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"521"- Classico senza tempo

All' inizio degli anni '70 OMC si ritrovò con una gamma vasta ma che presentava un vistoso "buco" nel settore delle medie potenze.

Nè il piccolo e leggero 20 hp da 360 cc nè il grosso e pesante 40 da 720 cc erano infatti in grado di competere con i maneggevoli 35 hp da circa 550 cc che Mercury e Chrysler avevano recentemente presentato.

E neppure il tiratissimo 25 hp, ottenuto rimaneggiando il glorioso 360 cc, che all'epoca già vantava ormai vent'anni di produzione sul groppone, era riuscito a tener testa all'odiato rivale Mercury di pari cilindrata sul piano di prestazioni e consumo, e tanto meno poteva sperare di contrastare il nuovo e brillante Yamaha 430 cc.

Così , dopo il 50 hp "looper" e il 9,9/15 "crossflow", OMC partorì la sua terza e ultima novità del decennio.

Oddio, novità per modo di dire, perchè se è vero che si trattava di un nuovo progetto, tecnicamente risultava quanto di più classico e conservativo si potesse immaginare:

Bicilindrico, di grossa cubatura, con lavaggio trasversale e pistoni con deflettore, un unico carburatore ( quello del 40), lamelle di aspirazione "a margherita" ( derivate da quelle del "360") ed accensione a volano magnete con puntine platinate.

Anche l'estetica non si discostava più di tanto da quella del vecchio 20, di cui tra l'altro riciclava capottina e barra guida.

Unica concessione alle nuove tendenze era il piede con scarico nel mozzo, molto squadrato nelle linee e con un condotto dì scarico nel mozzo dell'elica decisamente esagerato rispetto al volume di gas che avrebbe dovuto transitarvi.

Nuovo risultava anche il gruppo di fissaggio allo specchio, che adottava il comodo sistema di blocco su tre posizioni (normale, bassi fondali e piede completamente sollevato) già visto sul 9.9/15

 

Il nuovo nato fu presentato come "SEATWIN" 35 hp nel 1976 e a dire il vero non entusiasmò più di tanto nè chi mirava all'apparenza, per via dell'aspetto da "piccolo", con il maniglione di trasporto, la leva del cambio ed le connessioni del telecomando esterne in bella evidenza, nè chi puntava alla praticità, in quanto risultava comunque troppo pesante ed ingombrante per essere maneggiato da una sola persona.

In Italia poi non aveva praticamente mercato, collocandosi appena al di là del fatidico limite per la guida senza patente, al pari dei suoi diretti concorrenti.

 

L'anno successivo ( con immaginabile felicità di chi l'aveva già comprato), come abitudine OMC il nuovo nato fu rivisto in numerosi dettagli, adottando la spia del raffreddamento laterale, una nuova bacinella, un sistema di fissaggio capote semplificato, un filtro silenziatore sul condotto di aspirazione e, soprattutto, l'accensione elettronica breakerless CD.

Contemporaneamente, ne fu presentata una versione "economica", lo "Sportster", ridotta a 28 hp, ed ottenuta semplicemente realizzando un gambale dedicato che permettesse di accoppiare al nuovo monoblocco il piede ed il gruppo di sterzo del vecchio "20". Si trattava di una prassi consolidata in casa OMC, già più volte adottata nel passato per dar vita a modelli "intermedi"

Per l'Italia, lo Sportster fu ulteriormente depotenziata a 20 hp/elica e destinato a sostituire il vecchio Fastwin "360", da cui ereditò inizialmente anche il carburatore "strozzato".

Per ironia della sorte, questa versione per una decina d'anni fu, non solo da noi, quella di maggior successo del 521.

L'aver adottato i "vecchi" componenti , sia pur riveduti e corretti in alcuni particolari ( i cuscinetti, per esempio) per meglio adattarsi alla maggior potenza e coppia da trasmettere, infatti, se da un lato lo rendeva più sgraziato, con una evidente sproporzione tra il grosso testone e il piccolo piede, permise di "limar via" quasi una decina di chili, il che lo riportò nelle grazie del pubblico del "monta e vai".

Nei due anni che seguirono, il "521" Sportster 25hp continuò ad essere rivisto in numerosi dettagli funzionali.

 

Nel 1978 per esempio l'asse elica con spina di frattura fu sostituito con uno scanalato, la barra di guida fu allungata di circa 5 cm per permettere un miglior controllo di rotta, sul gruppo di ribaltamento fu aggiunto l'utilissimo "dispositivo per bassi fondali".

Nel 1979 ad essere modificati furono il filtro di aspirazione ed i cuscinetti di banco e di biella, mentre il carburatore divenne quello del 35 dotato però di una flangia di strozzatura sul Venturi.

La versione 1980 rimane, a mio modesto avviso, quella più equilibrata sia tecnicamente che esteticamente, grazie alle stupende decals sfumate, nonché quella più affidabile.

 

Dal 1981 la tendenza invece si inverte, e le modifiche di dettaglio, anzichè a migliorare il prodotto, sembrano mirate solo a ridurne i costi di produzione.

Così fu discutibilmente modificato il selettore del cambio con un'inutile complicazione ed infragilimento del leveraggio, venne eliminato il filtro sul condotto di aspirazione, le impugnature dei morsetti di fissaggio divennero in materiale plastico.

La capottina, anziché in VTR, fu realizzata in una mescola, probabilmente di ABS, poco propensa a trattenere la vernice metallizzata ( e difatti si passò ben presto al bianco ottenuto direttamente "in pasta") e con una maniglia posteriore, anch'essa in plastica, poco affidabile.

Maggior precisione si ottenne invece sostituendo il comando dell'acceleratore a snodi con uno a cavo flessibile.

 

A metà degli anni '80 l'immagine del 521 iniziava ad appannarsi e la minacciosa presenza sul mercato di avversari molto aggressivi, quali i citati Yamaha/Mariner 25 con scarico al mozzo e il Mercury Panther, reso finalmente affidabile, convinse la OMC ad offrire come "25" anche la versione originale "Seatwin", quella con scarico nel mozzo dell'elica per intenderci, declassando contemporaneamente a "20" di calandra il vecchio modello.

 

 

Per altri tre anni il 521 tornò ad essere il re del mercato, sino a quando l'introduzione dello Yamaha 25J tricilindrico ed il suo immediato successo come propulsore per i gommoni semirigidi e carrellabili, non fecero comprendere ai commerciali che i diportisti italiani avevano ormai superato il tabù del peso e della trasportabilità.

Complice anche l'innalzamento a 25 hp reali della soglia per la patente, nel corso del successivo quinquennio fu un continuo fiorire di "25" sempre più potenti, pesanti ed accessoriati:

i famigerati DEPOTENZIATI, derivati da unità di potenza reale largamente superiore ai 25 nominali e di cui il 521 può considerarsi il capostipite.

Già, perché sinora abbiamo omesso un particolare che ha contribuito non poco al successo dello Sportster, ovvero il fatto che riportarlo agli originali 28 hp era operazione semplicissima e molto diffusa, seppur illegale, al punto che OMC, sulla successiva versione derivata dal "Seatwin" pensò bene di renderla più complessa e costosa adottando un carburatore non modificabile...... salvo poi offrire (alle esigenze di marketing non si comanda) anche la versione "XP" ( o "GT") di fatto già "taroccata" a 30 hp.

 

 

Negli anni '90, il 521 fu inizialmente accantonato e sostituito nella ricorsa al "senzapatente più potente" dal fratello maggiore "737", poi, esauritosi il fenomeno dei 25 hp "taroccati", ha continuato la sua carriera in sordina, tornando ad essere, come alle origini, né carne, né pesce.

 

 

L'unica evidente modifica di questo periodo riguarda la barra di guida, trasformata in una sorta di accessorio, montata a sbalzo sul maniglione frontale e con incorporato il comando del cambio, ad immagine e somiglianza dei modelli più grossi, sia OMC che della concorrenza.

 

 

 

Soluzione che se da un lato permette una più rapida trasformazione in "tiller" delle versioni elettriche, dall'altro impedisce di lasciare in sede la barra quando sono montati i comandi a distanza, costringendo quindi l'utente a rinunciare ad un utile dispositivo di emergenza...

 

 

Troppo grosso per una nautica "minore", fatta dei redivivi gommoni smontabili in PVC e con paramezzale pneumatico, troppo piccolo per il nuovo diporto "senza patente", dove facilmente i natanti superano i 5 mt fuori tutto e la mezza tonnellata di peso, l'unica arma che continua a rimanere dalla sua parte è l'affidabilità.

Collaudato da quasi trent'anni di ininterrotta produzione, estremamente semplice nella struttura, è il perfetto prototipo del "mulo " da mare, per chi vuole un motore senza fronzoli ma anche senza paturnie.

Eccolo per esempio raffigurato in una versione da lavoro alimentata a kerosene, mai importata in Italia per via del divieto ad utilizzare tale combustibile per autotrazione.

D'altra parte le note tristi vicende OMC e l'approssimarsi della morte commerciale dei 2 tempi di media potenza, rendono improponibile la realizzazione di una nuova unità, di classe simile a quella del vecchio 18/360, che lo sostituisca vantaggiosamente.

 

E' ormai certo che il 521 passerà alla storia, oltre che come uno dei più longevi ed amati fuoribordo, come l'ultimo vero best-seller di media potenza di Evinrude/Johnson.

 

 

Ecco l'ultima livrea OMC ( 2001) con in bella evidenza il "cavalluccio marino", storico simbolo del marchio Johnson, che la nuova gestione Bombardier ha poi presuntuosamente ritenuto opportuno sostituire con il proprio...

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