Agnosco stilum. Perseverare diabolicum. Contro di me. 28 novembre 2013 |
Nel 1997 ho citato l'opinione di Scevola Mariotti in una nota al testo della Storia di Rimino dalle origini al 1832 di Antonio Bianchi, nel cap. 12 dedicato all'XI secolo: «Mariotti precisa che questa nuova lettura comporta conseguenze "di ordine storico". Ed ha ragione: se Bennone fu ucciso, il fatto va inquadrato in lotte precomunali nel corso delle quali egli sarebbe stato colpito per il ruolo di "pater patriae" che gli viene attribuito da Angelo Battaglini, in Saggio di Rime, Rimini 1783, pp. 8-14». Delle lotte precomunali si occupa lo stesso Antonio Bianchi proprio all'inizio del suo cap. 12, come necessaria introduzione alla raccolta delle notizie elencate in successione cronologica: «Se la prima metà di questo secolo non fu totalmente pacifica pel nostro paese, peggiore di molto dovett'essere l'altra metà, giacché alleggeritosi in Italia il predominio dell'autorità imperiale, crebbe talmente lo spirito d'indipendenza, che ogni città, ogni vescovo ed ogni conte, insomma qualsiasi persona potente, che avesse mezzi da sostenersi voleva farla da padrone assoluto ». Degna di analisi è la parte dello scritto di Antonio Bianchi dedicata al «pater civitatis»: «Oltre i conti, altra autorità esisteva nelle nostre città col titolo di "pater civitatis", che doveva essere il capo della magistratura civile; il più antico di cui ci sia rimasta memoria è un certo Bennone, morto fra il 1028 e il 1061; del medesimo abbiamo un pomposo elogio scritto da San Pier Damiano, il quale aveva ottenuto dallo stesso Bennone e da altri di sua famiglia molti terreni, sopra uno dei quali fabbricò il monastero di San Gregorio in Conca, che nel 1071 lo stesso San Pier Damiano mise sotto la protezione del vescovo di Rimini e dei suoi successori. Molto ricca e potente era la famiglia di quel Bennone, possedendo castelli e molti terreni, come rilevasi dai documenti pubblicati dal chiarissimo canonico Battaglino». [ ] Partendo proprio dall'epitaffio di Pier Damiano, Francesco Gaetano Battaglini osserva: «certamente se n'ha a dedurre, che quel Pater patrie della città nostra fu l'unico depositario della giustizia, e della pace de' Riminesi». E conclude che non si può «credere, che ad un uom sì giusto, e sì reputato, e che pel governo da sé fatto meritò encomio sì degno, fosse prima di sua morte tolta di mano la bilancia della giustizia» Nel 2010 esce il primo volume della «Storia della Chiesa riminese», intitolato Dalle origini all'anno Mille, dove si parla di «Bennone figlio di Vitaliano detto Bennio, che nel 1014 dona al figlio Pietro il castello di Morciano», e lo si dichiara «un importante esponente del ceto dirigente riminese, definito da Pier Damiani decus regni, pater patriae, lux Italiae». In nota, si rimanda al testo sopra esaminato del 1999, senza ulteriori notizie. Recensendo sul web questo volume, facevo notare quello che mancava sulla figura di Benno, e che il lettore ha già qui appreso da quanto scritto. La risposta ufficiale mi è venuta nel 2012 dal secondo volume della stessa «Storia della Chiesa riminese», dove lo studioso che ha composto il saggio del 1999 ha osservato: l'ipotesi di Scevola Mariotti (che «alluderebbe alla morte violenta di Bennone»), «è accolta dal Montanari, che inquadra il fatto in non meglio precisate lotte precomunali». E qui si rimanda alla mia già cit. nota di p. 99 alla Storia d'Antonio Bianchi. Come ho sopra osservato, è lo stesso Antonio Bianchi che a p. 94 della sua opera scrive: «alleggeritosi in Italia il predominio dell'autorità imperiale, crebbe talmente lo spirito d'indipendenza, che ogni città, ogni vescovo ed ogni conte, insomma qualsiasi persona potente, che avesse mezzi da sostenersi voleva farla da padrone assoluto». Queste sono le lotte precomunali riassunte dall'autore stesso della Storia di Rimino, che evidentemente non è stata fornita integralmente al censore per rispondere alle mie osservazioni. (Posso ipotizzare, come ho scritto allo stesso autore del saggio, che persone poco informate dei fatti gli abbiano fornito, per pura malevolenza nei miei confronti, fotocopia soltanto della p. 99 dell'opera di Antonio Bianchi, e non di tutto il capitolo che inizia a p. 94 ) Nel passo che mi riguarda in questo vol. II della «Storia della Chiesa riminese», immediatamente dopo la citazione riportata, si legge: «Di avviso diverso sono stati, invece, i traduttori dell'opera omnia del Damiani, i quali rendono il passo con una versione più neutra, che esclude ogni riferimento a effettive vicende politiche riminesi: "grazie a lui si rafforzò la pace e scomparvero le minacce di guerra"» . Non si tratta, in verità, di offrire versioni più pronunciate o neutre del testo in questione, ma soltanto di comprendere, come ho già scritto, il costrutto sintattico sottolineato da Scevola Mariotti. Il verso edito da Lokranz come «per quem pax uiguit, bellica sors perimit», non può avere altra versione che quella suggerita da Mariotti stesso («la guerra uccise colui per merito del quale fiorì la pace»), in virtù soltanto della ricordata regola sintattica dell'«antecendente pronominale» omesso. D'altro canto, non è colpa del lettore se in una stessa pagina dell'Opera omnia di Pier Damiano, come abbiamo visto, il ricordo di un verso dell'Eneide ha un doppio errore nel rimando al testo e nella citazione testuale (per cui, come si è visto, «gentis» diventa «genti»). Non è certo colpa della vista del Montanari a cui sfuggono i contorni. Errare humanum est, sed perseverare E soprattutto non sta bene perseverare quando di tratta di una storia della Chiesa. O forse, proprio per questo, il Maligno meglio si cela tra le pagine dei relativi libri? (Viene purtroppo in mente l'«Agnosco stilum » di Paolo Sarpi.) Antonio Montanari Al testo completo di questo saggio. [Web] |
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