| Fuori Tama 1059 (2011) Un, due e tre, Repubblica
A proposito di quanto si è qui osservato nel Tama 1059, 04.12.2011, intitolato "Non dare i numeri" (il tema era se c'è o meno una terza Repubblica), oggi per caso ritrovo il Tama 822 del 14 aprile 2002, sullo stesso argomento: il suo titolo era ispirato da una trasmissione storica e comica della Rai, "Un, due, tre". Lo ripropongo qui sotto, facendolo seguire dal Tama 1059.
Un, due, tre. Dopo la Prima Repubblica (1946), dopo la fantomatica Seconda (chi l'ha vista?), ecco spuntare di soppiatto ed inattesa la Terza. Il Parlamento non ha più soltanto le due vecchie Camere (dei Deputati, e Senato), ma ha pure le nuove Telecamere. Dopo Palazzo Madama e Montecitorio, anche Porta a Porta (gente che viene, gente che va) si vede riconosciuta una dignità istituzionale dai diretti interessati, cioè dall'Assemblea del Senato. La quale, il 3 aprile (con due giorni di ritardo sul fatidico appuntamento dei «pesci», a causa della festività del Lunedì dell'Angelo celebrata in quella data), ha sentenziato all'unanimità (maggioranza ed opposizione d'amore e d'accordo): anche da Bruno Vespa i parlamentari sono «insindacabili».
Nessuno li può giudicare, come se fossero a Montecitorio o a Palazzo Madama, appunto. L'esercizio della funzione politica in nome del Popolo Italiano è così protetta anche fuori delle aule sacre previste dalla Costituzione, e la si può svolgere pure fra gli intervalli pubblicitari di un purgante (basta che non sia olio di ricino), di un'offerta paghi due e prendi tre (con mani pulite, beninteso), e di un mastrolindo calvo e muscoloso (a lavorare, come dice Berlusconi ai suoi).
La prossima mossa sarà quella di consacrare per legge questo principio per ora applicato soltanto ad un caso. Occorrerà una modifica costituzionale all'art. 68. Domanda: davanti alla Legge, a Bruno Vespa saranno equiparati Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi, tre personaggi mediatici che il presidente del Consiglio considera responsabili di un uso «criminoso» della tv? Lo ha detto a Bologna al congresso di Alleanza Nazionale, svoltosi mentre a Rimini si teneva quello di Rifondazione in contemporanea al convegno massonico del Grande Oriente d'Italia.
Il doppio appuntamento cittadino ha creato della confusione in qualche politico locale. Il vicesindaco di Rimini, porgendo il suo saluto, ha detto che la Sinistra e la Massoneria hanno ideali «comuni». Forse si è trattato di una gaffe innocente compiuta soltanto per un dovere di ospitalità (che cosa non si fa in nome del turismo: siamo rimasti quel popolo di affittacamere di cui parlava quell'estremista di Sinistra che era l'antifiniano Benito Mussolini?). Forse, dicono i bene informati, è stato un lapsus con cui ci si è decisi ad ammettere, finalmente, che molti diessini sono iscritti nelle liste della Massoneria. La quale dialoga, ma non fa nomi. [822, 14.4.2002]
Il testo del Tama 1059, 04.12.2011, era questo: Non dare i numeri Il tasso di noiosità di questa puntata è superiore al consueto. Premetto l'aureo consiglio di don Lisander per chi non si curasse di ascoltare le nostre quattro parole: cioè saltare alla pagina seguente (cap. XXII). Chi resta, alla fine non ci accusi di essere stati indigesti. Ma che colpa abbiamo noi (come diceva una canzonetta) se nei commenti politici circolano opinioni piuttosto strane come quelle che danno corpo ad una terza Repubblica italiana per il semplice fatto che abbiamo un governo di Tecnici anziché di Politici? Per cambiare la targa del nostro Stato, occorrerebbe una nuova Costituzione. Noi (e se consentite, aggiungiamo un grazie al Cielo) abbiamo ancora quella del 1948 che reca con sé il ricordo delle tragedie che la precedettero. In Italia si è soltanto mutato il sistema elettorale. I suoi ideatori ed estensori lo hanno etichettato con sincero ribrezzo come porcata, tanto per essere chiari nel pentimento da scontare senza penitenze. Poi il prof. Giovanni Sartori con eleganza ha parlato di porcellum. In questo porcellum abbiamo identificato la cosiddetta seconda Repubblica. Che dopo la recente crisi di governo è diventata immediatamente la terza. Una Repubblica così sembra una specie di autovettura con il cambio automatico che non richiede al conducente nessuna attenta manovra. Il tasso di noiosità delle nostre righe sta superando la soglia del pericolo d'inquinamento, mentre ci avviciniamo al comma due dell'art. 92 che più semplice di così non può essere: "Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio...". Nessun paletto è messo dalla Costituzione all'operato del Capo dello Stato, tranne quel severo richiamo all'alto tradimento o all'attentato alla Costituzione medesima (art. 90, comma due). Tutto ciò serve per concludere che sono senza fondamento le fantasie eroiche di quanti hanno mormorato sulla presunta violazione della Legge fondamentale dello Stato per la nascita di un governo di soli Tecnici. Il problema è diverso. I Politici sono stati fatti apparire dai commentatori come tante donne Prassedi pronte a comandar su tutto ed a prender per cielo il loro cervello. Serve soltanto ad onorare il ricco contratto con la Rai definire, da parte di messer Ferrara, governo del preside quello che gli altri chiamano governo del Presidente. È uno di quei raffinati giochi di parole che sono nebbia la quale impedisce di vedere il burrone e scansarlo. [Anno XXX, n. 1059] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
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