Il Centro di
Ricerca sull'utopia Itinerario di pensiero di
Arrigo Colombo Il Movimento per la
Società di Giustizia Il Nuovo
senso dell'Utopia: la costruzione di una Società di Giustizia
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LA NUOVA UTOPIA il nuovo senso ovvero progetto-processo la costruzione di una società di giustizia ARRIGO COLOMBO Università del Salento
- Lecce Centro Interdipartimentale di Ricerca sull'Utopia Centro Interuniversitario di Studi Utopici Movimento per la società di giustizia e per la speranza Via Monte S. Michele 49, 73100 Lecce -
tel. 0832-314160 |
The Centre
of Research into Utopia The
Movement for the Just Society The new
sense of Utopia: the Costruction of a Society based on Justice Sezione Poesia Sezione Cinema
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LA NUOVA OPERA DI ARRIGO COLOMBO
LA TRILOGIA DELLA NUOVA UTOPIA
1 - LA NUOVA UTOPIA, IL PROGETTO DELL'UMANITÀ, LA COSTRUZIONE DI UNA
SOCIETÀ DI GIUSTIZIA
L’utopia è il progetto di
società. Utopia significa non luogo, cioè la società che non c’è, o meglio non
c’è ancora, in quanto è la società giusta, mentre la storia è dominata dal
blocco della società ingiusta.
Nel concetto corrente
l’utopia è il progetto degli autori, quelli che cercano come dev’essere una
società giusta, o meno ingiusta – nel mondo ellenico, poi nella modernità
occidentale, da Thomas More in poi.
Nel concetto corrente,
popolare e anche dotto, l’utopia è il progetto mentale e fantastico, progetto
irreale e irrealizzabile, è il sogno e la chimera, è il bello ma impossibile.
In questo libro, frutto di
una ricerca di vent’anni, di altri quindici anni di riflessione, l’utopia si
discopre nel suo più profondo ed autentico senso: è il progetto dell’umanità,
che l’uomo persegue lungo l’intera sua storia, mentre soffre nella società
ingiusta; lo persegue, lo elabora; il progetto di una società di giustizia e di
una società fraterna. Dalla moderna età delle rivoluzioni ne avvia la
costruzione.
L’umanità sta costruendo una
società di giustizia e ha impostato finora tre modelli: la democrazia, cioè
l’unica forma di Stato giusto; lo Stato sociale e dei servizi e del benessere;
la Cosmopoli, cioè la comunità planetaria degli Stati. Un processo in corso,
processo difficile, che richiede tempo ed impegno.
2 - LA SOCIETA' DI GIUSTIZIA - Ciò che l'umanità ha progettato nel
tempo e ciò che sta costruendo
È
questo il secondo volume nella Trilogia della Nuova Utopia.
Dopo
La Nuova Utopia. Il progetto dell’umanità, la costruzione di una società di
giustizia (Mursia, Milano 2014).
La società
di giustizia è dunque il progetto dell’umanità, progetto e processo
costruttivo. Il primo volume di questa trilogia lo ha ampiamente dimostrato.
Questo altro
volume avvia la ricostruzione di un quadro della società di giustizia, di come
deve e può essere. Nei suoi tre soggetti costitutivi, soggetti cioè di dignità
e diritto, la giustizia essendo la corresponsione al diritto:
La persona,
che è l’unico soggetto originario di diritto in forza della sua autodecisione,
autonomia, in cui nessuno può interferire, cui ognuno deve corrispondere, sia
pur nell’ambito del vincolo etico che tutti astringe.
Lo Stato,
che diventa soggetto di diritto per una cessione di diritto da parte di un
gruppo di persone associate, i cittadini; a formare un ente di diritto, un
principio di potere, di legge e decreto e coazione, da essi riconosciuto in
ordine alla loro tutela e promozione. Ai quali perciò appartiene la sovranità,
quindi la gestione dello Stato, che può essere esercitata sia direttamente, sia
per rappresentanza (il parlamento eletto, il suo esecutivo che è il governo). È
la democrazia, diretta o indiretta (quella fino ad oggi prevalsa), il potere di
popolo, l’unica forma giusta di Stato.
La Cosmopoli
o comunità planetaria degli Stati, che diventa soggetto di diritto per una
cessione di diritto da parte dei singoli Stati membri; in ordine alla pace, alla
crescita e all’equilibrio economico e culturale dell’umanità.
3 - LA CHIESA, LA SUA DEFEZIONE dal progetto evangelico di comunità
fraterna e dal progetto e processo di liberazione dell'umanità
È questo il terzo
volume nella Trilogia della Nuova Utopia.
Dopo La Nuova Utopia. Il
progetto dell’umanità, la costruzione di una società di giustizia e La
società di giustizia. Ciò che l’umanità ha progettato nel tempo e ciò che sta
costruendo (Mursia, Milano 2014 e 2015).
Può apparire difforme
dagli altri ma ne è invece un passaggio necessario.
In quanto il progetto
dell’umanità, progetto di una società di giustizia e di una società fraterna,
che pervade in certa misura l’intera storia umana, si formula nel messianismo
ebraico e nell’annunzio evangelico, in un popolo piccolo e marginale, e però
come destinato a tutti i popoli, a tutte le nazioni. Affidato alla comunità
apostolica, quindi alla Chiesa gerarchica che ne deriva, pervade poi l’Europa e
l’Occidente cristiano.
Nello stesso tempo il
progetto entra in latenza in quanto la Chiesa gerarchica e poi papale
soccombe al blocco della società ingiusta che domina la storia umana –
dispotismo monarchico e aristocratico, conquista di popoli, formazione
d’imperi, guerra perenne; schiavitù, asservimento della donna, discriminazione
sfruttamento oppressione del popolo, del povero –. Il progetto riemerge con le
rivoluzioni moderne, a cominciare dalla Rivoluzione inglese del 1640, animata
da un movimento evangelico, il Puritanesimo; la «rivoluzione con la Bibbia in
mano», com’è chiamata.
Il volume ricostruisce la
vicenda del progetto evangelico, progetto di una comunità fraterna; il formarsi
della Chiesa gerarchica; il lento e lungo formarsi del modello papale e
imperiale lungo l’intero primo millennio.
Una seconda parte
tratta del preteso dominio della verità.
Una terza degli
errori in cui la Chiesa gerarchica e papale è caduta.
Gennaio, maggio, ottobre 2015 - pp. 454, 307, 275 - editore MURSIA
Milano
NUOVA RIVISTA DI STUDI UTOPICI
varata nel maggio 2006 a cura del Centro Interuniversitario di Studi Utopici - Università di Cassino, Lecce, Macerata, RomaTre semestrale - dal 2009 annuale, diretta da Arrigo Colombo. Il nuovo numero, il 4-5 della
nuova serie, dicembre 2015, uscito con molto ritardo per ragioni amministrative. Per le stesse ragioni la rivista passa ora on line.
SOMMARIO L’UTOPIA DEL LAVORO EDITORIALE Francesco Totaro, Utopia, lavoro, cittadinanza, p. 7 SAGGI Arrigo Colombo, L'utopia del lavoro, p. 15 Laura Tundo, Il lavoro attraente nell'utopia di
Fourier, p. 29 Carmela
Stella, Famiglia e lavoro:
l'antinomia ricorrente. Uno sguardo a Marx, p.
53 Luigi Punzo, Critica dell'utopia e utopia concreta in Antonio Labriola, p.77 Alessandra Lucaioli, Praticare il lavoro. Anche una questione di spazio, p. 89 Francesco De Stefano, lavoro (e impresa) della conoscenza, p. 103 Mariarosaria Filieri, Il lavoro scolastico, p. 117 Simonetta Recchi, L'impresa socialmente responsabile e il suo ruolo nella promozione dell'invecchiamento attivo, p. 139 Valentina Carella, Il lavoro agricolo tra paradisi tecnologici e paradisi perduti: una proposta di lettura su possibili scenari utopici, p. 153 INTERVENTI Davide
Bigalli, Apocalissi creola: Francisco de la Cruz nel Perú del ‘500, p.165
Chiel
Monzone, Tra Assommoir e banlieue: il «non-luogo» chiamato Parigi. La bettola come sostituto
funzionale dell’utopia, p. 179
Barbara Pezzotti, Dal futuro al presente: l'utopia di Bellamy, p. 197 Recensioni, p. 213 Autori - Abstracts, p. 221
2. MOVIMENTO PER LA SOCIETA' DI GIUSTIZIA - DOCUMENTI (Pres. Emmanuel Macron, Primo Ministro TheresaMay, Cancelliera Angela Merkel, Premier Paolo Gentiloni, Pres. Jeal-Claude Juncker L'attuale forte
emigrazione dall'Africa all'Europa deve cessare, ogni Stato europeo
deve inviare una commissione economica aduno Stato africano per ricostruirne
l'economia Ci sono infatti due tipi prevalenti di emigrazione che gravano attualmente sull'Europa, e in particolare sull'Italia: quella causata da guerre e massacri, come in Siria e un po' in tutto il Medio Oriente; quella causata dalla fame e dal bisogno, come in particolare in Africa. Quest'ultima non contribuisce per nulla alla soluzione dell'arretratezza economica africana, ma anzi l'aggrava perché sottrae continuamente forze giovani e adulte, le più importanti per la soluzione del problema. E così impoverisce ulteriormente quei paesi. Il tentativo di bloccare questa immigrazione è già in atto, con gl'interventi sulla Libia e sull'Egitto; e dev'essere corretto e completato. Solo, però, a patto che l'Italia e l'intera Europa s'impegnino alla soluzione definitiva del problema africano in loco, attraverso l'istituzione di centri di sviluppo economico in ognuno di quei paesi - in particolare dell'Africa subsahariana. Sarebbe perciò opportuno un incontro di tutti i paesi europei per decidere questa forma d'intervento, forse anche più accettabile da tutti; cui dovrebbe seguire poi l'intervento effettivo da parte di tutti, la creazione in loco dei centri di sviluppo economico. Una Commissione europea coordinerà questo intervento di un continente in aiuto dell'atro. Lecce, settembre 1917
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L'unificazione dell'umanità,
2007 Il Progresso, il
suo senso, 2008 La guerra, la costruzione
della pace, 2009 Saggio sulla cosmopoli, 2009 Genesi e sviluppo della
democrazia, 2011 Utopia e speranza dell'umanità,
2013
MOVIMENTO INTERVENTI ARCHIVIO
2013 - 2012 - 2011 - 2010 -2009 2008 - 2007 - 2006 - 2005
RISPOSTE E CONTRORISPOSTE 2006 - 2007 -2008 - 2009 2010 2011
ATTIVITÀ GIORNALISTICA 2015 - 2014 - 2013
- 2012 - 2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 -2006 -2005 |
3.ATTIVITA'
GIORNALISTICA - 2016-2017
INDICE
2017
ottobre
L'errore della
Catalogna, 7/10/017
La corruzione
nell'università, 3/10/017
settembre
Sul femminicidio,
19/09/017
luglio
Problemi dell'immigrazione
islamica, 14/07/017
giugno
A proposito di Riina,
del carcere e delle pene, 10/06/017
maggio
Sui risultati del G7
di Taormina, 20/05/017
Sul futuro
dell'umanità, 12/05/017
Sull'ignoranza del
popolo lavoratore, 5/05/017
aprile
Il declino della Sinistra, 29/04/017
Sulla riforma della
Chiesa cattolica, 16/04/017
Sui problemi della
democrazia, 12/04/017
Liberarsi dalle
egemonie, 4/04/017
2016
Riflessioni
sul giubileo, 3/12/016
novembre
Riflessioni
sulle elezioni presidenziali USA,
19/11/016
Riflessioni sulla cosiddetta postdemocrazia, 12/11/016
Strane elezioni americane si approssimano, 5/11/016
ottobre
Il declino del socialismo, 28/10/016
La fine del lavoro, un
problema che incombe, 22/10/016
A proposito di oligarchia, 15/10/016
La riforma della Chiesa oggi, 8/10/016
Ottimismo storico, 1/10/016
aprile
Le trivellazioni per il
petrolio in mare, la loro abolizione,
6/04/016
marzo
Il caso Bassolino e la corruzione politica italiana, 23/03/016
A proposito
dell'infallibilità papale, 12/03/016
L'Europa e l'immigrazione, un
problema da risolvere, 2/03/016
febbraio
Il Card. Bagnasco nella vicenda delle unioni civili, 13/02/016
gennaio
A proposito di
unioni libere e altri problemi,
25/01/016
2017
L'errore della
Catalogna
di Arrigo Colombo
È lo stesso errore in cui è caduta da noi la Lega lombarda, con i suoi leader di scarsa intelligenza e scarso prestigio, i vari Bossi e Maroni. La regione più ricca, il suo orgoglio, l'idea di essere sfruttata dalle regioni più povere; in cui si appalesa l'egoismo, la mancanza di solidarietà in un paese che ha lottato e sofferto insieme per raggiungere l'autonomia; così come ha lottato nelle due guerre mondiali: mentre ora, nell'unità e solidarietà dell'Unione Europea, nella pace infine raggiunta, può costruire il suo benessere.
L'errore commesso in termini ancor più gravi dall'Inghilterra; dove ancora più forte e incomparabile è l'orgoglio di un passato in cui possedeva un impero coloniale immenso (di popoli non ancora maturati all'autonomia; e però anche sfruttati ed oppressi); di un commercio mondiale incomparabile, forse il più vasto di tutta la storia umana. L'Inghilterra, il primo paese a raggiungere il principio di sovranità popolare (nella Rivoluzione del Lungo Parlamento del 1640) su cui si fonda la democrazia, l'unica forma di Stato giusto, e che ora si sta universalizzando nel mondo intero. E però – stranamente – proprio lei, in una forma ancora imperfetta, perché conserva una Camera dei Lord, cioè un senato aristocratico in cui non si entra per elezione ma per diritto ereditario; che dunque si sottrae al potere popolare. E conserva una monarchia che si sottrae allo stesso modo. Strano dunque: una democrazia monca; nessun altro paese ha conservato un senato siffatto. Un paese dunque, l'Inghilterra, che ha motivi di orgoglio ma anche di vergogna; che occulta anzitutto a sé stessa; come spesso accade.
La pretesa di autonomia della Catalogna non rappresenta davvero nulla di nuovo. Solo un errore in cui altri son caduti prima di lei, in cui altri potranno ancora cadere. Un errore di arretratezza storica perché la storia cammina verso quell'unità che è la forma più confacente alla specie e fraternità umana; quell'unità in cui tutte le forme di superiorità e di dominio, e di ricchezza contro povertà, e di sapere e scienza contro ignoranza, infine cadranno. E cadrà la guerra, il più orrido e osceno crimine umano, in cui i fratelli non solo si uccidono a vicenda, ma si organizzano per meglio uccidere; ne fanno una strategia, un'arte; sviluppano via via armi sempre più mortali, fino all'arma nucleare, l'orgoglio delle grandi potenze, che ne possiedono a decine di migliaia, pronte a fare della terra un deserto. A questo punto giunge l'ignominia dei pretesi grandi.
L'umanità va verso l'unità universale. Ne ha iniziato la costruzione. Ha già enunziato il principio fraterno come un dovere per l'uomo: nella Dichiarazione universale dei diritti del 1948, al primo articolo compare già come un dovere per tutti gli uomini che "devono agire gli uni verso gli altri in uno spirito di fraternità". Ha impostato L'Onu, cioè l'organizzazione delle nazioni unite; che per ora è solo poco più che un progetto, è quasi impotente perché dominata dalle potenze egemoni, incuranti di quello Statuto che loro stesse hanno voluto; a cominciare dagli Usa. Ma è il primo inizio di una costruzione; e, tra l'altro, il suo primo obiettivo, sviluppato ampiamente nello Statuto, è proprio la pace, è quello di evitare la guerra ad ogni costo. L'Onu, il primo disegno, tracciato sul terreno della storia, di un edificio che crescerà, sarà costruito.
L'altro edificio in corso, e molto più avanzato è l'Unione Europea. Che in questa fase soffre d'immobilismo, si è come bloccata; da quando Francia ed Olanda hanno rifiutato con un referendum la Costituzione europea. E perché poi è bastato questo gesto unilaterale per fermare tutto? perché la volontà era debole anche nelle altre nazioni. Per intanto c'è già il grande vantaggio della pace; dopo secoli di guerre. Ma basta che riprenda il processo, bastano pochi uomini di buona volontà, basta che un movimento s'alzi a invocare l'unione.
In ogni caso si tratta di processi grandiosi e non deve stupire che incontrino grandi difficoltà. Anche la democrazia sta impiegando dei secoli per rassodarsi ed estendersi; dal 1640. Che vogliono, dunque, quei meschini dei catalani? quello stesso che da noi volevano i meschini Bossi e Maroni? Finiranno come loro. L'umanità vuol essere una e fraterna.
La corruzione nell'università
di Arrigo Colombo
Se ne sta parlando in questi giorni, dopo la denunzia di un candidato ch'era stato consigliato da uno dei commissari di presentarsi alla prossima tornata di abilitazione, per lasciare il posto ad un suo raccomandato; denunzia che è andata alla magistratura fiorentina e ha provocato un ampio intervento, ha colpito con forza: 59 indagati, 22 interdetti per un anno dall'insegnamento, 7 in arresto domiciliare. Tutti nell'ambito dell'economia tributaria. Tra gl'indagati c'è anche Franco Paparella dell'Ateneo salentino; tra gl'interdetti Francesco Tundo, galatinese che insegna a Bologna.
Ma se altre denunzie arrivassero e la magistratura si movesse, gl'interventi dilagherebbero a centinaia; perché si tratta di un costume, diffuso in tutta l'università italiana; da tempi immemorabili. Ricordo un amico che negli anni sessanta voleva presentarsi a un concorso per ordinari: si sentiva maturo, aveva i titoli. Ne parlò con un amico romano ch'era addentro in quel pattume. Gli rispose che non era possibile, che gli otto vincitori erano già prescelti e stabiliti; e gliene snocciolò i nomi, uno per uno.
Clientelismo e nepotismo sono tradizione nell'università italiana; ai concorsi non riescono i migliori, quelli che presentano i migliori titoli, come vorrebbe la legge, quelli che ne avrebbero il diritto; ma gli allievi dei commissari, e i parenti (mogli, figli e amanti, dice "Repubblica"), e i raccomandati. In questo modo il livello culturale e scientifico si abbassa, l'università diventa mediocre. Perciò nelle statistiche internazionali le università italiane non stanno certo ai primi posti, tutt'altro; negli ultimi QS Wolrld Statistics Rankings la prima che s'incontra è il Politecnico di Milano, al 170mo posto; segue Bologna al 188mo. Davvero esemplare questa università italiana.
Interviene qui una diffusa prerogativa di questo paese, la corruzione; in genere l'Italia, il paese più cattolico d'Europa, è ritenuto anche il più corrotto. Lo si vede nel Parlamento, che è la base dello Stato democratico, dove dovrebbero entrare solo persone di moralità ineccepibile; l'avviso di garanzia dovrebbe escludere in modo assoluto una persona dal Parlamento; o espellerla. Ma si dovrebbe fare qualcosa di più e di meglio: ad ogni elezione, una commissione di persone moralmente esemplari, appartenenti ad esempio alla magistratura, o all'Autorità Nazionale Anticorruzione, dovrebbe valutare il grado di moralità di ogni eletto; e quindi decidere se può o no entrare in Parlamento. In modo analogo bisognerebbe procedere per le amministrazioni locali.
E in modo analogo per l'università, per ogni professore al suo ingresso nel ruolo; poi ogni cinque anni; dovrebbero essere valutati dalla stessa Autorità. Tutti i membri dell'università sarebbero invitati a portare testimonianze, a contribuire così ad una università eticamente corretta, pulita; e quindi anche scientificamente più valida.
Resta poi sempre da ricostruire la moralità dell'intero paese: un punto certo di enorme difficoltà e che richiede tempi enormi. Si potrebbe forse cominciare dalla scuola, dove la formazione morale (come del resto la formazione politica, quella autentica, che si fonda sull'etica) dovrebbe diventare la prima e fondamentale materia; già nella scuola primaria, e poi in tutto il tirocinio scolastico. Mi si dirà che, per far questo, bisogna avere gl'insegnanti a questo preparati; e però all'inizio si potrebbero forse procedere attraverso speciali abilitazioni sulla base di un programma che verrebbe affidato alla preparazione privata. È una modesta proposta.
Il femminicidio:
vicenda, cause, rimedi forse possibili
di Arrigo Colombo
Il femminicidio, cioè l'uccisione della donna da parte dell'uomo che a lei è legato, infuria in questi anni in Italia. Un'inchiesta Istat stabilisce per gli ultimi cinque anni una media di 150 all'anno, cioè di uno ogni 2-3 giorni. Un crimine enorme.
Il fenomeno infuria ovunque, anche se con varia frequenza. Nel 2010 la Convenzione internazionale di Istambul lo condanna e punisce; convenzione che viene ratificata da noi nel 2013 con le relative pene. Un taglio di spese del governo Gentiloni nel marzo di quest'anno ha colpito anche i Centri antiviolenza, cui erano destinati 10 milioni di euro l'anno. Una decisione improvvida. e che deve esser corretta al più presto.
Alla base del femminicidio c'è l'androcentrismo, che domina l'intera storia umana fino a tempi recenti, e non riconosce la dignità e il diritto della donna, la pari dignità e diritto. Non la riconosce come persona, ma ne fa piuttosto una cosa a sua totale disposizione.
Ci sono espressioni storiche singolari dell'androcentrismo. Ad esempio nella Bibbia, nel secondo racconto della creazione, quello del giardino di Eden, Dio non pensa di creare la donna ma l'uomo soltanto. Trova poi che l'uomo così è troppo solo, ma anche allora pensa agli animali, e li crea, e li fa passare un per uno davanti ad Adamo affinché vi trovi il suo compagno; ma non ve lo trova. Allora infine crea la donna da una costola di Adamo stesso. Per Tommaso d'Aquino il seme della procreazione viene dall'uomo; la donna è solo il terreno in cui cresce; se questo terreno è caldo ne nascerà un uomo; se è freddo un donna.
La dignità e diritto della persona umana si affermano nel '400, ma non vengono riconosciuti alla donna. Anche la sovranità popolare, che si afferma nella Rivoluzione inglese del 1640 col diritto di voto, quindi col parlamento eletto e il governo, non viene riconosciuta alla donna.
Il movimento femminile per l'acquisizione della stessa dignità e diritto dell'uomo, ha la sua prima espressione nella Rivoluzione Francese, dove Olympes de Gouges nel 1791 propone una Dichiarazione dei diritti della donna; mentre nel 1792 esce in Inghilterra la Rivendicazione dei diritti della donna di Mary Wollstonecraft. Ma restano espressioni isolate. Nella seconda metà dell'800 parte il Movimento delle Suffragette, che sviluppa una lunga lotta e riesce a ottenere il voto alla donna, sotto certe condizioni nel 1918, e definitivamente nel 1928; nel frattempo il movimento è divenuto internazionale; ma in Italia ottiene il voto solo nel '46,in Francia nel '44. L'eguale dignità e diritto è affermata nella Dichiarazione universale del 1948 ma il movimento femminile, il femminismo parte solo nel 1970, al culmine della Grande Contestazione; ma resta debole, non è adeguatamente organizzato.
Questi femminicidi dovrebbero suscitare autentiche rivolte, le donne dovrebbero proclamarvi la loro parità, la pari dignità e diritto, la loro forza morale, e anche fisica, non minore di quella del maschio, la loro autonomia; dovrebbero premere su parlamenti e governi, ed esplicarvi tutta la loro forza, che l'uomo dovrebbe incominciare a sentire e temere. Invece nulla accade.
Se la donna ha un'eguale dignità e diritto, lo deve proclamare in tutta la sua forza, e l'uomo lo deve sentire, lo deve temere. I gruppi femminili devono organizzarsi in ogni città, e reagire con forza al delitto; e devono sollecitare costantemente lo Stato alla tutela, alla protezione, alla punizione.
Il fenomeno è gravissimo e lo Stato non può ignorarlo quasi fosse solo una questione privata; deve prendere le misure adeguate; ma a questo lo deve portare la donna stessa, il movimento femminile, oggi quasi inesistente. Invece restano mute, si limitano a piangere.
luglio
Problemi dell'immigrazione islamica
di Arrigo Colombo
La cosiddetta legge dello Jus soli, attualmente in discussione al Senato, che cioè il figlio di una famiglia regolarmente immigrata e stabilizzata ha diritto alla cittadinanza italiana quando raggiunge la maggiore età, non sembra essere accettabile.
Perché essere italiano non è solo né tanto un fatto di nascita, quanto un fatto di cultura. E, per quanto riguarda l'Islam, noi ci troviamo di fronte ad una cultura profondamente diversa ed ostile.
Una cultura che non ha superato le condizioni di tempo e di luogo in cui è nata, nel settimo secolo in pieno medioevo, nella situazione primitiva e tribale della penisola araba. Espandendosi ha acquisito il modello monarchico-aristocratico allora dominante, così come più tardi la scienza-tecnologia; ha anche sviluppato una sua letteratura e ha avuto un periodo di fioritura filosofica.
Ma non ha aderito al processo di modernizzazione, con i suoi fondamentali principi etici: la dignità e diritto della persona umana, l'eguale dignità e diritto, donde anche la sovranità popolare e la democrazia.
In particolare nei riguardi della donna, che nel Corano è proprietà del marito, il quale può batterla come può ripudiarla, può possederne fino a quattro. E fuori casa deve velarsi in misura anche estrema come col burqa perché solo il marito e quelli di casa possono vederla.
Altri punti concernono la legge del taglione, la vendetta privata, il taglio delle mani al ladro, l'uccisione dell'infedele ("uccideteli dovunque li troviate", Corano 9, 15). Sono sempre punti legati al mancato riconoscimento della pari dignità e diritto della persona umana, e alla funzione dello Stato che la persona fonda con una cessione di diritto per la propria tutela e promozione; e che interviene appunto a tutelarla, e corrispondentemente a punirla, quando quel diritto sia infranto.
Tranne l'ultimo punto, l'uccisione dell'infedele, che rivela una pseudoreligione di estrema presunzione e crudeltà.
Perciò l'islamico può avere la cittadinanza italiana solo se rinunzia a quel massiccio residuo di barbarie che la sua religione contiene.
L'Occidente non ha prestato adeguata attenzione a questo vuoto giuridico che l'islamico porta con sé, a questi punti di barbarie. Ne è nata questa invasione d'immigranti islamici che col tempo e con un particolare sviluppo demografico (qui l'equivalenza povertà-fecondità, che è una legge demografica) può diventare per l'Occidente stesso un pericolo. Già molti ne parlano in questo senso: il pericolo islamico per l'Europa, che con l'immigrazione va crescendo. Si pensa che se nel 2010 erano 10 milioni, nel 2050, tra immigrazione massiccia e fecondità, potrebbero essere cinquanta milioni.
Ma prima ancora v'è il principio giuridico, e il Parlamento deve ovunque in Europa intervenire con leggi apposite. Per cui l'islamico, come la comunità islamica, devono con giuramento rinunziare a quei principi abnormi del Corano.
Il velo alle donne, di qualunque tipo sia, dev'essere proibito; non lo si venga a giustificare con l'idea di un fatto di costume, o di religione, perché non è tale; è invece l'assenza di dignità e diritto, l'assenza della costitutiva autonomia della persona.
Con giuramento l'islamico deve rinunziare a quelle altre misure abnormi e barbare che il Corano gli prescrive; in particolare all'uccisione dell'infedele.
Chi non accetta queste misure dev'essere espulso.
(14/07/017)
giugno
A proposito di Riina, del carcere e delle pene
di Arrigo Colombo
Salvatore Riina (ma il nome non gli si addice; meglio il nomignolo Totò) è tornato in questi giorni alla ribalta. Certo non era stato mai dimenticato, il più potente e feroce capo mafioso. Nato nel 1930, latitante dal '69, condannato ad una decina di ergastoli, catturato infine nel '93, rinchiuso nel carcere duro, ma considerato ancor sempre potente e pericoloso.
Si dice che è gravemente malato: grave cardiopatia, duplice neoplasia renale, grave sofferenza neurologica. La difesa chiede il passaggio alla detenzione domiciliare. Il tribunale di sorveglianza di Bologna la rifiuta, adducendo da un lato la sempre permanente pericolosità dell'individuo che è tuttora il supremo capo mafioso e non ha mai rinnegato in nulla gli enormi delitti commessi; dall'altro il fatto che le cure necessarie possono essere praticate nello stesso carcere o, se necessario, in un ospedale. Ma la Cassazione non è d'accordo, parla del "senso di umanità" che dev'essere sempre presente nell'esecuzione della pena; e più oltre di un "diritto di morire dignitosamente" che dev'essere assicurato al detenuto.
L'intervento della Cassazione ha suscitato un vespaio; la più parte della gente non è d'accordo. Vediamo.
Il senso di umanità che dev'essere presente nell'esecuzione della pena. Certo. il carcerato è un essere umano, e come tale dev'esser trattato. La dignità della persona umana, il grande principio introdotto dall'Umanesimo del 400 e che domina poi tutta la modernità. Anche perché l'essenza della pena è la privazione della libertà; non ci devono, o non ci dovrebbero essere, altre pene supplementari. Il disprezzo del personale di custodia ad esempio, il maltrattamento, l'ingiuria; il carcerato dev'esser rispettato, dev'essere trattato con umana cortesia, come ogni altra persona umana. La cella, e perché la cella e non la stanza? perché non una stanza normale e arredata, sia pur modestamente. E perché il vitto dev'essere mediocre o cattivo?
É chiaro che la maggior parte delle nostre carceri va rifatta, ristrutturata; ricostruita secondo criteri umani, sia pur nelle indispensabili condizioni di sicurezza. E che il personale di custodia dev'essere adeguatamente formato, specie sotto il profilo etico ed umano.
C'è in discussione alla Camera una legge sulla tortura. Strano, si direbbe, dato che la tortura appartiene ad un'altra epoca della storia, dominata dall'assolutismo monarchico-aristocratico, o anche da quello papale; epoca premoderna, o prerivoluzionaria. E però sappiamo che anche oggi ci sono comportamenti di quel tipo, da parte delle forze dell'ordine; ne leggiamo ogni tanto sui giornali. E sembra che la legge non avanzi perché tende a salvaguardare quelle forze e quei loro comportamenti violenti, talora fino alla morte.
Una morte dignitosa, dice ancora la Cassazione. Ma quale sarebbe per Riina la morte dignitosa? forse che morendo nella sua casa e nella sua famiglia si ricostruirebbe la sua dignità, dopo tanto crimine e tanta persistenza nel crimine? No di certo. Per morire dignitosamente Riina deve ricostruire la sua dignità personale, di persona umana; quella dignità che ha perduto nel crimine; e deve accettare il carcere e l'espiazione che in certa misura lo purificano. Bastano poche parole, come "sì ho sbagliato"; dietro le quali c'è però qualcosa di grande, di enorme, una trasformazione interiore; e ci sono alcuni tra i più grandi valori umani, che l'umanità ha impiegato millenni a raggiungere, e per i quali ancora sta lottando: la verità, la giustizia.
(10/06/017)
maggio
Sui risultati del G7 di Taormina
di Arrigo Colombo
Per l'ultima riunione del G7, che si è tenuta verso la fine della scorsa settimana, si è scelto un sito di grande bellezza e grande rilevanza storica, quasi un dono per i partecipanti; che poi in maggioranza sono europei –Italia, Francia, Germania, Inghilterra – poi Usa, Canada, Giappone. La vecchia Europa ha ancor sempre un ruolo preminente; e lo avrà ancor più se, come si spera, continuerà e s'intensificherà il processo d'integrazione, Forse Macron, il nuovo presidente francese, visto il suo programma, e con lui la Merkel e Gentiloni, o comunque l'Italia, potranno dare un impulso decisivo.
Il personaggio più inaffidabile – lo si sapeva – era Trump, per i suoi pregiudizi congiunti con i suoi personali interessi d'imprenditore, per la sua rozzezza mentale. In particolare, il punto su cui non ha ceduto è quello più pericoloso per l'umanità, dove si profila la catastrofe. Il surriscaldamento globale. Dove è sempre più urgente impiegare le fonti di energia pulita - la solare, l'eolica –, abbandonando quelle sporche, il carbone anzitutto, il petrolio, cioè quella che finora è stata per l'imprenditoria in genere la maggior fonte di profitto.
Il surriscaldamento globale dell'atmosfera avviene per il concentrarvisi dei gas prodotti dalla combustione di quei carburanti, in particolare gas come l'anidride carbonica e il metano; i quali formano nell'atmosfera del pianeta uno strato che riflette sul pianeta stesso il calore che dovrebbe disperdersi nello spazio. Questo calore sta sciogliendo i ghiacci delle catene montuose e, più ancora, i ghiacci del Polo Nord, quella banchisa che abbastanza presto scomparirà; e ha iniziato a sciogliere i ghiacci dell'Antartide.
Sono gli uomini di scienza che parlano. Il livello dei mari e degli oceani si sta innalzando, si calcola che entro questo secolo s'innalzerà di un metro. Ne risentiranno le città che stanno al livello del mare, come Venezia, la stessa New York, molte altre; ne risentiranno le pianure che sul mare s'affacciano, come la pianura lombarda o la pianura salentina, numerosissime pianure. Sono state pubblicate delle cartine geografiche che riportano l'Italia come probabilmente sarà verso la fine del secolo; dove del Salento resta solo un'isola formata da quelle che oggi chiamiamo le murge salentine, la parte collinosa più a sud.
Forse, in questa prima fase, le città – o fors'anche le pianure – potranno difendersi con delle mura o dei muraglioni; ma la catastrofe sarà tremenda quando si scioglierà l'intera calotta dell'Antartide; si parla di un innalzamento delle acque da tre a sei metri nel corso di due o tre secoli. Allora l'umanità sarà messa a dura prova.
È possibile che Trump non sappia nulla di tutto questo? Ed è possibile che, sapendolo, non si renda conto della sua responsabilità verso il suo paese come verso l'umanità intera? di lui che lo porta verso l'abisso, anziché prendere tutte le misure possibili, le più impegnative, le più dure? per evitare la catastrofe, o almeno arginarla, limitarla?
(20/05/017)
Sul futuro dell'umanità
di Arrigo Colombo
Vi è molto pessimismo, che circola nei media come nei libri; che spesso è legato all'assenza di una visione globale della storia umana; o di una visione abbastanza ampia, non ferma ad eventi e vicende singole.
Un primo e fondamentale punto emerge da una considerazione comprensiva della modernità, ed è che l'umanità sta costruendo una società di giustizia e ha impostato un primo e fondamentale modello che è il modello democratico. Modello che è l'unica forma di Stato giusto, in quanto l'unico soggetto originario di diritto è la persona umana, la quale, cedendo una parte del suo diritto (una piccola parte precisa Beccaria, di contro a Rousseau che per la sua volontà generale pretendeva una cessione totale; cosa assurda perché un soggetto di diritto non può spogliarsi di se stesso) a costituire lo Stato di diritto, che ha la prerogativa della legge e della coazione. La persona fa questo per la sua tutela e promozione; un popolo piccolo o grande fa questo e con questo costituisce quello Stato di diritto in cui pensa di poter vivere nel modo giusto e quindi anche migliore; e avendolo costituito con la sua cessione di diritto, ne detiene la sovranità. Il potere di popolo, la democrazia.
I portatori di questo processo sono l'Umanesimo, che per primo riconosce in termini storico-epocali la dignità della persona umana; i giuristi come Grozio che vi riconoscono il diritto; Beccaria e Rousseau che riconoscono la cessione di diritto; la Rivoluzione inglese del Lungo Parlamento che per prima riconosce la sovranità popolare. La cui affermazione definitiva, insieme alla prima grande una carta dei diritti dell'uomo e del cittadino, avviene nella Rivoluzione francese; nella quale avviene anche il crollo del modello monarchico-aristocratico che aveva dominato fino ad allora l'umanità; dall'inizio delle civiltà, per oltre quattro millenni; avviene in particolare nella notte del 4 agosto 1798, in cui l'aristocrazia rinunzia ai suoi privilegi e poteri.
Con la Rivoluzione Francese inizia la diffusione del modello democratico, che si allarga sempre più in termini universali. Il modello è ovviamente ancora imperfetto, soggetto a deformazioni di tipo semi-dittatoriale (è il caso di Putin nel suo scambio con Medvedev), oligarchiche (quando il governo prevale sul parlamento), populiste ecc.; proprio in Inghilterra esiste ancora una Camera dei Lord che sfugge totalmente alla sovranità popolare.
Il maggior problema delle democrazie odierne, la più forte causa d'ingiustizia è certo il capitalismo; che però non è mai stato riconosciuto come crimine, un'attività disonesta; e quindi perseguito penalmente. Tranne che nel blocco formatosi al seguito della Rivoluzione Russa e sul modello sovietico; il quale è però caduto in un altro crimine, la dittatura di partito, l'emarginazione di quel popolo lavoratore che si era proposto di liberare. Per cui, sotto la pressione della società di giustizia e del modello democratico, ad un certo punto è imploso e, nel riassumere il modello democratico, ha assunto anche il capitalismo.
L'umanità è dunque impegnata nella costruzione di una società di giustizia, nel perfezionamento del modello democratico, e in esso dello Stato sociale e dei servizi (qui l'errore della privatizzazione di servizi sociali, di cui da noi proprio ora si sta trattando – la posta e le ferrovie); e più oltre nello sviluppo della comunità planetaria dei popoli e Stati, appena abbozzata nell'Onu; dove, anche, la liberazione e promozione dei popoli poveri; e la liberazione dalle egemonie. Ha il compito di liberarsi dal capitalismo, compito non facile; anche perché il lavoro industriale, il più forte e solidale nella lotta, si va via via estinguendo nel processo di automazione.
Un futuro, dunque, costruttivo, luminoso, nella grande luce della giustizia, della società di giustizia. Impegnativo tuttavia. Su cui incideranno in un tempo non lontano le catastrofi; in particolare quella dovuta al surriscaldamento dell'aria, quindi alla fusione dei ghiacci e all'innalzarsi degli oceani. Specie quando si scioglierà l'Antartide, nel tempo di due tre secoli, e con un innalzamento da tre a sei metri, si dice. Sarà probabilmente una prova dura o durissima, da affrontare nella solidarietà, in quello spirito fraterno che già la Dichiarazione universale dei diritti del '48 vede come un dovere per ogni essere umano.
12/05/0017
Sull'ignoranza del popolo lavoratore
di Arrigo Colomob
Un tema su cui la tradizione socialcomunista, e in genere il movimento di promozione del popolo lavoratore, non ha mai premuto. Il grande obiettivo era il lavoro come tale, rispetto al sempre incombente pericolo della disoccupazione; e il tempo di lavoro, quelle 40 ore che da circa un secolo restano intatte, inamovibili, col peso della giornata lavorativa di otto ore; nonostante l'enorme crescita della produttività che avrebbe avuto liberare ore di lavoro, mentre è andata tutta a vantaggio del profitto; nonostante l'esemplare decisione di Jospin in Francia, le 35 ore, l'esempio, che però nessuno ha seguito. Strano veramente che i lavoratori e i sindacati di tutto il mondo non si siano battuti su questo punto, che tra l'altro in Francia aveva liberato 300.000 posti di lavoro. Strano.
Il fatto è che il lavoratore è rimasto ovunque per lo più un lavoratore manuale; con una scarsa formazione scolastica: la scuola primaria, elementare; cui s'è aggiunta poi una scuola media mediocre; si è persino teorizzato che, essendo popolare, aperta a tutti, doveva essere mediocre, idea davvero balorda; e non si è fatto nulla per sollevarla. E poi, per quale ragione il lavoratore manuale deve fermarsi alla scuola media? perché non deve avere accesso alla cultura, a questo patrimonio umano in cui si forma e nutre la persona? forse che la sua persona non ha la stessa dignità delle altre? E allora perché gli dev'essere negata la scienza, le lettere, le arti? e capiti che, visitando il santuario di Delphi, non comprenda nulla o quasi di ciò che dice il cicerone perché non ha studiato la storia greca? non ha letto né visto i capolavori dell'arte greca? non ha la mente aperta e illuminata a capirli?
L'operaio ignorante. Un'espressione che non si sente spesso, ma che è profondamente vera; che la società non pronuncia né accentua perché contiene un'altra sua carenza, un'altra ingiustizia. Un'ingiustizia ancora più forte, potremmo dire, sotto il profilo umano; e che comunque si aggiunge, una povertà dello spirito che si aggiunge a quella materiale e la rende ancora più miserabile.
L'operaio ignorante, incolto. Fa male dirlo proprio perché colpisce chi già sta sotto il peso del lavoro precario, della manualità, della dipendenza, dello sfruttamento. Perciò la società deve svegliarsi. quella miserabile scuola media che ad un certo momento ha aggiunto pensando di salvarsi l'anima, serve a poco. C'è invece un salto da fare: e cioè la scuola superiore e almeno un biennio di università per tutti. Per ogni cittadino. Lo Stato sprecone, lo Stato disonesto non si tiri indietro con la solita storia del debito pubblico e dei fondi che non ci sono. Si sa che non ci sono quando non si vuole; quando si vuole, subito saltano fuori.
Basta con operai ignoranti: è una vergogna per tutti noi, per la nazione. È un diritto della persona umana, della sua dignità. I sindacati si muovano, si muovano i colti che godono del privilegio, basta con il lavoratore ignorante.
5/05/2017
aprile
Il declino della Sinistra
di Arrigo Colombo
È un processo in corso, un po' ovunque in Occidente. Più visibile in Italia, forse. Se si pensa che nel dopoguerra, e per quasi tutta la seconda metà del secolo, avevamo un partito comunista forte, il più forte in Occidente; e un partito socialista consistente, storicamente affermato. Che però si bruciò in quel complesso di disonesta e corruzione che fu chiamato "tangentopoli", insieme alla democrazia cristiana che aveva dominato quella fase, e di cui era alleato.
Nel marzo del '91, nel famoso congresso della Bolognina, il partito comunista si democratizza (poi che era nato sul modello sovietico; che pure, sotto l'impulso di Gorbaciov e del suo gruppo, si stava democratizzando) diventando PDS - Partito Democratico della Sinistra, e però perdendo la frazione di Rifondazione comunista. In quegli anni subisce l'influsso prodiano, un influsso moderatista, ed entra a far parte della federazione dell'Ulivo; e perciò diventa nel '98 DS - Democratici di Sinistra; è il tempo di D'Alema e di Veltroni. E infine nel 2007 compie il passo più rischioso, si fonde nel PD - Partito Democratico - con la Margherita, gruppo moderato di Centro, di provenienza democristiana. Siamo ancora nella fase populista del berlusconismo, il secondo ventennio italiano di sbando, dopo il fascismo, dove il popolo lavoratore e – purtroppo – ignorante, si affida ad un ricco imprenditore, che ovviamente penserà non tanto al paese e ai suoi problemi, quanto alle sue imprese. Il popolo lo ha eletto dopo l'esperienza di tangentopoli, pensando forse che, essendo ricco, non ruberà; ma non sa che il ricco è avido e la ricchezza non gli basta mai. Intanto la prima legge che fa il nuovo leader è la più assurda, poi che legittima il falso in bilancio.
Quando poi, crollato il berlusconismo, giunge il tempo per il PD, ecco che allora il problema si presenta e via via si fa urgente. In particolare con Renzi, che si prende prima la segreteria, poi anche il governo; con la tipica tendenza oligarchica delle democrazie del nostro tempo; dove il governo tende a sovvertire l'ordine democratico in cui è l'esecutivo del parlamento; tende a fare lui le leggi, mentre il parlamento diventa il suo strumento di approvazione. L'aggressività di Renzi è troppo visibile e il popolo questa volta lo disapprova rifiutandone il referendum. Ma Renzi conserva la segreteria e preme tuttora per il governo.
I problemi sono molti. A parte il continuo crescere del debito pubblico (nessuno ha più ripreso la proposta della sua riduzione annuale del 3%), ci sono le privatizzazioni che vanno annientando lo Stato sociale; quello che era un servizio, anche in perdita ovviamente, diventa fonte di profitto per il ricco imprenditore. L'acquisto d'imprese italiane da parte di stranieri, che impoverisce il paese. C'è stato il caso dei voucher, un errore introdurli e un più grave errore lasciarli crescere a dismisura; a tutto danno dei lavoratori. C'è la disoccupazione che non viene affrontata seriamente; c'è l'accoglienza dell'immigrazione, che dev'essere sostenuta e razionalizzata. Sono solo alcuni dei problemi che premono.
Ad un certo punto avviene infine la scissione, l'ala di Sinistra si stacca e forma un nuovo partito, il Movimento democratico e progressista (MDP). Ma quanti sono? 37 deputati (nel PD erano 283) e 14 senatori (nel PD erano 99), compreso un apporto dal gruppo di Vendola. Sperano di crescere, ma quanto? ingloberanno forse la Sinistra italiana di Fassina e/o il Campo progressista di Pisapia? non diventeranno anche loro una delle tante frazioni di Sinistra ed estrema Sinistra che via via si sono rese autonome (ce n'è forse una decina) e non contano più nulla; alle elezioni prendono l'1,5 o il 2%, sono fuori dal parlamento. La Sinistra gloriosa, il partito dei lavoratori e del popolo, il partito che ha come compito la costruzione di una società di giustizia sta dunque per scomparire?
29/04/017
Sui problemi della democrazia
di Arrigo Colombo
Davvero stupisce il pessimismo e misoneismo che circola nei riguardi della democrazia. Si parla addirittura di postdemocrazia, come se il modello democratico si fosse consumato, come se si fosse entrati in un'altra età della storia: Questa parola e idea si deve anzitutto a Colin Crouch, un sociologo inglese, in un libro del 2000. Ma nel 2001 usciva in Italia un libro-intervista di Ralf Dahrendorf sulla stessa linea, Dopo la democrazia.
Ora la democrazia non è un modello di Stato qualunque, ma è l'unica forma di Stato giusta, in cui il potere politico è detenuto dal popolo, la sovranità popolare; essendo la persona umana, e quindi il cittadino, l'unico principio originario di diritto; che poi cede in parte (in piccola parte, precisa Beccaria) a formare lo Stato di diritto, per la sua tutela e protezione.
Nella forma che è prevalsa in Occidente questo potere lo esercita attraverso suoi rappresentanti, essenzialmente il Parlamento, e il Governo che ne è l'esecutivo. Forma che è prevalsa perché le due rivoluzioni moderne in cui la sovranità popolare si è imposta, l'inglese e la francese, erano condotte da parlamenti. Mentre nell'antica democrazia ateniese l'esercizio era diretto, del popolo in assemblea.
Ora bisogna capire che questa democrazia moderna è la prima e più cospicua parte del progetto dell'umanità, progetto che appunto con le rivoluzioni moderne inizia a realizzarsi; è il primo e fondamentale modello che in questa costruzione s'imposta, dopo millenni dominati dal dispotismo monarchico-aristocratico. S'imposta e si va costruendo, dalla Rivoluzione inglese del 1640, cioè da tre secoli e mezzo, con un percorso vario, accidentato, con crisi, soste, arretramenti. Né può essere diversamente. Così, per tutta una fase, il voto con cui anzitutto si esprime il potere popolare, era condizionato al possesso; il nullatenente, il proletario non votava. E ancora più lunga è la fase che esclude la donna, riservando il voto al maschio: l'Inghilterra e la Germania ci arrivano nel 1918, la Francia nel '44, l'Italia nel '46. Vi possono essere incidenti dittatoriali, com'è accaduto alla Germania col nazismo e a noi col fascismo; incidenti populistici, come da noi il ventennio berlusconiano; prevalenza di partiti che rappresentano la borghesia e il capitale.
V'è soprattutto la grave e generale arretratezza popolare. Il popolo è sovrano ma esercita questa sua sovranità raramente, quando ogni quattro-cinque anni è chiamato al voto politico; v'è poi il voto amministrativo; in Europa anche il voto europeo. Il popolo detiene il potere ma altri lo esercitano. Un primo rimedio potrebb'essere il cosiddetto "mandato imperativo", cioè un voto popolare che pone al candidato precise condizioni, riguardanti il collegio come la nazione; che possono concernere il lavoro, la tassazione, i pubblici servizi, l'onestà-corruzione ecc. Per cui anzitutto il candidato deve appartenere al collegio; deve cessare l'abuso di candidati che si presentano in più collegi, che neppure conoscono. Inoltre il programma, come poi l'attività legislativa dell'eletto, vengono discussi mensilmente col collegio, con la gente.
Ma v'è un più ampio problema di formazione politica popolare. A cominciare dalla scuola, che da noi non ha mai preso sul serio questa formazione. In tutti gli ordini di scuola questa dev'essere materia scolastica, e la più importante; devono essere predisposti i programmi, come i testi e i classici. Inoltre i partiti, in particolare quelli della Sinistra che sono i partiti del popolo, devono assumere una ulteriore formazione politica popolare come loro compito precipuo. Così avranno anche i voti. Non accadrà, come ora accade, che i lavoratori votino per i loro padroni, i loro sfruttatori; come si dice sia accaduto per Trump negli Usa, e accade anche tra noi.
(Nuovo Quotidiano di Puglia, 12 aprile 2017)
Liberarsi dalle egemonie
di Arrigo Colombo
Con la fine della seconda guerra mondiale, con circa 70 milioni di vittime, di cui 43 civili, e con gli orrori dell'olocausto e della crudeltà nazista e giapponese, si è pensato ad un nuovo ordine mondiale e si è fondata l'Onu, l'organizzazione delle nazioni unite; in cui entrano via via, con la fine del colonialismo, tutti o quasi i popoli della terra.
Perché una delle grandi conquiste del '900 – con la caduta degl'imperi prima continentali (con la prima guerra mondiale gl'imperi austro-ungarico, prussiano, russo, ottomano; l'impero cinese caduto già nel 1912 con la rivolta di Sun Yat Sen), poi coloniali – è l'autonomia dei popoli, nell'Onu ci sono oggi 193 popoli. Ne sono ancora esclusi alcuni: il Tibet, annesso dalla Cina di Mao; i Curdi, sparsi tra quattro nazioni; la Palestina, tiranneggiata da Israele col sostegno Usa; Taiwan, rivendicata dalla Cina.
Il primo e fondamentale obiettivo nello Statuto dell'ONU è la pace: tutto dev'essere fatto per evitare la guerra. Intanto, però, ci sono nel mondo due blocchi in conflitto tra loro: il blocco sovietico, teso ad espandersi, a portare ovunque il suo preteso "socialismo reale"; il blocco occidentale, teso a difendere la democrazia, e insieme il capitalismo.
C'è quella che è chiamata "guerra fredda", che però ha perlomeno due momenti caldi: la Corea in cui, sotto mandato Onu, gli Usa respingono l'invasione del NordCorea nel Sud, ristabilendo la divisione delle due Coree (vorrebbero andare oltre, ma sono bloccati dalla Cina). Il Vietnam, anche qui contrastando l'invadenza del Nord comunista nel Sud ma senza riuscirci; costretti a ritirarsi dopo vent'anni, nel '75.
Intanto però gli Usa hanno stabilito la loro egemonia militare nel mondo. Le basi militari sparse ovunque; le flotte navali e aeree in tutti i mari. E certamente egemoniche sono le due ultime guerre, che il presidente Bush scatena dopo l'attacco alle torri gemelle (un singolare caso di debolezza della superpotenza, là dove quattro aerei, partendo da Boston, attaccano quattro punti emergenti del paese – il quarto non riesce per la ribellione dei passeggeri). Un presidente noto come ignorante e mediocre (si veda il film di Oliver Stone in proposito), che scatena la guerra in Afghanistan perché vi risiede Bin Laden, ritenuto la mente di quell'attacco; mentre avrebbe dovuto invece ottenerne la prigionia e il giudizio. Che invade l'Iraq col pretesto che detiene armi di uccisione di massa; ma il pretesto è falso e lui lo sa, come lo sa il suo alleato inglese. Che pensa di vincere le due guerre in pochi mesi; invece la prima va dal 2001 al 2014, la seconda dal 2003 al 2011; né si possono dire ancora concluse.
In questo quadro egemonico rientra anche il Consiglio di sicurezza dell'Onu, dove siedono appunto potenze egemoni; con la clausola che rende il loro voto necessario ad ogni decisione. Una clausola che contrasta lo Statuto, in quanto sottopone il suo centrale problema di guerra e pace alla decisione di queste potenze. Ed è l'unico organo che abbia potere decisionale. In tutto il resto l'Onu, con le sue decine di agenzie che hanno solo funzioni di ricerca e consulta, è impotente.
Un altro punto che aggrava il problema dell'egemonia Usa, è il suo sistema di elezione dei presidenti; da cui vengono per lo più personaggi mediocri. Basta passarli in rassegna. Il caso più evidente è l'attuale, la presidenza psicopatica di Trump.
La Cina, già con Mao, aveva rinunziato all'egemonia, ritenendola dannosa per l'equilibrio mondiale. Lo si vede poi dalle Costituzioni del 1975 e dell'82. Ultimamente si è invece affacciato il semi-dittatore Putin: in Siria, in aiuto al dittatore che massacra il suo popolo; in Ucraina, dove subito occupa la Corea; dove tranquillamente invia truppe a sostegno dei filo-russi. Delle leggi se ne frega. Il tipo che, per restare al potere, si è accordato col collega Medvedev in un gioco di alternanza che scavalca la Costituzione. Un tipo certo pericoloso.
Siamo dunque a questo punto. È chiaro che le egemonie sono contro il diritto dei popoli. Ma come liberarsene? Un primo passo sarebbe quello di avere presidenti saggi, e rispettosi della legge.
(Nuovo
Quotidiano di Puglia, 4 aprile
2017)
2016
novembre
Strane elezioni americane si approssimano
di Arrigo Colombo
Diciamo americane per comodità: ma dovremmo dire statunitensi, per non condividere la pretesa che gli USA siano solo loro l'America. A parte che le loro elezioni (della più grossa potenza mondiale, la potenza egemone) sono quasi sempre strane, ed eleggono per lo più un presidente mediocre (non è il caso di Obama, che fa eccezione). Non v'è confronto coi nostri presidenti, tutte o quasi persone ammodo. È anche vero che da noi li elegge il parlamento e hanno una prevalente funzione di rappresentanza, mentre da loro li elegge il popolo e con ben altro potere: sistema che fu introdotto per dare maggior robustezza al nuovo Stato delle tredici colonie ribelli e alquanto conflittuali (nell'assemblea costituente si discusse anche di monarchia, proprio per questo motivo); un sistema che dovrebb'essere cambiato. A parte che anche il sistema dei grandi elettori, che può produrre un divario rispetto al voto popolare, dovrebbe scomparire; e così la registrazione, che complica inutilmente il compito elettorale.
Ne consegue che la percentuale dei votanti è bassa: nel 2008 il 57%%, nel 2012 il 49. Non per nulla qualcuno dice che l'elettore USA è persona bianca, con buona istruzione e buon reddito, sposata, proprietaria di casa, di età matura.
Un'altra stranezza è il partito repubblicano, il GOP, il Grand old party, il partito dei ricchi e potenti, la minoranza che vorrebbe sempre comandare, e tanto retriva e aggressiva da voler abolire la riforma sanitaria fatta da Obama, il servizio sanitario per tutti (o quasi), che stranamente nel grande e ricco Stato ancora mancava. Questi ricchi e potenti sono tanto arroganti da non volere che la gente comune abbia la sicurezza di essere curata dai suoi mali.
La stranezza d'oggi è che il GOP ha scelto come candidato alla presidenza un certo Donald Trump. Un miliardario immobiliarista, molto abile ma piuttosto ignorante, anche se laureato in economia e finanza, piuttosto grossolano e volgaruccio, arrogante come la maggior parte dei grandi ricchi, tre volte sposato, che disprezza le donne ma facilmente ne approfitta, e che dal 2000 persegue la notorietà televisiva e insieme il potere politico, fino a che quest'anno non riesce a vincere le primarie del GOP e a diventarne il candidato.
Tra le altre sue doti è razzista, quindi disprezza i neri; disprezza e rifiuta gl'immigrati e vorrebbe costruire un muro tra USA e Messico per bloccare definitivamente l'immigrazione dal Sud; ovviamente è contrario a che tutti abbiano i servizi sanitari e vorrebbe abolire l'Obamacare; sostiene invece quel tradizionale e disgraziato libero accesso alle armi che ancora resiste in USA e ha fatto stragi, e che i democratici avrebbero voluto bloccare ma non sono riusciti, non avendo la maggioranza in parlamento.
Fino a qualche giorno fa la candidatura di Trump non preoccupava perché l'altro candidato, democratico, e cioè Hillary Clinton, la moglie dell'ex presidente Bill Clinton (personaggio alquanto ambiguo, lo ricordiamo), era in buon vantaggio. Ma ecco che, proprio ora, il direttore dell'FBI tira fuori una storia di email "segrete" che la Clinton, quando era segretario di Stato, aveva scritto, e di cui non si conosce il contenuto; una questione ufficialmente già nota e congedata, ma che ora il direttore ha riaperto, non si sa bene perché, e le cose cambiano. In verità la Clinton aveva tutto il diritto ad una sua posta "personale", spedita da un suo personale computer; solo che in questo momento, e nell'atmosfera che si è creata, quella posta diventa "segreta" e sospetta.
Il fatto avvantaggia Trump. Ecco che gli elettori indecisi sentiranno parlare soprattutto di una storia che rafforza gli oppositori della Clinton, quelli che pensano sia disonesta e inaffidabile. Che agli elettori di destra scontenti di Trump, sarà ricordato che la Clinton è inaffidabile, e alcuni potrebbero essere invogliati a turarsi il naso e votare Trump, piuttosto che farla vincere. Che gli elettori di sinistra che avrebbero votato Clinton senza entusiasmo, potrebbero essere ulteriormente scoraggiati. Insomma il vantaggio della Clinton diminuisce, il pericolo che Trump venga eletto minaccia l'umanità.
(5 novembre 016)
Il declino del socialismo
di Arrigo Colombo
Assistiamo a questo fatto penoso: i partiti socialisti sono dappertutto in declino; parlo in particolare dei maggiori Stati europei. Non parlo del Partito Socialista italiano, scomparso da tempo, dai tempi di Craxi e di "mani pulite". Parlo semmai di socialismo come di quella corrente filosofico-politica e di lotta che si è formata nella prima metà dell'800, lungo l'ascesa della società industriale che assorbiva sempre più lavoro, e insieme lo sfruttava, lo mercificava (parola marxiana). Lavoro dipendente, cioè ignorante, sfruttato, precario. Che il socialismo vorrebbe redimere con la socializzazione dei beni, anzitutto beni di produzione, il capitale; l'impresa autoposseduta e autogestita. Il comunismo non è diverso nel fine; semmai nel mezzo, la rivoluzione. E a questo punto s'inserisce l'esperimento sovietico che fallisce nell'oligarchia di partito con anche la dittatura, senza redimere il lavoro.
Col suo crollo inizia il declino di cui stiamo parlando. Il Partito Socialista francese è il maggiore (i partiti comunisti sono più o meno scomparsi); e però, in questo momento è in grave difficoltà, con Hollande precipitato al 4% del consenso popolare, e Vall troppo a lui legato; per le prossime elezioni manca un candidato sicuro, si riparla di Ségolène Royal. Il Partito Socialdemocratico tedesco da ormai dieci anni è in ribasso, al 25%; sono i dieci anni della Merkel, con cui è alleato. Da noi non v'è più neppure un partito di Sinistra, ma di CentroSinistra, il Partito Democratico, che ha riunito in sé quanto restava di quella Sinistra ch'era stata grande nel dopoguerra e in tutta la seconda metà del secolo, e quanto restava della Democrazia Cristiana, il partito di governo del dopoguerra. I residui di ciò ch'era stato grande si riunivano in un partito composito e ambiguo.
Resta da capire come tutto ciò sia potuto accadere, come – tra l'altro – ci sia potuto essere di mezzo il ventennio berlusconiano; come la maggioranza di un popolo ch'era cresciuta nello spirito di due grandi espressioni politiche ed umane, il Partito Cristiano e il Socialcomunismo, sia potuta finire nel populismo più becero, Oggi si parla molto di populismo, nel senso di qualunquismo popolare; di voti che sono andati a Berlusconi, come vanno e si accrescono in Francis a Le Pen, o alla Destra in genere in altre nazioni europee.
Perché questo sconcerto? Perché la massa popolare vota per gente che non può né vuole aiutarla? perché i poveri votano per i ricchi, mentre dovrebbero votare per coloro che cercano di scalzare i ricchi, di ridistribuire la ricchezza, di soccorrere alla loro povertà? Che cos'è la Destra se non il partito dei ricchi, dei benestanti, di coloro che non vogliono il cambiamento ma la conservazione perché in questa detengono ricchezza e potere?
Forse l'ignoranza; l'illusione ignorante che il ricco in politica non ruberà perché non ne ha bisogno; non sarà un politico disonesto come molti altri; dimenticando che il ricco è ingordo e la ricchezza non gli basta mai, e la politica gli serve per aumentarla. Così fece Berlusconi, la cui prima legge fu legalizzare il falso in bilancio; e altre leggi e leggine gli servirono per guadagnare di più o pagare meno tasse.
L'ignoranza certo, perché la scuola è scarsamente formativa; cura la nozione, il sapere, e male anche quello; mentre trascura la formazione della persona e la formazione del cittadino. E, con l'ignoranza, la noncuranza, il popolo che detiene la sovranità e dovrebbe esserne fiero e usarla con coscienza ed esigere coscienza dai suoi rappresentanti eletti. Poiché è lui che li elegge, sono al suo servizio.
(28 ottobre 016)
La fine del lavoro,
un problema che incombe
di
Arrigo Colombo
Nota previa: parliamo del
lavoro-professione; cui corrisponde un reddito, necessario per soddisfare i
bisogni primari (vitto, vestito, abitazione) come quelli secondari e familiari.
Non parliamo qui dei lavori domestici, né del lavoro elettivo in genere.
Qui la fine del lavoro umano,
del lavoro manuale, di quello meccanico anzitutto; perché quello non meccanico
si può già fin d’ora dire residuale; e come tale ci potrà essere sempre. Anzi
alcuni autori – a cominciare da Thomas More per il lavoro agricolo – pensano di
liberare l’uomo da questo lavoro manuale residuo attraverso un anno giovanile
di servizio sociale; come avveniva fino a poco fa col servizio militare. Così
Bellamy nel suo Guardando indietro,
che è del 1888.
Il lavoro meccanico,
dell’uomo alla macchina, ha dominato il ‘900 (negli anni ’60-80 ha realizzato
la quasi-piena occupazione (quella che Hobsbawm e altri chiamarono
improvvidamente “età dell’oro”) ed è tuttora il prevalente, le grandi medie
piccole fabbriche, il settore secondario. Bene, queste fabbriche hanno
incominciato da qualche tempo ad espellere lavoro umano, e ne espelleranno
sempre di più. Perché la macchina ha per se stessa un carattere di autonomia
che va sviluppando sempre ulteriormente (supposto sempre che sia dotata di
energia) fino alla fabbrica grande automa di un futuro non lontano; nella quale
si ha solo una presenza marginale d’uomo, di poche unità umane, per funzioni di
controllo, riparazione, migliorie ecc..; mentre la grande massa lavoratrice è
espulsa, la massa operaia, il proletariato operaio che Marx vedeva come la
classe che avrebbe compiuto la liberazione dell’uomo dallo sfruttamento,
precarietà, oppressione, abbattendo il capitale; e avrebbe instaurati il “regno
della libertà”.
Nell’ultima fase del ‘900
questa autonomia si potenzia con l’informatizzazione. Non solo, ma
l’infomatizzazione invade anche il settore terziario – quello dei servizi – che
si pensava avrebbe accolto quella massa, espandendosi, potenziandosi, anche e
soprattutto per l’azione della Stato; lo Stato sociale, provvido, la cui
funzione originaria è la tutela e promozione del cittadino. Perché, come
Beccarla ha spiegato, lo Stato di diritto si forma per una cessione di diritto
del cittadino, che appunto cede una “piccola parte” dei suoi diritti in ordine
alla sua tutela e promozione. È il suo originario compito.
Ma ecco che anche il
terziario espelle lavoro: impiegatizio anzitutto, lavoro di classificazione, di
calcolo; ma anche di progettazione, lavoro creativo, con quella che viene
chiamata la macchina intelligente.
Certo, ci sono settori che
probabilmente non saranno intaccati. La scuola ad esempio, cioè la formazione
personale, culturale, socio-politica del cittadino. Dovrebbe anzi espandersi:
con classi di non oltre 15 allievi, ad esempio (come richiedono i pedagogisti);
con l’espandersi del quadro culturale (lettere, scienze, arti, tecniche; la
musica classica in particolare), con un tirocinio in grado di acculturare tutti
(l’operaio oggi ignorante), fino ai diciott’anni e oltre, fino al primo
biennio-triennio universitario. L’università si espanderebbe in questa presenza
universale e popolare; inoltre dovrebbe generalizzarsi il metodo oxfordiano del
tutorial, cioè del colloquio
settimanale di un’ora con ogni allievo; per cui i corsi non possono avere più
di dodici allievi. E ancora deve sempre espandersi e intensificarsi l’ambito
della ricerca, che è l’anima dell’università.
Un altro ambito è quello
delle arti. Così quelle forme che oggi sono di élite: il teatro, l’opera, il concerto
di musica classica; che devono diventare popolari. Così, a Milano come a Roma,
v’è un solo teatro d’opera; a Parigi, con i dodici milioni di abitanti della
megalopoli, ce ne sono ora due: una situazione davvero ridicola, se non
pietosa.
Sono solo alcuni pochi esempi
di un possibile quadro espansivo del lavoro. Resta tuttavia una massa di
cittadini che ne saranno privi. Sui quali la comunità politica, cioè lo Stato,
dovrà intervenire con quello che viene chiamato reddito di base o di
cittadinanza, del quale si parla da qualche tempo; e che, per un principio
di eguaglianza-solidarietà, è dovuto a tutti i cittadini; o almeno a tutti
quelli che non hanno un reddito di lavoro. Dalla maggiore età in poi. Che però
dovrebbe essere condizionato a un programma di volontariato, lavori sociali,
sport, attività elettive. Perché il lavoro, oltre ad essere la basilare fonte del reddito, è, prima ancora, la forma in cui si attua e
si esplica ulteriormente la persona umana, la professione; in cui essa
s’impegna nella società, nella grande intrapresa umana. Ed è fonte di
equilibrio personale e morale.
A questo punto, se la
comunità statale diventa principio di reddito per la maggioranza dei cittadini,
anche la fonte del reddito, in particolare la fabbrica autonoma, e con essa il
capitale, le deve appartenere. Si prevede perciò un processo di espropriazione
delle imprese e quindi una generale appartenenza dei beni di produzione alla
comunità strutturata nello Stato; e senza risarcimento, perché l’impresa è stata costruita dal lavoro
associato e appartiene anzitutto di diritto al lavoro. Processo che potrebbe
iniziare negli Stati dell’Unione Europea. La possibilità di avviare nuove
imprese resta sempre aperta; la loro proprietà dev’essere però sociale, la
gestione associata.
Gli studiosi prevedono
l’inizio di questa fase del processo verso la metà del secolo.
(22 ottobre 2016)
A
proposito di oligarchia
di Arrigo Colombo
Stupisce che gente come Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica, oggi il maggior giornale italiano, si sia messo a difendere l'oligarchia come una forma d'istituzione corretta, se non l'unica. Oligarchia è il potere dei pochi, come aristocrazia è il potere dei cosiddetti "migliori" (i ricchi e potenti per dinastia e tradizione) e democrazia è il potere popolare.
È appunto questo ciò che l'umanità ha conquistato nella modernità, la sovranità popolare, ed è l'unica forma di Stato giusta, l'unica che rispetta il fondamentale principio della dignità e diritto della persona umana, di ogni persona; l'unica che non discrimina sul piano etico-politico il ricco e il povero, il colto e l'ignorante, il bianco e il nero.
Il discorso di Scalfari, e di altri con lui, è legato a quanto è avvenuto e sta avvenendo in Italia; è avvenuto con Berlusconi e sta avvenendo ora con Renzi, e cioè l'elisione del Parlamento. Le leggi le fa il Governo, il Parlamento le approva. Con Berlusconi si era arrivati al punto che il Parlamento lavorava sì e no due giorni a settimana. Ora Renzi vuol abolire il Senato, col pretesto che è un doppione inutile.
Ambedue rovesciano il modello democratico; quello a democrazia indiretta o rappresentativa che si è affermato in Europa, come poi in America, e si è andato universalizzando nel mondo intero (per trovare la democrazia diretta, dove la legge la fa l'assemblea popolare, dobbiamo risalire all'Atene antica), Dove l'organo fondamentale è il Parlamento, l'organo della legge, eletto dal popolo; mentre il Governo è solo l'esecutivo del Parlamento, scelto e approvato dal Parlamento stesso, che cura la realizzazione di ciò che il Parlamento ha deciso attraverso la legge e il decreto.
Renzi, personaggio ambizioso e di limitata formazione politica, vuole accentrare tutto nel Governo. Che poi è un organo transitorio, oggi è in carica e domani viene sfiduciato dal Parlamento e cade.
Il suo progetto di sopprimere il Senato è un grosso errore; particolarmente in Italia, un paese in cui l'identità nazionale è scarsa (lo si vede dai tentativi di scissione, in particolare da quello della Lega Lombarda, un gruppo ignorante e mediocre; tipici i personaggi che finora l'hanno guidato); in cui la formazione politica popolare è altrettanto debole, e si lascia facilmente illudere da gruppi impolitici, come il fascismo, il berlusconismo (i due disgraziati ventenni), i Cinquestelle. Un paese fortemente corrotto, con varie mafie (almeno quattro) e dove la corruzione penetra anche nel Parlamento, e ancor più nelle Amministrazioni.
Il Senato è l'organo di controllo e di garanzia della buona legge. È tutt'altro che un doppione, un ente inutile, come si dice volgarmente, e come pensa Renzi, il grande riformatore-deformatore; che la legge la vuol fare lui. Il Senato vero, eletto dal popolo, con la pienezza dei suoi poteri, e con la consapevolezza del suo insostituibile ruolo. Non dev'essere abbattuto, non indebolito, non sostituito da un organello posticcio e raccogliticcio; dev'essere semmai potenziato e reso cosciente della sua insostituibile funzione.
Non parliamo poi di quel mostriciattolo che è l'Italicum, il modello elettorale escogitato da Renzi e compagni; dove i capigruppo hanno l'elezione garantita (che certo non è un'elezione) e dove un candidatosi può presentare in più collegi fino a dieci. Ma chi rappresenta mai questo candidato fantasma? per rappresentare un collegio deve conoscerlo, e conoscerlo a fondo, e avere rapporti concreti con la gente. Questa rappresentanza anomala dev'essere rifiutata; dev'essere detto con chiarezza che ci si può candidare in un solo collegio, il proprio, quello in cui si vive.
Quanto agli oligarchi, ai cultori del potere dei pochi, direi che appartengono ad un'umanità premoderna, in cui la dignità e il diritto del popolo non si era ancora fatto cosciente e affermato.
(15/10/016)
La riforma della Chiesa oggi
di Arrigo Colombo
Dopo
il Concilio Vaticano II, 1962-65, si è pensato che quel Concilio avesse
significato un grande rinnovamento per la Chiesa, e che altro non si dovesse
fare che meditarlo e realizzarlo.
Invece
ecco che il nuovo Papa, subito all'inizio. compie alcuni gesti significativi,
che aprono nuove attese.
Alla
qualifica di Papa preferisce quella di Vescovo di Roma. Potrebbe collegarsi con
la linea che considera il papato una realtà abusiva, secolare, formatasi sul
modello monarchico e imperiale che ha dominato l'Europa e il mondo fino alla
Rivoluzione francese. In realtà, il papato per realizzarsi c'impiega un
millennio, nella cui fase più avanzata devono intervenire tre fattori anomali:
la creazione dello Stato Pontificio, cioè l'assunzione di un potere politico
che contrasta con l'evangelo; la rifondazione dell'impero nel Sacro Romano
Impero, cioè il potenziamento di questo potere politico ad un livello
superimperiale, in quanto investitore del potere imperiale – ciò che sarà teorizzato
da Gregorio VII, che può dirsi il primo vero papa, da Innocenzo II e Bonifacio
VIII; il venir meno, attraverso lo scisma, della Chiesa Orientale, grande
contestatrice del primato romano. Mentre alla abituale considerazione di un
papato che deriverebbe da Pietro primo papa, si oppone la coscienza che Pietro
ha di se stesso, e che esprime nella sua lettera: cioè semplicemente di
"coanziano", uno degli anziani che coordinano la comunità romana;
comunità che si aiuta con l'esempio e non col potere. L'esclusione, per Pietro,
di ogni potere e posto di potere.
Si
aggiunge rifiuto del nome dinastico, in quanto egli chiama se stesso Francesco
e non Francesco I. Sembra una cosa da nulla, ma quel nome dinastico è proprio
del potere monarchico e imperiale; e
viene introdotto per il vescovo di Roma verso la fine del primo
millennio, quando si sta affermando appunto il suo carattere imperiale. Infatti
la deviazione della Chiesa dal progetto evangelico di comunità fraterna avviene
proprio col suo assumere il modello imperiale. Il rifiuto del nome dinastico
può essere estremamente significativo.
C'è
poi il rifiuto del palazzo, il Vaticano con le sue 1400 stanze; tra le quali –
è vero – ci sono musei e biblioteche, c'è la Capella Sistina e le Stanze di
Raffaello; ma che resta sempre una enormità. E lo si vede quando egli si
affaccia per l'Angelus da una finestra altissima, in mezzo a profili di
palazzi, che davvero impressiona. In particolare, se ci si rifà a quel detto
del Cristo, "le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il
Figlio dell'uomo non ha dove reclinare il capo". E però fino a Pio IX e
alla presa di Roma il papa aveva pure il Palazzo del Quirinale, ch'era di 1200
stanze. Una doppia enormità. Perciò nel Vaticano II fu presentato quello Schema
XIV, cui 500 vescovi avevano aderito, ma che Montini non volle; dove si diceva
che i vescovi, appunto seguendo il Cristo, dovrebbero abitare in un comune
modesto appartamento; come tutti gli altri fedeli, la gente, il popolo.
V'è
un passaggio, in una lettera enciclica di papa Wojtyla, Ut unum sint, del 1995. che
riconosce in qualche modo il divario;
riconosce che «ciò che doveva essere un servizio ha potuto manifestarsi sotto
una luce abbastanza diversa» (espressione cauta, eufemistica); per un millennio
i cristiani erano uniti “dalla fraterna comunione della fede e della vita
sacramentale, intervenendo per comune consenso la sede romana, qualora fossero
sorti fra loro dissensi circa la fede e la disciplina”. Non parla di potere ma
di una funzione conciliativa, come di fatto fu. L’enciclica riconosce la
necessità di ricercare insieme "le forme nelle quali questo ministero
possa realizzare un servizio di amore
riconosciuto dagli uni e dagli altri". Quel primo millennio, quando non
v'era il papato com'è ora. Recuperarlo. Lo ritiene un "compito
immane" ch'egli dassolo non può compiere. Avrebbe bisogno dell'aiuto dei
responsabili ecclesiali e dei loro teologi con cui instaurare "un dialogo
fraterno, paziente, nel quale ascoltarsi al di là di sterili polemiche".
Ma
venne la malattia e non se ne fece niente. Nessuno finora ha ripreso quel
testo.
(8/10/016 - Nuovo Quotidiano di
Puglia, 1/11/016)
Ottimismo storico
di
Arrigo Colombo
Studiosi, scrittori, giornalisti navigano nel pessimismo; o nella visione
negativa, magari catastrofica. La più parte. I teorici del Post: il
postdemocratico, il postpolitico, il postmoderno e tanti altri; mentre la
democrazia è l'unica forma di Stato giusto, fondato sulla sovranità popolare,
in cui si riconosce la dignità e il diritto di ogni cittadino come persona
umana. È stata raggiunta attraverso le rivoluzioni moderne, dopo millenni
di dispotismo monarchico-aristocratico (v'erano già stati, tuttavia, esempi di
grande rilievo nella storia umana: l'Atene antica, la lotta della plebe romana
contro il patriziato per partecipare alla gestione della città, i comuni
medievali; nei secoli l'umanità aveva lottato per la democrazia, il popolo non
era inconsapevole del suo diritto). Nell'800 la democrazia ha cominciato a
generalizzarsi in Occidente, poi nel mondo; a svilupparsi. È ancora imperfetta,
oscillante, con una base popolare non ancora sufficientemente evoluta; che dà
il suo voto ad un Berlusconi, o ad un Trump (negli USA) ignorante e truffaldino
(si spera non vinca, ma è solo a due punti dalla Clinton; il che vuol dire che
quasi mezza America è pronta a votare per lui, un paese con 300 milioni di abitanti).
Oppure la democrazia doveva nascere perfetta, come Minerva dalla testa di Zeus?
E la modernità è in pieno sviluppo, coi
suoi valori, a cominciare dalla dignitas hominis intuita dagli umanisti
del '400, dalla democrazia appunto, dalla scienza galileiana, dalla tecnologia,
dall'autonomia dei popoli raggiunta con la caduta degl'imperi continentali e
coloniali (193 popoli siedono nell'ONU, il primo abbozzo di comunità
planetaria, di un'umanità che va verso l'unificazione). Certo non per i
filosofi erranti nel razionalismo, con Cartesio e Kant, finito poi nello
scetticismo e nel nihilismo; proprio loro hanno introdotto la categoria del
postmoderno.
L'umanità sta costruendo una società di giustizia. La sua storia – almeno fino
alle rivoluzioni moderne – è dominata dal "blocco della società
ingiusta", cioè dispotismo monarchico-aristocratico, conquista di
popoli, formazione d'imperi (che già Agostino chiamava "grandi
brigantaggi" perché si formano asservendo altri popoli), guerra perenne
(si pensi a Roma: 700 anni di guerre per formare il suo impero); inoltre
schiavitù (la grande ignominia), asservimento della donna, oppressione
sfruttamento povertà del popolo. E però anche in quella fase v'è nel popolo un
rifiuto, una tensione etica, un progetto implicito di liberazione; dimostrato
da tre ordini di eventi: la rivolta popolare, che percorre tutta la storia
umana; i processi di democratizzazione, di cui si è detto; le rivoluzioni
moderne. Con le quali parte il processo costruttivo.
Tre
modelli si sono impostati: il modello democratico, di cui si è detto; il
modello di Stato sociale, dei servizi e del benessere (lo Welfare state), il
modello cosmopolitico o della comunità planetaria dei popoli. Vi sono inoltre
le Carte dei popoli o Dichiarazioni dei diritti (dalla Carta del popolo inglese
del 1647 alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, a quella
europea del 2000); e vi sono i movimenti di liberazione;: l'antischiavistico,
l'antirazziale, il femminista, l'omosessuale,e altri minori.
Il
processo è lungo e difficile, con ritardi, arresti, nuove difficoltà che
insorgono (come ora il Califfato islamico); né potrebb'essere diversamente.
Scetticismo e pessimismo non servono; serve fiducia, speranza, impegno. Per la
giustizia.
(1/10/016 - Nuovo Quotidiano di Puglia,
8/10/016)
)
aprile
Le trivellazioni
per il petrolio in mare, la loro abolizione
di
Arrigo Colombo
Domenica 17 aprile si vota contro le trivelle da petrolio in mare;
non tutte ma quelle più oscene, le più vicine alla costa, entro le 12 miglia
(circa 22 chilometri), affinché al termine della concessione scompaiano; niente proroghe. In quest'ambito
le concessioni sono 35, e sembrerebbero poche; ma comportano 79 piattaforme,
per 463 pozzi: Solo lungo la costa romagnola ci sono 47 piattaforme per 319
pozzi; in Abruzzo 22 piattaforme per 70 pozzi. Un'indecenza. Se si pensa alla
straordinaria e incomparabile bellezza del mare; alla straordinaria vita che vi
pulsa, la fauna marina; che l'inquinamento da petrolio distrugge; e Dio ci
guardi dai possibili incidenti, tipo quello avvenuto qualche anno fa nel Golfo
del Messico; un vero disastro, per l'animale come per l'uomo.
Ma poi, basta col petrolio, col suo uso, col suo inquinamento che
deve cessare, e al più presto. Oppure a nulla è servita la grande riunione
parigina sul surriscaldamento atmosferico che proprio questi combustibili fossili
provocano; riunione che chiedeva decisioni drastiche: Perché altrimenti quel
surriscaldamento, che è già avanzato nella sua azione distruttiva, lo
scioglimento dei ghiacci - dei ghiacciai montani anzitutto, che stanno
scomparendo; dei ghiacci polari la cui scomparsa è prevista entro il secolo,
con l'innalzamento delle acque marine di un metro; e quindi la grande alluvione
sulle città marine, e sulle pianure al livello del mare.
Basta col petrolio, basta con le centrali a carbone, un materiale
ancor più inquinante, la maggior parte delle centrali elettriche italiane che
devono essere riconvertite, urgentemente trasformate. O forse, meglio, dismesse
e sostituite
Urge l'abbandono di tutti i combustibili fossili, combustibili
inquinanti, per le sorgenti pure di energia: il sole, il vento, le maree, le
onde marine, l'energia geotermica. Renzi si presenta come un innovatore, e
allora innovi davvero. Invece di consigliare ai cittadini l'astensione da
questo referendum popolare; lui e i suoi ministri, e anche la cara Teresa
Bellanova salentina, che spera in una promozione.
Ci sono misure semplici, di attuazione immediata, in tutta la
nazione; se il Governo vi s'impegna, se sviluppa una campagna. Che tutti i
grandi tetti piatti di magazzini, depositi, fabbriche siano coperti da pannelli
solari; con le debite facilitazioni sostenute dal governo. Che lo stesso
avvenga di tutti gli edifici pubblici. Che gli stessi cittadini siano esortati
e aiutati, anche attraverso una pianificazione attenta e penetrante, a coprire
di pannelli solari le loro abitazioni, Nel debito modo, senza con questo
turbare l'estetica delle città; che poi è in gran parte solo una questione di
abitudine, a vedere certe cose piuttosto che altre; non solo, ma i pannelli
solari non differiscono granché dalle tegole dei tetti.
Ciò che non dev'essere toccato è il terreno agricolo, e il terreno
in genere, anche la macchia, con la sua più aspra bellezza, oltre che col suo
tesoro di verde e di ossigeno. Non deve accadere come qui, nella periferia di
Lecce, che quando si prende la tangenziale ovest si vedono in basso a destra
terreni coperti da pannelli solari. Visione funesta, mentre il terreno agricolo
già scarseggia e dev'essere protetto con rigore. Il Comune dev' essere attento,
non deve permettere che queste cose accadano.
Anche le zone ventose devono essere accuratamente studiate, per
crearvi dei parchi di energia eolica, vere centrali altamente produttive;
mentre si abbattono quelle che ci stanno intossicando, come Cerano, centrale a
carbone.
È questa la linea da seguire. Le trivellazioni marine sono solo un
caso; forse il più patente perché intacca quello straordinario patrimonio di
bellezza e di salute che è il mare. Si spera che il Governo non si lascio
accecare dal denaro delle concessioni (anche se è vero che ha bisogno di
denaro, ma c'è ben altro); che invece comprenda e persegua i grandi obiettivi;
e li impari anche e anzitutto dai cittadini, dal popolo che è il vero e unico
sovrano.
(5/04/915)
marzo
Il caso Bassolino e la corruzione politica
italiana
di Arrigo Colombo
Una decina di giorni è passata dalle primarie svoltesi nel PD a
Napoli, come in altre città, per le prossime elezioni comunali, ma il caso
Bassolino resta ancora aperto. Sì, perché la Commissione di garanzia per le
votazioni ha respinto il suo ricorso con sette voti su otto, e la direzione del
partito convocata per il 21 marzo è stata spostata al 4 aprile, come segno di lutto
per le ragazze dell'Erasmus morte nell'incidente spagnolo.
Ma veniamo al caso, di cui la stampa ha parlato ampiamente.
Durante le primarie del PC di Napoli, una testata giornalistica aveva collocato
degli operatori segreti all'ingresso di tre sezioni della Napoli degradata per
riprendere ciò che vi avveniva. Ed è risultato che esponenti del PC, come di
altri partiti, hanno dato denaro a persone votanti: anzitutto l'euro che il
partito richiedeva per votare, come piccola oblazione; ciò che del resto fa sempre;
ma in qualche caso anche dieci euro.
Ora è vero che un euro è cosa da poco, ma è sempre un mezzo per
accattivarsi la volontà del votante, questo è certo. Un atto che vizia la
votazione, la sua libertà imprescindibile. Cui si accompagna l'atto del politico
che dà il denaro, che è un atto di corruzione, un fatto gravissimo sul piano
etico e politico, anche per un solo euro.
Qui interviene la corrente
renziana che banalizza e bagatellizza tutto sui numeri: perché la
Valente, la sua candidata, ha ottenuto 451 voti in più di Bassolino, e dunque
una cifra che è lontana da quella dei distributori di euro a scopo
accattivante. E interviene Renzi con la sua arroganza di sempre, che blocca
ogni discussione: "Non si torna indietro".
Un fatto grave, quello di Renzi. Nella sua posizione di capo del
governo avrebbe dovuto comunque deplorare il fatto, condannarlo, lasciando
semmai le conseguenze ad una riflessione e discussione più matura. Perché si
tratta sempre di corruzione, che è la grande piaga nazionale, forse la più
grande, la più grave, perché si manifesta
anche e soprattutto ai livelli alti della Nazione, nella gestione
politica e nella gestione dei servizi. Perché ha avuto un vertice vergognoso
nel ventennio berlusconiano; dove la prima legge che viene varata è quella che
depenalizza e quindi autorizza il falso in bilancio; che il corrotto
Berlusconi, giunto la governo, fa per le sue imprese, ma vale per tutte le
imprese; che possono tutte tranquillamente truffare. Un fatto di estrema
pervicacia. Cui segue poi l'abbassamento dei tempi di prescrizione, per far sì
che i processi contro le sue malefatte innumerevoli (27+4 processi in quegli
anni, un numero enorme) finissero nel nulla, che il crimine fosse in fondo
cancellato e si potesse anche dire che neppure era esistito. E con questo la
persecuzione dei giudici come malfattori, come inquinati da un'ideologia
perversa, quella del "comunismo" sovietico, che inquinava anche il
sistema giudiziario..
Se si pensa a quel ventennio, si stenta a credere che tutto ciò
sia accaduto, sia potuto accadere; che il popolo, nella sua fondamentale
rettitudine, e però inquinata dall'ignoranza, debole di fronte all'inganno,
alla seduzione mediatica e televisiva, allo pseudofascino di una falsa
grandezza; ma insomma come abbia potuto per un ventennio dare il suo voto di maggioranza a quella congrega. Come la
corruzione abbia potuto per vent'anni addirittura governare il Paese.
Ma ecco che , passato Berlusconi, la corruzione continua. Forse
viene più facilmente svelata e denunziata. Ma insomma, ecco che quasi ogni settimana ne salta fuori un caso, e non
piccolo; e la stampa lo denunzia. E viene il voltastomaco.
Il caso Bassolino, al confronto, è piccolo; ma è sempre
corruzione, ha la stessa essenziale entità etica e politica. E come tale
dev'essere affrontato. Renzi non può dire "non si torna indietro". Al
contrario deve dire discutiamolo, affrontiamolo; se è il caso, che la
magistrature lo affronti. Dovrebbe dire: in quelle sezioni ripetiamo il voto,
poiché è giusto, ed è esemplare, è segno di una politica diversa, nuova, di una
politica giusta. Tanto il risultato che gli preme non cambierà, la sua
candidata, coi suoi 451 voti di
vantaggio, sarà eletta comunque. Ma, a dire il vero, come imparziale capo del
governo, non dovrebbe premergli la sua candidata, ma che la gente elegga il
candidato che lei vuole, nell'esercizio della sovranità popolare.
(23/03/016)
A proposito
dell'infallibilità papale
di Arrigo Colombo
Nei giorni scorsi la stampa ha riportato un singolare appello del teologo Hans
Küng a Papa Francesco, e cioè l'invito ad abolire l'infallibilità papale. Una
domanda che Kñng si era posto già nel 1970 col famoso libro Infallibilità?
Una domanda appunto; cui è seguita una vasta polemica che ancora non si è
sopita. Ma l'invito d'ora si rifà forse a certe espressioni di Papa Francesco
che sono circolate ovunque, come «Chi sono io per giudicare?»
L'infallibilità papale è
un principio che entra tardi nella tradizione ecclesiastica, ed entra al
seguito del processo in cui si costituisce il potere papale, processo
che si estende a tutto il primo millennio, per cui che si può dire che il primo
vero papa sia Gregorio VII, col suo Dictatus papae: Perciò ha più il
carattere di un fatto di potere che di un fatto veritativo. In tutto il
primo millennio notiamo asserzioni del tipo «un’autorità così grande che
del suo giudizio nessuno osa discutere» (ma un giudizio disciplinare, per lo
più); «nella Sede apostolica la religione cattolica si è sempre conservata
intatta»; asserzioni che rivendicano il particolare prestigio della sede romana
(così i papi Zosimo nel 217, e Ormisda nel 523). Ma in tutto il primo millennio
prevale l’idea che l’errore può tuttavia penetrare nella Chiesa, anche se non
corromperla interamente; e che il papa può cadere in eresia.
Così nella vicenda di papa
Vigilio, che nella controversia monofisita, nel 548, condanna i tre teologi
incriminati; poi, sotto la reazione dell’Occidente, ritratta; ma è allora
scomunicato dal Concilio Costantinopolitano II; reitera perciò la condanna; ma
ricade allora sotto il rifiuto delle Chiese occidentali, di Milano, di
Aquileia, della Gallia, e un sinodo africano lo scomunica. E così in quella di
papa Onorio, che nel 634 accetta la dottrina monotelita (dell’esistenza in
Cristo della sola volontà divina, ciò che rende monca la sua umanità) ed è
condannato com’eretico dal Concilio Costantinopolitano III; e in seguito
riconosciuto com’eretico anche a Roma. Ma fatti analoghi erano avvenuti anche
nella prima metà del millennio. Salvo poi a dire che la fede romana restava
intatta pur nell’errore di un papa. E però l'idea dell'erranza è presente
ancora in un testo come il Decretum Gratiani che è della metà del sec.
XII e ha una forte autorità e importanza storica.
Nel secondo millennio
episodi del genere non si ripetono, ma l'affermazione dell'infallibilità, o
almeno dell'inerranza, continua ad essere un fatto sporadico, non frequente, e
non perentorio. Così l'affermazione d'Innocenzo III (nel 1199), grande
assertore del potere papale, che i successori di Pietro «in nessun tempo
mai deviarono dalla fede cattolica», lascia perplessi, dopo quanto si è detto;
o quella di Clemente V, nel 1351, che «che è vero e cattolico tutto ciò che
egli, con l’autorità delle chiavi a lui consegnate dal Cristo, determina sia
vero»; o quelle che compaiono in seguito in documenti meno significativi.
Perciò stupisce la volontà
di Pio IX di ottenere l'infallibilità papale nel Concilio Vaticano I; e però
siamo nel 1878, ne sono passati di secoli. Una volontà non priva di arroganza,
che già nel 1854 aveva lanciato, quasi a sfida, la definizione dogmatica
dell'Immacolata Concezione; e che ora avrebbe voluto includere
nell'infallibilità anche documenti pontifici come le Encicliche, e soprattutto
quel suo Sillabo in cui aveva condannato tutte le maggiori conquiste
della coscienza moderna (inclusa appunto la libertà di coscienza e la libertà
di religione); mentre in realtà il Concilio adottò quella nota formula che
assegna l'infallibilità solo a quando «il papa ex cathedra, come pastore
e dottore di tutti i cristiani, definisce una dottrina di fede o costumi come
da osservarsi dalla Chiesa universale».
Stupisce, tuttavia,
l'incapacità del Concilio di fondare seriamente la sua definizione nella
yradizione e soprattutto nell'evangelo; poiché per la tradizione, a parte la
citata frase di papa Zosimo, apporta due testi dai Concili Lionese e Fiorentino
che non sono pertinenti; e per l'evangelo. quel passo di Luca in cui il Cristo
dice a Pietro «ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno; e tu, una
volta ripreso, conferma i tuoi fratelli»; passo che concerne il famoso
rinnegamento di Pietro. Insomma la definizione conciliare manca di una seria
base storica e soprattutto evangelica. Il vero motivo viene addotto più avanti,
quando si parla della necessità di rafforzare l'autorità del Pontefice in una
fase d'incredulità e di disprezzo. Dovremmo piuttosto dire che in un'età di
democrazia e di potere popolare non era certo questo il modo di accrescere
quell'autorità.
In realtà di quel potere
definitorio nessuno quasi si è avvalso. solo Pio XII per l'assunzione di Maria,
cioè per un fatto che poco ha a che vedere col mistero cristiano e con la fede.
Ma il caso più singolare è
quello dell'Immacolata Concezione, definita proprio da Pio IX; come si è visto.
Che cioè la Madonna, per singolare privilegio, era stata concepita senza quel
famoso peccato originale che macchierebbe tutti fin dall'inizio. Che oggi i
teologi ritengono improbabile; perché alla sua origine v'è un errore di
traduzione dal greco della Lettera ai Romani (la Chiesa greca e orientale
infatti non lo ha). Mentre il testo greco dice «per cui (il peccato di Adamo)
tutti hanno peccato», il latino traduce «in lui (in Adamo) tutti hanno
peccato»: tutti in lui hanno peccato, tutti hanno questo peccato di origine,
anche i bambini appena nati. Ciò di cui pure papa Wojtyla comincia a dubitare,
e crea una commissione per salvare questi poveri bambini. Ma insomma l'errore è
evidente. Sì che ci si chiede che cosa ci sita a fare la solenne festa
dell'Immacolata Concezione.
(12/03/016)
L'Europa e l'immigrazione, un problema da risolvere
di Arrigo Colombo
Il problema dell'immigrazione in Europa si trova in una fase di acuta e complessa
difficoltà, in quanto da un lato si è creata una massa enorme di profughi,
dovuta all'acutizzarsi della situazione in Medio Oriente: l'intricata
situazione siriana, dove un dittatore massacra il suo popolo, mentre le forze
popolari che lo combattono sono spesso avverse tra loro; su cui s'inserisce poi
il califfato con la sua particolare crudeltà, e poi il semidittatore Putin che
protegge il tiranno. Dove gli sciiti infieriscono sui sunniti in Iraq; mentre i
talebani infieriscono in Afghanistan. Una situazione che provoca un fuggi fuggi
di gente nel tentativo di salvarsi. Mentre d'altronde continua l'esodo
dall'Africa e da altre zone dell'Asia.
Due fatti gravi
intervengono in Europa, che fino ad ora aveva seguito, di fronte
all'immigrazione dai paesi poveri, i giusti principi: e cioè il principio
dell'accoglienza che a sua volta si basa sul principio fraterno, in particolare
di fronte al fratello bisognoso; e il principio che la Terra è di tutti sì che
nessun popolo può considerare suo in esclusiva il suo territorio.
Con il forte aumento
dell'immigrazione, che prima approdava ai paesi del Mediterraneo e veniva poi
assorbita, oltre che dal Sud, dal Centro e dal Nordovest europeo, si è posto il
problema di una più equa distribuzione, che cioè tutti i popoli dell'Unione
Europea contribuissero all'accoglienza secondo le possibilità di ciascuno: cioè
secondo il territorio, la popolazione, la ricchezza. Perciò si è parlato di
quote da assegnare in linea di principio ad ognuno.
A questo punto interviene
il rifiuto: a cominciare dall'Ungheria, col suo governo ultraconservatore; e
con essa Cechia e Slovacchia, Polonia, Paesi baltici; e, si capisce, Gran
Bretagna, il paese delle eccezioni; e più recentemente Francia e Spagna che
lamentano l'inadeguatezza delle quote. A questo punto il processo di
assorbimento è in difficoltà serie.
Interviene poi l'altro
errore commesso dall'Unione, e cioè il trattamento speciale concesso alla
Gran Bretagna, col motivo pretestuoso che avrebbe impedito la sua uscita
dall'Unione stessa. Così, infatti, lo ha presentato Cameron, il Primo ministro.
Un grave errore perché apriva la porta alle eccezioni; di vario tipo; e anche
proprio per l'immigrazione. Ma soprattutto provocava nell'Unione una frattura,
quando invece deve avanzare il processo di unificazione che si è bloccato, e
che ai cerca di riprendere, di cui molto si discute; anche se ancor nessuna
iniziativa è in atto
Se la Gran Bretagna si
vuole staccare, lo faccia; sarà peggio per lei: con la sua boria, con la sua
sterlina, lei che aveva il più grande impero coloniale, che sfruttava una
quantità di popoli, e che s'illude ancora di essere superiore agli altri;
Intanto, per prima cosa,
bisogna distinguere tra due tipi d'immigrazione: c'è una immigrazione da
povertà, e c'è una immigrazione da dissesto politico e sociale. Questa seconda
può essere in gran parte transitoria perché quando il dissesto è finito si può
rientrare, si rientra. E infatti ci s'impegna, ci si deve impegnare affinché il
dissesto abbia fine. Come oggi in Siria, dove la maggiore difficoltà è
l'intrusione di Putin. Bisogna invece considerare il fatto che l'emigrazione da
paesi poveri è per quei paesi molto dannosa; perché li impoverisce
ulteriormente; perché toglie loro forze giovani, forze fresche che potrebbero essere
decisive per l'uscita dalla povertà. Per cui l'emigrazione da paesi poveri
aggrava e perpetua il loro problema,
Una misura importante per
diminuire, e infine far cessare l'emigrazione da questi paesi; e così eliminare
definitivamente o quasi questo tipo d'immigrazione, è un consistente
aiuto non tanto e non semplicemente in denaro. Specie se questo denaro va ai
politici che gestiscono il paese, e che spesso se lo appropriano o lo sprecano
in opere di rappresentanza o militari ecc. No. Invece, ad esempio, creare un
istituto che studi i problemi economici dei paesi in questione, progetti
degl'interventi e ne curi poi la realizzazione. Progetti anche semplici, come
quelli di cui parla Schumacher in Piccolo è bello, il libro famoso. Come
prendere una ruota di bicicletta con pedale e applicarla ad un pozzo per
sollevare l'acqua. L'istituto dovrebb'essere corposo perché dovrebbe
lavorare per tutti i paesi da cui proviene l'immigrazione da povertà; e
dovrebbe lavorare in un continuo scambio con quei paesi. Ma il denaro che gli
europei v'impegnerebbero sarebbe poi via via ripagato dal diminuire e infine
dall'estinguersi di quell'immigrazione. Un progetto che è stato già proposto
alla Commissione europea, e anche in linea di principia accettato; ma non messo
in opera.
Quanto invece ai dissesti
politici e sociali, e all'enorme flusso migratorio che in questa fase
provocano, l'Occidente deve impegnarsi a fondo. Gli USA in particolare, che
hanno portato una guerra ingiusta e stolta in Afghanistan e in Iraq; guerre che
credevano di vincere in pochi mesi, loro la grande potenza; e dove invece sono
ancora impantanati.
(29/02/016 - Nuovo Quotidiano di Puglia, 2/03/016)
febbraio
Il Card. Bagnasco nella vicenda delle unioni civili
di
Arrigo Colombo
Nella vicenda tanto conflittuale di questa legge, dopo che il cattolicesimo più
conservatore ha manifestato in massa nel Family Day, interviene il
card. Bagnasco, parlando a Genova nell'ambito della giornata del malato l'11
febbraio, quindi proprio nella ricorrenza dei Patti Lateranensi, del
Concordato tra Stato italiano e Chiesa. Interviene dicendo «ci auguriamo che la
libertà di coscienza su temi fondamentali per la vita della società e delle
persone sia non solo rispettata, ma anche promossa con una votazione a
scrutinio segreto».
Il Card. Bagnasco non è un
vescovo né un cardinale qualunque; è il presidente della CEI, la Conferenza
episcopale italiana; e anche se non parla in nome dell'intero episcopato, in
certa misura lo rappresenta in sé.
L'intervento è grave,
perché in pratica egli chiede per questa legge il voto segreto. Non si limita ad
affermare i principi che secondo lui, o secondo l'episcopato italiano,
dovrebbero generare la legge giusta, corrispondente alla giustizia, o anche
all'amore fraterno che nel vangelo è la norma suprema del comportamento umano.
No, entra nella fattispecie delle decisioni parlamentari e governative, nella
dinamica della gestione dello Stato.
Con questo viola il
principio primo e supremo dei rapporti tra Stato e Chiesa; quello che è
affermato con chiarezza e forza nel primo articolo del nuovo testo del Concordato,
quello del 1984: «La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo
Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e
sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti». È
un'interferenza, palese, di quelle che si pensava non potessero avvenire più
dopo la triste esperienza della fase democristiana (quando la Chiesa pensava di
avere il suo partito, la sua longa manus nella gestione dello Stato) e
quella dell'era Ruini. E con la linea instaurata dal nuovo Papa.
Bagnasco, poi, non si
accorge dell'incongruenza contenuta nelle sue stesse parola. Perché non è che
il voto segreto favorisca la libertà di coscienza, e tantomeno la libera
manifestazione della propria coscienza. Favorisce, invece, proprio nel segreto,
tutte le peggiori macchinazioni. A parte che la Chiesa, in fatto di libertà di
coscienza, dev'essere molto cauta, perché l'ha rifiutata per quasi due
millenni; e la persecuzione dei cosiddetti «eretici» ne è stata la manifestazione
più crudele e inumana; portati ad essere murati a vita a pane ed acqua, alla
tortura, al rogo; solo perché la loro coscienza cristiana (fede, prassi di
fede, sviluppo teologico) differiva o anche contrastava il dogma cattolico.
Mentre il Cristo aveva proclamato, nella sua dottrina dell'amore fraterno, che
anche il nemico dev'essere amato, e pure beneficato.
Certo che il dettato
concordatario sta stretto alla Chiesa. Perché il suo passato millenario è un
passato di potere assoluto e globalmente tale. Tutto il potere umano è detenuto
dal Papa, quello religioso come quello politico: quest'affermazione è esplicita
e forte nei primi secoli del secondo millennio, quando cioè si può dire che si
è infine costituito il potere papale. Le affermazioni esplicite, le più forti,
le troviamo in Gregorio VII, in Innocenzo III, in Bonifacio VIII; cioè tra il
1000 e il 1300: il Papa detiene la pienezza del potere ed è lui che poi investe
i sovrani del potere politico; potere che però essi devono esercitare sotto la
sua tutela. Sono questi i secoli di più alta aberrazione. E però, anche quando,
più tardi, a cominciare dalla Rivoluzione inglese del Lungo Parlamento del
1640, l'umanità inizierà a scoprire che il principio del potere sta nel popolo,
nella dignità e diritto della persona umana; e che il potere statale, lo
Stato di diritto, si genera per una cessione di diritto da parte della persona
per la sua tutela e promozione; donde il principio di sovranità popolare; anche
e proprio allora la Chiesa cattolica non lo accetterà; non accetterà la
democrazia, che ancora da Pio IX nel famoso Sillabo (che è del
1864) è condannata.
Lo stesso tanto celebrato
Concilio Vaticano II non ha una vera comprensione per la il modello
democratico; ne parla come di una forma da accettare e lodare, con una certa
degnazione.
Tutto questo è più che
comprensibile. La Chiesa, o meglio la comunità ecclesiale è progettata dal
Cristo nel dettato evangelico come una comunità fraterna; ma già nel secondo
secolo è una Chiesa gerarchica che va sempre più accrescendo i suoi centri di
potere fino (verso il Mille) al costituirsi del papato come potere supremo. Fa
suo il modello imperiale. Oggi è l'unico impero esistente, tutti gli altri
essendo caduti lungo il passato secolo; prima gl'imperi continentali poi gl'imperi
coloniali; mentre tutti i popoli (o quasi) raggiungono l'autonomia.
(13/02/016)
gennaio
A proposito di unioni libere e altri
problemi
di Arrigo
Colombo
La
questione delle unioni libere o coppie di fatto, come delle coppie omosessuali,
si trascina in Italia da decenni, mentre la più parte delle maggiori nazioni da
decenni o quasi l'ha risolta. L'ultimo tentativo fu quello di Prodi, nel suo
secondo governo, avversato fortemente dalla gerarchia cattolica che minacciò di
sospendere i parlamentari dai sacramenti. E anche adesso è il gruppo dei
cattolici del PD che oppone difficoltà ed eccezioni al tentativo del governo.
Si sa che il fenomeno delle
coppie di fatto è in espansione, che nel NordEuropa è al 50% delle unioni,
mentre al Centro è sul 30-35%, in Italia e Spagna sta sul 10-15. Dietro a
questa tendenza c'è un complesso insieme di fattori, tra cui dev'essere
considerato anzitutto il conflitto di coppia che porta alla separazione e al
divorzio; conflitto che per i figli è fonte di sofferenze, di nevrosi, di un
complesso disagio che porta poi alla sfiducia nel vincolo coniugale, vincolo
matrimoniale, matrimonio indissolubile della tradizione cattolica. Ma altri
importanti fattori storici intervengono, fattori dello sviluppo storico ed
umano: il principio della libertà personale, mentre s'indeboliscono i vincoli
di tradizione e di costume; l'emancipazione della donna, ancora in corso; il
principio dell'amore come fondamento del rapporto, che s'introduce col
Romanticismo, e che la Chiesa di fatto ignorava (si ricordino i tre fattori
dell'unione coniugale da essa teorizzati: procreazione, aiuto mutuo, rimedio
alla concupiscenza: dove manca proprio l'amore; un fatto di estrema gravità se
si pensa che l'amore è al centro dell'annunzio evangelico; e v'era poi, lungo
tutta quella tradizione, la condanna della sessualità come male).
L'indissolubilità del
matrimonio, poi, si lega anche alla tendenza dogmatica e costrittiva della
Chiesa, che promana dalla sua struttura gerarchica e dispotica. Il testo
evangelico, infatti, per quanto sia forte, ammette almeno un'eccezione, quella
dell'adulterio, cioè di un altro rapporto, transitorio o meno; che è poi, in
realtà, la causa maggiore dei conflitti di coppia, come delle separazioni e
divorzi; tradizionalmente facile da parte del maschio, della sua pretesa
di superiorità, di possesso e dominio della donna;. A parte il fatto che una
corrente teologica – tra cui il maggior moralista cattolico del '900, Bernhard
Häring – tende a considerare il testo evangelico non come un precetto ma come
un ideale proposto all'umanità; considerando la finitudine e precarietà
dell'essere umano, e quindi l'intrinseca difficoltà di un rapporto di coppia
indissolubile.
Su questa complessa
situazione interviene a un certo momento lo Stato, col Patto civile di
solidarietà; interviene per salvaguardare comunque alcuni diritti della coppia;
ma insieme, con un vincolo giuridico, la rafforza. Questo si sta ora cercando
d'introdurre in Italia, dove ancora manca.
E deve valere anche per le
coppie omosessuali, una volta che si è compreso che l'omosessualità non è un
vizio ma una diversa forma nell'impianto o nel costituirsi della natura e
persona; che non ha alcuna valenza morale-immorale; e che la coppia omosessuale
è un analogo dell'etero (l'analogia è molto ben conosciuta nell'ambiente
ecclesiastico e teologico); e secondo l'importante documento dei teologi
americani (di una commissione istituita dall'episcopato per una revisione di
tutta l'etica sessuale) dev'essere riconosciuta e anche benedetta in una
chiesa.
È un analogo della
famiglia; non si capisce perché non possa com'essa avere figli, adottarli,
crescerli, educarli. Ciò che conta per i figli è – come dicono i pedagogisti –
il «nido d'amore»; oltre, si capisce, all'onestà dei genitori. Ma ecco che oggi
i parlamentari cattolici, anche di Sinistra, si oppongono all'adozione.
Si tratta di compiere,
forse, l'ultimo passo nel processo d'integrazione dell'omosessualità. Se si
pensa che nel medioevo cristiano veniva considerata un vizio gravissimo e
punita col rogo. Un misfatto di cui la Chiesa porta la pesante responsabilità.
Come per i cosiddetti eretici. Di contro al precetto evangelico che vuole si
ami e benefichi anche il nemico, vero o supposto; di contro al principio
fraterno che dovrebbe presiedere all'intero comportamento umano; ecco che la
Chiesa, invece, nega la libertà di coscienza, e ignora il rapporto fraterno che
è la nuova e unica norma che il Cristo le ha dato.
(25/01/016 -
Nuovo Quotidiano di Puglia, 19/01/016 )
http://cgi-serv.digiland.it/Count.cgi?df=ColomboUtopia&dd=C