GLI SCAVI DELL'AREA DI LUNGOTEVERE DI PIETRA PAPA

PARTE III - Gli ambienti

Gli scavi del 1915 e del 1939

 

 

 

Progetti universitari

 

 

 

3.1GLI AMBIENTI DI 1° FASE

3.1.1 Gli affreschi del corridoio T

3.1.2 Analisi stilistica degli affreschi di prima fase del corridoio T.

 3.2 GLI AMBIENTI DI 2° FASE

3.2.1 Le stanze delle pitture

3.2.2 L'ambiente D

3.2.3 Gli Affreschi dell’ambiente D

3.2.4 L'ambiente E

3.3 FRAMMENTI PITTORICI NON RICONTESTUALIZZATI.

3.4 ANALISI STILISTICA DEGLI AFFRESCHI E DEI MOSAICI DEGLI AMBIENTI DI SECONDA FASE.

3.4.1 Catalogo delle specie marine raffigurate negli affreschi

3.4.2 Le decorazioni parietali

3.5 RICOSTRUZIONI DELLA STANZA E

3.6 LE CONCLUSIONI TOPOGRAFICHE DELLO JACOPI

3.7 LE SCULTURE, I FRAMMENTI MARMOREI ED I MOSAICI.

 

3.1 GLI AMBIENTI DI 1° FASE

 

3.1.1 Gli affreschi del corridoio T

Nell'ambito del gruppo di strutture rinvenute in prossimità del nucleo cementizio Q venne alla luce un lungo corridoio (T) in opera reticolata con rinforzi di blocchetti parallelepipedi, anch'essi in tufo, appartenete alla prima fase edilizia.

Ubicazione del “corridoio T” rispetto alle “stanze”

 

 Le pareti del corridoio risultavano coperte da un intonaco dipinto di cui si conserva soltanto lo zoccolo ed una breve porzione della zona mediana sovrastante; alcuni tratti di tale intonaco furono staccati e trasportati al Museo Nazionale Romano. I frammenti attualmente conservati al Museo Nazionale Romano sono cinque, di cui tre figurati e due monocromi.

Per quanto riguarda le pareti di provenienza degli affreschi, non è possibile individuarle con certezza. Si può tuttavia avanzare l'ipotesi che il frammento maggiore, n. inv. 125626a, provenga dalla parete nord, dal momento che in una foto di scavo riprodotta alla fig. 41 di Jacopi 1943 è visibile in alto sulla destra, al di là del muro frammentario, il gasometro sulla opposta riva del Tevere.

Il frammento n. inv. 125626c, di cui si conservava al momento dello scavo anche un tratto angolare di una parete contigua, come si vede nella foto di scavo riprodotta alla fig. 43 di Jacopi 1943, può essere pertinente alla parete lunga sud (in questo caso il tratto di parete contigua sarebbe quella est), oppure alla parete est (in questo caso il tratto di parete contigua sarebbe quella nord). Per gli altri tre frammenti non è possibile avanzare ipotesi di ricontestualizzazione.

 

3.1.2 Analisi stilistica degli affreschi di prima fase del corridoio T.

 

Immagine n° 20

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Gli intonaci dipinti nel corridoio T si inquadrano, dal punto di vista stilistico, nel periodo iniziale del III stile e in particolare presentano elementi propri del cosiddetto "stile a candelabri". Notevoli analogie si possono riscontrare con le decorazioni pittoriche dei corridoi F e G, e del triclinio C della villa della Farnesina, in cui sono evidenti i caratteri anticipatori del III stile.

Nello zoccolo dell'ambiente T, a fondo monocromo rosso, al di sopra di un plinto nero, si nota la totale assenza di elementi architettonici, che si riscontrano invece negli affreschi della Farnesina, e che, sia pure in maniera stilizzata, si ritrovano di frequente negli zoccoli durante tutto il III stile. Bugne, meandri e riquadri decorati vengono qui sostituiti da una larga fascia continua, riempita da una sequenza di uccelli affrontati ai lati di un vaso, separati da un elemento vegetale.

Immagine n° 2

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Questo tipo di schema con figure contrapposte e in particolare con uccelli e vasi sembra anticipare il repertorio decorativo frequente nelle predelle, introdotte, tra zoccolo e zona mediana, a partire dal III stile.

L'elemento vegetale che separa i gruppi di uccelli, qui reso con evidente naturalismo, preannuncia quelle "cuspidi vegetali" generalmente stilizzate, caratteristiche del III stile, poste per lo più nelle zone alte delle pareti dipinte, in funzione puramente ornamentale.

Immagine n° 3

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La cornice con kymation lesbico, posta tra zoccolo e zona mediana, presenta notevoli affinità con quella che delimita in alto lo zoccolo nel frammento n. inv. 59621a, proveniente dal vestibolo M della Villa della Farnesina, o anche con la cornice situata tra fregio e zona superiore degli affreschi del triclinio C dello stesso complesso.

A proposito di questa cornice si deve notare che nel frammento del Porto Fluviale n.3) l'esecuzione appare assai più grossolana che nel frammento n.1). Dal momento che non si hanno indizi per supporre un rifacimento posteriore di tale tratto di intonaco, si potrebbe ipotizzare un'esecuzione contemporanea, ma da parte di un altro pittore, forse un apprendista. Nel frammento n.3) rimane una breve porzione di zona mediana, con podio verde su cui poggia un vaso dal quale nasce un esile candelabro vegetale, su fondo bianco. Dalla relazione di scavo si deduce la presenza di figurine collocate sopra i candelabri, oggi non più conservate.

 

Immagine n° 4

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Tale schema decorativo doveva essere simile a quello della zona mediana, anch'essa bianca, dei corridori F e G e a quella nera del triclinio C della Villa della Farnesina.

Le composizioni paratattiche, scandite da candelabri in funzione di colonne, su fondi monocromi, risultano tipiche del cosiddetto "stile dei candelabri", di cui un esempio pompeiano è nel triclinio 41 della Casa del Centenario (IX 8, 6).

L'inquadramento stilistico degli intonaci dipinti del corridoio T al III stile iniziale, databile agli ultimi venti anni del I secolo a.C., si accorda, del resto, con la datazione delle strutture murarie sottostanti, in opera reticolata di buona esecuzione.

 

 3.2 GLI AMBIENTI DI 2° FASE

 

3.2.1 Le stanze delle pitture

Queste stanze rappresentano la scoperta che riveste il maggiore interesse della campagna di scavi. Le pareti delle stanze D ed E erano interamente dipinte con scene di barchette lusorie di piccole dimensioni datate probabilmente intorno al 123 d.C. Inoltre le due stanze erano pavimentate: la D con un mosaico in bianco e nero, la E con un riquadro a mosaico policromo con motivi geometrici. Sia i mosaici che le pitture furono distaccate dalle pareti e portate in quello che lo Jacopi chiama Museo delle Terme, in attesa di una collocazione definitiva.

Pianta degli ambienti D ed E

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3.2.2 L'ambiente D

Si trattava di un ambiente rettangolare delle dimensioni di m 4,20 x 2,50, con altezza massima di m 2,60, coperto con volta a botte, posto ad un livello inferiore di m 2,70 rispetto alla quota dell'ambiente A ricavato nelle sostruzioni delle strutture più antiche. La tecnica edilizia impiegata risultava quella di seconda fase, che andava a sovrapporsi al reticolato originario. Sotto l'intonaco dipinto fu rinvenuto uno strato di tegole con un bollo datato al 123 d.C.

Pianta dell’ambiente D

Sulla parete settentrionale si apriva una piccola feritoia sull'ambiente C; l'ambiente D comunicava con il vano F tramite una porta localizzata nella parete meridionale e con quello E attraverso un'altra porta nel lato est.

Il pavimento del vano era a mosaico, in tassellato bianco-nero a disegno geometrico,che probabilmente non venne staccato al momento dello scavo. Una soglia a mosaico bianco-nero con motiv a meandro, che misurava circa m 1 x 0,70, era posta tra l'ambiente D e l'ambiente E; giunta al Museo nel 1940, come si ricava dai registri inventariali (inv. n. 121507), non se ne ha oggi più notizia.

La stanza D

 Gli intonaci dipinti dell'ambiente D si presentano attualmente costituiti da otto pannelli contigui, fissati su un'intelaiatura metallica, che ricostruiscono l'ambiente con volta a botte.

Originariamente gli affreschi partivano da un'altezza di cm 45 rispetto al piano pavimentale, per la presenza di una zoccolatura di marmo bigio, scarsamente conservata al momento dello scavo; tale situazione è stata rispettata nella ricostruzione dell'ambiente, ponendo i pannelli a cm 45 dal suolo. La parete nord, caratterizzata dalla feritoia, le cui ante risultano intonacate di bianco, è divisa in tre pannelli, a cui fu attribuito un unico numeri di inventario 121461, al quale si sono aggiunte le lettere a, b, c. La decorazione è costituita da un fondo verde acqua su cui si muovono un'imbarcazione con tre personaggi ed una fitta fauna marina; tale raffigurazione prosegue ininterrottamente sulla semivolta corrispondente alla parete nord. La parete sud è composta anch'essa da tre distinti pannelli accostati, n. inv. 121460 a, b, c; vi si apre la porta d'accesso all'ambiente F che presenta le ante intonacate di bianco, con una larga banda di inquadramento rosso scuro parzialmente svanita. La decorazione consta anche in questo caso di un'imbarcazione con tre personaggi, su un fondo acqueo popolato da numerosi pesci, che prosegue nella semivolta sovrastante. La parete est era occupata per buona parte dalla porta di accesso all'ambiente E: l'intonaco dipinto residuo, raffigurante alcuni animali marini, è collocato infatti lungo i bordi della parete. Della decorazione della parete ovest resta soltanto una piccola porzione affrescata, in cui i individua un pesce frammentario su fondo verde acqua, nel tratto meridionale.

Riguardo alla tecnica di esecuzione delle pitture in esame l'ipotesi più probabile è che sia stato steso prima di tutto il fondo verde acqua, con la tecnica a fresco, e che successivamente siano state sovradipinte, forse a tempera, le varie figure. In molti casi infatti, caduto il colore nelle parti figurate, è emerso il fondo verde sottostante (si veda ad esempio la cabina di poppa dell'imbarcazione zeta, che, scrostata nella parte superiore, mostra il fondo verde acqua).

Dalla relazione di scavo non emergono elementi utili all'individuazione della funzione dell'ambiente D, la cui decorazione pittorica lascerebbe però supporre una destinazione di tipo idraulico. Tale ipotesi potrebbe essere avvalorata dai sovrastanti vani A e B, interpretabili come ambienti termali. Inoltre, un confronto estremamente significativo con il vano D, sia dal punto di vista strutturale che decorativo, può essere stabilito con un ambiente rinvenuto a Roma, in località Saxa Rubra, nei pressi della Villa di Livia a Prima Porta, recentemente interpretato come una fontana. Si tratta di un piccolo ambiente rettangolare con volta a botte, realizzato in opera cementizia, con paramento originario in reticolato e rifacimento in laterizio, che può essere datato alla seconda metà del II sec. d.C.. La parete di fondo del vano presenta un affresco con testa di Oceano, mentre nelle pareti laterali sono raffigurati pesci guizzanti nel fondo acqueo. La presenza di tali raffigurazioni ha fatto escludere la prima interpretazione come bottino. Questo confronto, dunque, sembrerebbe confermare l'ipotesi che l'ambiente D fosse, almeno in origine, una sorta di ninfeo sotterraneo, oppure un vano legato alle sovrastanti terme.

 

3.2.3 Gli Affreschi dell’ambiente D

La stanza D

 

Affreschi della stanza D

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Affresco 4

Affresco 5

Affresco 6

Affresco 7

Affresco 8

Affresco 9

Affresco 10

Affresco 11

  

3.2.4 L'ambiente E

Rilievi della stanza E

 

Attiguo all'ambiente D era l'ambiente E, di m 4,40 x 3, costruito nella stessa tecnica edilizia dell'ambiente D, anch'esso ricoperto da una volta, forse a crociera, non conservata al momento dello scavo. L'ambiente presentava la già menzionata porta di comunicazione con il vano D ed un'altra apertura di accesso all'ambiente C.

Il pavimento, costituito da mosaico policromo, affiancato verso sud da un tappeto in tassellato geometrico bianco-nero mal conservato, fu staccato e anch'esso trasportato ai Museo Nazionale Romano, dove gli fu assegnato il numero d'inventario 124526.

Anche le pareti di questo ambiente presentavano una decorazione a fondo verde acqua, con imbarcazioni e numerosi pesci, che partiva al di sopra di una zoccolatura marmorea. A causa del cattivo stato di conservazione dell'ambiente, gli affreschi furono staccati in vari pezzi e trasportati separatamente al Museo; ciò ha contribuito a far perdere, per la maggioranza dei frammenti, il dato della loro collocazione nelle pareti. Sulla base dell'analisi delle foto di scavo è stato tuttavia possibile, così come per gli affreschi provenienti dagli ambienti C e T, ricontestualizzare i pezzi staccati.

In dettaglio, dalla parete est proviene il pezzo n.12) caratterizzato dalle due imbarcazioni alfa e beta, tra le quali è raffigurato un erote che cavalca un delfino; tutt'intorno guizzano numerosi pesci (cfr. fig. 10 in Jacopi 1943). Nell'opposta parete ovest erano collocati due dei frammenti del Museo Nazionale Romano. Quello di maggiori dimensioni, n.13), posto nel tratto a sinistra della porta di comunicazione con l'ambiente D, rappresenta le due imbarcazioni gamma e delta tra le quali è un delfino; intorno sono numerosi pesci (cfr. fig. 1 in Jacopi 1939, fig. 53 in Jacopi 1943). Un altro frammento minore, n. 14), raffigurante tre pesci, era collocato nel tratto a destra della stessa porta (cfr. fig. 1 in Jacopi 1939, fig. 54 in Jacopi 1943). Alla parete nord si devono assegnare il frammento n. 15) nel tratto a sinistra della porta di accesso all'ambiente C (cfr. fig. 1 in Jacopi 1939 e figg.10 e 54 in Jacopi 1943) e quello n. 16) collocato nel tratto a destra della stessa porta (cfr. figg. 10 e 49 di Jacopi 1943). Dalla parete sud infine, proviene il pezzo n. 17), rappresentante vari pesci (cr. fig. 53 in Jacopi 1943).

Per quanto riguarda le funzioni di questo ambiente valgono le stesse osservazioni fatte in precedenza per l'ambiente D.

La navicella alfa

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La navicella, occupata da quattro figure, due intente nella voga, le altre in operazioni di pesca, è riccamente decorata con vivaci motivi floreali e geometrici. A poppa è dipinto un quadruccio in cui appaiono dei personaggi mitologici: su di un seggio giallo e bianco troneggia Serapide scettrato, alla sua destra Iside, mentre a sinistra un personaggio (Demetra) con scettro o forse tirso; alla destra di Serapide, accucciato, Cerbero. Questo gruppo di divinità merita una speciale attenzione. Serapide era una divinità egizia dell'epoca greco-romana ideata da Tolomeo Soter che disse di averlo visto in sogno. In questa divinità sincretistica partecipano elementi greci e semitici e naturalmente egizi: esso è assimilato al culto di Osiride ed Iside, ma ha anche un carattere di divinità della medicina sul modello di Asclepio, ed un carattere di divinità marina. Iside partecipa al quadretto per assimilazione nel culto di Serapide. Demetra conclude la triade perché è la divinità con cui già Erodoto (II, 59,156) identificava Iside. Si tratterebbe quindi di una specie di un gruppo bilingue comprensibile tanto all'osservatore greco-romano che a quello egizio. Si sa che il culto di Iside-Demetra fu introdotto a Roma da Caligola.

La navicella beta

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E' coloristicamente una delle meglio conservate. Di forma è molto simile alla navicella Alfa con la sola differenza che qui la prora è curva ed è identica alla poppa, benché la curvatura sia meno pronunciata. Come le altre navicelle presenta dei quadrucci, a prua e a poppa, rappresentanti delle scene di vita quotidiane, fantastiche o mitologiche. Sull'imbarcazione vi sono due personaggi che maneggiano ciascuno un paio di remi, ed uno a poppa , il timoniere, che dirige la barca con un lungo remo. Di notevole effetto è la specchiatura dell'imbarcazione sull'acqua che rivela una grande raffinatezza dell'autore.

Le navicelle gamma e delta

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La conservazione della navicella Gamma e Delta è mediocre, tuttavia si capisce che c'erano due rematori ed un timoniere, quella Delta presenta la scritta Nike.

 

La navicella epsilon

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E' una navicella di forme svelte, probabilmente d'alto mare; alcuni elementi come il rostro, il prerostro e l'occhio, fanno pensare ad una imbarcazione da guerra, ma vengono contraddetti dalla presenza di una chiglia (le navi da guerra avevano il fondo piatto)

La navicella zeta

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E' di forma molto simile alle altre navicelle con decorazioni a prora e poppa; a prora c'è una figura di guerriero con chitone, calzari, elmo, scudo, lancia, in atto di reggere con la destra una vittoria alata, a poppa c'è una figura di donna nuda che si libra su uno sfondo di un panneggio velificante con ritocchi azzurri. I personaggi sono tre: due vogatori all'indietro, con una coppia di remi ciascuno, ed un timoniere.

 

Affresco n° 13 (vedi pianta stanza E)

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Affresco n° 16 (vedi pianta stanza E)

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Affresco n° 17 (vedi pianta stanza E)

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Si trattava di un piccolo vestibolo in cui si aprivano, nel lato sud, la finestrina dell'ambiente D e la porta dell'ambiente E.

Pianta dell'ambiente C

Nella parete occidentale era collocato, probabilmente al di sopra di una zoccolatura marmorea, l'affresco n. 19) in cui è raffigurata una nereide che cavalca un ippocampo (cfr. Jacopi 1943 fig. 9).

Affresco n 19 della stanza C: Nereide che cavalca un ippocampo

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3.3 FRAMMENTI PITTORICI NON RICONTESTUALIZZATI.

Per tre frammenti di affresco del Porto Fluviale, nn. 20, 21 e 22 non è stato possibile giungere alla individuazione dell'ambiente e della parete di appartenenza.

 

3.4 ANALISI STILISTICA DEGLI AFFRESCHI E DEI MOSAICI DEGLI AMBIENTI DI SECONDA FASE.

Il pavimento dell'ambiente E presenta caratteristiche tipiche dei mosaici della seconda metà del II e del IV sec. d.C.: la traccia usata sia come fascia perimetrale del campo, sia come delimitazione delle figure geometriche all'interno del campo stesso; il grande esagono centrale; la decorazione interna delle figure geometriche, costituita da fiori stilizzati e da quadrifogli; i triangoli di risulta con il kantharos con tralci fioriti.

Un confronto si può stabilire ad esempio con il mosaico dell'ambiente B del lato sud della domus Dioscuri ad Ostia, riferito alla prima metà del IV sec. d.C. La datazione del mosaico dell'ambiente E del Porto Fluviale tra il II e il IV sec. d.C. non si accorda però con quella delle pitture, per le quali sembra, sulla base dell'analisi stilistica, come vedremo più avanti, di non poter andare oltre la metà del II sec. d.C.. Contemporaneo a questo mosaico sembrerebbe anche quello dell'ambiente D dello stesso complesso, a giudicare da quanto si può rilevare dalle foto di scavo. Risulta difficile comprendere il motivo di questa diversa cronologia tra i mosaici e gli affreschi dei due ambienti. In mancanza di elementi oggettivi provenienti dallo scavo, si potrebbe avanzare l'ipotesi che negli ambienti D ed E, nel momento in cui si rese necessaria la sostituzione del pavimento originario, siano stati mantenuti gli intonaci dipinti per la loro originalità e per l'accuratezza dell'esecuzione. Non va forse sottovalutata neppure la spesa che avrebbe comportato il totale rifacimento della decorazione parietale, mentre la messa in opera dei mosaici non dovette comportare costi elevati per il proprietario.

Le pareti affrescate degli ambienti D ed E sono caratterizzate dallo stesso soggetto, costituito da imbarcazioni con alcuni personaggi su un fondo marino popolato da una fitta fauna.

Nell'ambiente C, invece, una raffigurazione di ambiente marino fa da sfondo ad un tema mitologico.

Per quanto riguarda le raffigurazioni di fauna marina si possono individuare alcune tipologie: nature morte con pesci, raffigurazioni di vivaio e gruppo di pesci in lotta. Le nature morte sono facilmente riconoscibili per la presenza di pesci morti o comunque fuori dall'acqua, ad esempio sui banchi di vendita o in interni domestici; sono frequentissime in pittura, soprattutto a partire dal IV Stile. Le raffigurazioni di vivaio sono caratterizzate da un numero limitato di specie, tra le quali non sono presenti pesci predatori, e dall'ombra che i pesci proiettano sul fondo, che talvolta è rappresentato dalla vegetazione; i vivai sono particolarmente attestati nella pittura di IV Stile.

La rappresentazione della lotta tra un polpo e una aragosta, a cui si aggiunge talvolta una murena, costituisce l'esempio più frequente della terza tipologia. Tale scena risulta particolarmente diffusa negli emblemata di mosaici di I e II Stile. In pittura si riscontra, ad esempio, nel Ninfeo 33 della Casa del Centenario (IX 8, 6) a Pompei, in cui sono raffigurate, nell'ambito di un fregio lungo le pareti dell'ambiente, la lotta tra un polpo ed una murene e tra un aragosta ed una murena.

Per la complessità del soggetto sopra rappresentato, gli affreschi del Porto Fluviale, tenendo presenti le caratteristiche sopra riassunte, non possono essere inseriti rigidamente in una delle tipologie definite per le raffigurazioni di fauna marina, mostrando essi caratteristiche proprie di varie categorie.

I pesci, infatti, sono raffigurati vivi, per lo più in movimento, la loro ombra è resa con grande evidenza, le specie rappresentate sono numerose e su tre frammenti si riscontra una scena di lotta. Insieme alle diverse specie di pesci inoltre, nelle pareti degli ambienti D ed E sono raffigurate delle imbarcazioni con personaggi a bordo.

Si deve notare che le proporzioni, sia tra gli animali marini, che tra questi e le barche non sono affatto coerenti, né risulta realistica la rappresentazione delle imbarcazioni circondate da ogni lato dai pesci, dipinti fin sulla volta dell'ambiente.

L'associazione tra pesci e imbarcazioni si riscontra generalmente in scene di pesca, frequenti nei mosaici tardo-imperiali. Negli affreschi in esame, però, nessun elemento autorizza a ritenere che i personaggi raffigurati siano pescatori. Nelle imbarcazioni dell'ambiente D sono due rematori ed un timoniere in ciascuna barca, così come in tre delle quattro imbarcazioni dell'ambiente E. Soltanto nella navicella alfa gli occupanti sono quattro: due rematori e due figure in piedi, a poppa e a prua, con la gamba destra piegata, probabilmente raffigurati nell'atto di compiere operazioni di ormeggio dal momento che non maneggiano oggetti sicuramente riferibili alla pesca, come canne, reti, fiocine. Tutte le navicelle sono prive dell'albero maestro e delle vele, di solito presenti nelle imbarcazioni marittime raffigurate nei mosaici; le loro caratteristiche le fanno assimilare ai battelli (scaphae, lenuncoli o lintres), adibiti al trasporto di merci o di passeggeri lungo il corso del fiume. Il loro apparato decorativo risulta inoltre assai ricco, vi spiccano riquadri policromi con raffigurazioni mitologiche e di divinità orientali: potrebbe dunque trattarsi di battelli fluviali di gala.

Infine, un altro tema presente sugli affreschi di Pietra Papa è quello mitologico: Nell'ambiente E, tra due barche, compare un personaggio (Erote o Portunus) che cavalca un delfino; nell'ambiente C era raffigurata una nereide su cavallo marino, soggetti ambedue particolarmente frequenti in pitture e mosaici di età romana. Nelle pitture del Porto Fluviale appaiono dunque insieme numerosi temi iconografici della tradizione pittorica romana, ereditati dalla cultura figurativa greco-ellenistica. Se nell'esecuzione delle singole parti (decorazione delle imbarcazioni e rappresentazione analitica delle specie marine), i pittori degli ambienti di Pietra Papa rivelano un'elevata abilità tecnica ed un'approfondita conoscenza dei repertori, nell'accostamento dei diversi soggetti si riscontra una certa disorganicità.

In considerazione dell'analisi stilistica e dell'ampia problematica inerente i bolli riferiti al consolato di Aproniano e Etino, si ritiene che il 123 d.C. non costituisca l'anno della posa in opera delle murature, ma debba, piuttosto, essere considerato un termine post quem per la datazione degli affreschi sovrastanti.

Le pitture del Porto Fluviale potrebbero, pertanto, essere lette come una originale rielaborazione realizzata da maestranze attive a Roma intorno alla metà del II sec. d.C., momento in cui, accanto alla ripresa di elementi propri della tradizione greca, comincia ad affiorare un linguaggio figurativo nuovo, che rivela il graduale dissolversi delle regole formali, quali le proporzioni tra le singole parti, il senso della spazialità e la prospettiva.

 

3.4.1 Catalogo delle specie marine raffigurate negli affreschi

Si è tentata l'identificazione degli animali marini rappresentati negli affreschi di seconda fase, avvalendosi del fondamentale apporto degli studi di G. Bini sulle specie marine del Mediterraneo e confrontando i risultati ottenuti con i lavori che fino ad oggi sono stati realizzati riguardo alle raffigurazioni di animali marini soprattutto su mosaici e affreschi antichi.

Si deve sottolineare che esistono diversi livelli di certezza rispetto alle identificazioni proposte, dovuti sia allo stato di conservazione degli affreschi, sia alla resa pittorica delle specie marine, non sempre caratterizzata da realismo scientifico, soprattutto rispetto alle dimensioni dei pesci e talvolta ai loro colori.

Complessivamente le specie individuate sono 23: gli animali marini maggiormente rappresentati sono lo scorfano rosso, il sarago fasciato e il delfino. Si tratta in ogni caso di specie marine del Mediterraneo, che vivono in prossimità delle coste sia su fondi rocciosi che sabbiosi, ma che, per lo più, possono essere facilmente allevati anche nei vivai. Dalle fonti (Barrone, De re rust., III, 3, 17; Columella, De re rust., VIII, 1, 16-17; Plinio, Nat. Hist., IX, 55, 167; X, 193) sappiamo, infatti, che la moda di allevare varie specie di pesci in vivai di acqua salata ebbe a Roma una enorme diffusione dall'età tardo-repubblicana e che nel I sec. d.C. le piscinae salsae erano comuni in tutte le aree dell'Impero.

I pesci, i molluschi ed i crostacei rappresentati sono inoltre tutti noti fin dall'antichità per le loro carni pregiate. 

 

3.4.2 Le decorazioni parietali

Si tratta di scene di barchette lusorie, cioè utilizzate nelle feste fluviali, di piccole dimensioni montate ciascuna da tre o quattro personaggi, sullo sfondo di una superficie liquida, popolata di esseri marini (pesci, cefalopodi, molluschi, etc.) di grandezza maggiore, non proporzionati alle prime.

 

3.5 RICOSTRUZIONI DELLA STANZA E

 

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3.6 LE CONCLUSIONI TOPOGRAFICHE DELLO JACOPI

Al termine del suo rapporto dettagliato, lo Jacopi difende la tesi secondo la quale i ruderi rinvenuti debbano essere inquadrati all'interno degli Horti Caesaris transtiberini che secondo la tradizione letteraria (Tacito, Plutarco) si estendevano fino fuori Porta Portuense. Un documento importante per comprendere il discorso dello Jacopi è il vivido quadro delle Feste della Fors Fortuna che si celebravano il 24 Giugno sul Tevere, riportato da Ovidio (Fasti, VI, 776-784).

 

Ite, deam laeti Fortem celebrate, Quirites:

In Tiberisi ripa munera regis habet.

Pars pede, pars etiam celeri decurrite cumba,

Nec pudeat potos inde redire domum.

Ferte coronatae invenum convivia lintres,

Multaque per medias vina libantur aquas.

 

da Tacito e Plutarco si sa inoltre che queste feste venivano celebrate proprio nel tempio della dea Fors all'interno degli Horti Caesaris al primo miglio della via Portuense. Se è vero che il miglio si debba misurare dalle Mura Serviane, la localizzazione dei ruderi sarebbe plausibile, tuttavia bisognerebbe dimostrare la presenza del tempio della Fors Fortuna: in verità i reperti rinvenuti intorno al grande podio fanno pensare proprio a questo tempio. Anche i dipinti hanno un loro valore in questo discorso: probabilmente i battelli da diporto potrebbero essere ispirati a quelle feste descritte da Ovidio; inoltre pare che essi abbiano una certa parentela stilistica con le pitture di ambiente egizio-africano. Da Cicerone (Ad. Att. XV, 15, 2) si sa che negli Horti fu ospitata Cleopatra che al suo seguito aveva sicuramente un gruppo di artisti; anche se intorno al 123 d.C. l'influenza alessandrina a Roma era svanita, tuttavia gli autori delle pitture avevano sott'occhio l'opera dei loro predecessori.

 

3.7 LE SCULTURE, I FRAMMENTI MARMOREI ED I MOSAICI.

 

   

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