I menhir di Goni

 

  

Forse in pochi ne sono a conoscenza, ma nell’entroterra della splendida isola sarda si nasconde un gioiello di antichissima cultura. Siamo a Goni, piccolo paese della provincia di Cagliari dove, presso il Parco Archeologico di Pranu Muttedu, è custodita una meravigliosa testimonianza della società prenuragica, risalente a quel periodo del neolitico che si colloca indicativamente tra il 3200 e il 2800 a.C.

L’ingresso al parco costa 4 euro, comprensivi di guida in italiano, inglese, francese e tedesco. La signora Tora, la nostra guida, è una donna piccola e svelta, che ci fa strada tra le antichissime querce di un parco secolare e arbusti di mirto da cui l’area prende il nome (mutta in sardo significa mirto). Come in una piccola Stonehenge, troviamo più di sessanta menhir e numerose tombe. La signora Tora parla veloce con l’entusiasmo di chi ama il proprio lavoro, cercando mostrarci più cose possibile nel poco tempo che purtroppo abbiamo a disposizione. Ci spiega che la parola menhir significa qualcosa come “roccia verticale” e che ognuno di questi massi rappresenta un antenato. Certo, in fondo non sono altro che pietre.. ma basta osservarle con un minimo di attenzione, complici il silenzio e un leggero venticello che accarezza le fronde degli alberi, ed è difficile ignorare la  suggestione di percepire quasi un soffio di vita in ognuna di esse. Semplici testimonianze di un lontanissimo, magico passato. 

Le antiche popolazioni responsabili della costruzione di questo luogo dovevano avere già conoscenze legate all’astronomia: lo dimostra una lunga fila di menhir allineati (foto1) lungo l’asse est-ovest che, durante le fasi equinoziali, descrivono il percorso del sole nel cielo.  Un tentativo di unire ciò che di più concreto esista, la pietra, con l’inarrivabile volta celeste e le sue divinità. Lungo il nostro percorso incontriamo una meravigliosa Madre Terra (foto 2), menhir dalle abbozzate fattezze femminili: i suoi seni sono incavati, era questo l’unico modo di rappresentarli visti i limitati strumenti del tempo. La nostra guida ci mostra poi di una tomba (foto 3), probabilmente il centro di tutta l’area sacra, e ci racconta della contaminazione culturale tra il popolo dei menhir e quello mediterraneo, tra chi metteva in piedi le rocce e chi invece aveva imparato a scavarle.

Girare in questo antico giardino è un’esperienza da non perdere. Vi si respirano una quiete e una serenità indescrivibili, e un’atmosfera quasi magica. Lodevole in questo luogo così unico è l’attenzione riservata alla sua cura: un ordine e una pulizia davvero degni di nota.

 

Come arrivarci..

Dalla SS 131 raggiungere Senorbì, poi seguire per Goni. L’ingresso del parco archeologico si trova all’altezza del km 16,200 della SP23 che collega Senorbì a Goni.

 

Maryan

 

 

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