Agira e la sua storia. Viaggio all'interno di una cittadina in provincia di enna
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Facciata del Monastero del 700

Secondo la tradizione, il monastero fondato da S. Filippo di Agira sarebbe sorto sul tempio di Gerione; non ci sono dati sicuri sulla cronologia del santo: una notizia della Vita Eusebiana lo pone nel V secolo, ma ci sono forti indizi che tenderebbero a fare spostare la cronologia nel VII-VIII secolo.

Questo monastero ha una notevole

importanza nel monachesimo basiliano in Sicilia e in Italia meridionale; c'è tutto un lungo elenco di santi monaci che si sono formati in questo monastero.

Nel X secolo il monastero appare in smobilitazione, anche se non se ne conosce il motivo. Ruggero I  ricostruisce il monastero e lo affida ai benedettini. arricchendolo di beni e di privilegi; ciò è confermato dal fatto che nel 1126 Ruggero II conferma «quicquid pater meus» aveva dato al monastero.

Ma la prima notizia sul monastero in età normanna è del 1094, quando Ruggero I conferma la già avvenuta donazione della chiesa e del territorio di S. Filippo di Agira al monastero benedettino di S. Bartolomeo di Lipari.

Non sappiamo in che modo il monastero di Agira venne unito all'abbazia di S. Maria  Latina a Gerusalemme, la più antica fondazione di rito orientale a Gerusalemme; la prima traccia di connessione tra i due monasteri è in un documento del 1126.

Verso la metà del secolo era il centro amministrativo di tutte le obbedienze siciliane dell'abbazia palestinese.

Quando le campagne del Saladino costrinsero ad abbandonare la casa-madre di Gerusalemme, i monaci di S.Maria Latina si trasferirono in altre case della congregazione e soprattutto ad Agira che diventa la sede permanente dell'abate.

Dopo il 1474 l'abbazia è retta da abati commendatari, cioè amministratori abitualmente ecclesiastici di alto rango che normalmente non mettevano piede ad Agira e pensavano quasi esclusivamente a godere delle ricche rendite connesse col loro ufficio.

Si arriva al punto che nel 1635 i frati abbandonano il monastero in rovina per ritirarsi nel monastero di S. Nicolo di Catania.

Un momento di splendore si ebbe con l'amministrazione di mons. G.Gravina (1763-1812), il quale spendendo tutte le rendite abbaziali e anche qualcosa di suo curò il rifacimento della chiesa nelle sue forme attuali.

Questa operazione ha comportato la perdita dei resti del vecchio edificio. I resti della parte esterna del vecchio monastero furono utilizzati come materiale da costruzione; dell'edificio pre-settecentesco rimane solo qualche elemento architettonico.

Facciata della Chiesa nei giorni nostri

La facciata fu realizzata tra il 1916 e il 1928 su progetto di G.Greco, in sostituzione della facciata settecentesca rovinosamente crollata nel 1911.

La facciata, dalle forme molto lineari, è decorata con una serie di nicchie che ospitano statue di santi: la grande nicchia con il gruppo di S. Filippo che sconfigge il demonio sovrasta una serie di sei nicchie con le statue dei protettori delle altre sei parrocchie di Agira; nel medaglione sopra la porta principale è raffigurata S. Maria Latina; sopra le altre due porte sono raffigurati S. Filippo diacono e S. Eusebio.

L'interno della chiesa è quello della ricostruzione della fine del '700, restaurato negli anni '60. 

Le tre navate sono divise da colonne rivestite di marmo rosso.

La volta a botte della navata centrale presenta una elegante decorazione di stile impero.

Nel presbiterio il coro in noce intagliato, realizzato tra il 1818 e il 1822, restaurato negli anni '60. Sugli schienali dei venticinque stalli sono raffigurati episodi della vita di S. Filippo. L'altare, realizzato negli anni 60 dall'arch. G. Leone, è uno dei non frequenti casi in cui le esigenze liturgiche posteconciliari si sposano con le linee di una chiesa antica.

Crocifisso ligneo di Frate Umile da Petralia

Sopra l'altare è un crocifisso ligneo di frate Umile Pintorno da Petralia, del secondo quarto del XVII secolo, qui spostato negli anni '60 dall'ormai chiusa chiesa di S. Maria di Gesù, secentesco convento dei francescani riformati.

Tra i quadri della chiesa si segnalano particolarmente i tre pannelli superstiti di un polittico del XV secolo (navata di sinistra). In origine doveva trattarsi di un polittico a cinque pannelli.

Nei tre pannelli superstiti sono raffigurati la Madonna col Bambino. S. Benedetto e S.Calogero.

Sulla pedana del trono della Vergine sono due stemmi araldici: uno è quello dell'abbazia, l'altro è della famiglia Paterno. Ciò porta ad identificare il committente (certo da riconoscere nel monaco con le insegne vescovili al piedi della Madonna) con Jaime Paterno, benedettino di Catania che nel 1430 fu

confermato abate di Agira e nello stesso anno fu elevato alla dignità vescovile.

La datazione del quadro andrebbe quindi fissata nel 1430-1435. Il quadro è del tutto simile ad un trittico che si trova nella chiesa degli Agostiniani a Rabat, a Malta, che  probabilmente è stato commissionato dallo stesso Jaime Paterno che dal 1447 fu vescovo di Malta. 

Per il nostro quadro, e per le altre opere affini, si è parlato di modi tradizionali di tarda derivazione bizantina che si associano con elementi gotici legati al giro della cultura catalana e di «motivi stilistici orientaleggianti derivati in Sicilia dai centri della costa adriatica». 

Di recente il nostro quadro, assieme ad altri, è stato attribuito a Giovanni di Pietro ed è stata vista una continuità di rapporti con la Toscana e soprattutto  un influsso della pittura senese della fine del Trecento.

Nella chiesa sono conservate l'arca d'argento che contiene le reliquie di S. Filippo e la statua, pure d'argento, del santo. Si tratta di opere dell'artigianato siciliano dei primi anni del XVII secolo, realizzate cioè subito dopo la scoperta della tomba del santo.

Nella sacrestia è un grande armadio intagliato in noce (1735); il lampadario di cristalli di Murano è un dono di Ferdinando I, offerto in cambio dell'altro d'argento da lui richiesto per i regi palazzi.

Dalla navata sinistra una scala conduce alla Cateva, dove è il sepolcro di S. Filippo. Una bella scultura in marmo del XVI secolo rappresenta S. Filippo giacente; probabilmente va attribuita a Francesco Mendola.

Al di sopra è la nicchia sepolcrale, con un rilievo raffigurante S.Filippo, tradizionalmente attribuita all'officina di Gagini. Qui la tradizione indica il luogo del sepolcro del santo e qui nel 1599 sono stati  ritrovati i resti attribuiti a S. Filippo, S. Filippo Diacono, S. Eusebio, S.Luca Casali.

Qui è anche conservato l'archivio di S. Maria Latina in Agira: 429 pergamene di grande valore storico che vanno dall'Xl al XVI secolo, purtroppo in larga parte inedite.

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