel fatto che il ritorno non sia nella forma della circolarità. Così il ritorno è incompatibile con eterno e l'eterno ritorno dell'uguale va interpretato come divenire che ripete se stesso, divenire che sempre è. Non siamo liberi, la libertà è solo apparente, ma il rendersene consapevoli porta alla volontà di potenza.

Sulla sua montagna Zarathustra ritrova la pace: ma essa viene improvvisamente sconvolta da un grido d'aiuto lanciato dalla foresta: é l'umanità che ha bisogno di Zarathustra e dei suoi insegnamenti. Ecco allora che il vecchio senzadio non esita a scendere dal monte e si lancia alla ricerca di chi ha emesso l'urlo per potergli prestare soccorso: si imbatte in un indovino già incontrato anni addietro e poi in una coppia di re: anch'essi, come Zarathustra, sono alla disperata ricerca di un uomo superiore, nauseati dalla volgare società comune. Il punto culminante nei vari incontri di Zarathustra é quello con il vecchio papa: il vecchio senzadio gli domanda se é vero, come si dice, che Dio é morto: il vecchio papa annuisce. "Basta con un Dio così! Meglio nessun Dio, meglio costruirsi il destino con le proprie mani, meglio essere un folle, meglio essere noi stessi Dio!."

Zarathustra alla fine invita nella sua caverna tutti i personaggi che ha incontrato ed essi accettano l'invito con gioia. Nonostante l'abbiano seguito sono ancora tanto devoti da dover inventare la festa dell'asino, e ancora dormono mentre Zarathustra è già sveglio ed è attorniato dai suoi animali. Capisce che ci vuole compassione per l'uomo superiore, ma che importanza poteva avere, ormai lui stesso era diventato maturo, aveva superato se stesso, la sua opera era compiuta. Ha colto come nell'attimo del proprio tramonto vi sia anche il momento dell'aurora e del meriggio, perché è conscio del divenire dell'eterno ritorno; necessità naturale e di se stesso, e chi ne è conscio sa che in sé prevale la potenza del "fanciullo".

F. W. Nietzsche, "Così parlò Zarathustra"

 

L’alchimista

 

 

La cosmologia alchemico-rosacrociana nella visione dell'unità tra microcosmo terreno e macrocosmo uranico.

 

L’incisione è inserita nel terzo trattato dedicato alla Basilica Philosophica dell’ Opus Medico-Chymicum di Johann Daniel Mylius. L’opera fu eseguita dall’incisore Mattheus Merian al quale l’autore affidò il compito di sintetizzare dogmi e segreti dell’Alchimia in «immagini». Nel volume esistono altre importanti illustrazioni alchemiche come l’Undicesima Chiave di Basilio Valentino e la geometrica rappresentazione del Mundus Archetipus di Thomas Norton. Le immagini sono state utilizzate dall’editore Lucas Jennis per la marca tipografica e per la raffigurazione schematica della visione ermetica del Mondo. L’editore impiegò l’opera di Mattheus Merian anche per illustrare l’appendice del Museum Hermeticum pubblicato nel 1625 a Francoforte.

La teoria del Macrocosmo e del Microcosmo ebbe nel Medio Evo e nel Rinascimento una grandissima fortuna. Al Macrocosmo fu associata l’immagine dell’Universo, del Mondo, del locus in cui risiedeva Dio, la Luce Creatrice propagante in ogni direzione e capace di dissolvere le tenebre e di fornire il principio attivo generatore di tutte le cose. L’Uomo, creato da Dio e nel quale la Divinità si rifletteva, fu, invece, il Microcosmo e l’Universo di cui costituiva una replica in piccolo.
Macrocosmo e Microcosmo erano dunque costituiti da una sola materia formata da due principi contrapposti: la Luce Infinita e le Tenebre Oscure. Nel dualismo gli alchimisti credettero di individuare il mistero della Pietra Filosofale, della Quintessenza, del Medicamento Universale in grado di guarire ogni tipo di malattia. Nell’illustrazione simbolica e negli scritti alchemici, i principi opposti, Luce e Tenebre, acquisirono il significato dello Zolfo e del Mercurio, del Giorno e della Notte, del Sole e della Luna, del Maschile e del Femminile, del Re e della Regina. Il simbolismo ebbe la funzione di Lutum Sapientiae (
un tipo di preparato che veniva impiegato per "sigillare ermeticamente" il vaso alchemico posto sul fuoco dell’athanor) che «sigillando» il vero significato delle cose permetteva il rispetto del segreto dogmatico dell’Arte Sacra che imponeva l’assoluto silenzio e il divieto alla volgare divulgazione della sapienza eterna. Operazioni, consigli e teorie per la fabbricazione del Lapis Philosophorum furono così memorizzate in immagini emblematiche.
L’opera rappresenta in forma sintetica, ma nel medesimo tempo completa, l’Universo ermetico. Essa appare divisa in due parti secondo un asse orizzontale che separa il divino dal terreno, il cielo illuminato dall’abisso oscuro. Un grande emisfero raggiante, simbolo dell’Universo macrocosmico, è lo scenario della parte superiore. In questo fondale di luce e di energia primitiva, una moltitudine di Angeli avvolgono il Nome Sacro ed impronunziabile di Dio scritto con i quattro caratteri ebraici JHVH (Jehovah). Accanto l’Agnello Mistico del Figlio e la Colomba dello Spirito Santo. Nella zona sottostante una sfera più piccola, cinta da nuvole, contiene i simboli alchemici del Corvo, del Cigno, del Drago o Basilisco, del Pellicano e della Fenice. La raffigurazione delle fasi dell’Alchimia è racchiusa a sua volta tra un anello di sette stelle e un cerchio che congiunge la sfera superiore a quella inferiore. Il tutto circonda una struttura di sette anelli concentrici che accoglie, partendo dall’esterno, il regno dello Zodiaco e dei Pianeti - Metalli, quello del Vento, del Sole e delle Stelle, quello del Mercurio, dello Zolfo e del Sale, quello del Fuoco.
La parte centrale della struttura è costituita dall’insieme dei simboli della conoscenza alchemica ovvero i triangoli dell’Acqua, del Fuoco e la Stella a sei punte o Scudo magico di Salomone simbolo della Pietra Filosofale. Il triangolo inscritto nel cerchio è l’immagine trinitaria del fondamento alchemico, il Mercurio Filosofico, il cui geroglifico è posto al centro.
La parte inferiore dell’incisione è divisa, a sua volta, da una linea immaginaria in due parti; una diurna a sinistra e una notturna a destra. Nel mezzo del paesaggio una piccola collina alberata, di forma rotondeggiante, simboleggia la terra. Ogni albero porta il segno di un metallo e in quello posto alla sommità è riprodotto quello dell’Oro. Gli alberi sono querce che nel linguaggio dei filosofi ermetici significavano forza e perpetua resistenza.
Al limite inferiore della «foresta» un vecchio brandisce due asce, una nella mano destra e l’altra in quella di sinistra e la sua tunica, tutta ricamata di stelle, è per metà in luce e per l’altra metà nell’oscurità. La figura incarna l’Alchimista e l’Unità indissolubile della Pietra d’Oro ed è sorretta da due Leoni i cui corpi si fondono in una sola testa da cui esce un fluido, trasposizione della materia prima.

 

A destra della collina, immersa nelle tenebre della notte, un’aquila con le ali spiegate sostiene una donna nuda e un uomo dalla testa di cervo e nel contempo protegge la sfera della terra e dell’acqua. L’ermetismo vuole che questa sia la parte consacrata al principio femminile cioè alla Luna-Argento innalzata dalle due figure. La donna nuda è Diana e l’uomo è il mitologico Atteone allegoria del monito per gli uomini a non avvicinarsi troppo al mondo degli Dei senza la necessaria riverenza. La Donna tiene nella mano destra un grappolo d’uva rossa valorizzazione sessuale e materna del latte della fertilità che esce, diretto verso la terra, dal suo seno sotto forma di uno sciame di stelle. Atteone regge, invece, nella mano sinistra, un trifoglio emblema dei tre principi Zolfo, Mercurio e Sale. Una catena lega il polso della donna alla sfera delle nuvole confermando l’unione con l'emisfero superiore.

Nella parte diurna sono posti i simboli maschili del Leone rampante, dell’Uomo, del Sole e della Fenice. Come l’Aquila, l’uccello che rinasce dalle proprie ceneri, ripara con le ali la sfera del fuoco e dell’aria e sostiene l’Uomo e il Leone uniti nel Sole. L’Uomo è anch’egli incatenato alla sfera celeste. La linea, che divide il paesaggio inferiore, parte dall’unica testa dei Leoni e, attraversando il corpo dell’alchimista, raggiunge l’albero dell’Oro, il Dragone, il Sigillo di Salomone, il simbolo del Mercurio filosofico posto all’incrocio dei due assi, quello orizzontale e quello verticale dove avviene l’unione suprema. La linea prosegue in forma completamente immaginaria fino al Tetragramma divino. L’espressione artistica risulta così essere, una rappresentazione della «summa philosophica» dove le raffigurazioni sono «imagines agens» armoniche con l’antico linguaggio della Dottrina dei Saggi e la visione macro-microcosmica dell’Universo. Adottando il motto alchemico «Prega, leggi, leggi, leggi, rileggi lavora e troverai» l’incisione rivela la sua peculiare funzione di luogo mnemonico in cui tutti i misteri della sapienza eterna sono stati riposti. L’uso esplicito o implicito delle forme geometriche ne sono un esempio.
Il richiamo all’Opus alchemicum sono così il cerchio chiuso dal diametro, il triangolo ottenibile unendo i polsi dell’uomo e della donna al Tetragramma, il triangolo formato dalla veste e dal corpo dell’Alchimista, il triangolo formato dall’unione del Sole e della Luna con il simbolo del Mercurio. Mediando i significati dei geroglifici dell’antico Egitto le forme geometriche riflettono il corso del Sole nel cielo, l’origine e la fine, la nascita e la morte, il principio femminile e quello maschile, la composizione ternaria della materia e la natura trinitaria della Divinità. Il medesimo nucleo centrale, secondo una comune interpretazione, rappresenta la totalità del «mondo» contenuta nell’esistenza divina o Luce inavvicinabile. In tutta l’incisione il messaggio è indirizzato all’interazione equilibrata tra il Mondo Archetipo, il Macrocosmo, frutto dell’unione degli elementi acqua, fuoco e delle loro combinazioni, e il Microcosmo, rappresentato dall’Uomo creato ad immagine di Dio e dell’Universo.
Secondo la teoria della «signatura» il paesaggio di fondo è l’iconografia della Natura intera trascritta in un infinito Libro ermetico dove le creature sono le parole.

Il concetto duale del credo alchemico è stato trasferito nell’opera con grande tecnica dall’autore che ha sfruttato la contrapposizione tra i due colori assoluti per rendere visibile l’inizio e la fine dell’opera.
La tecnica della contrapposizione tra luce e ombra, tra nero e bianco fu impiegata in varie opere d’arte il cui intimo significato aveva, alle volte, sfondo alchemico. Infatti i due colori possono essere posti all’estremità della gamma cromatica divenendo assenza o somma di tutti gli altri, loro negazione o loro sintesi. La negazione diventa, in tal modo, associabile alle tenebre primordiali, all’ora di Saturno che con le proprie influenze negative conferisce agli uomini gli umori della tristezza, della melanconia. L’affermazione è invece il colore messianico ottenuto per «sublimazione» della materia.
Un esempio di contrapposizione bipolare, in cui una parte inizia quando finisce l’altra, è il simbolo cinese del Tao, yin-yang (nero yin, bianco yang). In esso le singole unità sono perfettamente integrate senza alcuna prevalenza dell’una sull’altra e la linea curva mediana rilascia la sensazione della ciclicità e delle due metà dell’Uovo del Mondo.
I due poli, che si toccano e che si condensano in un unico "Uno", trovano corrispondenza nel passo della Tavola di Smeraldo «Sali dalla Terra al cielo e dal cielo ridiscendi alla Terra» e il nero saturnino diventa così preludio di una nascita, perpetuando la ritmica successione del Microcosmo a quella del Macrocosmo. Il simbolo preso a prestito cela anche un altro significato; quello della circoambulazione (ha soprattutto un valore cosmico, è l’imitazione dei cicli astrali che assicurano l’armonia del Mondo adattandola a quella dell’Universo. Nei più differenti riti religiosi la circoambulazione ha una sua precisa collocazione. Ad esempio nei riti cattolici il prete gira attorno all’altare incensandolo prima di iniziare la Santa Messa) che nell’alchimia, diventa l’opus circolatorium. Infatti la materia era sottoposta ad una continua lavorazione e rilavorazione (nel trattato, come in altri, sono riportate immagini delle apparecchiature di laboratorio che comunemente venivano impiegate nei lavori e l’alambicco che meglio permette di comprendere l’opera circolatoria è quello chiamato i gemelli) al fine di raggiungere un grado di purezza assoluta generatrice degli elementi più semplici ovvero della Quintessenza.

 

agnello

colomba

 

Innegabilmente l’Alchimia e gli alchimisti hanno attinto dalle Sacre Scritture e dai dogmi della Chiesa cristiana analogie e simboli per la loro opera. Così l’immagine dell’Agnello con il vessillo acquisisce il significato del Cristo Redentore, l’«Agnus Dei» sacrificatosi per la liberazione dell’umanità. Nella vasta riproduzione iconografica dei Padri della Chiesa l’Agnello è il divino Pastore che conduce il suo popolo alla Resurrezione sconfiggendo la morte, il peccato. Il simbolo affonda le sue origini nell'arcaico mondo mediterraneo e fu diffusamente impiegato come motivo figurato sia nel paganesimo che nel cristianesimo. L’Agnello è dunque il Figlio di Dio, che nell’opus alchemicum è lo stato di purezza assoluta, il secretum secretorum di San Domenico che, secondo una tradizione medievale, avrebbe scoperto la perfezione terrena, cioè la Pietra Filosofale. L’Agnello diventa quindi un parallelo tra Lapis e Cristo che C. G. Jung affermò essere uno dei temi centrali dell’alchimia. Gli alchimisti si misero al posto di Cristo perché l’Alchimia ne suggellò il parallelo.

La Colomba è la purezza giudeo cristiana, è l’armoniosa semplicità, è lo Spirito Santo simbolo del «vento del sud» asciutto e caldo. In alchimia il vento è associato al processo della sublimazione, del riscaldamento della storta contenente la materia prima da tramutare. Nell’opus alchemicum la colomba assume il ruolo sinonimo del fuoco ardente ed esaltante i principi costituenti la materia; un sole sorgente. Dal corvo nero nasce una colomba bianca, dalla materia putrefatta esce l’anima.

Il diagramma centrale a cerchi concentrici rappresenta secondo la visione neoplatonica la gerarchia celeste e l’organizzazione degli elementi cosmici che influenzano il percorso dell’alchimia. Dal sesto secolo dopo Cristo al Rinascimento tale concezione ebbe una considerevole influenza nella schematizzazione cristiana del Cosmo e delle relazioni tra il superiore e il «mundus elementaris». Nel concetto cabalistico esoterico alchemico la struttura è l’albero della pansofia, in cui nasce l’unione tra il macrocosmo e il microcosmo: «omnia ab uno» e «omnia ad unum». Il modello è l’immagine della coppia attiva cielo-natura i cui principi elementari si trovano nell’Ouroboros, il serpente che si morde la coda, nella ruota della vita, nello Zodiaco (Zodiaco deriva dal Greco Zoe (vita) e Diakos (ruota).
Il primo anello è infatti occupato dalla cintura dello Zodiaco sintesi del Cosmo, delle stelle fisse e delle dodici costellazioni in cui si muovono gli astri erranti, ovvero i Pianeti. Nella parte inferiore del medesimo anello sono riprodotti i simboli dei Pianeti-metalli stabilendo che tra Astrologia e Alchimia esiste una relazione come esiste la connessione tra Cielo e Terra. L’inferiore somiglia al superiore. Ai cinque Pianeti che si possono vedere a occhio nudo gli alchimisti unirono il Sole e la Luna nel tentativo di porre, per l’ennesima volta, in risalto il dualismo tra Oro e Argento, tra spirito ed anima.
Alcune pagine della Basilica Philosophica sono dedicate alla relazione tra i Pianeti e i metalli che maturavano sotto il loro influsso, celati in seno alla Terra. L’elemento grafico per la dimostrazione è la stella a sei punte inscritta in un cerchio in cui sono riportati dei numeri ai quali Mylius fa corrispondere un Arcangelo. La correlazione è ordinata secondo un metodo arcano dal quale nasce poi l’abbinamento finale tra Angeli, Pianeti e metalli. Una successiva immagine riproduce le orbite dei Pianeti in maniera concentrica tenendo conto della distanza dalla Terra del corpo celeste, delle affinità con il metallo corrispondente e delle analogie con gli altri corpi astrali.
La prima, la più ampia, è quella di Saturno a cui fa riferimento il piombo, padre di tutti i metalli e da cui l’opera dei filosofi partiva per la preparazione dell’oro e della Luna che è il corpo celeste più vicino alla Terra. L’associazione Saturno-Luna trae origine dalla concezione cabalistica per cui Saturno, il pianeta più lontano dalla Terra e quindi dal Microcosmo, simboleggia la ragione, l’intelletto in antitesi allo spirito vitale, anello di congiunzione tra anima e corpo, associato alla Luna più vicina alla Terra ovvero al Microcosmo. Tra i due poli tutte le altre orbite planetarie simulano la graduatoria delle molteplici distanze dalla Terra e delle conseguenti facoltà umane.
Il punto di origine è il Sole-Oro il cui simbolo è il cerchio con un punto nel mezzo. Il disegno di Mylius è pure un tentativo di rendere evidente la gerarchizzazione dei pianeti e dei correlati metalli ponendo alcuni pianeti-metalli in posizione attiva ed altri in posizione passiva. L’illustrazione intende ritrarre il Cosmo nell’Unità essenziale e in quella materiale così come solo nell’uomo perfetto l’immagine e la somiglianza con Dio si manifestano in un unico spirituale.
Il concatenamento tra Astrologia e Alchimia fu di grande importanza nell’apprendimento della convinzione che esisteva un’influenza delle costellazioni e delle congiunzioni planetarie sulla natura terrestre. Ogni regno, animale, vegetale, minerale, godeva di tale effetto che poteva essere benigno o maligno a secondo delle posizioni e delle combinazioni degli astri. Questa opinione fu molto diffusa e venne applicata in numerosi campi. Per esempio nella preparazione dei farmaci.
La Grande Opera non poté esimersi da questo convincimento e ogni operazione doveva essere quindi avviata soltanto in un preciso momento dell’anno, del mese, del giorno poiché solo in quell’istante il flusso planetario e delle stelle avrebbe garantito il successo. Il movimento dei Pianeti attraverso le costellazioni, contenute nelle dodici Case celesti del Sole che dividono lo Zodiaco, è altrettanto una visione mediata dell’opus circolatorium alchemicum tentativo della riproduzione microcosmica delle strutture dell’Universo con il loro formarsi e riformarsi a partire dal Tetragramma divino. Le dodici divisioni sono i dodici «stadi» in cui era previsto che la materia dovesse passare prima di raggiungere la consistenza adeguata dell’ultima fase ed è pure il numero perfetto risultante dal prodotto di quattro per tre cioè dei quattro elementi per i tre principi.

Nel complesso sistema cosmico e delle relazioni tra Macrocosmo e Microcosmo il luogo dove risiede il vento è il petto dell’Uomo che racchiude in sé, in intima miscela, tutte le proprietà alchemiche delle cose. L’anello del Vento, del Sole e delle Stelle è il Cielo Etereo dove soggiornano le Stelle fisse illuminate dal Sole e dove l’alito divino, il soffio originatore, è il legame tra il Mondo superiore e quello inferiore. Tale luogo divide lo spazio superiore dallo spazio inferiore, tra Luce e Tenebre, tra grado spirituale e grado materiale riconoscibile nel regno minerale, vegetale ed animale e quello della Terra pura. Su una linea invisibile giace il Sole centro dell’ intelligenza cosmica e della vita, ma anche punto di equilibrio tra materia e forma.
Il Vento degli alchimisti è il vento biblico Rouah (in arabo come in ebraico la parola significa ‘soffio’, ‘spirito’)
che simbolizza la forza elementare, il sinonimo dello Spirito di Dio che porta il fuoco primordiale, il potere come inteso dalle popolazioni Druidiche, capace di variare magicamente i rapporti degli elementi acqua, aria, fuoco e terra nella composizione di tutti gli esseri viventi. Nell’«explicatio locorum signatorum» il petto dell’Uomo microcosmico diventa quindi il luogo ospitante l’anima vitale dove le stelle, con la loro luce, fungono da collegamento tra le forze spirituali o luce infinita e quelle materiali o tenebre profonde cioè tra le «idee del mondo sovraceleste e il mondo subceleste degli elementi». Il conflitto tra queste due entità è mantenuto in equilibrio dal Sole grazie al quale la vita è insufflata nel corpo.
Nell’imaginatio alchemica, il Vento è associato al flusso animatore del primo Uomo, all’Anima del Mondo originata dai quattro venti principali provenienti dai punti cardinali Nord, Sud, Est e Ovest che, secondo la mistica di Böhme, sono le quattro braccia della Croce, le quattro lettere del Tetragramma, le quattro entità elementari Aria, Acqua, Fuoco e Terra, i quattro temperamenti umani: il sanguigno, il collerico, il flemmatico, il melanconico; e, attraverso una moltiplicazione successiva, tutto l’Universo. A questo anello è dunque associata la riproduzione dell’«intero cielo con le proprie immagini magiche delle stelle» e dei corpi siderei che fungono da intermediari tra il mondo superiore e quello inferiore nel trasferimento alla natura del loro influsso segreto. Le circonferenze concentriche che seguono corrispondono alle strutture sefirotiche cabalistiche tanto diffuse nella filosofia dei Rosa Croce della fine del ’500 e dell’inizio del ’600. Le prime tre sono rispettivamente dedicate al Mercurio nelle sue diverse declinazioni, allo Zolfo e al Sale mentre l’ultima, prima del cerchio finale, è quella del Fuoco.

Nell’ideogramma del Mercurio (Mercurius Philosophorum, Mercurius Corporeum, Mercurius Vulgaris) gli alchimisti riposero il segreto della Grande Arte e in esso fu sintetizzato il mistero che non avrebbe dovuto essere portato a conoscenza dei non iniziati. Nella zona anulare è racchiusa l’immagine di memoria collegata a tutto quanto riguarda il Mercurio che viene definito «philosophorum» quello dei filosofi, «vulgaris» quello degli spagiristi e «corporeum» quello rappresentante l’intelletto dell’uomo inteso come spirito vitale.
Il Mercurio fu per l’Alchimia occidentale il Monstrum hermaphroditus, il Rebis (res bis: la doppia cosa) in cui il principio solare o masch
ile si è fuso con quello lunare o femminile. È il figlio procreato dall’unione del Re con la Regina, è il mediatore tra l’Olimpo e la Terra. Il suo simbolo è il Caduceo raffigurazione della dualità della natura nella quale si confrontano i principi contrari e complementari: luce e tenebre, femminile e maschile.
Il Mercurio è quindi l’elemento circolatorio da cui nasce l’intelligenza, luogo in cui il sensibile si contrappone al razionale. Per l’Alchimista il Mercurio fu il principio e la fine di ogni corpo e per riprodurre tale opinione lo chiamarono "Azoto" un acronimo cabalistico la cui lettura svela l’associazione al principio ermetico. A è l’inizio di tutti gli alfabeti, Z la fine dell’alfabeto latino, W di quello greco e TO di quello ebraico. Fu così considerato l’elemento di partenza per tutte le trasmutazioni affidandogli il ruolo di rigeneratore interiore, di manifestazione transitoria tra l’inferiore e il superiore, tra lo stato impuro e lo stato puro.
Scomponendo l’ideogramma una moltitudine di significati affiorano alla compressione. Così la parte superiore, assimilabile a una coppa, è in realtà una Luna crescente ricettiva quindi passiva e femminile. Se unita al cerchio, diventa il simbolo zodiacale del Toro_che alle volte è sostituito da quello dell’Ariete, rappresentante il suo contrario e che per contro è il segno dell’equinozio primaverile, del mese di Marzo, del germoglio scaturente dalla terra in risveglio, della Trinità, del corso della vita dell’uomo che perennemente si trova al bivio della vita con Dio o con il Demonio. Il cerchio con la croce è l’antico simbolo orientale del Sole nascente che lancia in ogni direzione i suoi raggi. Più tardi della croce ansata egizia chiamata anche «specchio di Venere» e da qui il simbolo del pianeta Venere che in biologia assume il significato del femminile detentore in sé, in forma di germe, dell’energia vitale della natura. Il Mercurio è pertanto il punto da cui universalmente parte ogni vitalità, è l’ Anima Mundi che tende a liberare l’Uomo dalla materia spiritualizzandolo ed innalzandolo verso il superiore, è il punto più alto delle sfere dell’intelletto, della Binah dell’albero delle Sefirot. Il Mercurius Philosophorum è la linfa e il collante di tutti gli esseri e tramite esso si compiono le magie e i miracoli della Pietra Filosofale, della Medicina alchemica.
Il cer
chio concentrico seguente è quello dello Zolfo (Sulphur Fixum, Sulphur Aetheorum, Sulphur Combustibilem) è il principio originario maschile che agisce fecondando il passivo e femminile Mercurio. Gli alchimisti abbinarono allo Zolfo il Fuoco, il calore vitale, lo Spirito, la Luce celeste dalla quale e per la quale ogni forma vivente nasce e si sviluppa.
Nell’illustrazione, sopra la collina, l’immagine del Fuoco nascente da una spaccatura della Terra, è l’affermazione di quanto gli alchimisti affidavano allo Zolfo che stava nel Microcosmo come il Sole dimorava nel Macrocosmo. Al Fuoco veniva contrapposta l’Acqua simbolo della femminilità e infatti in posizione diametralmente opposta, è riprodotta una sorgente d’acqua pura. Lo Zolfo «Fixum» è per gli alchimisti il Fuoco interiore di ogni fissità individuale quindi parte di quella «pioggia di zolfo di Sodoma» similitudine dell’attività dello Spirito creatore e particella di quella Luce creatrice Una e Trina.
Il Sale è il terzo principio accanto a sulphur et mercurius. L’accostamento avvenne per la prima volta per l’opera di Paracelso che lo definì la "qualità del corporeo". Nei trattati e nelle ricette alchemiche fu inteso come il «Sale dei filosofi che nulla aveva a che vedere con il Sale comune», il Sale della Sapienza eterna la cui origine era nell’Allume, essenza indifferenziata e primitiva. Il simbolo del cerchio è il simbolo dell’eternità, di Dio che non ha inizio ne fine, delle acque dell’Oceano cosmico che nel Caos primordiale appaiono sotto forma di una massa confusa in cui gli elementi non sono separati. Quando avvenne la divisione tra il firmamento e il mondo questa "materia prima" acquisì la natura celeste della quintessenza diventando la radice di tutti i corpi, il sale dei metalli.
Il diametro orizzontale simboleggia tale avvenimento che ordinò e stabilizzò tutto il creato, scindendo il Cosmo in Macro e Micro, in acque superiori ed inferiori. Il Sale è nell’immaginazione alchemica ciò che determina l’equilibrio, la stabilizzazione, la combinazione armonica tra anima e spirito, tra zolfo e mercurio. Il parallelo, che gli alchimisti intesero vedere tra Lapis e Cristo, trova nel sale un fondamento. Essi indicarono in Gesù il Sale che compenetra Cielo e Terra, l’elemento che sterilizza ogni cosa, che vince ogni male rendendo il corpo e l’anima. Il nesso tra Sale e Cristo fu concepito anche per quel concetto di stabilità a cui il Sale era legato.
Nell’immaginazione attiva dell’Alchimista l’equilibrio divenne sinonimo di solidificazione, di cristallizzazione espressa sotto le forme dei cristalli ottenuti negli esperimenti di laboratorio alla ricerca del «tesoro nascosto» frutto della combinazione dei tre principi originatori. Da qui il parallelo tra il Lapis «trinus et unus» alla Divinità. Il sale fu il principio della conservazione, dell’incorruttibilità, della purificazione come ancora oggi nelle cerimonie shintoiste è creduto.

Con il simbolismo intricato e introverso gli alchimisti avevano tentato di sondare e descrivere per secoli il mistero del Mondo. Non a caso l’autore ha posto al centro di tutta l’opera un’iconografia che in forma condensata rispecchia tale tentativo. Osservando con occhi diversi, si ritrovano tutta la storia e le idee del misticismo esoterico dell’Alchimia e l’intreccio dei differenti significati dei simboli presentano un fascino enigmatico proprio dell’itinerario verso Dio unico creatore. La bellezza, che emana dall’inestricabile insieme, è di proporzioni imponenti e il suo splendore diventa la sua trasparenza e più preciso è il suo carattere simbolico.
La sua decifrazione impone un impervio cammino tra le conoscenze cabalistiche e la comprensione dei concetti di intere generazioni di filosofi, di esoterici, di alchimisti che, alle loro conoscenze oggettive e razionali, aggiungevano esperienze spirituali determinate dal vissuto individuale e della comunità. Così il cerchio per l’Alchimia rappresenta il serpente dragone che si morde la coda e che racchiude in sé l’Uno da cui proviene il Tutto criptato nella figura geometrica del triangolo che, per la tradizione cristiana, aderisce all’immagine di Dio Uno e Trino e che per la visione cabalistica è invece il sistema costituito da Keter, Binah e Hockmah (
nel sistema sefirotico Keter è la Corona, Binah l’ Intelligenza e Hockmah la Sapienza, ragione sovrana), cioè la lotta tra il principio attivo e passivo generatore del movimento dal quale emana la vita. Il punto posto al centro di tutta la figura è l’origine, è l’essenza segreta in cui Luce e Tenebre sono allo stato di Caos e non si possono identificare.
Accanto al Triangolo, ma sempre all’interno del cerchio cosmico, i simboli del Fuoco e dell’Acqua che si interpenetrano dando come risultato la stella a sei punte del Sigillo di Salomone, somma del pensiero ermetico, dell’anima umana, dei principi attivi e passivi, della evoluzione e dell’involuzione. L’interpretazione dell’esagramma permette di scoprire l’esistenza al suo interno della materia che forma l’Universo, cioè il Macro e il Microcosmo interagenti. E così il triangolo con la punta verso l’alto è il Fuoco, quello con la punta riversa verso il basso è l’Acqua, quello con la punta tronca verso l’alto è l’Aria e quello complementare è la Terra.
Le quattro punte sono le proprietà essenziali della materia che si combinano nei differenti modi producendone la molteplice varietà. L’emblema è così l’anfiteatro della sapienza eterna, della natura, del Cosmo nella sua forma unica e nel contempo complessa. Nel Sigillo si possono ritrovare anche i sette metalli e gli analoghi sette Pianeti. Sulla base di tali analogie la lettura del pensiero ermetico si fa semplice poiché tutto quello che sta al limite estremo è l’imperfetto e ciò che corrisponde alla perfezione è al centro ove si trova il segno dell’Oro-Sole. Il lavoro alchemico fu infatti il ridurre i multipli all’unità simboleggiante il Principio Originatore, la Pietra Filosofale.

Nelle opere alchemiche è molto facile imbattersi nell’uso degli animali come simboli. Un gruppo importante di questi sono gli uccelli. Essi dominano l’elemento aria, anello tra la realtà terrena e il regno dei cieli. Osservando il loro volo gli alchimisti credettero di riconoscere quindi un legame tra il volo e l’animo dell’uomo la cui vocazione è quella di tendere alla spiritualità.
Il simbolismo degli uccelli acquisì pertanto la funzione della mediazione tra il mondo fisico e quello spirituale riflettendo ciò che l’animo umano tende a fare per raggiungere la propria perfezione. Da qui il parallelo con i processi del lavoro alchemico trasposizione mistica delle fasi attraverso cui l’uomo avrebbe raggiunto la perfezione, ovvero, la riuscita dell’esperimento di tramutazione in oro dei metalli vili.
Nelle riproduzioni iconografiche come nei testi la sequenza dell’uso degli uccelli corrispondeva alla sequenza delle operazioni svolte, nelle storte del laboratorio, dagli alchimisti e iniziava con il Corvo seguito dal Cigno, dal Pavone, dal Pellicano per finire con la Fenice. Nell’incisione il Pavone è sostituito dal Dragone inizio della fase centrale che si risolve con la purificazione dell’animo dominando gli aspetti negativi dello stesso concludendo nella completa bellezza e splendore rappresentata dalla molteplicità dei colori della coda del Pavone.
I processi fisici degli alchimisti risultavano essere un ciclo che prendeva vita da uno stato di disfacimento della materia putrefazione o nigredo, per passare ad uno stato di albedo o calcinazione, proseguendo attraverso una rapida iridescenza, una distillazione a ricadere o «circolazione» e una finale «sublimazione». Attorno alla struttura armillare della conoscenza alchemica un anello diviso in cinque parti riporta le rappresentazioni di diversi animali. Partendo da sinistra guardando l’incisione ritroviamo il Corvo, il Cigno, il Dragone mercuriale o Basilisco, il Pellicano e la Fenice.

Il simbolismo del Corvo è sempre stato associato a qualcosa di negativo. Il nero del Corvo è il nero delle tenebre è il colore della morte. In Alchimia è l’inizio della Grande Opera, la prima fase attraverso la quale il cammino verso la trasmutazione iniziava. La materia prima veniva scaldata vigorosamente nell’uovo alchemico posto sull’athanor finchè la materia, mediante il processo di putrefatio, si calcinava carbonizzandosi: nigredo. Quando la nigredo avveniva seguendo un processo di riscaldamento forte e veloce l’operazione si diceva eseguita secondo la via secca e il simbolo impiegato negli scritti era il Corvo. In alternativa alla via secca esisteva quella definita umida in cui la materia, comunque, giungeva allo stato di putrefazione, ma in un tempo estremamente più lungo con un riscaldamento lento e una continua circolazione. In questo caso l’animale utilizzato per la metafora era il rospo. Un’altra allegoria per la rappresentazione di questa fase fu il Dragone Ouroboros un consueto abitante dell’ampolla degli alchimisti. Il significato del dragone fu quello dello spirito che esala dalla terra quando la sostanza primigene inizia a rilasciare le parti essenziali che poi si sublimeranno nell’alto dell’ampolla. La putrefazione culminava nella calcinazione la cui corrispondenza era il Bianco Cigno.

Nel candore e nella forma del Cigno gli alchimisti trovarono sia la luce solare, sinonimo della natura maschile, sia la luce lunare immagine della femminilità. Il lungo collo diventava l’accezione del simbolo fallico e il corpo rotondeggiante il senso del corpo femminile. Il simbolismo del Cigno fu anche quello dell’uovo del Mondo e del corpo androgino frutto dell’unione degli opposti. La concezione che il cigno fosse collegato alla realizzazione dei desideri facilitò l’accostamento alla fase del processo di calcinazione che per sua peculiare caratteristica, la materia assumeva un colore bianco latte, ingannò gli sperimentatori facendo credere di aver raggiunto la purezza assoluta. L’associazione al Cigno, dello stadio temporaneo, fu una conseguenza di quanto gli alchimisti osservarono nel compiere la loro opera seguendo la via umida. Infatti la materia una volta calcinata per via umida alle volte formava una crosta che si rompeva sotto riscaldamento liberando cristalli bianchi assomiglianti a dei cigni galleggianti sopra le acque di un lago. Quando la via seguita era la secca la fase veniva contraddistinta dal simbolismo dell’aquila bianca.

L’animale fiabesco, rappresentato con il corpo da serpente, la testa di gallo, ali e zampe d’aquila, nel medioevo era considerato l’espressione infernale la cui triplice natura si anteponeva a quella divina. Fulcanelli nelle Dimore Filosofali lo definisce come il «piccolo re», il «regulus» precorritore della primavera dell’Opera. Nelle numerose riproduzioni iconografiche del XV e XVI secolo il Basilisco è anche il dragone che sputa fuoco vivo capace di uccidere chiunque trovi sul suo cammino. Sant’Agostino lo definisce il "re dei serpenti", cioè il demonio. L’alito del basilisco è velenoso come pure il suo sguardo e le leggende medioevali raccontano che l’unico modo per difendersi dall’«immonda fiera» era quello di usare uno specchio nel quale il drago, rispecchiandosi, avrebbe trovato la morte per opera del proprio veleno. La raffigurazione del Basilisco simboleggia la materia prima da trasformare che dallo stato vile passa a quello paradisiaco e perfetto. C. G. Jung nei suoi studi individua, in tutto ciò che è infimo, la prima materia a buon mercato da cui partire per lo svolgimento dell’Opera. I bestiari medioevali, a conferma della visione di Jung, usavano le allegorie dei più demoniaci animali quali il serpente, il drago, il basilisco, il corvo per identificare lo stato d’infimo ordine da cui partire per il raggiungimento del «tesoro dei tesori». Il Basilisco è così il malefico guardiano che deve essere battuto per aver accesso al tesoro, il simbolo del Mercurio Filosofale emblema della germinazione del Mondo, il Leviatano che dimora nelle acque, manifestazione della pioggia accompagnata da lampi e tuoni, segnali dell’attività celeste.

Il simbolo del Pellicano che nutre i suoi piccoli con il sangue che sgorga dal suo petto è l’immagine dell’amore paterno. Per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria di Cristo che sulla Croce venne trafitto al petto perdendo sangue e acqua fonte della vita per gli Uomini. Il sangue scaturente dal petto del Pellicano è, per l’Ars Symbolica, la forza spirituale che alimenta il lavoro dell’alchimista che con grande amore e sacrificio conduce la ricerca della perfezione. Nell’iconografia alchemica il Pellicano simboleggia un particolare vaso nel quale veniva riposta la materia liquida da distillare.
 

Il simbolo della Fenice trova le proprie origini nell’antico Egitto ove assumeva il significato solare associato alla città di Heliopolis. In essa veniva onorato il dio Sole che ogni giorno sorgeva e tramontava. La Fenice rappresenta spesso la fase finale del processo alchemico e gli alchimisti in questo uccello riposero il significato della spiritualizzazione completa, della rinascita della personalità risultato finale della Grande Opera. Secondo un mito greco, rifacentesi ad uno più antico egizio, la Fenice risorgeva dalle ceneri della sua pira ogni cinquecento anni e tale leggendaria immagine di longevità ed immortalità costituì, durante il Medioevo, un parallelo con l’immortalità e la resurrezione di Cristo dal Santo Sepolcro.
Nell’opera l’iconografia dell’uccello viene dopo quella del Pellicano non solo nel rispetto della successione delle fasi alchemiche, ma anche nel significato rispetto a quello che lo precede. Infatti la sua capacità di ricrearsi acquisisce il significato divino nei confronti di quello umano del Pellicano. Il magnifico aspetto rosso dell’uccello (‘fenice’ deriva da una parola greca che significa ‘rosso’) evoca il fuoco creatore capace di dissolvere le tenebre della notte simboleggianti la condizione della morte, del peccato, dell’anima liberata dalla natura umana che l’opprime. Il simbolo alchimistico è molto diffuso e viene spesso impiegato per raffigurare la proprietà della Pietra Filosofale capace di moltiplicare e aumentare la quantità d’oro ottenibile dalla trattazione della vile materia prima. Nel lato sinistro della tavola la Fenice è riprodotta come simbolo maschile che protegge i due elementi fuoco e aria contenuti nelle due sfere sotto le sue ali.

Nell’antichità il simbolismo del Leone ebbe un ampio impiego. Ciò dipese dalla sua natura forte e dalle sue sembianze. Il colore e la fulva criniera lo portarono ad essere associato al Sole che con la sua energia illuminava e donava la vita. L’accostamento all’astro era già presente nelle culture primitive che vedevano nell’animale la maestosità della natura e la prosperità del periodo centrale dell’anno quando le stelle di maggiore grandezza brillavano nella notte e il Sole splendeva più intenso durante il giorno. Nell’iconografia egiziana il leone era molte volte ritratto in coppia con lo sguardo di uno rivolto all’orizzonte opposto dell’altro. Essi disegnavano l’arco che il sole compieva nel cielo andando da Est a Ovest, dalla suo sorgere al suo tramontare. Il medesimo significato fu ripreso nel complesso codice dei filosofi alchemici che affidarono all’immagine del Leone giovane quella dell’alba e al Leone vecchio e malato quella del tramonto. Questa duplicità si tradusse nella distinzione alchemica tra Leone verde e rosso che materializzavano l’uno l’inizio e l’altro la fine dell’opera. L’oro era quindi il Leone rosso che divorava quello verde e l’inquietante visione voleva essere il geroglifico del tortuoso percorso che l’addetto avrebbe dovuto compiere per raggiungere la perfezione passando attraverso la lavorazione della materia prima cruda (il mercurio filosofico), il fuoco iniziatore, lo zolfo filosofico e finendo con l’ottenimento del re dei metalli, la polvere di proiezione, la Pietra Filosofale. Il Leone verde fu anche l’immagine traslata del mondo vegetale e minerale, e il Leone rosso l’esempio della materia rossa dimorante al fondo del vaso alchemico prima della sublimazione. Il Leone della tavola di Mattheus Merian è riprodotto in maniera classica come siamo abituati a vederlo negli stemmi araldici medioevali. La posizione eretta sulle gambe posteriori, le fauci aperte, le gambe anteriori distese e la lingua fuori era l’espressione della potenza, dell’aggressività e dell’alto rango che si sposava perfettamente allo spirito del principio maschile. Nella tavola il posizionamento del Leone, in questo caso verde, è infatti previsto nel lato dedicato ai principi maschili come il solvente universale, il fuoco originatore che si sprigiona dalla terra (riprodotto sulla montagnola), il Sole splendente e l’Adamo alchemico che, come il Leone, ha un piede su una stella a sette punte simbologia delle sette operazioni della Grande Opera. Il richiamo alle sette fasi è anche visibile nel collare del leone ove sono incastonate sette stelle.

L’immagine mostruosa centrale è la metafora del matrimonio dei contrari come la luna e il sole, l’acqua e il fuoco, lo zolfo e il mercurio, il Re e la Regina che nell’amplesso creeranno il nuovo essere. L’unica testa della figura deforme vomita il «bronzo dei filosofi», un «liquido dorato e vischioso» che simbolicamente raffigura il duenech ( ‘Antimonio’, inteso come materia primordiale da cui l’addetto partiva per compiere l’opera), la materia nella fase della nigredo ancor prima della putrefactio. I due leoni uniti nella singola testa sono pure la raffigurazione dell’essere androgino simbolo della perfetta integrazione.

Il simbolo dell’aquila secondo C. G. Jung è un simbolo polivalente. Infatti il re degli uccelli acquisiva un significato differente se bianca o nera. Essa incarnava l’allegoria dell’alta divinità, del fuoco celeste, del sole, della nobiltà e dell’anima come parte dell’uomo appartenente a Dio.
L’impiego del simbolismo dell’aquila fu nelle differenti civiltà quasi sempre indirizzato all’espressione di «altitudine» che cambiava quando, con un volo in picchiata, l’uccello si scagliava contro la preda. Le figure emblematiche dell’aquila e del serpente furono la traduzione di tale dualismo.
La duplice figura dell’aquila e del serpente acquistava il significato del Cielo e della Terra, della lotta tra l’Angelo e il Demone metafora del contrasto tra bene e male. In alchimia l’aquila è lo spirito costretto nella materia bruta che si libera solo dopo la fase di riscaldamento prolungato nell’athanor e si concretizza nell’alto dell’alambicco. L’aquila bianca fu percepita come una proiezione maschile associabile al potere soprannaturale e il suo sangue nelle vecchie farmacopee veniva prescritto come un rinvigorente delle forze e unico mezzo per ridonare la fecondità delle donne sterili.
Quando invece era ritratta nera o bruna il suo significato cambiava totalmente divenendo un segno notturno, lunare, femminile come quella effigiata nella tavola. Sotto l’ombra dell’ali dell’aquila sono poste le sfere dell’acqua e della terra disegnate con le sembianze di Poseidone e di un bosco.
Poseidone è l’iconografia delle acque primordiali dalle quali tutti i corpi prendono vita sia quelli che abiteranno le acque sia quelli che vivranno sulla terra. La divinità è quindi la forza elementare non ancora organizzata alla ricerca del elemento iniziale padre di ogni armonico sviluppo. Il bosco e in generale il simbolismo del paesaggio, è la terra centro della vita, simbolo femminile che Jung associa all’inconscio immensa riserva di spirito vitale e di conoscenze misteriose.

La figura umana al centro della stampa è l’alchimista. La figura è la trasposizione dell’unità dell’opera, della pietra filosofale che si compone mediante l’unione dei contrari simbolicamente raffigurati dalla veste metà chiara e metà scura. L’indumento è trapuntato da una moltitudine di stelle segni dell’ordine cosmico, della luce che viene dall’alto e, essendo tutte a sei punte, richiamo del sigillo magico di Salomone. La tunica nella sua globalità vuole essere anche l’immagine della simmetria celeste, del Macro e del Microcosmo. Nell’originale e simbolica veste è riaffermato la circolarità dell’alchimia.
Nelle mani alzate l’alchimista tiene due asce a loro volta piene di stelle. In questo caso la similitudine delle asce è ancora quella delle due realtà separate, della materia frantumata (le stelle riprodotte in ogni penna) affinché da essa si liberi la quintessenza, lo spirito. Le due asce sono il «separa e riunisci» dell’Arte di Paracelso supremo inizio della presa di coscienza della dualità della materia e dell’esistenza.

L’immagine delle nubi risale alle più antiche religioni. I significati principali prendono spunto dalla natura delle nubi che hanno un aspetto indefinito e confuso figurazione di uno stato primordiale e caotico. Le nubi sono anche correlate alla pioggia evidenza dell’attività celeste procuratrice di fecondità. In alchimia le nubi sono pure il geroglifico della metamorfosi che gli addetti devono compiere per avvicinarsi alla sfera celeste o delle acque superiori. Le nubi sono inoltre gli Angeli che, come emanazione di Dio, dall’Empireo invadono l’Universo intero popolandolo. 
Questa tavola rappresenta attraverso i simboli alchemici il riassunto della grande opera:

 

 

 

 L’iniziato

 

L'iniziazione è la conoscenza dei segreti del mondo e dell'uomo, il cui conseguimento richiede impegno e dedizione totali, per condurre l'umanità in avanti, verso le mete stabilite dalla saggia direzione del mondo. L'iniziazione è un addestramento alle facoltà dell'anima, sul corpo astrale-emotivo, al fine di raggiungere mete conoscitive e pratiche che l'umanità, raggiungerà per lentissima evoluzione tra due millenni. L'acquisto di conoscenza va devoluto agli altri per aiutarli a progredire. Infatti la gente non è ad un pari grado di conoscenza, ed è opportuno sapere a che livello si sia prima di svolgere una pratica iniziatica.

Le dottrine orientali molto in voga oggi, non sono evolutivamente compatibili con l'uomo moderno. Le tre grandi correnti iniziatiche moderne sono: yoga, cristiana, rosacrociana.

Questo schema mostra come l'uomo durante le varie epoche abbia acquistato nuovi organi sovrasensibili per sviluppare in principio il pensare, grazie all'iniziazione yoga, poi il sentire grazie alla cristiana e ora dovrà sviluppare l'anima cosciente che poggia sul volere, con la nuova direzione antroposofica-rosacrociana:

 

organi di sviluppo

corpo vitale 

corpo fisico

corpo senziente

corpo vitale

corpo fisico

anima senziente

corpo senziente

corpo vitale

corpo fisico

anima intellettiva

anima senziente

corpo senziente

corpo vitale

corpo fisico

anima cosciente

anima intellettiva

anima senziente

corpo senziente

corpo vitale

corpo fisico

civiltà

indù

persiana

egiziana greco-latina moderna

iniziazione

 

yoga

 

cristiana

rosacrociana

antroposofica

forza dell'anima

 

pensare

 

sentire volere

 

Nel periodo in cui si svilupparono gli organi sino all'anima senziente, l'uomo era come un bambino che aveva bisogno di una guida, di un maestro, perché non vi era individualità. L'antico discepolo che sentiva in sé la vocazione verso la vita interiore, si poneva in cerca di un Maestro, una volta trovato, il maestro doveva aspettare che la volontà del discepolo si annullasse totalmente per porsi nelle sue mani. Quindi iniziava la vera istruzione esoterica plasmandolo secondo la sua volontà e tenendolo legato a sé tutta la vita.

In occidente ogni essere è individuale e oggi chi è ad un livello inferiore di principi umani e non è ancora ben individualizzato si affida ad un guru perché trova gratificante affidarsi ad un altro. Nella cerimonia di iniziazione il discepolo non è presente, l'io non è ancora formato, si svolge tutto sotto trance, nel profondo inconscio dell'anima. Gli esercizi di sviluppo, concentrazione e meditazione, hanno per soggetto la propria corporeità, anche se occulta. L'orientale anche moderno, è centrato sul ventre, sul sistema di ricambio. Il Pranayama è la respirazione ritmica, comune a tutte le scuole orientali occulte. Il processo respiratorio lega alla corporeità più del normale, e il discepolo si rivolge sempre ad un elemento corporeo al quale dedica le massime cure. Il processo ritmico e pensante erano lontani dall'essere una facoltà istintiva come lo è oggi per l'uomo occidentale. L'uomo orientale non ha coscienza dell'evoluzione storica, è rimasto fermo ai loro tempi migliori, invece l'uomo occidentale si è evoluto storicamente e ha espresso un concetto di evoluzione. Le pratiche antiche non sono non valide, vanno bene per gli orientali o quegli occidentali che non hanno ancora sviluppato una individualità verso l'anima senziente.

Quindi durante l'evoluzione si è visto che la respirazione deve diventare animica, e non fisica. E' il corpo astrale che respira ed imprime il proprio ritmo. In questo modo essa diventa una pratica moderna in armonia coi tempi. Lo sviluppo della corporeità si è già sviluppato attraverso i tempi, ora si devono sviluppare gli elementi dell'anima.

L'antico yogin si isolava in piccole comunità dove insieme a pochi altri coltivava il suo sviluppo interiore, quindi può farlo oggi solo appunto chi non ha raggiunto l'individualità.

L'occidentale di oggi non deve fuggire dal mondo, in un ritiro, non accettare il confronto con gli altri è una debolezza animica.

Questo genere di sistema iniziatico è descritto nei vangeli e aveva due aspetti:

1.  per ispirazione inconscia in stato di trance, che era una iniziazione spontanea, chiamata Abelita o Salomonica e consisteva in un dono.

2. artificiale tradizionale, per mezzo di una lunga preparazione, chiamata Cainita, o di Giona, che si conseguiva tramite una morte apparente di tre giorni e mezzo, dopo una lunga preparazione, sotto la guida di un Maestro. Un esempio è la resurrezione di Lazzaro.

Con il progredire l'umanità si trova a dover elaborare con l'iniziazione un strumento nuovo: l'io.

- L'iniziazione di Giona ottenuta per impegno ed esercizio, sviluppava il corpo eterico.

- L'iniziazione secondo Salomone, raggiunta per grazia, coinvolgeva il corpo astrale.

- L'iniziazione moderna deve vedere l'IO, ispirato dalla forza del Cristo. Infatti l'io nasce alla Terra a seguito della venuta del Cristo, attraverso lo sviluppo dei corpi inferiori: astrale ed eterico. L'io si evolve e matura a partire dallo spirito, quindi la forza dell'io si deve unire al Cristo.

Tramite l'iniziazione l'anima consegue una conoscenza superiore, che coglie le profonde realtà delle cose e del mondo. Tutto l'anelare e lo studio verso questo deve tener conto dell'equilibrio che va controllato e sviluppato tra due atteggiamenti dell'anima: verso l'interiorità da un lato e verso l'esterno dall'altro. L'io sta al centro come motivo equilibrante.

Le iniziazioni possono essere rivolte ad elaborare le facoltà del corpo astrale e quindi dell'anima verso la propria interiorità, oppure dall'anima verso l'esterno elaborando il corpo vitale o eterico.

Il processo di iniziazione è sempre lo stesso durante tutti i tempi, e in tutti i sistemi, per quello che riguarda l'elaborazione, ossia la purificazione, del corpo astrale interiore. Ma muta l'elaborazione del corpo eterico esteriore, e l'illuminazione attraverso i tempi e l'evoluzione dell'uomo.

L'iniziazione si risolve di ricevere col corpo astrale purificato quanto il corpo eterico elaborato attira dal cosmo intero.

Quindi il primo passo è la purificazione  il secondo l'illuminazione. Il diverso rapporto fra i due corpi, astrale ed eterico, è la base dei vari sistemi iniziatici.

Il corpo astrale, che è l'interiorità dell'anima umana, deve essere purificata e nobilitata, in questo modo si formano gli organi astrali, i chakrams o fiori di loto, entro la sua sostanza. Poi esso deve attendere che lo Spirito dal di fuori, fluisca su di lui e lo illumini, attraverso il corpo eterico, che  riceve l'impronta dei chakrams entro la sua propria sostanzialità. Solo allora l'iniziazione diventa un fatto cosciente.

Ora a causa dell'evoluzione dell'uomo verso il materialismo diviene difficile staccare il corpo eterico dal fisico, perché il loro legame è molto forte. Quindi è opportuno introdurre un sistema che conceda l'illuminazione senza che il corpo eterico si distacchi dall'astrale. Tale sistema è stato messo a punto ad Atene, da Dionigi l'Aeropagita della scuola esoterica di Paolo di Tarso, e si è ulteriormente evoluto dopo l'intervento del Cristo.

Esso si basa su intense esperienze di sentimento, che purificano il corpo astrale e formano i fiori di loto. Quindi a partire da Anahata, dal centro del cuore. La traccia per conseguirli è data in alcuni capitoli del vangelo di Giovanni, che il maestro insegnerà al neofita, prendendone i punti salienti come meditazione. L'intensa compenetrazione di quei capitoli porta alla catarsi o purificazione del corpo astrale.  Proseguendo con la meditazione, esso giunge a coinvolgere anche il corpo eterico, con dei riflessi sul fisico, come ne è esempio le stimmate, e così si consegue l'illuminazione. Per fare questo occorre ritirarsi in solitudine, in tranquillità e silenzio. In quell'epoca medievale fino al 1200, era favorita la vita contemplativa, oggi sarebbe difficile praticarla in questo modo.

La meditazione deve avvalersi di una forza molto potente per poter agire in presenza del corpo eterico e fisico nella coscienza di veglia. E in questo caso non serve lo stato di letargo e il maestro iniziatore. Invece nell'iniziazione occulta occorre sempre il maestro-guida sempre presente, in quanto è il Cristo stesso.

Il Cristo è l'io del sistema solare, io cosmico. La sua venuta ha prodotto una scia discendente verso la Terra degli Io-spirituali di tutti gli uomini, facendo nascere la possibilità dell'individualizzazione. Ogni uomo riceve un Io e questo si unisce al proprio Io nel principio fisico.

Tutte le varie tentazioni avute dai santi dal medioevo sino ad oggi sono dovute al fatto che le iniziazioni condotte senza la presenza dell'IO cosciente, lasciano aperto il varco a tutte le possibili sortite dell'inconscio, perché qui vi rimanevano sempre dei residui non trasformati e purificati. In determinate circostanze essi salivano a galla traducendosi in immagini astrali animalizzate secondo la loro vera natura, erano proiezioni della propria interiorità non ancora completamente metamorfosata. E' il confronto col male che bisogna conoscere, per poi superarlo. Non bisogna tacitarlo ma trasformalo nel suo opposto positivo. 

La prima iniziazione, la yoga-orientale è basata sull'immobilità degli eventi, di un ritorno alle origini, dove l'ideale è ritornare indietro fino ai tempi primordiali e fermare la ruota delle continue incarnazioni.

Il secondo tipo di iniziazione è la cristiana-mediorientale, basata sull'apparizione del Cristo che indica il progredire-evolutivo verso il futuro, iniziando dai conseguimenti dell'evoluzione umana del momento.

Oggi la visione del mondo è sensibile-materiale-scientifica-mercantile, e l'iniziazione deve cambiare in base alle nuove esigenze e alla nascente anima di coscienza.  Il mondo fisico-sensibile deve essere la base per ritrovare in esso l'agire dello spirito.

L'iniziazione Rosacroce imposta uno sviluppo interiore verso l'immaginazione a carattere simbolico, a partire dalla coscienza abituale. Lo Studio deve essere alla base, perché studiare significa rendersi consapevoli intellettualmente di un contesto determinato. La coscienza dell'Io si sviluppa entro l'attività pensante, poi vi è il successivo passo verso un'attività immaginativa. Quindi si va da una conoscenza oggettiva ad una conoscenza immaginativa. L'elaborazione o purificazione del corpo astrale si attua nel primo passaggio. Il corpo eterico viene elaborato con un secondo passaggio e qui si ha l'illuminazione o conoscenza ispirata. Non vi è il sonno letargico di tre giorni e mezzo, dato che il discepolo è cosciente. L'illuminazione si attua presso una meditazione molto più potente e coinvolgente. Il maestro è una guida non un'autorità. La segretezza sui procedimenti del metodo, è resa tale perché si attende che l'umanità progredisca ancora verso l'autocoscienza e maturità dell'io che è ancora giovane.

Il maestro comunica qualcosa che poi verrà accettata o meno liberamente dopo adeguata riflessione. Questa è la via giusta per insegnare al discepolo. Non bisogna assoggettare una persona con la propria volontà perché è una violazione dell'interiorità di un individuo.

Il metodo antroposofico è quello rosacrociano modificato per i tempi di oggi, si basa sempre sullo sviluppo della volontà. Il primo passo è sempre rappresentato dallo Studio, che impegna il pensare cosciente, seguono gli esercizi per l'immaginazione e l'ispirazione, come nel rosacrociano. A differenza del rosacrociano sta la consapevolezza, la conoscenza che le potenze cosmiche di Arimane e Lucifero assumono nel contesto storico presente; il riconoscimento della posizione unica del Cristo entro l'evoluzione umana.

E' un'iniziazione altamente cristiana, ma resa pubblica, infatti i metodi non sono più occultati, ma esplicati in conferenze e libri, rendendo pubblico il pensiero esoterico del tempo presente.

La posizione del corpo eterico ed astrale sono come nella rosacrociana, ma si ha una maggiore consapevolezza dovuta alla posizione assunta dall'io, infatti nel 1400 l'io era appena nato. Oggi è più adulto ed è in grado di sostenere prove di consapevolezza più alte. Può cercare l'equilibrio cristico tra le due potenze seduttrici.

Detta purificazione ha lo scopo di formare gli organi astrali dislocati tra sopracciglia, laringe e cuore, in ordine: Ajna, Vishuddha, Anahata, entro la sostanza del corpo astrale stesso. Il passo successivo che un tempo consisteva nel sonno letargico, ora viene compiuto in veglia e coscienza, seguendo degli esercizi, tutto senza alcun aiuto. Il maestro occulto si farà conoscere a tempo opportuno per dare un saldo consiglio al discepolo quando sarà pervenuto all'esperienza del mondo elementare, il cui ingresso potrebbe costituire una minaccia per il suo equilibrio, visto l'enorme differenza di leggi che lo governano e che egli ancora ignora. Una volta entrati con questa iniziazione nel mondo elementare superiore al fisico, non si è al riparo da pericoli, perché è indispensabile una facoltà: il Giusto Giudizio. La libertà di pensiero non significa pensare qualsiasi cosa, perché avere un'opinione è diverso dal giungere alla verità, ed avere un'opinione non è libertà ma arbitrio.  Libertà, verità e moralità devono vivere insieme. La purificazione del corpo astrale tramite gli esercizi, è attuabile se si sorveglia il proprio sviluppo in ordine alla sicurezza di visione e di ascolto sovrasensibile, per giudicare secondo realtà. Il mondo superiore infatti è un mondo instabile, dove i fenomeni non si dimostrano secondo realtà ma secondo come noi crediamo o desideriamo che siano, come li vogliamo vedere e udire. La propria condizione interiore influenza le forme percepite alterandole secondo la nostra condizione animica. Quindi bisogna che si sviluppi la virtù del "Pensare-giudicare oggettivo secondo la verità" proprio qui nel mondo sensibile.

In tempi primordiali, l'uomo godeva di una certa chiaroveggenza atavica-istintiva sognante, che gli consentiva percezioni entro i mondi superiori. Con la conquista della desta coscienza dell'io, l'uomo si è liberato di quella facoltà atavica inconscia ed è caduto nel mondo materiale, entro il quale ha lentamente conquistato tale auto-coscienza e la forza del pensare autonomo. E' una legge di natura, che ogni facoltà debba essere conquistata isolatamente, magari a scapito di altre, che poi verranno a loro volta aggiunte. Tutta questa involuzione quindi porta ad un progresso, è come se gli organi animici-senzienti di percezione si fossero ritirati in riposo, per lasciare il posto alla coscienza dell'io. Quindi esistono già, ma sono in attesa del momento evolutivo che li vedrà nuovamente attivi. Quindi i chakras o fiori di loto ci sono ancora nel tessuto del corpo senziente, ma non sono attivi.

Nei tempi primordiali i fior di loto erano attivi solo per metà del loro numero di petali, quindi ad esempio il fiore a 16 petali era di 8 petali. La  disciplina occulta è chiamata a sviluppare l'altra metà dei petali. Una volta conclusa la purificazione, l'intero ordine di petali si pone in movimento rotatorio, emanando luce e percependo nell'ambiente circostante tutte le forme e figure viventi in esso.

 

Quando attraverso gli esercizi di meditazione si è giunti alla soglia del mondo spirituale-immaginativo, si presenta alla sua anima una prima possibilità di sperimentare una "scissione della personalità" parziale, questo accade quando si va dal mondo fisico al mondo elementare immaginativo. La scissione definitiva avverrà quando si andrà dal mondo immaginativo a quello ispirativo, quindi abbandonando il mondo fisico ed eterico, e ritirandosi nell'anima del corpo astrale nel mondo astrale.

Nel nuovo mondo: immaginativo-elementare-eterico, vi è l'instabilità delle forme e degli esseri, e della loro pura parvenza, non vi è la loro essenzialità. Si percepiscono solo immagini pure, solo parvenze, in continua metamorfosi di forme. L'essenza e la realtà si raggiungono solo con l'intuizione, che si consegue con la metamorfosi della volontà, l'immaginazione impegna solo il pensare.

In questo mondo si perde il contatto col sé abituale, quindi ci possono essere problemi di auto-indentificazione, se si entra negli esseri che si percepiscono. Si deve diventare somiglianti a quanto si vuole percepire, altrimenti non si consegue a nulla.  Perdere la nostra coscienza abituale per andare a divenire degli altri esseri per poterli percepire, può avvenire dopo esercizi di meditazione in modo da rendere l'anima forte per potersi identificare con l'altro essere pur rimanendo se stessi. Metamorfosare se stesso è necessario nel mondo immaginativo. Una volta conseguita tale facoltà, al discepolo non è consentito percepire direttamente le immagini del mondo elementare. La loro parvenza se sperimentata direttamente è potente da poter sconvolgere l'anima impreparata e debole per questo evento, quindi è necessario un intermediario che attenui la loro potenza, e ne trasmetta la sostanza in modo da poter essere accolta. Nell'anima, questa esperienza, la si ritrova poi come un qualsiasi ricordo, non viene sperimentata coscientemente ma nel sorgere del ricordo, nel profondo dell'anima, come un pensiero qualsiasi in un momento posteriore a tale evento.

Quindi avviene tutto in due tempi:

1. immersione-identificazione col percepito ed entrata nel nulla.

2. dal nulla emerge come un ricordo, una immagine o un pensiero, che si può considerare ora in piena coscienza.

Tra questi due momenti vissuti deve intervenire il proprio Angelo, quindi un altro essere, che assume in sé l'immaginazione e la traduce in pensieri, l'angelo pensa in noi. E' in questo momento che diveniamo coscienti del suo intervento in nostro favore, perché noi pensiamo i suoi pensieri, che diventano i nostri e li possiamo elaborare coscientemente. La conoscenza immaginativa è conoscenza angelica. I termini: elementare, eterico, immaginativo sono sinonimi di angelico. Questo si può sperimentare sin dai primi gradi di iniziazione.

Quando l'anima umana sarà cresciuta e rafforzata interiormente da poter sopportare l'abbandono di tutto quanto era stata fin'ora, avverrà l'incontro con il Guardiano della Soglia. Da una parte l'anima cade nel terrore dell'auto annullamento, una paura di finire nel nulla, inconsciamente vi è rifiuto ad avvicinarsi allo Spirito per poter rimanere nella sicurezza delle cose esteriori ed interiori date dalla vita. Ma il mondo spirituale rifiuta un'anima simile, legata alla cose del mondo.

Bisogna essere in grado di sopportare di dover abbandonare tutto quanto si sa di noi stessi, e questo può essere spaventoso e terribile se non si è preparati. Mentre sulla Terra abbiamo imparato ad essere un Io, nel Mondo Spirituale questo deve essere sradicato, perché faceva parte solo della vita sensibile.

L'uomo si pone di fronte al mondo in due direzioni, verso fuori e verso dentro. Le acquisizioni esterne le deve all'azione di Arimane, e queste devono essere abbandonate. Sono le idee, le concezioni scientifiche, tecniche, meccaniche, finanziarie, politiche, sono solo parte della Terra di proprietà di Arimane. Le acquisizioni interiori, comportamenti, atteggiamenti interiori, come l'orgoglio, sono dati da Lucifero, e anche questo deve venire abbandonato. L'egoismo, la superbia, le nostre teorie che ci rendono sicuri nella vita, entro il Mondo Spirituale vengono respinte e sono lasciate in mano a Lucifero perché derivano da lui.

Tutto quel che possiamo portare nel Mondo Spirituale è quel che abbiamo trasformato in "sostanza spirituale imperitura", valida per noi e per il mondo. La nostra vita è vissuta secondo lo spazio e il tempo, e in essi agiscono potenze ingannevoli che vanno superate per raggiungere il proprio essere reale. La Realtà e soltanto nello Spirito, il resto è illusione. E' solo una manifestazione necessaria per raggiungerlo, per acquistare la forza necessaria, di tempo in tempo e di spazio in spazio, per giungere alla realtà e alla verità del proprio essere.

 

 

Claudio Gregorat, "Iniziazione antica e moderna"

Claudio Gregorat, "Quale Iniziazione?"

 

 

a cura di A. Delvecchio

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