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agroecology in action: Novità e servizi avanzati per l'agroecologia e le produzioni agroalimentari biologiche

CUBA, AGROECOLOGIA E CIBO: LA RIVOLUZIONE DELLA "NATURALEZA"

di Giuseppe Altieri e Carlos Pino

Costretta alla fame, nel 1990, per il collasso delle importazioni di pesticidi, concimi chimici e petrolio, Cuba, in pochi anni, combinando metodi tradizionali e tecniche biologiche moderne, con un Piano Nazionale di Riconversione Agroecologica ha dimostrato che con l'Agricoltura Biologica è possibile nutrire milioni di persone, tutelando la salute e l'ambiente.

Ringraziamenti


Quando c'era l'Unione Sovietica

 

Nell'anno 1989 Cuba si posizionava come una delle nazioni più sviluppate dell'America Latina (Tab. 1), con un governo di politica comunista che dalla "rivoluzione" del 1959 le consentì di essere appoggiata economicamente dal blocco socialista dell'Europa Orientale.

 

Dipendenza commerciale, economica e agroalimentare

 

Riguardo alla situazione agroalimentare, poco era cambiato con Castro e Che Guevara, dal momento che l'Unione Sovietica continuò a sostenere e indirizzare nell'isola le produzioni per l'esportazione, tipiche del colonialismo, con intensivizzazione chimico-meccanica sempre più spinta.

Durante gli anni '80 Cuba ricevette dall' URSS livelli di prezzi fino a 5,4 volte superiori a quelli del mercato mondiale per le sue produzioni di canna da zucchero, che corrispondevano al 75% del valore totale delle esportazioni (MINIAGRI; Pastor, 1992). L'importanza di tale coltivazione indusse il Governo a costituire addirittura un "Ministero per la Canna da Zucchero", tutt'ora attivo. Per il resto Cuba esportava, prevalentemente, tabacco e caffè.

Ma la dipendenza commerciale era l'85% del totale del suo ritorno in divisa, il che significava forti input in combustibili, macchinari, pezzi di ricambio, necessari alla spinta industrializzazione dell'isola. Cuba dipendeva dall'Unione Sovietica per gli input agricoli (Tab. 2) e per gli alimenti (Tab. 3) per una quota pari al 57% del consumo totale di calorie della popolazione (Deere,1992).

L'agricoltura cubana (la cui distribuzione colturale è mostrata in tab. 4) era basata su estese piantagioni di monocolture industriali, nelle grandi Aziende di Stato, somiglianti più alle valli californiane che al tipico minifondo latino americano

 

La crisi

 

La grande vulnerabilità economica si evidenziò con la caduta dell'Unione Sovietica all'inizio degli anni '90 e , nel giro di pochi mesi, la crisi economica e alimentare del popolo cubano si rese chiaramente manifesta. Assieme al collasso dell'Europa orientale diminuirono le importazioni cubane, in modo drammatico, per il settore agricolo. Le importazioni di pesticidi calarono del 60%, quelle di fertilizzanti del 77% ed il petrolio per l'agricoltura si ridusse al 50%. Anche l'importazione di prodotti alimentari precipitò assieme all'apporto di calorie e proteine nella dieta popolare, producendo in poco tempo i primi sintomi di denutrizione e disperazione. Inoltre l'embargo commerciale che gli USA avevano imposto dal 1962 lasciò Cuba più isolata che mai, con impedimenti commerciali alle compagnie sussidiarie in tutto il mondo e, in forma indiretta, a paesi terzi, mediante pressioni politiche ed economiche che si fecero sentire sempre più pesantemente dopo il collasso del comunismo russo. In un solo anno, oltre 1,5 milioni di tonnellate di fertilizzanti chimici assieme a c.a 30.000 tonnellate di pesticidi fino ad allora importati, non arrivarono più all'isola e i 75.000 trattori cubani furono utilizzati per metà della loro capacità d'uso per mancanza di petrolio e pezzi di ricambio, mentre il patrimonio zootecnico, basato su razze altamente selezionate ed esigenti di mangimi concentrati, venne praticamente falcidiato. Fu cosi che le parole "austerità", "utilizzazione ottimale dei mezzi di produzione" e "risparmio" diventarono le più importanti per tutta la popolazione.

 

 

All' inizio del "Periodo Especial"

 

Il problema dell'alimentazione era così evidente che il governo cubano mobilitò di tutta la scienza e la tecnologia di cui il paese disponeva, alla ricerca di una soluzione: l'agricoltura alternativa, già sperimentata nel 1982 con buoni risultati , ma non estesa su ampie superfici. Questa piccola isola, situata in mezzo ai Caraibi, con appena il 2% del totale della popolazione latino americana ma con l'11% dei laureati in materie scientifiche di tutto il Sudamerica, concentrò gli sforzi e le conoscenze, lavorando intensamente per generare un modello agricolo alternativo al convenzionale. Venne proclamato il "Periodo Especial"

 

Modello classico - modello alternativo

 

Il modello agricolo convenzionale (tipico della cosiddetta "Rivoluzione Verde"), imposto dal blocco socialista, era basato su estese monocolture che richiedevano alti input per l'uso dei macchinari, somministrazione di fertilizzanti chimici nonchè elevate e sempre crescenti dosi di pesticidi ed erbicidi per il "mantenimento" della produzione. Ciò aveva determinato impoverimento dei terreni per le continue asportazioni, seguito da erosione, salinizzazione e compattazione per il ripetuto passaggio delle macchine. L'alto livello di meccanizzazione e chimicizzazione oltre ai danni fisici al suolo e alla contaminazione ambientale, aveva portato ad un minor uso di manodopera, producendo un flusso migratorio verso le città che arrivarono ad ospitare il 70-80% della popolazione.

Il modello alternativo "Agroecologico" prevede bassi input per una produzione sostenibile e permette una minor dipendenza dai mercati internazionali. Esso è fondamentalmente basato su rotazioni colturali e pascoli, maggior uso della trazione animale, conservazione del suolo, concimazione organica con uso di biofertilizzanti, controllo biologico degli insetti dannosi e delle malattie delle piante con mezzi non tossici per l'uomo e per l'ambiente. Comporta una ridistribuzione rurale della popolazione, recupera antiche tecniche colturali e allo stesso tempo, grazie all'impegno del mondo scientifico, genera nuove tecniche che permettono una maggior produzione e sicurezza alimentare senza danneggiare l'agroecosistema.

 

La conversione: i mezzi usati dal Governo

 

Per la prima volta il mondo è testimone del radicale passaggio da un'agricoltura classica o meglio, convenzionale, ad un'agricoltura organica (Biologica) o semi organica (Produzione Integrata Avanzata) su vasta scala . Il governo cubano ordina agli studiosi la ricerca di alternative e mette a punto le basi per la conversione. Più precisamente:

Peraltro il Governo incentiva l'agricoltura urbana e in città la gente inizia a coltivare frutta e vegetali nei propri giardini o in terre dello Stato messe a loro disposizione. Ai coltivatori urbani che eccedono la produzione di autosostentamento viene concessa la possibilità di vendita dei prodotti a prezzo di mercato.

All'inizio del processo di conversione l'alimentazione di base è stata strettamente razionalizzata, dal momento che la disponibilità di calorie procapite era scesa al 30% rispetto al perido precedente il collasso. Da allora, sino ad oggi, i responsabili del Governo hanno determinato il consumo calorico-alimentare dei cubani fin tanto che non si è raggiunto un livello pari a quello del decennio degli anni '80.

Così, in soli cinque anni, Cuba ha realizzato la trasformazione dell'agricoltura ed il recupero del livello di alimentazione, ripristinando la fertilità del suolo ed il controllo biologico naturale nella maggior parte del sistema agricolo nazionale, anche se il "Periodo Especial" non si è ancora concluso.

 

 

Realizzazione dell'agricoltura alternativa: tecnologie semplici e un po' di fantasia per un piccolo miracolo

 

Mobilizzazione e meccanizzazione

 

L'eccessiva meccanizzazione aveva forzato alla coltivazione di lunghe estensioni terriere per rendere conveniente l'uso dei trattori. Con la crisi, la trazione animale si presentò come un valido sistema alternativo di lavorazione del terreno. Ciò non significò abbandonare totalmente la meccanizzazione bensì organizzare un sistema misto animale - macchina. I più usati, a Cuba oggi, sono i buoi, che il contadino tradizionale non aveva smesso di utilizzare neanche nell'epoca dell'industrializzazione. Con buona approssimazione ogni bue è in grado di eseguire il lavoro giornaliero di 50 uomini, ma inizialmente i capi di bestiame non erano sufficienti, per cui dovettero essere moltiplicati e addestrati. La zootecnia bovina recuperò il ruolo tradizionale a triplice attitudine, per la produzione di Carne, Latte e Lavoro e si ritornò a selezionare animali più resistenti ed adattabili, in grado di alimentarsi di foraggi, pascolo e sottoprodotti, evitando il consumo di alimenti concentrati necessari per l'alimentazione umana. Bisogna considerare inoltre che, nella stagione delle piogge, quando non è possibile entrare nei campi con le pesanti macchine agricole, la trazione animale diventa fondamentale e molto efficiente per la realizzazione del lavoro agricolo.

La carenza di pezzi di ricambio portò inoltre allo sviluppo dell'arte del riciclaggio e della ricombinazione dei più svariati attrezzi meccanici; ventole, generatori, cinghie di trasmissione, motori elettrici e quanto altro era possibile recuperare, grazie alla fantasia di un popolo ingegnoso, servirono ad arrangiare quello che possiamo definire come "l'accrocco cubano" ovvero un'attrezzatura meccanica semplice, apparentemente un po' instabile nonché spesso divertente, eppure molto efficiente per un particolare impiego tecnico (irrigazione, semina, lavorazioni, allevamenti di insetti utili, etc.)

Inoltre dal momento che l'agricoltura organica necessita di maggiore manodopera rispetto a quella convenzionale, sono stati mobilitati lavoratori urbani nelle aree rurali attraverso incentivi economico - sociali offerti dal Governo, quali la possibilità di vivere in comunità e in case migliori con programmi pensati per migliorare la relazione contadino - terra e la sicurezza alimentare.

 

Recupero delle conoscenze

 

Le antiche tecniche colturali che i vecchi agricoltori non avevano smesso di usare, furono riprese in considerazione e rimesse in pratica. Il vecchio "campesino" divenne insegnante per i propri figli, i lavoratori, i tecnici più giovani, dopodichè, assieme ai tecnici divulgatori, agli studiosi e allo stato, attraverso il Ministero dell'Agricoltura, si andò ad organizzare il sistema agricolo alternativo. Ed attenzione perché le tecniche di utilizzo dei buoi e le metodologie ancestrali di coltivazione non erano frutto di ricerche universitarie, ma delle conoscenze maturate dall'agricoltore di fronte alle difficoltà reali, dal "campesino" , scultore della terra, contemplatore delle sue colture, che ottiene i propri prodotti proteggendo l'ambiente ed il genere umano.

 

 

Concimazione e recupero della fertilità del suolo

 

Per risolvere i problemi di carenza di nutrienti, di erosione e di salinizzazione sono stati impiegati diversi metodi:

 

Concime verde ovvero coltivazioni di leguminose, spesso inoculate con Rhizobium e altri batteri che permettono la fissazione dell'azoto atmosferico trasformandolo in azoto organico. Queste colture vengono poi incorporate nel terreno (sovescio) dove subiscono fenomeni di decomposizione, che rendono disponibili alla coltura principale composti azotati ed altri nutrienti, migliorando la struttura fisica del terreno (areazione) ed incrementando il contenuto di sostanza organica.

 

Prodotti microbiologici: i laboratori cubani, oltre alla produzione di batteri per la fissazione dell'azoto atmosferico, hanno isolato ceppi batterici che vengono inoculati direttamente nel terreno e che permettono la liberazione del fosforo (altro elemento fondamentale per la nutrizione vegetale) altrimenti non disponibile per la pianta, perché legato al terreno o perché presente in forme chimiche che non ne consentono l'assorbimento radicale. Occorre segnalare che la Ricerca cubana si è orientata, fin dagli anni '80, verso l'identificazione di ceppi microbici autoctoni, ben adattati alle condizioni climatiche e pedologiche locali, evitando le tentazioni dell'ingegneria genetica. Il Governo ha optato per la diffusione di tecnologie semplici , efficienti ed avanzate, in grado di essere autoprodotte a livello locale in piccoli laboratori situati vicino ai campi coltivati.

 

Biofertilizzanti: sono fertilizzanti ottenuti in modo naturale, ricchi di sostanza organica, che migliorano la nutrizione vegetale, la struttura del suolo, contribuendo a risolvere i problemi di salinizzazione ed erosione. Tra questi:

 

L'humus ed il compost, non essendo concentrati come i fertilizzanti minerali, devono essere prodotti in grandi quantità per assicurare un sufficiente apporto di nutrienti e un miglioramento della struttura del terreno. Vengono distribuiti prima della semina o del trapianto delle colture, utilizzando prodotto stabile (maturo). La metabolizzazione incompleta potrebbe, infatti, provocare danni alle colture. Attualmente, nelle colture industriali, la concimazione viene effettuata in parte con concimi chimici, ma in rotazioni che prevedono l'uso di sovesci di leguminose nonché apporto di compost.

 

Controllo biologico ed integrato di insetti, malattie ed erbe infestanti

 

Nonostante nella coltivazione della canna da zucchero si usino tutt'ora alcuni pesticidi chimici, la maggior parte delle colture è sottoposta a Programmi di Lotta Integrata Avanzata, con permanenti monitoraggi in campo che permettono di visualizzare e prevenire i problemi fitosanitari. Le tecniche prioritariamente utilizzate per la difesa delle colture, sotto il coordinamento della Direzione Nazionale di Fitosanità, con i suoi 14 Laboratori Provinciali, sono:

Lotta biologica: realizzata tramite nemici naturali (organismi utili) prodotti in laboratorio e liberati in campo o, meglio ancora, reintrodotti e ristabiliti naturalmente negli agroecosistemi, grazie ai metodi ecologici di coltivazione che seguono i principi scientifici dell' "Agroecologia" (Altieri Miguel A., 1991-Italia F.Muzzio Editore). Essi, con la loro attività predatoria o di parassitismo controllano le popolazioni di insetti dannosi, mantenendole al di sotto della soglia economica di tolleranza. Esistono a Cuba 220 Biofabbriche di Insetti Utili, sparse in tutto il territorio. In Italia ce n'è una sola.

Antiparassitari microbiologici: prodotti in laboratori di tipo semiartigianale (29 in tutta l'isola), sono rappresentati da formulati batterici o da funghi che provocano malattie mortali agli insetti dannosi o inibiscono lo sviluppo di microrganismi che causano malattie alle piante. Distribuiti sulle colture come un normale prodotto antiparassitario, sono innocui per l'uomo e per gli altri animali a sangue caldo.

Alcuni prodotti microbiologici, nonché gli insetti e gli altri organismi viventi utilizzati nella Lotta Biologica, hanno breve tempo di conservazione (dell'ordine di qualche giorno). Tale problema è stato superato grazie ad un servizio di controllo periodico delle coltivazioni, gestito sia dai tecnici che dagli stessi agricoltori i quali segnalano tempestivamente il fabbisogno di prodotti alle Biofabbriche, la cui capillare diffusione sul territorio riduce i tempi di trasporto e stoccaggio del materiale biologico. Nel 1995 Cuba ha prodotto 2.760 tonnellate di prodotti microbiologici per la difesa delle colture, applicati su 516.895 ettari di superficie (in media 5,4 kg/ha), contro i 77.262 ettari del 1990. Una caratteristica fondamentale degli antiparassitari microbiologici è il loro bassissimo costo di produzione. Con 1 dollaro si producono circa 10 kg di Bacillus thuringiensis o di Beauveria bassiana (prodotti insetticidi) con cui si possono trattare mediamente 2 ha di coltivazioni (considerando un consumo medio di c.a 5 kg/ha, ovvero 1 kg/ha per 5 trattamenti nell'arco del ciclo produttivo di ortaggi, banane, canna da zucchero, patata dolce, tabacco, etc.). Per fare un confronto, attualmente in Italia il Bacillus thuringiensis viene venduto dalle Multinazionali a c.a 30.000 £ al kg, ovvero più di 100 volte il costo di produzione semiartigianale. Considerando anche di moltiplicare per dieci i costi della manodopera nei paesi più sviluppati, tenendo conto delle enormi potenzialità produttive di impianti industriali, viene spontanea la domanda: come mai, di fronte ad un affare così conveniente, le Multinazionali Agrochimico-faurmaceutiche continuano ad esitare nella produzione di prodotti antiparassitari microbiologici su vasta scala, innocui per l'uomo e per l'ambiente? Questo è uno dei tanti misteri della cosiddetta "Economia reale" e forse la risposta è già situata all'interno della domanda.

Insetticidi di origine vegetale: sono stati recuperati all'impiego agricolo una serie di prodotti tradizionali tra cui l'estratto di tabacco (contenente Nicotina) e gli estratti della pianta del Neem (contenenti Azadiractina), molto efficaci per il controllo di alcuni insetti dannosi. L'intenzione delle Autorità Cubane è quella di sviluppare questo settore anche per l'esportazione così come avvenuto per il prodotto microbiologico Bacillus thuringiensis (Havana-BT), già venduto in altri paesi dell'America Latina. Attualmente numerose sono le ricerche e sperimentazioni mirate alla scoperta di nuovi principi attivi derivanti da piante, utilizzabili in agricoltura, innocui per l'uomo e biodegradabili nell'ambiente.

Altre biotecnologie ecologiche vengono utilizzate, spesso in maniera combinata, nella difesa delle colture: tra queste, l'uso di attrattivi sessuali a base di feromoni femminili con cui vengono catturati i maschi degli insetti dannosi (ad esempio nel caso dell'insetto fitofago Cylas phormicarus) diminuendo così il numero di accoppiamenti e, di conseguenza, la densità della popolazione. Insieme all'attraente nella trappola s'inocula un fungo, la Beauveria bassiana, riprodotto con tecniche molto semplici in laboratorio, il quale, per semplice contatto, provoca all'insetto dannoso una malattia esiziale.

Vengono inoltre prodotti, su larga scala, formulati impiegabili contro i patogeni del suolo ( Bioantagonisti Microbici) ed in questo settore Cuba è forse uno dei paesi più avanzati al mondo.

Il controllo delle erbe infestanti è basato su lunghe rotazioni delle colture, riposo dei terreni per una o più stagioni e rimozione manuale, nei momenti di maggiore competizione, delle specie indesiderate. Queste metodologie non sono certo le più avanzate ma a causa dell'embargo commerciale, che colpisce in modo particolare il settore meccanico, Cuba non ha potuto sviluppare tecnologie alternative basate su moderne macchine per il controllo delle infestanti.

 

 

Rotazione delle colture e colture consociate

 

La rotazione di prati e coltivazioni si decide anno per anno e stagione per stagione a seconda della specie vegetale e della successione desiderata; comunemente si inizia con leguminose (colture miglioratrici) seguite da cereali, orticole o prati per poi tornare alle leguminose e cosi via fino al 4° o 5° anno. Si lascia quindi riposare il terreno per recuperarne la struttura; spesso si introducono gli animali per settori affinchè si nutrano dei resti vegetali non raccolti e apportino letame.

Le policolture sono, invece, associazioni di due o più colture. Tra le più frequenti: banano (coltura principale) consociato con mais e fagioli. La consociazione comporta aumento della biodiversità e della produzione, creando a livello agroecologico mutui benefici e sinergismi, come la fissazione di azoto da parte delle leguminose (fagioli) e l'attrazione di insetti benefici da parte di altre specie vegetali. Nel caso della policoltura mais-fagiolo, si ottiene anche un'utilizzazione ottimale dell'energia solare, essendo il mais pianta che funge da supporto per l'ancoraggio delle piante di fagiolo e non soffrendo per la competizione, dal momento che la captazione dell'energia solare da parte di questo creale avviene prevalentemente ad opera delle foglie apicali. E' possibile inserire in questa policoltura anche piante di zucca che, grazie all'enorme sviluppo della superficie fogliare, sono in grado di captare energia luminosa anche al di sotto della copertura vegetale mais-fagiolo. Inoltre tali piante, avendo portamento strisciante, non competono molto, se non per l'acqua, con le loro "compagne di campo".

Negli orti familiari ed urbani si realizzano policolture principalmente per l'ottenimento di ortaggi e frutta; si coltivano inoltre, piante medicinali sia con tecniche convenzionali che di coltura idroponica. Questa ultima tecnica è stata molto usata a l'Avana e dintorni, sotto la supervisione di tecnici professionisti, con eccellenti risultati, consentendo di diversificare l'alimentazione della popolazione urbana ed aumentando la disponibilità di ortaggi come carote, pomodori, fagioli, yucca, mais nonché frutta come papaya, banana, etc. Ciò ha contribuito a generare, rispetto alle necessità dell'autoconsumo familiare, eccedenze che vengono commercializzate in mercati agricoli a carattere misto (statale - privato) e che hanno prodotto una positiva competitività, con conseguenti migliorie a livello di qualità dei prodotti, di prezzi e di disponibilità di posti di lavoro in campo agricolo. Dappertutto nelle città si trovano, inoltre, i cosiddetti "organoponici" ovvero contenitori di legno o bidoni metallici all'interno dei quali si coltivano ortaggi, laddove non c'è disponibilità di terra.

 

 

Cuba: un esempio per il mondo e un modello da esportare

 

Per un singolare paradosso della storia, grazie alla caduta del muro di Berlino e al contemporaneo ed opposto intensificarsi di un'altra barriera, l'embargo statunitense, Cuba è stata costretta, per fame, a vivere una seconda rivoluzione, quella del cibo.

Esempio unico al mondo, in pochi anni è passata da un'Agricoltura Chimico-industriale, legata a forti input esterni non rinnovabili, ad un sistema di Produzioni Biologiche, combinando tradizioni contadine con biotecnologie avanzate, attraverso un Programma Nazionale di Sviluppo Agroecologico.

Al ritorno da un "Corso Internazionale di Agroecologia", tenutosi nel giugno di quest'anno presso l'Università di Berkeley, vorrei riportare le parole di un luminare del settore, il Prof. Miguel A. Altieri, docente dell'Università Californiana e coordinatore del Gruppo di Lavoro per l'Agricoltura Sostenibile delle Nazioni Unite e del Consorzio Latino-americano per l'Agricoltura e lo Sviluppo, avendo teorizzato le basi scientifiche e realizzato numerosi progetti pilota nel settore: "Cuba ha dimostrato che, con un agricoltura biologica moderna applicata su vasta scala, è possibile sfamare milioni di persone, facendo a meno di pesticidi, concimi chimici e ingegneria genetica, migliorando le condizioni sociali e contribuendo alla Sanità Pubblica". Deve essere stato motivo di grande soddisfazione, per questo illustre omonimo dello scrivente, toccare finalmente con mano la realizzazione delle proprie convinzioni, così ben riportate, tra l'altro, nei suoi testi scientifici.

Nel 1995, per la prima volta, una delegazione di quattro agronomi cubani è stata ospite di una O.N.G. americana, la "Food First" di Oakland in California, visitando Aziende Biologiche, Centri Universitari e di Ricerca Agroecologica. Ed è anche grazie al lavoro del prof. Miguel Altieri che centinaia di agricoltori, tecnici, ricercatori di tutto il mondo hanno potuto constatare i progressi dell'agricoltura cubana. Nel maggio di questo anno si è tenuto a Cuba il 3° Incontro Nazionale di Agricoltura Biologica, che ha richiamato circa 400 persone, 200 cubani e 200 stranieri, per la maggior parte latino-americani oltre a qualche statunitense ed europeo.

Oggi i cubani dopo aver "tirato la cinghia" per lungo tempo, pensano ormai che un'eventuale revoca, o un allargamento delle maglie, del blocco commerciale non porterebbe ad un ritorno all'agricoltura convenzionale, bensì accrescerebbe le potenzialità di quella alternativa, costruita negli ultimi 8 anni. Ciò anche per l'accresciuta sensibilità dei mercati nord-europei e statunitensi verso i Prodotti Biologici Certificati, che rappresentano una preziosa alternativa all'esportazione dei prodotti delle monocolture, in particolare, canna da zucchero.

Ma è senza dubbio il modello la cosa più importante che Cuba ha già iniziato ad esportare: un esempio di utilizzazione sostenibile dei mezzi di produzione che eviti tumori agli agricoltori e tossicità nelle vene dei consumatori, senza contaminazione ambientale e degradazione delle risorse, con cibo per tutti, ricordandoci che il sole, l'acqua, l'azoto e il carbonio atmosferici, l'humus, i microrganismi naturali, la biodiversità sono input rinnovabili e soprattutto a basso costo per chiunque , fin tanto che ci saranno lasciati la terra e i semi.

Occorre ricordare a tal proposito, in relazione al dibattito di grande attualità sull'ingegneria genetica, la Convenzione di Rio de Janeiro che ha come scopo dichiarato "la conservazione della diversità biologica, l'uso sostenibile delle sue componenti e la distribuzione onesta ed equa dei benefici e dei proventi dell'utilizzo delle risorse genetiche". Citando una dichiarazione del prof. Marco Ridolfi, docente di Diritto all'Università di Torino, agli Atti Parlamentari di un'indagine conoscitiva sulle Biotecnologie della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati: "oggi accade che popolazioni che, per 10.000 anni, hanno dato un contributo, con la selezione di varietà e specie vegetali adattate ad un certo ambiente, perdono tutto a favore di una Multinazionale che modifica un piccolissimo segmento di DNA e brevetta il nuovo germoplasma. Ma la Convenzione di Rio ci dice che il Terzo Mondo ha diritto al rifiuto di fornire il germoplasma, qualora le condizioni dell'equa ripartizione non siano rispettate".

Forse è giunto il momento di pensare ad una sorta di "brevetto delle varietà e razze locali" a protezione e garanzia del lavoro passato e futuro degli agricoltori e dei governi regionali. E' questa l'ultima provocazione cubana.

 

 

Conclusioni

 

Orbene, per chiudere questo piccolo dossier sull'Agricoltura Cubana, alcune riflessioni sull'Italia dei "furbi avvelenati" o "ecostupidi", se volete. Un paese dove Consorzi Agrari e una rete fittissima di venditori di pesticidi avvelenano quotidianamente ogni coltivazione e persino orti, giardini familiari e l'ambiente domestico, spesso senza neanche rendersi conto di quello che fanno e senza un minimo controllo tecnico sulla prescrizione dei trattamenti chimici. L'Italia dove non esiste un Istituto nazionale di Ricerca sulla Lotta Biologica adeguato alle esigenze ( vedasi Nord Europa) né un programma nazionale serio di diffusione territoriale della stessa. Benché le tecniche siano ormai disponibili, per l'applicazione su vasta scala, manca, ad oggi, un servizio di assistenza alle aziende. L'Italia, dove le Regioni, di fatto, ostacolano la sviluppo dell'Agricoltura Biologica, utilizzando i fondi del Programma Agroambientale dell'unione Europea (Regolamento 2078/92), prevalentemente, per la cosiddetta "Lotta Integrata", i cui disciplinari di produzione consentono ogni sorta di pesticida, senza tener conto che "Lotta Integrata" significa "priorità dei mezzi biologici ed uso della chimica solo in mancanza di alternative". Si veda a tal proposito il recente aggiornamento del disciplinare della Regione Toscana sulla vite, divenuto ancora più permissivo in materia di pesticidi o l'ormai famoso disciplinare umbro -che non esiste- e che costringe i viticoltori al taglio obbligatorio dei grappoli un mese prima della raccolta, per giustificare il calo di produzione "dovuto alla lotta integrata"(fatta con i pesticidi),ed ottenere i contributi CEE. Cose da pazzi, o meglio da inchiesta, se si pensa che la difesa biologica della vite, in produzioni per lo più già limitate dal DOC, è la cosa più semplice da realizzare. L'Italia, dove la maggior parte dei politici, e purtroppo, anche molti degli operatori del Biologico pensano ancora che l'Agricoltura Alternativa deve rivolgersi ad una nicchia di mercato (con prezzi ovviamente supervalutati), mentre, come dichiarato da numerosi scienziati di tutto il mondo "il tasso di pesticidi consentito nel sangue dei nostri bambini è oggi assolutamente criminale". Un paese però dove, nonostante tutto, dalla base, il Biologico ... lentamente... cresce.......come anche il cancro.

E Cuba, da lontano, risplende come un esempio di dignità e cultura, a confronto del quale ci si sente semplicemente provinciali ed arretrati. Ma chissà che, con un po' di ottimismo e coordinamento, non venga fuori quella combinazione magica affinché anche in Italia nasca una Scuola di Agroecologia che colleghi il mondo della ricerca con quello dei campi, per un servizio serio "dal seme al marketing", per gli agricoltori e i consumatori, così che "pummarole e tarantella" diventino buone come la "salsa cubana".

Avere un omonimo di tale caratura dall'altra parte del mondo e maestro nello stesso settore professionale, per di più dalle comuni origini napoletane, rappresenta una singolare combinazione di ulteriore stimolo a proseguire nella strada intrapresa in tal senso.

Giuseppe Altieri: agroecologo

Carlos Pino: agronomo collaboratore presso il Center for Biological Control- Università di Berkeley, California

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Ringraziamenti

 

Si ringraziano per le preziose informazioni fornite:

 

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