ilgrandesonno


la terra fu creata per dare un approdo alle barche









I giorni passano e non accade niente. Passo il tempo spostandomi di sedia in sedia, insomma sto seduto e aspetto. Qualche volta mi alzo, ma sono le piccole necessità della vita che lo impongono, qualcosa si deve pur fare quando si è nell'attesa che qualche cosa accada. Non so se succede anche a qualcun altro, di aspettare invano qualcosa che non si sa cosa sia, ma a me succede.
Sto un po' di tempo anche in poltrona. Incrocio le mani in grembo, visto che questa sembra la cosa più giusta da fare ed inclino la testa verso destra.
Mi sento abbastanza a mio agio. Confesso che a volte mi dimentico di me e dei miei ricordi, e meno male che ho varie combinazioni sparse per la casa per farmi ricordare dove sono e da dove vengo, anche se non so ancora dove vado, però so dove sono stato, ma dall'essere stato al chi ero, quindi al chi sono e giù con le varie conseguenze, stereotipi a parte, ce ne corre, so solo che non riesco a rimanere logico dopo anche una sola occhiata ad una bella chioma femminile o ad una ciocca di capelli davanti a certi occhi. Basta un niente, a volte, perché il ronzìo di certe combinazioni mi faccia accostare le palpebre.
Quando dopo un po' le riapro è buio, nella stanza.
Con un sospiro mi alzo e vado ad aprire la tenda della finestra. Una bella luna. Non strepitosa, solo grande e sbocconcellata, ma è come appoggiata sulle colline a sudest della valle e sembra quasi che non ce la faccia a salire in cielo.
Serve aiuto? Sembra quasi che tu stia per ruzzolare in mare, Luna.

Quell'anno la primavera era giunta nel canale come spesso fa, cioè come una staffetta veloce dell'estate promettendo le migliori intenzioni. Dopo una veloce ascesa di temperature s'era ricreduta ed era riscivolata nel fango fradicio ed intirizzito d'un ventoso inverno. Le bandiere sui pennoni non garrivano perchè erano tutte mezzo strappate dalla tramontana e dal grecale, ma il calendario diceva ch'era primavera anche se insetti e fiori s'erano come inanimati e batterie di rondini stavano pensando di rifare il viaggio di ritorno in bell'anticipo. Sotto la forca di quei pensieri aprii gli occhi al giorno nuovo e già il tempo delle migliori intenzioni mi stava per scadere come m'era scaduta la bella stagione. Il vento di libeccio e le frustate di pioggia che si portava dietro erano una splendida cornice per la burrasca che già mi confondeva le idee precarie. Il mare era una smisurata pozzanghera schiumosa. Nessuna schiarita prevedibile all’orizzonte. Si ha un bel dire sull’esperienza, sull’aver attraversato già i marosi. A nessuno piace l'idea di farsi divorare da ostriche affamate o da aragoste in processione.

«Cosa vedi sull’isola?», mi strilla Giovanni.
«Cosa vedo sull’isola?», ripeto, la guardo meglio poi rispondo:«Un bel nuvolone nero».
«Quello non è un nuvolone nero - mi fa - quello è un cumulo-nembo. Sai cosa significa?»
Ci penso giusto un paio di secondi poi tento: «Secondo me significa che va a piovere».
Scuote la testa, o meglio scuote il cappuccio della muta umida poi inizia la lezione:«Ascolta ed impara. Quella bestia di nuvola comprimerà l’aria sulla superficie che incontra. Preparati ad un temporale coi fiocchi», dice ed io gli rispondo, ed io che avevo detto? Ma è lontano, che fretta c’è? gli chiedo.
«Abbiamo ancora una mezz’ora di tempo prima che il vento cominci a soffiare. Secondo te. Ce la faremo a tornare in porto?»
Tento sospettosamente con un no. Secondo me non ce la facciamo. Mi devo preoccupare? chiedo ancora lumi mentre il caos inizia una specie di danza intorno alla barca e tutt'intorno al mondo facendolo sollevare e sobbalzare sulle onde come una canoa.
«Sì, ti devi preoccupare, perché non ce la faremo mai a tornare in porto in mezz’ora, quindi dobbiamo allontanarci dal temporale il più possibile», a dire la verità lui non mi sembra molto preoccupato quindi perchè dovrei esserlo io? «Da che parte andiamo?», gli domando speranzoso, visto che sono giovane e di belle speranze ne approfitto.
«Questo è il problema vero. Tu da che parte andresti?», beh, questa è facile, suppongo, quindi dico: non hai detto che dobbiamo allontanarci? Invertiamo la rotta, no?«Sbagliato - mi strilla - prima che arrivi il temporale vedrai soffiare il vento, magari non forte, ma da più direzioni e tutte incontro al cumulo-nembo. Risucchia l’aria, quella bestia, poi dopo averla raffreddata la risputerà fuori selvaggiamente. Hai presente una bomba al rallentatore?», eccome no, gli rispondo facendo mente locale all'ultima carica di tritolo che ho fatto brillare, ma è passato un po' di tempo e non avevo il replay al rallentatore. Certo tutto mi sembrava fuorchè lento, «poi comincerà a piovere», aggiunge, annuendo come chi ne ha viste tante nell'universo tutto. Quello senza leggi, mica quello che ogni tanto si ferma a prender fiato, che scrive, che inventa, che si da un gran daffare coi pennelli, con il pentagramma, con le finanze e che alla fine tira il calzino e muore per entrare in quello senza leggi, anarchico ed anche un po' fuorilegge: insomma, voi vi fidate dell'universo? Il mare ed il vento sono figli suoi: io ci andrei piano.
«Ma insomma, dove andremo?», insisto, perchè già sogno un posto all'asciutto, qualcosa davanti ad un caminetto con un bel focherello allegro acceso, con le scintille scoppiettanti che schizzano veloci su per la cappa, coppe smaltate da cui succhiellare del vin brulé - anche un ponce andrebbe bene lo stesso - e la tempesta sbatte contro i vetri d'una finestra e li fa tintinnare, notte da lupi, vero? bello starsene qui al caldo io e te, e m'abbuffo di quella magìa senza tentare di reinventarne un'altra, prima che mi sparisca da sotto le maniche bagnate.
«Dove avevamo deciso. All’isola. Tanto fa poca differenza», se non altro è una mossa in una direzione, un impulso veritiero: è bello sapere dove si va. Magari non si ha altre scelte ma si prende il cappello e ci si va di buon grado. E' come avere una buona idea, fresca, stimolante, magari utile e seguirla. Un'idea è sempre un'idea, bisogna solo stare attenti a non farne un dogma, dopodichè tutto finisce se la si vuole imporre anche a coloro che ne hanno una diversa, insomma tutti sono in grado di produrre buone idee, ma a volte ne basta una di chi ha già la sua buona esperienza alle spalle e principalmente per caso è il comandante della barca.
«Ho capito - mi sento un discepolo fortunato - quando sei dentro la burrasca e non puoi evitarla, non c’è altro da fare che attraversarla», filosofeggio mirando l'orizzonte, se almeno si vedesse. Gli occhi di Giovanni lampeggiano da sotto il cappuccio:«Lo pensi davvero?», mi chiede.
«Che mi venga un colpo se non lo penso», gli rispondo.
«Anch'io lo penso. Però mi fa sentire un po' fesso. Maledettamente stravagante. Pronto a virare di bordo?»
«Pronto»
«Virata!»


Segue...










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