Nel Nome di Dio il Clemente, il Misericordioso.

 

per visitare queto sito vai  in fondo alla pagina  e clicca sull'immagine.

 

 

La Shi’a

“Io sono la città della Scienza e Ali ne è la Porta” 

 (Profeta Mohammad s.a.w.)  

 

LA STORIA

La Shi'a al tempo del Profeta          -        Il Califfato di 'Alì     -         Asciùra

La Shi'a al tempo del Profeta - Shi'a viene dall'arabo Sha'a che vuol dire seguire. Shi'a è il discepolo, il seguace, e così furono chiamati, sin dai primi anni

dell'insegnamento del Profeta*, i suoi compagni più fedeli, Abu-Dharr al-Ghaffari, Salman al-Farsi, Ammar Miqdad, Abdullah ibn 'Abbas e molti altri. Primo fra tutti, suo genero e cugino 'Alì che fu l'unico ad essere designato, oltre che compagno e discepolo, successore.

Quando fu rivelato il versetto "I credenti, coloro che fanno il bene, sono la parte eletta della terra" (98,7) il Profeta* disse: "Alì, questo è per te e per i tuoi shiiti".

Nella tradizione (hadith) si trovano detti del Profeta come: "Alì, tu sei per me quello che Aronne fu per Mosè, con l'unica differenza che dopo di me non ci saranno più profeti"; "Alì è sempre con la verità ed il Sacro Corano, e la verità ed il Sacro Corano sono sempre con lui"; "Vi lascio due cose importanti e preziose (al-Thaqalain): il Libro di Dio, il Corano, ed i miei discendenti (Ahl-ul-Beit), la gente della mia casa. Se seguirete queste due cose non c'è pericolo che vi perdiate".

Quanto all'identificazione degli Ahl-el-Beit si tramanda che quando fu rivelato il versetto "O Gente della Casa, Dio desidera solo cancellare la vostra condizione abominevole e purificarvi totalmente" (33,33) il Profeta* indossava un grande mantello a strisce di crine nero, sotto cui raccolse Alì, Fatima, al-Hasan ed al-Hoseyn dicendo:

"Signore, questa è la gente della mia casa!".

Nell'occasione il Profeta* escluse Umm Salma', una delle sue mogli, dicendole: "Tu sei una brava donna, ma solo questi sono la Gente della mia Casa.

 

Il Califfato di 'Alì - Alla morte del Profeta*, i seguaci di Alì rivendicarono la legittima successione per gli Ahl-el-Beit, ma alcuni individui, complici tra loro, scelsero Abu Bakr relegando gli shiiti al ruolo di minoranza dissidente.

Nel contempo, cominciarono le prime sottili persecuzioni. Fu abolita la riscossione del Khums, la tassa destinata ai familiari ed ai discendenti del Profeta*; la distribuzione del tesoro pubblico (baytu-l-mal) divenne arbitraria e sottratta alla comunità; si impedì che si mettessero per iscritto gli hadith, le testimonianze profetiche che avevano accompagnato l'Islam sin dall'inizio; tutti divieti espressamente rivolti contro gli shiiti.

Nel 35 dell'Egira, il califfo Osman fu assassinato. Gli uccisori erano i soldati dell'Egitto e dell'Iraq, eccitati dalle folgoranti prediche di Abu-Dharr al-Ghifari, un venerando compagno di lotte del Profeta*, il quale di città in città, era giunto fino a medina dove si scagliava contro la corruzione della cricca che circondava il califfo, il nepotismo, il lusso e l'ingiustizia.

Gli uccisori di Osman si unirono ai seguaci di 'Alì, che pur aveva difeso Osman per non dividere la comunità, ed insieme lo acclamarono califfo, il quarto dopo la morte del Profeta*.

Moavia, consanguineo dell'ucciso e governatore della Siria, forte anche dell'appoggio di 'Aisha, vedova di Mohammed*, non esitò invece a fare scissione e mosse contro di lui. 'Alì vinse la battaglia del cammello, così detta perché vi partecipò 'Aisha che giunse sul campo in una lettiga posta sul dorso di un cammello. Ma fu nella pianura di Siffin, sull'Eufrate, che si ebbe lo scontro più cruento e decisivo. Ma quando Moavia si accorse che stava per soccombere, fece legare copie del Corano sulle lance dei suoi soldati. 'Alì, che era puro di cuore e nemico di ogni menzogna ed inganno, accettò la proposta del suo insidioso nemico: due 'saggi' avrebbero deciso chi di loro due aveva diritto al califfato. Uno stuolo di seguaci di 'Alì, sdegnati per questa apparente debolezza, abbandonarono le sue schiere al grido di 'la hukma illa Allah', 'la decisione viene solo da Dio', e dichiararono deposti ambedue i contendenti. Essi furono chiamati Kharigiti (khawarij) 'fuoriusciti'.

Con l'inganno uno dei saggi venne convinto all'astensione e l'’arbitrato fu sfavorevole ad 'Alì che dovette riprendere la guerra sia contro Moavia che contro i Kharigiti.

Questi decisero di uccidere sia 'Alì che il suo avversario nello stesso giorno, il 19 Ramadan del 40 H., ma mentre Moavia sfuggì agli assassini, 'Alì fu colpito a morte da Ibn Muljem con un pugnale avvelenato mentre pregava nella moschea di Kufa. Da tutta questa serie di vicende 'Alì appare come il giudice equanime, il Califfo disposto ad esercitare il potere solo se legittimato dalla giustizia e dalla fedeltà ai principi del Corano, colui che prima di tutto chiese la bay'ah, l'approvazione dell'intera comunità, dimostrando che, per il bene comune, aveva messo a tacere il suo diritto di ordine divino

Dalla vicenda di 'Alì scaturisce il principio che il successore del Profeta* non deve solo guidare la comunità con giustizia, ma deve saper interpretare la legge dell'Islam e coglierne il suo senso, rendendolo comprensibile agli uomini del suo tempo. Il suo insegnamento deve essere libero dall'errore e dalla colpa (ma'sum) e per questo la sua designazione non può avvenire, tramite il Profeta*, che per decreto di Dio (nass).

Questo maestro, questa 'Guida', in cui si riassume la legge e lo spirito della 'Umma, della comunità islamica, è l'Imam.'Alì fuil primo.

Subito dopo la morte di 'Alì, al-Hasan, suo primogenito, fu eletto Califfo in Iraq e rimase al potere per seimesifinchè Moavia mandò un esercito contro di lui riuscendo a corrompere molti dei suoi sostenitori che lo abbandonarono. Allora al-Hasan, secondo Imam, rinunciò al Califfato, ottenendo da Moavia l'impegno che alla morte di questi, il Califfato sarebbe tornato all'Ahl-el-Beit. Ma tale impegno fu disatteso.

Asciura- Moavia morì nel 60 dell'Egira (Hasan era già morto nel 50) dopo aver designato suo figlio Yazid quale suo successore. Yazid, come prima cosa impose ad al-Husayn, terzo Imam, di giurargli fedeltà (bay'ah), pena la morte. Per Yazid sarebbe stata la legittimazione del suo potere.

Ma al-Husayn si rifugiò alla Mecca, mettendosi sotto la protezione della Casa di Dio, il massimo santuario dell'Islam. Lì si rifiutò di giurare fedeltà ed obbedienza a Yazid ed affermò il dovere di ribellarsi alla tirannide, sia in senso politico che religioso, nel nome di una comunità spinta all'errore dalla crudeltà ed empietà dei suoi capi e dalla paura dei tormenti e della morte. Al-Husayn, avvertito che Yazid aveva mandato alla Mecca un gruppo di sicari per assassinarlo, si mise in viaggio per la città irakena di Kufa, i cui abitanti lo avevano invitato ad andare tra loro per esservi acclamato califfo, seguito da un piccolo manipolo di fedeli armati, dalle sue donne e dai suoi figli, l'intera Ahl-al-Bait.

Ma mentre egli attraversava il deserto, Yazid represse il complotto degli abitanti di Kufa ed inviò l'esercito dalla Siria ad intercettarlo. Per otto giorni, a Karbalà, a una sessantina di chilometri da Kufa, il piccolo seguito di al-Husayn rimase circondato da schiere soverchianti che bloccarono ogni accesso all'acqua. Poi, al-Husayn sciolse dall'obbligo di fedeltà chi non se la sentiva di affrontare una morte sicura. Tuttavia, oltre alla sua famiglia, restarono una quarantina di fedeli che testimoniarono di non avere nessuna intenzione di abbandonare la via della verità e la guida dell'Imam.

Sul campo di Karbalà si fronteggiavano due modi di intendere la comunità: da un lato una visione unitaria fondata sullo spirito di fratellanza; dall'altro il potere assoluto dei califfi usurpatori, l'individualismo avido e senza fede della gerarchia creata per gestire le conquiste. Due visioni che saranno sempre presenti nella coscienza del mondo islamico.

All'alba del 10 di Muharram dell'anno 61 dell'Egira, 680 della nostra era, il giorno più triste della storia, dopo l'ultimatum del giorno precedente 'atto di sottomissione o morte', l'esercito di Yazid attacco`ò. La resistenza fu eroica e disperata, ma verso il mezzogiorno di quel Venerdì di sangue, al-Husayn cadde ucciso. Con lui caddero tutti suoi fedeli tra cui due figli di al-Hasan, di 11 e 13 anni e tre figli dello stesso al-Husayn, un bambino di 5, un neonato ed il 25enne Alì Akbar. donne della famiglia del Profeta furono trascinate prigioniere a Damasco. Con loro c'erano i due unici maschi superstiti del massacro, Alì ibn-al-Husayn, risparmiato perché paralizzato da una grave malattia, e Muhammad ibn-'Alì, di quattro anni, che fu nascosto sotto le vesti dalle donne. Saranno loro a continuare la discendenza del Profeta* come 4° e 5° Imam, e ciò per merito di Zainab, sorella di al-Husayn, che predicò a Kufa e Damasco mantenendo viva la fede nell'Imam finchè 'Alì ibn al-Husayn non fu in grado di assumere il suo compito. ( I seguaci dell'Ahl-al-Bait del santo Profeta Mohammad (saw) ricordano ogni anno quest' evento). STORIA DELL'IMAM HUSSAIN (as)

Il Profeta* aveva concepito fin dall'inizio la nuova forma di associazione religiosa come una comunità organizzata a carattere politico e con un progetto sociale e non come una chiesa che operasse all'interno dello stato secolare. L'arco della vita del Profeta* fu sufficiente ad impostare tale progetto, ma per attuarlo non bastavano né un breve periodo storico, né alcune generazioni. Proprio le tragiche vicende di 'Al', al-Hasan ed al-Husayn dimostrano che ci vuole una continuità di modelli che, attraverso gli ostacoli, le resistenze, le contraddizioni umane, assicurino la piena attuazione del messaggio. La figura dell'Imam garantisce questa continuità.

La dottrina shiita  

I fondamenti

La dottrina islamica shiita si differenzia da quella sunnita principalmente sulla questione dell'Imamato. Laddove la scuola sunnita si è forgiata sulle parole di Omar ibn el-Khattab che, alla richiesta del Profeta* morente di avere carta e penna per scrivere qualcosa che avrebbe impedito ai musulmani di perdersi, rispose: 'Il Libro di Dio ci basta!', la scuola shiita ritiene che sia dal Corano che dalle parole del Profeta* emerga imponente il principio della necessità di un modello, indicato da Dio direttamente o attraverso il Profeta*, al quale i musulmani debbano far riferimento. Nel Corano viene detto ai credenti: "In verità, i vostri 'walì' (amici, alleati, maestri) sono Dio, il Suo Messaggero e quelli tra i credenti che compiono la preghiera ed offrono la zakat mentre sono inchinati." Tale versetto allude ad 'Alì così come racconta il Tabari e così come viene riportato nella nota al versetto nel Corano tradotto da Hamza Piccardo. 'Alì stava pregando in moschea quando gli passò accanto un mendico. Egli, mentre era inchinato, si sfilò l'anello e glielo offrì in elemosina.

Il Profeta*, dal canto suo, più volte indicò in 'Alì colui che avrebbe ereditato la sua autorità in tutti i campi. A Ghadir Khomm, di ritorno dal pellegrinaggio d'addio, egli esternò questa volontà davanti a tutti i numerosissimi pellegrini che l'accompagnavano dicendo: "Colui di cui io sono il 'walì', 'Alì è il suo walì'." Da ciò e da moltissimi altri versetti e Tradizioni, riconosciuti da tutti i musulmani, gli shiiti traggono la loro credenza nell'Imamato che li contraddistingue. Pertanto, a differenza dei sunniti che riconoscono la Sunna del Profeta* e dei Califfi ben guidati (Abu Bakr, Omar, Osman e …'Alì), gli shiiti riconoscono la Sunna del Profeta* e degli Imam suoi successori (i 12 Imam della Famiglia del Profeta*, di cui 'Alì fu il primo).

Tale differenza di tradizioni ha condotto a differenze anche pratiche, rituali, spesso prese a pretesto per rivolgerci accuse infondate. Vi esponiamo di seguito alcune delle più conosciute.

La preghiera sulla pietra

Noi shiiti, nella salat usiamo poggiate la fronte su di una 'pietra' che poi pietra non è ma è terra essiccata. Innanzitutto bisogna dire che noi ci prosterniamo sulla pietra e non per la pietra, come pretendono certi diffamatori. La prosternazione è unicamente per Dio. E' un fatto assodato, per noi come per i sunniti, che la prosternazione va fatta su terra o su piante della terra non commestibili. Il Profeta* stesso si fabbricò una piccola stuoia con un miscuglio di terra e paglia sulla quale si prosternava durante le sue preghiere. Egli insegnò ai suoi Compagni a fare altrettanto, proibendogli di prosternarsi sulle loro vesti. Gli shiiti hanno sempre osservato questa pratica fino ai giorni nostri. Spesso le tavolette di terra essiccata provengono da Karbala, la cui terra è santificata dal martirio dell'Imam Husseyn, ma ciò, pur essendo sunna dell'Imam Zain el-'Abidin, non è obbligatorio, e qualunque terra va bene, così come pure le stuoie di paglia.

L'abluzione

Durante l'abluzione, noi shiiti laviamo il viso e le braccia e detergiamo (passandovi sopra la mano bagnata e non l'acqua corrente) il capo ed i piedi. Ciò è in piena sintonia con quanto richiesto dal Corano: "Lavatevi il viso e le mani fino ai gomiti e detergetevi la testa ed i piedi fino alle caviglie." (5,5) e con quanto affermato in diverse Tradizioni. La visita alle tombe ed il pianto sulle tombe dei martiri Tabari, nella sua 'Vita di Mohammed' racconta che quando il Profeta* tornò a Medina dalla battaglia di Uhud, udì le donne degli Ansar singhiozzare per la morte dei loro uomini. Allora egli*, piangendo, constatò: "Hamza non ha donne che lo piangano!" Fu così che i Compagni rincasarono e mandarono le loro donne a piangere sulla tomba di Hamza. Oggi, i Wahabiti impediscono con la forza e con severe punizioni tutti coloro che, sunniti o shiiti, si rechino a piasulla tomba di Hamza, così come desiderato dal Profeta*. Ma il martire per eccellenza, per noi, è l'Imam Hu, e tugli anni, il giorno di Ashurà è dedicato a rinnovare il lutto e il dolore di quel giorno. Tuttavia nosappiamo benissimo che Dio è l'Unico Onnipotente e che a Lui solo va il nostro culto. Invocare i morti perché essi agiscano è politeismo (Shirk).

Noi infatti non lo facciamo: il nostro è solo un atto di rispetto verso queste sante persone prossime a Dio. Quanto al pianto per l'Imam Husseyn, esso non a niente a che vedercon le lacerazioni delle vesti e i pianti dell'epoca dell'ignoranza. L'Imam Husseyn ha versato il suo sangue per la salvezza e la preservazione dell'Islam e piangere per lui, in ricordo suo e del suo martirio, è uno sprone a seguire l'Islam senza cedimenti. Chiediamo scusa ai 'navigatori' per queste spiegazioni un po' affrettate. Ci riserviamo di trattarle più ampiamente (c'è comunque 'Il Puro Islam' che spesso tratta questi argomenti) e se avete domande, indirizzatecele sull'e-mail a:

ahlulbait@shia-islam.org   o  il-puro-islam@libero.it

                                                                                                                                                

                                       

Clicca

 

ritorma al menu`