| Tama 1049, 31.07.2011 Si fa presto a dire doni
Caro Postumo, il tempo fugge senza indugio, direbbe Orazio. E lo spirito archeologico della vita politica lo rincorre con entusiasmo. Il 29 luglio 2005 un comunicato annuncia il nuovo accordo fra Comune di Rimini ed Ateneo di Bologna per la Cittadella universitaria. Entro la prima età del 2007 partiranno i lavori di riqualificazione di Palazzo Lettimi, sede amministrativa e di rappresentanza dell'Ateneo. Ed entro il 2006 inizieranno quelli di trasformazione dell'ex Convento di San Francesco in nuova Biblioteca centralizzata del Polo riminese, con spazi per lo studio e gli incontri. Sino ad oggi non abbiamo visto nessun cantiere né a Palazzo Lettimi né all'ex Convento di San Francesco. Lo spirito archeologico trionfa nel suo splendore. Da anni ascoltiamo i discorsi sulla mancanza di spazi nella Biblioteca Gambalunga. Non si accettano donazioni normali ed in passato si sono ripuliti fondi librari regalati da cittadini (abbiamo ascoltato le proteste di gente qualsiasi che passava per strada e vedeva partire i camion dal cortile interno dell'antico edificio). Sul tema nel 2008 è uscito un volume con un progetto aggiornato al 2005, in cui si legge che già nel 1956, da parte dell'allora direttore Mario Zuffa, si era pensato di realizzare una torre libraria come quella illustrata nel progetto stesso che è al centro del testo, edito dall'Istituto dei Beni Culturali della Regione. La novità più importante del 2008 è che quella torre, sul retro del palazzo Visconti che è sul retro di quello Gambalunga, è intesa come "un riferimento attivo nella percezione degli spazi". Ovvero: se vi date appuntamento con qualcuno, prendete come punto d'incontro la torre, così non vi perdete. Pure la torre resta un sogno. Mancano i soldi. Ci sono soltanto quelli per gli stipendi: cinque dirigenti del settore cultura-turismo nel 2009 costavano oltre 365 mila euro, ovvero 73 a cranio su un totale di 2,3 milioni per tutti i 30 dirigenti comunali. Completo il discorso con due aggiunte. Il Comune nel dopoguerra rifiutò i danni di guerra per Palazzo Lettimi. Alla cui riedificazione pensò una società nel 1987. Quando l'ing. Luciano Gorini precisò che lo stesso progetto lui l'aveva già presentato tre anni prima. La "Biblioteca Campana" che andrà a Palazzo Visconti, non è stata donata al Comune, ma sarà ospitata in prestito per 25 anni dal privato al quale sarà permesso di nominare un Conservatore addirittura con funzioni di vigilanza sul lavoro dei dipendenti del Comune stesso. [Anno XXX, n. 1049] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
Tama 1048, 24.07.2011 Si fa presto a dire crisi
Ho citato, nella puntata scorsa [1047], i gabinetti alla turca della gloriosa Biblioteca Gambalunga di Rimini, la quarta in Italia ad essere pubblica. La prima fu la nostra Malatestiana in San Francesco, poi vennero l'Ambrosiana di Milano nel 1609 e l'Angelica di Roma nel 1614. E la prima ad essere civica nel 1619. Li ho presi per simbolo dello spirito archeologico che governa la vita politica. Di esso ci sono appena arrivate autorevoli conferme, grazie alla questione dei rifiuti da depuratore, finiti in mare a causa del maltempo. L'ex sindaco Giuseppe Chicchi ha spiegato al "Corriere di Romagna" che il peccato originale risale agli anni Settanta, quando "fu compiuto un errore tecnico drammatico: mentre si riorganizzavano le fogne, le fosse furono trasformate in collettori". Sullo stesso giornale, la scrittrice riminese Annarosa Balducci ha fatto previsioni tragiche, descrivendo la nostra terra come luogo di raccolta di "arroganza maneggiona" che si nutre di progetti che hanno spostato l'attenzione dal mare (invaso dai rifiuti corporali non digeriti dai depuratori) alla terraferma, con congressi, notti colorate, divertimenti e trasgressioni a prezzo modico. Così, tempo cinque anni, l'Azienda Adriatico chiude. Per fare un bagno decente andremo nella vasca del nostro bagno di casa, dunque? A Rimini in questi ultimi anni non si è compreso il dato più semplice: la crisi economica mondiale del 2008 imponeva ruvidi cambiamenti. Anche a Rimini come a Roma, ci si è illusi che fosse un fenomeno breve. Il politologo Giovanni Sartori il 24 gennaio 2009 sul CorSera osservava che dagli economisti quella crisi era stata "avallata partecipando alla pappatoria". A Rimini la pappatoria ha illuso quasi tutti con grandiosi progetti, ed alla fine (gennaio 2010) l'Ufficio tecnico del Comune, posto dinanzi al problema delle buche stradali, rispondeva che non c'era in cassa un centesimo per fare i lavori necessari. Tornando ai gabinetti alla turca della Gambalunga, riassumo una complessa questione. Il palazzo della Biblioteca è in condizioni tali che potrebbe esserne vietato l'accesso al pubblico dall'oggi al domani. In cambio, il Comune ha provveduto a sistemare "a norma" come dicono i tecnici, un piano del vicino palazzo Visconti per collocarvi la futura "Biblioteca Campana", con la modica spesa di 170 mila euro (comunicato del Comune del 25.2.2004). Invece i solai della sala di consultazione in Biblioteca Gambalunga tremano ad ogni passo: sono sicuri? [Anno XXX, n. 1048] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
Tama 1047, 10.07.2011 Si fa presto a dire obolo
Nella pubblica biblioteca bolognese detta Salaborsa dal luogo in cui sorge, hanno sistemato una cassetta per le offerte. Un addetto ai lavori della città delle Due torri, Piero Antonio Zaniboni, ha inviato una garbata e pertinente protesta alla rubrica della Stampa intitolata "L'editoriale dei lettori", in cui tra l'altro scrive: "L'affezionarsi alla propria biblioteca non è misurabile in termini di elemosina, bensì in ragione della frequenza, lettura, consultazione, prestito in uno spazio condiviso, che diventa un punto di riferimento irrinunciabile per la cittadinanza". L'intervento del bibliotecario bolognese si chiude con l'ottimistico appello ad un dibattito serio e proficuo, di cui il mondo della cultura ha un gran bisogno. La cassetta per un obolo l'avevo per ischerzo proposta alla Gambalunga di Rimini, dopo aver visto la piccolissima ma pregevole mostra sui 150 anni dell'unità d'Italia. Avevo sentito o letto che di più non si era potuto fare per mancanza di fondi. Non potevo immaginare che altrove si arrivasse sul serio al paradosso di un servizio pubblico costretto a questuare per poter funzionare. Sulla lettura e sulla funzione di una biblioteca a Rimini, ricordo la vecchia diagnosi di Piero Meldini, brillante scrittore e soprattutto nello specifico ex direttore della nostra Gambalunga: "Se una madre vede il figlio leggere dei libri, si preoccupa al punto che lo porta dal dottore". I giovani di oggi sono cambiati. Qualche giorno fa ho assistito ad una scena commovente. Un ragazzo che aveva lasciato il tesserino a casa ma aveva urgenti bisogni corporali, chiedeva il permesso di entrare in Gambalunga, dopo aver ricevuto un cortese rimbrotto per come aveva lasciato devastato il gabinetto alla turca in una precedente visita. Morale della favola: in centro a Rimini non ci sono bagni pubblici, e chi può permetterselo con il tesserino della Gambalunga, usa appunto quelli della biblioteca, facendo salire le statistiche dei visitatori sbandierate a fine anno. Per restare in tema di oboli, la cultura locale deve cedere la propria autonomia (e forse anche molta parte della propria dignità) a chi può permettersene di consistenti, assumendo il nome di sponsor o mecenate che dir si voglia, e soprattutto facendo il bello ed il cattivo tempo nella stessa cultura locale. Il che pare meno irritante di chi insozza i gabinetti alla turca installati oltre mezzo secolo fa, e lasciati lì in nome dello spirito archeologico che governa la vita politica. [Anno XXX, n. 1047] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
Tama 1046, 03.07.2011 Si fa presto a dire esami
Se l'errore lo fanno gli studenti, prima li bocciano. Poi boriosi commentatori li deridono sui giornali. Infine li compiangono i più giovani cronisti televisivi in totale sintonia da stress. Invece se l'errore è dei professori ministeriali, nessuno ne dovrebbe parlare per rispetto delle Istituzioni con l'iniziale maiuscola. Il fatto. I ragazzi agli esami di licenza media sono stati sottoposti ai test dell'Invalsi che dovrebbero misurare le loro capacità. Agli insegnanti sono state fornite le maschere per la correzione, che erano sbagliate. Infine, a conferma dell'italico costume dell'obbedir tacendo e tramando mentir, la ministra Gelmini ha definito ridicola la polemica nata nel frattempo, su un fatto da lei definito del tutto marginale. Con il che ci siamo sentiti tranquilli pure noi. Almeno sino al giorno dopo degli esami scritti di Italiano per la Maturità. Scusate il dissenso, dovuto all'età. La questione se noi siamo quello che mangiamo, mezzo secolo fa, ci avrebbe costretto a riandare al testo di Storia della Filosofia. Per ritrovare la stessa identica frase che il tedesco Ludovico Feuerbach (1804-1872) aveva provocatoriamente lanciato per esaltare al massimo il suo materialismo. Per lui un popolo migliora in morale e politica soltanto se mangia cose buone. Lo ascoltò Carlo Marx che povero in canna andava a tavola con l'amico Federico Engels il quale pagava il conto. Gli effetti si videro magnificamente espressi nel sogno della rivoluzione che ha afflitto l'Europa in ogni suo angolo. Da Mosca a Berlino, in rigoroso ordine cronologico. E non soltanto per colpa di Marx. Così dal buon cibo tedesco forse può essere nata qualche brillante idea che ha portato a creare macelli terribili di genti. Con l'aggiunta delle camere a gas. E poi qualcuno ha avuto il coraggio di definire il Novecento un secolo breve, come se fosse passato senza lasciar memoria di sé. Ma la cosa veramente tragica è che (mi scusino i dissenzienti di professione, a responsabilità limitata), proprio agli esami di cui stiamo dicendo, la definizione del Novecento come secolo breve è stata proposta ai nostri studenti. La cultura è piena di gente che usa formule strane, come quella della fine della Storia. Immagino un tema intelligente ricavato da parole degli stessi giovani studiati nel "Rapporto Migrantes". Quattro su dieci, ha scritto Francesca Paci nella Stampa del 22 giugno, sognano di andarsene all'estero. Il titolo del suo pezzo era: "Che sfortuna essere nati in Italia". [Anno XXX, n. 1046] Antonio Montanari (c) RIPRODUZIONE RISERVATA
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