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di Emilia Costantini
Data di pubblicazione: 16/11/2002

Alessandro Baricco, in scena al Teatro Valle con il suo «City Reading
Project», è un quarantacinquenne di successo. Ogni romanzo che scrive riceve premi e di solito va a ruba in libreria; ogni suo programma televisivo, ogni saggio sulla musica, ogni articolo diventano dei «cult».

Se poi si cimenta in un testo teatrale, non solo trova subito ospitalità in palcoscenico (del suo «Davila Roa», Luca Ronconi ne fece cinque anni fa una rappresentazione faraonica, spendendo quasi un miliardo di vecchie lire), ma in altri casi viene portato anche sul grande schermo da un regista famoso («Novecento», diventato «La leggenda del pianista sull' oceano» con la regia di Giuseppe Tornatore). Insomma, Baricco è un fenomeno, una macchina multimediatica (libri, tv, cinema, radio e anche forum internettiani) che è garanzia di trionfi popolari. Spesso divide la critica e divide anche il pubblico (alla prima del «Davila Roa» al Teatro Argentina, furono fischi solenni) ma è certamente un idolo delle platee femminili. Perché Baricco, oltre a essere bravo è anche considerato bello: piace alle donne quella sua aria svagata da eterno ragazzo, quegli occhiali da intellettuale, quelle camicie aperte sul collo, quei blue jeans négligé. E allora, in un consesso femminile, basta citarne il nome, per provocare sospiri, evocando fantasie non sempre soltanto letterarie. Tant' è. L' altra sera, al Teatro Valle per il Festival RomaEuropa, lo scrittore è stato protagonista di un nuovo evento. 
Dal suo best- seller «City», romanzo metropolitano tradotto in quaranta lingue, ha estrapolato alcune storie, raggruppandole, tre a tre, in nove serate, fino al 24 novembre. Tre racconti western hanno inaugurato il «City Reading Project», ovvero una lettura in palcoscenico realizzata da cinque attori, arrampicati su passerelle sospese, e dalla voce narrante fuori campo dello stesso Baricco. Accompagnano dal vivo la performance, gli Air, duo parigino di musica elettronica e affini. 
Il testo viene rispettato alla lettera, con l' unica variante che, mentre nel libro le storie con i loro personaggi si intersecano, come le strade nei quartieri di una città, snocciolate nell' evoluzione del romanzo dall' inizio alla fine, nello spettacolo l' autore le
contrae, restituendole compiute in se stesse in uno sviluppo più breve. Un progetto che vuole essere evento, ma che nulla ha a che fare con uno spettacolo teatrale, e forse non vuole esserlo. Proprio Baricco non ha voluto attori di teatro: e infatti, coloro che sono in palcoscenico si limitano a «dire» il testo, senza interpretarlo, fermi, immobili nell'impercettiblità di pochi gesti. E le reazioni in sala sono le più disparate.
Ancora una volta Baricco crea clamorosi contrasti: c' è chi si addormenta in poltrona, chi ascolta rapito e attento, chi mostra il suo dissenso esplicitandolo a voce alta con un «che sonno!» oppure abbandonando la poltrona. Ma alla fine gli applausi scrosciano puntuali: un altro trionfo, Baricco ha fatto centro un' altra volta.