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Museo delle Maschere Mediterranee di Mamoiada |
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Avremmo tanto voluto vedere il Museo delle Maschere Mediterranee di Mamoiada.. me ne parlò con grande entusiasmo zia Tì, ottima dispensatrice di consigli in materia di turismo, soprattutto quando si tratta di viaggiare tra i profumi e i colori della mia isoletta. Purtroppo però.. Arriviamo a Mamoiada verso le 12.20. Le indicazioni sono non poco fuorvianti e ci fanno perdere una decina di minuti in giri infiniti per le vie del paese. Entriamo nel museo alle 12.30. All’ingresso un cartello conferma gli orari letti sul sito (www.museodellemaschere.it).. dalle 9.00 alle 13.00. Non c’è nessuno.. sentiamo delle voci poco lontano e cerchiamo di farci notare. Ci si avvicina una ragazza mora a cui chiediamo informazioni ma ci sentiamo rispondere: “non posso farvi entrare, non faccio in tempo a farvi la visita guidata e questo è l’unico modo per visitare il museo”. Controllo l’orologio. Sono le 12.32. Mancano 28 minuti all’orario di chiusura. Facciamo notare la cosa alla ragazza che conferma la sua tesi: non c’è tempo. Le proponiamo di accompagnarci in un rapido giro del museo, senza lunghe spiegazioni, per non rendere vana tutta la strada percorsa apposta fino a Mamoiada. Avremmo ovviamente pagato regolarmente il biglietto (intero 4 euro, ridotto 2,60 euro).. ma ci sentiamo ribadire che la visita è solo guidata.. niente da fare. Non ci viene nemmeno proposto di aggregarci ai due visitatori che avevano iniziato forse da 5 minuti la loro visita. Lo avremmo fatto volentieri.. non avremmo visto tutto.. ma almeno qualcosa! Attendere la riapertura alle 15.00 sarebbe stato impossibile, dovevamo riprendere il viaggio, per cui delusi e particolarmente arrabbiati ci siamo rimessi in marcia, coscienti che tutti i km percorsi non siano valsi a nulla. Mi chiedo a questo punto a cosa serva esporre degli orari se questi non vengono rispettati. Mi chiedo se non sarebbe stato più intelligente specificare la necessità di prenotazione (sul sito si offre la possibilità di farlo, ma non vi è l’obbligo) o istituire degli orari fissi per le visite guidate. Mi chiedo se non sarebbe stato più corretto eventualmente chiudere mezz’ora prima, ma permettere la visita ai turisti già all’interno del museo. Mi chiedo se il “Museo delle Maschere Mediterranee” di Mamoiada abbia così tanti visitatori da potersi permettere di snobbare delle persone paganti arrivate in orario di visita (più due famiglie giunte poco dopo di noi) e subire tutta la pubblicità negativa che questo fatto comporta. Mi chiedo se il motivo per cui non ho potuto visitare il museo sia la burocrazia, la poca intelligenza, o semplicemente la poca voglia di lavorare di qualcuno. Mi chiedo se è questa l’immagine che la Sardegna vuole dare di sé. Pur non essendo nata sull’Isola, le mie origini sarde sono sempre state motivo di orgoglio.. Quel giorno mi sono profondamente vergognata della pessima figura che la mia terra stava facendo.
²²² Le poche notizie che ho del museo le leggo sul volantino, incuriosita da ciò che mi sono persa. Se fossimo entrati nel museo, la nostra visita sarebbe iniziata con una sequenza di immagini, testi e suoni che ci avrebbero introdotto al Carnevale e alla gente di Mamoiada, spiegando brevemente le varie interpretazioni sui Mamuthones, le maschere tipiche di cui vi parlerò poche righe più avanti. Saremmo poi entrati un un’altra stanza, dove avremmo trovato due maschere complete di Mamuthones e una di Issohadore poste tra due grandi finestre ad angolo che si aprono, come occhi di una maschera, ad una veduta sul paese, e una serie di maschere della Sardegna e dell'area mediterranea tra cui i Boes e i Merdules di Ottana e un Thurpu di Orotelli, insieme a numerose maschere facciali di Mamoiada, alcune delle quali di particolare interesse storico. Al centro della sala avremmo potuto ammirare anche maschere provenienti da più lontano: maschere tradizionali dell'isola greca di Skitos, un esemplare di Kurent dalla Slovenia, un Rollate di Sappada (Veneto), maschere facciali della Val di Fassa (Trentino), della Croazia e della Bulgaria. Purtroppo non ho visto nulla di tutto questo, e vi rimando all’opinione di Pisitta per un racconto più accurato degli interni del museo. Ma dal momento che di cultura sarda qualcosina ne so anche io, con l’aiuto delle notizie apprese su un meraviglioso libro “Sardegna sconosciuta” di Gianfranco Pintore vi parlo un po’ dei Mamuthones.. I Mamuthones sono la maschera tipica di Mamoiada, maschera di cui si sono ormai persi origine e significati certi e su cui le ipotesi si rincorrono e contraddicono, come spesso accade con queste misteriose tradizione giunte a noi da un lontanissimo passato. Il Mamuthone è in effetti un personaggio un po’ inquietante, vestito con i consueti abiti del pastore, ma con la giubba indossata al rovescio, e una giacca di pelle ancora lanosa detta “sa mastruca”. Legato alla schiena porta un pesantissimo mazzo di campanacci che tintinnano ad ogni passo, come tintinnano i piccoli sonagli in bronzo che porta legati al collo. Sul volto porta una maschera scura dal profilo particolare, con naso e labbra pronunciate e lineamenti volutamente marcati, costruita in legno di fico o di sughero. Prende il nome di “sa carota”, e per darvi un’idea, diciamo che ricorda quasi le maschere africane che spesso vediamo nei mercatini delle nostre città. Si tratta di una maschera particolarmente cupa, ben distante dalle classiche maschere carnevalesche multicolori e festanti. Insomma.. immaginate Arlecchino.. ecco non c’entra nulla! Complementare a su Mamuthone, sempre per motivi poco noti, è la maschera di s’Issohadore (il lanciatore di lazo): veste con larghi pantaloni e camicia di tela, il corpetto del vestito tradizionale sardo anche qui indossato al rovescio e uno scialle coloratissimo attorcigliato alla cintura. Sul capo porta una berretta con nastri e in mano stringe una lunga fune, appunto “sa soca”. La prima uscita dei Mamuthones è il 17 Gennaio, la notte di Sant’Antonio, quando in tutta la Sardegna il dio del fuoco reclama danze in suo onore attorno al falò. Su tutta l’isola infatti, forse più che in molte parti d’Italia, è tradizione allestire nelle piazze e nelle strade grandi fuochi attorno a cui fare festa. L’uscita si ripete anche a Carnevale. La sfilata comprende in genere dodici Mamuthones, disposti su due file e controllati da otto Issohadores. I Mamuthones avanzano lentamente con passi pesanti, come fossero incatenati. Portando avanti il piede sinistro danno tutti una scrollata di spalla a destra e viceversa, facendo così risuonare ritmicamente i campanacci che portano sulla schiena, rendendo l’atmosfera particolarmente inquietante e suggestiva, come un profondo ritorno alla terra, alle origini, a quel qualcosa di antico e misterioso che si respira durante ogni rito e tradizione sarda, soprattutto se riferita ai luoghi più nascosti dell’entroterra. Dopo un certo numero di passi, tutti i Mamuthones contemporaneamente fanno tra rapidi passi seguiti da tra tintinnii di sonagli. Sos Issohadores procedono invece con passi e balzi molto più agili, per lanciarsi improvvisamente avanti e prendere al lazo qualcuno del pubblico. Per quanto riguarda il significato della tradizione, come dicevo molte sono le opinioni tra loro contrastanti. Si ipotizza che la cerimonia possa riferirsi a una vittoria dei pastori barbaricini (sos Issohadores) sui mori invasori (i Mamuthones). Si è pensato che attraverso i Mamuthones, i contadini sardi si identificassero nel bue in segno di venerazione, o che fosse la rappresentazione delle anime dei morti e degli spiriti infernali, o semplicemente un rituale sacro in onore di qualche arcaica divinità. Ho già visto dal vivo i Mamuthones.. avrei voluto vedere il museo..
Come arrivarci.. Da Nuoro ci si immette sulla SS389 e dopo circa 10km si arriva a Mamoiada (NU). Il “Museo delle Maschere Mediterranee” si trova in Piazza Europa, 15 Tel 0784.569018 Fax 0784.56719 Per informazioni [www.museodellemaschere.it] Maryan
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