NAPOLISTORIA: SITO DEDICATO ALLA CITTA' DI NAPOLI.

A cura di Andrea Brancaleone.

Gli antichi scrittori ci hanno tramandato antiche storie di sirene: Partenope, Ligeia e Leucosia, vinte da Orfeo in una gara di canto, furono trasformate in scogli. Dalla prima sirena prese il nome la città. Un'altra storia è quella di Ulisse, che non si lasciò sedurre dal canto delle sirene, le quali avrebbero trovato la morte gettandosi sugli scogli del golfo; una di esse, Partenope, sarebbe stata ritrovata sull'isoletta di Megaride, dove, in seguito, venne costruito il Castel dell'Ovo.

INDICE DEL SITO:

 La storia della città.

 I principali monumenti.

  English version.

Le foto.



Cerca all'interno del libro di Andrea Brancaleone "Umanesimo e Rinascimento a Napoli"

Cerca all'interno del libro di Andrea Brancaleone "Considerazioni su Ettore Majorana"





LA STORIA DI NAPOLI.



La città antica.


Neapolis fu fondata da coloni cumani, che si stabilirono in un primo momento a Partenope, l’attuale Monte Echia o Pizzofalcone, già abitata da fenici e poi, nel VII sec. a.C. insediamento rodiese. Abbandonato, successivamente, il sito originario, che fu chiamato perciò Palepoli, cioè città vecchia, fu fondata, verso il 470 a.C., la città nuova: Neapolis.
Essa accolse via via nuove genti e, alla caduta di Cuma ad opera dei Sanniti, i profughi cumani.
La città fu costituita da decumani e cardini (questi furono i nomi adottati in epoca romana), cioè strade che si intersecano in maniera ortogonale. Tale sistema era detto ippodameo da Ippodamo di Mileto, architetto greco del V sec. a.C. che sembra aver inventato questo tipo di struttura urbana.
Assediata dai romani, fu, infine, da essi conquistata nel 328 a.C. e divenne alleata di Roma. Fu nel 90 a.C. municipio, quindi colonia all’epoca di Claudio.
Anche durante la dominazione di Roma, Napoli conservò usi e tradizioni greche, nonché l’impiego della lingua greca.
Per questo motivo i romani, sempre attratti dai costumi greci, oltre che per il clima mite, si insediarono sempre più numerosi a Napoli, facendo della città, e di alcuni siti vicini, come Baia, un centro in cui risiedere era molto ambito.
Molti personaggi ricchi e famosi fecero costruire sontuose residenze lungo le coste, nel centro vero e proprio, a Posillipo e a Baia.
La città era cinta da mura possenti, la tradizione vuole che nemmeno Annibale riuscisse a penetrare all’interno della città, desistendo, poi, dall’assedio.
Resti della Napoli greco-romana nella città attuale sono poco evidenti: il più imponente esempio di ingegneria è costituito da quello che viene chiamato col nome di “Napoli sotterranea”, che è formato dal sistema di acquedotti e cisterne che, costruiti in epoca greca, e ampliati, via via, in epoche successive, permisero, alla fine, di rifornire di acqua, non solo la città, ma perfino la flotta imperiale ancorata a Miseno. Quest’insieme di condotti, in parte visitabili, sono stati utilizzati fino al secolo scorso.
Altri esempi di architettura greco-romana sono riscontrabili nella zona del centro antico: nella via Anticaglia si notano archi di mattoni, costituenti parte dell’antico teatro greco. Presso il Duomo sono visitabili resti di costruzioni di epoca romana.
Nella zona dei Campi Flegrei, invece, sono più evidenti costruzioni di epoca antica e veri e propri siti archeologici di rilievo mondiale: Cuma, l’anfiteatro di Pozzuoli, le terme di Baia, per citare solo alcuni dei siti più importanti.
La Crypta Neapolitana, situata alle spalle della chiesa di Piedigrotta, presso quella che la tradizione, già dal Medioevo, considerava essere la tomba del poeta Virgilio, scavata nel tufo e lunga più di settecento metri, fu edificata nel periodo repubblicano dall’architetto Cocceio.
Quest’ultimo è, probabilmente, l’autore anche dell’altra grotta, detta di Seiano, che collega Posillipo, come già detto zona in cui sorgevano numerose dimore patrizie, con l’attuale Coroglio; permettendo, così, un più agevole tragitto a quanti erano diretti a Pozzuoli e al suo porto.
La Crypta Neapolitana, invece, fu costruita per migliorare le comunicazioni tra la città di Napoli e l’area flegrea. Essa fu utilizzata fino alla fine dell’Ottocento.
Come già accennato, sin dall’epoca della Repubblica, ma ancor più durante l’Impero, numerosi personaggi illustri si stabilirono lungo le coste del golfo: i romani amavano le terme e nessun luogo come Napoli, soprattutto la zona dei Campi Flegrei, offriva la presenza di fonti termali naturali che crebbero di notorietà nei secoli, diventando luoghi di cura e vacanza per uomini politici e intellettuali. Cesare, Cicerone, Lucullo ebbero qui le loro dimore; questi luoghi, celebrati da Virgilio nell’Eneide, divennero sempre più celebri e sfarzosi, nel lusso delle ville e nella suggestione dell’ambiente naturale.
A Posillipo vi era la villa di Publio Vedio Pollione, uomo ricchissimo, molto legato ad Augusto.
Questi fece costruire la sua dimora napoletana adattandola all’ambiente naturale della collina di Posillipo, anche il teatro annesso alla villa fu costruito adeguandolo alla pendenza naturale della collina.
Nel 476 fu imprigionato sull’isoletta di Megaride (dove più tardi sarebbe sorto il Castel dell’Ovo) Romolo Augustolo, ultimo imperatore romano d’Occidente.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, l'imperatore d'Oriente Giustiniano inviò il suo esercito, guidato dal generale Belisario, per conquistare la città. I bizantini riuscirono a conquistare Napoli penetrando attraverso l'acquedotto. Qualche anno dopo gli Ostrogoti entrarono in città, ma successivamente essi furono scacciati dai Bizantini che, a partire dal 553, permisero alla città un notevole sviluppo, tanto da poter resistere ai ripetuti attacchi dei Longobardi e rappresentare una testa di ponte del potere di Bisanzio nella penisola italiana.
Fu così possibile per i napoletani ottenere una certa autonomia da Bisanzio, insieme al diritto di nominare essi stessi il proprio duca.
I legami tra Napoli e Bisanzio si fecero,via via, sempre meno forti, finché nel 763 il duca Stefano dichiarò il ducato di Napoli indipendente dall’Impero bizantino. All’indipendenza seguì un periodo molto florido per la città; il centro si spostò da quella che era stata l’agorà greca e, successivamente, il foro romano, cioè l’area attualmente compresa tra le chiese di San Paolo Maggiore e San Lorenzo Maggiore, al cosiddetto colle di Monterone, cioè la zona corrispondente alla chiesa dei SS. Severino e Sossio e all’Archivio di Stato. Purtroppo di quello che dovette essere il palazzo ducale non resta alcuna traccia.

La città tra Normanni, Svevi e Angioini.


Nel 1139 i Normanni, con Ruggiero II, conquistarono la città.
Questi era stato incoronato re di Sicilia, duca di Puglia e principe di Capua a Palermo nel 1130, realizzando, così, uno stato monarchico unitario nell’Italia meridionale.
Fu Guglielmo I (detto il Malo), che regnò dal 1154 al 1166, a dare inizio alla costruzione di Castel Capuano, creato come dimora regale, per essere poi adibito, molti secoli dopo, a tribunale.
Quando, alla morte di Guglielmo II (detto il Buono) nel 1189, Enrico VI di Svevia intraprese la conquista del regno meridionale, Napoli si schierò col suo rivale Tancredi; ma fu conquistata dallo svevo nel 1194.
Arriviamo al 1197, anno della morte di Enrico VI, per vedere, poi, comparire un’altra figura sulla scena napoletana: Federico II.
Nel 1220 Federico II viene incoronato imperatore e rientra nei territori del regno meridionale per riportare l’ordine nel caos succeduto alla morte di Enrico VI; egli riformò le strutture dello stato, fu un uomo colto, accolse a corte poeti, scienziati e, per quel che riguarda la città di Napoli, fondò l’Università nel 1224.
Alla morte di Federico II, nel 1250, vi fu il tentativo di riconquista del regno da parte del suo figlio naturale Manfredi; ma la discesa in Italia di Carlo d’Angiò, e la vittoria di quest’ultimo nella battaglia di Benevento (1266), portò all’ingresso a Napoli degli Angioini.
Molti luoghi della città sono legati agli Angioini: dal Castel Nuovo, così detto per distinguerlo della vecchia residenza reale di Castel Capuano, alla chiesa del Carmine e alla piazza Mercato, testimoni della tragica storia della decapitazione di Corradino di Svevia, nipote di Federico II, nonché ultimo pretendente al trono della casa di Svevia, messo a morte il 29 ottobre 1268.
Carlo d'Angiò fu un sovrano saggio: favorì il commercio, protesse gli artisti e i letterati e abbellì la città facendo costruire nuove chiese e una nuova reggia.
Arrivato in città, nel 1266, Carlo d’Angiò trovò inadeguata la reggia di Castel Capuano, volle, così, costruirsi una nuova residenza fuori le mura, verso il mare. Fu destinata a tale scopo l’area detta Campus oppidi, la zona in cui oggi sorge piazza Municipio.
I lavori di costruzione del Castel Nuovo, o, come fu poi chiamato, Maschio Angioino, furono affidati agli architetti francesi Pierre de Chaulnes e Pierre d’Angicourt, anche se il Vasari attribuisce l’opera a Giovanni Pisano.
Il castello era diverso da come lo vediamo noi oggi, già i successori di re Carlo fecero compiere lavori di modifica e ampliamento. Roberto d’Angiò fece affrescare la Cappella Palatina da Giotto, ma purtroppo nulla resta oggi dell’opera del grande artista.
Tutta l’area attorno al Castel Nuovo ebbe un notevole sviluppo: durante il dominio angioino la città si allargò in quest’area, creando anche i presupposti per lo sviluppo del porto, con quello che sarebbe poi stato chiamato molo angioino.
Notevoli furono le chiese gotiche costruite in questo periodo: da San Lorenzo Maggiore a Santa Chiara.
A re Carlo I successe Roberto d'Angiò, questi regnò dal 1309 al 1343. Anche questo sovrano fu protettore di letterati e raccolse una notevole quantità di libri.
Alla sua morte salì al trono la nipote Giovanna (Giovanna I d'Angiò). L'assassinio, forse voluto dalla regina, del principe consorte, Andrea d'Angiò, fratello di re Luigi d'Ungheria, spinse quest'ultimo a muovere alla volta di Napoli a capo del proprio esercito.
Re Luigi d'Ungheria saccheggiò la città e fece giustiziare i sospettati dell'uccisione del fratello, poi ritornò al suo paese.
La regina Giovanna designò come suo erede Carlo di Durazzo e, poi, Luigi d'Angiò. Carlo di Durazzo si impadronì del regno nel 1371 e fece uccidere la regina.
Alla morte di Carlo vi furono anni di dure lotte per la successione. Alla fine Giovanna, sorella di Ladislao, il quale era figlio di Carlo e fu incoronato re a quindici anni, ma morì a soli trentotto anni, divenne a sua volta regina (Giovanna II d'Angiò Durazzo).
Non avendo eredi, Giovanna di Durazzo adottò Alfonso V d'Aragona, ma poi ci ripensò. Alfonso, invece, non rinunciò e assediò Napoli.
Nel 1442 Alfonso V d’Aragona fa il suo ingresso a Napoli, è l’inizio di una nuova era.

Aragonesi, francesi e spagnoli.


La prima cosa che farà il nuovo re sarà costruire un segno del suo potere su quello che è il simbolo del vecchio potere. Verrà, così, costruito l’Arco trionfale all’ingresso del Maschio Angioino; esso darà gloria eterna al nuovo sovrano e sostituirà, nel ricordo del popolo, i vecchi dominatori con i nuovi appena giunti.
L’Arco, a somiglianza di quanto facevano gli imperatori romani (siamo all’inizio dell’Umanesimo e mai Roma antica è stata sentita così vicina), mostra l’ingresso trionfale di re Alfonso nella città di Napoli.
Non si conosce con certezza il nome dell’autore dell’Arco, tra i nomi più accreditati c’è Luciano Laurana, il Pisanello, Guglielmo da Majano e Pietro da Milano.
Alfonso fece ristrutturare il Castel Nuovo dall’architetto aragonese Guglielmo Sagrera, che diede all’edificio l’aspetto che noi vediamo oggi.
Durante il regno aragonese vi sarà un periodo di pace e prosperità, in cui artisti toscani, lombardi e catalani si trovarono ad operare insieme con artisti locali. E’ fu molto proficuo lo scambio che avvenne tra gli artisti locali e quelli stranieri, i quali importarono, spesso, a Napoli tecniche e forme artistiche nuove.
Porta Capuana, la tomba del cardinale Brancaccio (unica opera napoletana di Donatello), il palazzo di Diomede Carafa, sono solo alcuni degli esempi di architettura napoletana in questo periodo.
Notevolissimo sarà anche lo sviluppo della cultura letteraria con la nascita dell’Accademia pontaniana.
Nonostante tutto ciò, la dinastia aragonese non riuscì ad evitare la sconfitta ad opera delle truppe francesi di Carlo VIII nel 1495. Successivamente, con le lotte tra francesi e spagnoli per il dominio nell’Italia meridionale, nel 1503 vi fu l’ingresso a Napoli di Consalvo di Cordova, che prese possesso della città in nome del re di Spagna Ferdinando il Cattolico.
Il dominio vicereale spagnolo durò dal 1503 al 1707; in questi due secoli, pur perdendo la sua indipendenza, la città, tra alti e bassi, conobbe un periodo di grande espansione urbanistica: basti ricordare i Quartieri spagnoli e la via Toledo, che prendono il loro nome, rispettivamente, dall’alloggiamento delle truppe spagnole di stanza a Napoli e dal viceré don Pedro di Toledo, che, nel promuovere un’espansione della città verso occidente, fece costruire la grande via che ancora oggi porta il suo nome.
Altra grande opera realizzata in città fu il Palazzo Reale.
Costruito a partire dal 1600 , il progetto fu affidato all'architetto Domenico Fontana.
Dopo una breve parentesi, dal 1707 al 1734, di dominio austriaco, compare sulla scena Carlo III di Borbone.

Napoli borbonica.


Don Carlo di Borbone, figlio del re di Spagna Filippo V, riportò Napoli al rango di capitale di un regno indipendente. Assunse il nome di Carlo VII come re di Napoli, regnandovi fino al 1759, quando dovette succedere al fratellastro Ferdinando VI sul trono di Spagna come Carlo III.
Nel 1759 successe a re Carlo sul trono di Napoli il figlio Ferdinando IV.
Durante il regno dei due sovrani, ma soprattutto durante il regno di Carlo, furono sollecitate molte spinte innovatrici auspicate da pensatori illuministi. Furono intaccate le prerogative feudali della chiesa e i beni di alcuni Ordini religiosi furono incamerati dallo stato.
Dopo la breve esperienza della Repubblica Partenopea, nel 1799, si ebbe il periodo della occupazione francese (1806-1815) con il regno assegnato a Giuseppe Bonaparte e, successivamente, a Gioacchino Murat.
La restaurazione borbonica avvenne nel 1815, con il regno che, dal 1816, assumeva la denominazione di Regno delle Due Sicilie.
Vanno ricordati, poi, i moti risorgimentali del 1820 e del 1848, ed, infine, la conquista della città da parte di Garibaldi il 7 settembre 1860.
Con il plebiscito del 21 ottobre 1860 la città fu annessa al regno sabaudo.
Da quel momento la storia della città si fonde con quella del resto d’Italia.

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I MONUMENTI.



Le chiese.


Una pur breve trattazione delle chiese di Napoli non può non iniziare che parlando della chiesa cattedrale. Essa fu edificata sul luogo ove anticamente sorgevano i due templi dedicati ad Apollo e a Nettuno. Già nel IV secolo sorgeva la Basilica di Santa Restituta, poi, nel 570, fu edificata una chiesa dedicata al Salvatore, detta anche Stefania, dal nome del vescovo Stefano, che la volle. Fu il re Carlo I d’Angiò a voler far costruire la nuova chiesa, la quale fu fatta erigere, solo successivamente, dal figlio di questi Carlo II, essa fu inaugurata nel 1315. Venne, poi, fatta riedificare da re Alfonso I d’Aragona, essendo stata distrutta da un violento sisma nel 1456. Numerosi, poi, furono, nel corso dei secoli, i rimaneggiamenti. La facciata, più volta restaurata, fu completamente rifatta da Enrico Alvino nel 1887.
La terza cappella, a destra, è quella detta del Tesoro di San Gennaro: durante l’epidemia di peste del 1526 il popolo fece solenne voto di erigere una cappella in onore del santo patrono; ma la costruzione poté iniziare solo nel 1608. Nella cappella sono custodite le ampolle che contengono il miracoloso sangue del patrono di Napoli.
Ai lati del presbiterio vi è il Succorpo di San Gennaro, o Cappella Carafa, opera di Tommaso Malvito, e vanto dell’arte rinascimentale napoletana.
La cappella di Santa Restituta, poi, rappresenta la più antica basilica napoletana, la leggenda vuole che essa fosse edificata per volontà dell'imperatore Costantino. Vi è, infine, l'antichissimo battistero di San Giovanni in Fonte, del V secolo,
La visita alle chiese di Napoli continua con Santa Chiara: essa fu voluta da re Roberto d’Angiò all’inizio del 1300. Contiene numerose tombe di illustri personaggi, nobili e sovrani. Alle spalle dell’altare maggiore vi è il monumentale sepolcro di re Roberto d’Angiò, opera di Giovanni e Pacio Bertini.
La chiesa di San Domenico Maggiore fu voluta dai domenicani che, nel 1231, ampliarono una preesistente chiesa già dedicata a San Michele Arcangelo. Nella sacrestia vi sono le arche contenenti i corpi di nobili aragonesi: vi è anche quella, ora vuota, che ospitò il corpo di re Alfonso I, portato, in seguito, in Spagna.
La chiesa del Gesù Nuovo sorge in quello che fu il palazzo di Roberto Sanseverino, principe di Salerno, costruito nel 1470 da Novello da San Lucano. La facciata, in bugnato a punta di diamante, è preesistente alla chiesa, essendo quella del palazzo del Sanseverino. Notevole è, all'interno della chiesa, l'Altare maggiore, nonché il grande affresco La cacciata di Eliodoro dal tempio, opera di Francesco Solimena del 1725.
La chiesa di San Lorenzo Maggiore fu fatta edificare da re Carlo I d'Angiò, il quale chiamò architetti francesi, che diedero alla chiesa un'impronta gotica tipica delle chiese d'oltralpe. Poiché, successivamente, i lavori furono interrotti, alla ripresa, molti anni dopo, la costruzione fu terminata da architetti italiani.

I castelli di Napoli.


Il Castel dell’Ovo fu fondato sull’isoletta di Megaride. Esso risale, prima ancora che al periodo ducale, a quello dell'antica Roma, con il castrum lucullanum. Secondo una leggenda medievale, il castello sarebbe stato costruito da Virgilio. Al poeta latino, infatti, nel Medioevo venivano attribuiti poteri magici. Questi avrebbe racchiuso un uovo in una gabbia e a quest'uovo, nascosto nel castello in un luogo segreto, era legata la sorte del maniero e della stessa città di Napoli: finché l'uovo non si fosse rotto il castello e la città sarebbero stati preservati da ogni sorta di sventura e dalla distruzione. Il nucleo originario del castello era parte della lussuosa villa del nobile romano Lucullo, nel 476 Odoacre vi rinchiuse Romolo Augustolo, ultimo imperatore romano d'Occidente, per molti secoli vi furono conventi e dopo l'arrivo dei Normanni vi fu creata una fortezza che, nei successivi suoi rimaneggiamenti, prese la forma attuale.
Il Castel Nuovo fu voluto da re Carlo d’Angiò e fu fatto ampliare da Alfonso d’Aragona (vedi parte storica). Quando il re angioino decise di costruire la nuova reggia, sul luogo prescelto vi era un convento di frati francescani, che ottennero, quale risarcimento, un'area dove costruire un nuovo convento e una nuova chiesa: sorse così Santa Maria La Nova. All'interno del castello vi è la Cappella Palatina (1307), che fu affrescata da Giotto, purtroppo oggi non resta più alcuna traccia dell'opera del grande artista all'interno della cappella. Alfonso d'Aragona fece rimodernare il castello, con la costruzione delle cinque torri. L'Arco di Trionfo, tra la torre di Guardia e quella di Mezzo, a ricordo della conquista della città da parte di re Alfonso I, è opera tra le più belle del Rinascimento napoletano, insieme con Porta Capuana, quest'ultima dovuta alla maestria dell'architetto Giuliano da Majano.
Il Castel Capuano fu voluto da Guglielmo I e fu terminato nel 1154, esso ha ospitato dal 1550 al 1995 i tribunali.
Il Castel Sant’Elmo sorge sulla collina del Vomero e fu fatto costruire nel 1329 da Roberto d’Angiò. In precedenza, però, esisteva al suo posto una torre di guardia detta Belforte.

I Palazzi dei re.


Il Palazzo reale di Napoli (vedi parte storica) fu realizzato nel 1600, durante il vicereame del conte di Lamos don Ferrante Ruiz de Castro y Andrada, su progetto di Domenico Fontana. Esso avrebbe dovuto ospitare il re Filippo III di Spagna, in occasione di una sua visita a Napoli; ma la visita non avvenne mai, così il palazzo divenne la residenza del viceré. Fu successivamente la residenza dei re borboni.
La facciata della reggia reca delle nicchie contenenti le statue dei re capostipiti delle dinastie regnanti a Napoli, da sinistra si ha Ruggero il Normanno, Federico II di Svevia, Carlo I d’Angiò, Alfonso I d’Aragona, Carlo V, Carlo di Borbone, Gioacchino Murat e Vittorio Emanuele II di Savoia.
La reggia di Capodimonte fu voluta da re Carlo III, che volle il palazzo ed il bosco per dilettarsi durante la caccia.
All’interno del palazzo volle conservare le collezioni d’arte della raccolta Farnese, che egli aveva ereditato dalla madre. La costruzione della reggia ebbe inizio nel 1738 e non terminò nemmeno nel 1758, con il trasporto, al suo interno, della preziosa collezione. Essa si protrasse ancora durante il regno di Ferdinando IV.


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