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Achille Lauro SUPERSTAR

Il lento declino del Laurismo

 

Nuovi anni difficili si presentano all'orizzonte. La posizione di Lauro, abbandonato dalle sue truppe e dai suoi luogotenenti, si fa drammatica, inducendo il prefetto Memmo a convocare d'autorità il consiglio comunale per l'approvazione improcrastinabile del bilancio preventivo riguardante il 1961.
Lauro, pur aprendo la riunione, dopo poco abbandona l'aula, dichiarando che i documenti da approvare non sono ancora pronti.
Le opposizioni prendono allora l'iniziativa e proclamano la sfiducia all'amministrazione. Non riuscendo a trovare il bandolo della matassa, al prefetto non rimane che emanare il decreto di scioglimento del consiglio per le numerose inadempienze riscontrate.
E' il canto del cigno di Lauro, il quale lascia la carica di primo cittadino per sempre.
Seguiranno dieci mesi di reggenza sotto il commissario D'Aiuto, uno scialbo funzionario che gestirà gli affari ordinari e preparerà le nuove consultazioni, mentre la città attraversa come sempre un momento drammatico per la disoccupazione crescente e per il dilagare di un nuovo tipo di reato: la sofisticazione dei generi alimentari.
Tra tante nubi un raggio di sole: finalmente viene approvata una legge speciale "super" che prevede per Napoli in pochi anni l'arrivo di quasi cinquecento miliardi.
Può essere un'occasione irripetibile per migliorare le condizioni di vita dei cittadini, ma bisogna vedere chi dovrà gestirli e la lotta si presenta accanita.
Nella politica italiana il centro-sinistra si afferma come formula vincente, ma difficile da trasferire nella realtà napoletana, anche perché nel frattempo Lauro ha dato i suoi voti, ben graditi, al nuovo Presidente della Repubblica Antonio Segni, tra l'altro da sempre alfiere della moderata ala centrista.
Lauro come armatore è al suo apogeo, con un programma d'investimenti a breve di circa cinquanta miliardi, impegnati nella costruzione di due superpetroliere e due transatlantici: "Achille Lauro" e "Angelina Lauro".
Eppure dichiara che, pur di vincere lo scontro con la Democrazia cristiana, sarebbe disposto a cedere metà del suo patrimonio.
Arringa i napoletani, fugando le preoccupazioni di un possibile arrivo di un nuovo commissariamento, da escludere categoricamente perché ricorda che Segni è debitore dei suoi voti.


Achille Lauro


Ha 75 anni, ma ne dimostra 30 di meno, per i frenetici ritmi di lavoro nei quali nessuno riesce a tenergli il passo.
Poco prima delle elezioni il Napoli ritorna in serie A e questo è senza dubbio un buon auspicio.
I democristiani per coprirsi a destra imbarcano nella nuova lista parecchi ex-laurini ed anche un ex-fascista irriducibile con passato repubblichino: Edmondo Cione, la cui presenza indurrà alle dimissioni molti quadri del partito.
Allo scrutinio i monarchici conquistano di nuovo la maggioranza con 25 seggi, contro i 23 della Dc e i 19 dei comunisti.
Il risultato inferiore alle aspettative rende vani i tentativi di Lauro di ritornare sulla poltrona di sindaco, un traguardo che non raggiungerà più. Alla fine, deluso, si autoesclude "solo per carità di patria e per il bene della sua città".
Il suo obiettivo futuro sarà di minore portata: sempre la carica di sindaco, ma di Sorrento.
A Napoli viene eletto Vincenzo Mario Palmieri, il primo sindaco dell'era post-laurina, uno stimato medico che non potendo proporre una formula di centro-sinistra, si appella a tutte le forze democratiche per varare la giunta e ad appoggiarlo saranno proprio i consiglieri monarchici, a patto che nessuno dei "sette puttani" diventi assessore.
Comincia così un nuovo corso e tutte le speranze sono legate alla manna della legge speciale.
La nuova amministrazione cerca di ripristinare le regole urbanistiche e crea una commissione per varare un nuovo piano regolatore.
S'inaugura il centro di produzione RAI di Fuorigrotta, uno dei più attrezzati d'Europa. Purtroppo rimarrà sempre sottoutilizzato (come lo è ancora ai nostri giorni), mentre piazza Plebiscito diventa, con una delibera, un immenso parcheggio, l'opposto della situazione odierna.
La nostra città, tra due ali di folla entusiasta, riceve il Presidente Kennedy, pochi mesi prima del suo assassinio a Dallas.
Moriranno in quell'anno Giovanni XXIII e Palmiro Togliatti.
Mentre si aspettano sempre i benefici della legge speciale, i cui fondi lentamente cominciano ad arrivare, si tengono le elezioni politiche nell'aprile del 1963, che vedono aumentare i comunisti a danno di democristiani, socialisti e monarchici.
Dopo solo nove mesi si chiude l'esperienza di Palmieri a palazzo San Giacomo con le sue dimissioni da sindaco.
La lotta per la successione è molto sentita dalla Dc e dal Pdium, con un duello alla pari tra i candidati dei due gruppi: Ferdinando Clemente e Raffaele Chiarolanza.
Essi nei primi due scrutini ottengono lo stesso numero di voti: 25.
Si sono appena chiuse le urne del ballottaggio, quando in aula, trafelato, giunge un consigliere monarchico, proveniente da lontano e vittima di un incidente automobilistico, al quale non viene concesso di votare.
Scoppiano violenti tafferugli che i commessi, travolti, non riescono a sedare, ci saranno feriti anche tra i vigili urbani intervenuti a placare il tumulto. Nella protesta si distingue l'anziano Comandante, che in un empito di rabbia distruggerà con un pesante posacenere l'urna e ne strapperà le schede. Un episodio che per anni amerà ricordare con orgoglio ai suoi fans e per il quale non vi saranno conseguenze penali, nonostante il verbale degli incidenti venga trasmesso alla Procura della Repubblica.
Dopo pochi giorni la nuova elezione, nella quale alcuni monarchici cambiano parere, per cui Clemente viene eletto il 24 luglio, con 25 voti contro i 21 del chirurgo Chiarolanza.
Il nuovo sindaco, il più giovane nella storia della città, proviene da una nobile famiglia e cercherà d'impiantare un modo più moderno di fare politica, superando i metodi del laurismo e proiettando l'avvenire di Napoli verso il suo hinterland; sintomatico di questa nuova visione: sarà il primo a caldeggiare l'idea della tangenziale.
Al di là dei buoni propositi, i progetti realizzati sono ben pochi. Nel frattempo l'inflazione galoppante erode, prima ancora che arrivino, i fondi della legge speciale.
I rapporti tra i partiti sono deteriorati e Clemente, dopo che il consiglio ha bocciato il suo programma, è costretto a dimettersi.
Seguirà un nuovo vuoto amministrativo, il terzo in sei anni, per la nostra martoriata città; il prefetto Bilancia nomina infatti commissario Guido Mattucci, uno dei vice di Correra durante gli anni della sua reggenza.
Mentre s'infervorano i preparativi per la prossima campagna elettorale, arriva come un fulmine a cielo sereno l'annuncio di Lauro di non volersi presentare candidato.
Molti sono i motivi di tale clamorosa rinuncia, non ultima la decisione presa nel 1963 dalla Confindustria di puntare su un nuovo cavallo, il liberale Malagodi, con conseguenze drammatiche per i monarchici i quali, mentre i liberali raddoppiano i voti ed i missini tengono, precipitano a soli 500.000 suffragi, uno sparuto 1,7% che si traduce in 8 deputati e 2 senatori.
Lauro fiuta l'aria di tempesta e cerca un'intesa con Malagodi per unire i due partiti, ma dopo una lunga trattativa, intercorsa inizialmente avendo come referente Gaetano Martino, non si conclude più niente, perché i liberali intuiscono che è preferibile, più che unirsi, assorbire i voti monarchici poco alla volta, per consunzione.
Altri più malevoli faranno circolare la voce che Lauro ha ottenuto, dopo un negoziato, tangibili vantaggi dal ministero della Marina mercantile, a fronte di una rinuncia alla competizione elettorale.
Qualunque sia il motivo, il Pdium senza guida è all'ultima spiaggia. Uscirà massacrato, passando da 25 a 7 consiglieri, mentre gli altri partiti fanno il pieno, in particolare la Democrazia cristiana, che diventa per la prima volta partito di maggioranza relativa.
I missini, su cui si riversano molti voti monarchici, raddoppiano i suffragi, passando da 4 a 8 consiglieri, ma la geografia di palazzo San Giacomo è irreversibilmente variata, per cui si sono create le condizioni favorevoli alla svolta della Dc verso le forze di sinistra.

 

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