8 settembre 1943

Pietro BADOGLIO

 Alle ore 20.45 dai microfoni della radio il Maresciallo d'Italia Pietro BADOGLIO legge alla nazione il seguente proclama: "Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, Comandante in capo delle Forze Alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto d'ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza".

Un fremito percorre l'Italia intera. L'incubo iniziato il 10 giugno 1940 sembra finito. La fine della guerra però è ancora lunga a venire e forse le pagine più  tremende della storia italiana devono ancora essere scritte.

 

Come si è arrivati all'armistizio

Da parte alleata già il 21 agosto '40 (solo due mesi dopo l'ingresso in guerra dell'Italia) il Foreign Office (Ministero degli Esteri inglese) nel suo documento analitico "Strategie future" individua nell'Italia l'anello debole dell'Asse e proponeva di trattare una pace separata con noi.

A più riprese gli Alleati avevano invitato Mussolini ad assumere una posizione di neutralità (19.3.40 Galeazzo Ciano incontra il Sottosegretario di Stato americano; 1.5.40 Roosvelt invita caldamente Mussolini a non entrare in guerra; 15.5.40 nuovamente Roosvelt invita Mussolini a restare neutrale; 16.5.40 Churchill scrive a Mussolini).

Il Duce decise da solo l'entrata in guerra senza informare né il Gran Consiglio del Fascio né le Camere. Il Re, non favorevole al conflitto, avvallò tale decisione pur conoscendo il disastrato stato disastrato in cui versavano le nostre forze armate.

Dei tentativi d'agganciare gli Alleati c'erano stati nell'autunno del '42 condotti dal Duca Aimone d'Aosta, dalla Principessa Maria Josè, da Badoglio, da Caviglia e da Bastianini ma non portarono a nessuna trattativa perchè o restarono a livello embrionale d'idea oppure gli inviati non vennero considerati dagli Alleati.

La prima opportunità d'uscire dal conflitto si presentò nella primavera del '43. Già in quel periodo il problema dell'Italia non era "se e come continuare la guerra" ma era quello di "come uscirne prima possibile".

Mussolini ormai si sente indissolubilmente legato a Hitler, chiede a più riprese aiuto all'alleato teutonico ma non ottiene risposta. Il Capo di Stato Maggiore gen. Ambrosio ebbe a dire: "la Germania pensa alla sua guerra e non agli interessi dell'Italia che sono ormai compromessi in maniera decisiva. In sostanza io non sono d'accordo con l'euforia del Duce. Non abbiamo avuto nulla e nulla avremo."

Il susseguirsi d'insuccessi da El Alamein, la perdita della Libia, la disastrosa ritirata dell'ARMIR dal fronte russo hanno indebolito notevolmente la posizione di Mussolini tanto che Badoglio alle sua spalle, con l'appoggio del Re, stava tramando per rimuoverlo dal potere.

Il distacco del paese da Mussolini e dal fascismo era ormai compiuto e l'alleanza con la Germania -alleanza mal sopportata dal popolo- veniva giudicata come l'origine dei mali dell'Italia.

Il piano del gen. Ambrosio prevedeva d'uscire dalla guerra nei primi 15 giorni di maggio subito dopo la perdita della Tunisia (13 maggio '43) quando in Italia erano presenti poche divisioni tedesche. Il Re non approvò in quanto voleva si la fine della guerra ma con Mussolini, non senza e meno ancora contro il Duce.

Il 24 luglio si riunisce il Gran Consiglio del Fascio e il giorno dopo viene votata la mozione Grandi che sfiducia il Duce stesso. Nel pomeriggio Mussolini viene ricevuto dal Re che gli fa capire che la situazione per lui è compromessa, accetta le dimissioni da Capo del Governo e lo fa arrestare.

Un normale avvicendamento di Primi Ministri. L'arresto del Duce rimase il capolavoro politico di Vittorio Emanuele che, dopo aver accettato per un ventennio la dittatura fascista, restando chiuso nella sua collezione di cifre e di dati, al momento della crisi, quando il crollo militare ed il caos politico stavano travolgendo il paese, evitò, momentaneamente, la condanna della Monarchia come sostenitrice e complice del regime fascista.

Badoglio tentò di guadagnar tempo nei confronti dell'alleato tedesco ed intraprese accordi segreti con gli Alleati.

Vengono inviati segretamente ambasciatori in Spagna ed in Marocco a prendere contatti con gli Ambasciatori inglesi. Dalla Spagna fanno capire che l'Italia non è nelle condizioni di trattare ma solamente d'arrendersi per cui ogni trattativa viene rinviata ai militari.

Badoglio incarica quindi il generale Castellano a recarsi in Spagna a trattare con il Comando Alleato.

Castellano giunto in Spagna si trova innanzi il delegato del gen. Eisenhower che gli consegna una bozza dell'Armistizio che gli Alleati avevano già preparato. All'Armistizio viene allegata anche una nota (riferita all'incontro tenuto nel Canada tra Churchill e Roosvelt) con la quale gli Alleati dichiarano di poter rivalutare la posizione dell'Italia nel caso in cui si schierasse contro i tedeschi.

Castellano si accorge che su quella bozza non ci sono margini di trattativa e rientra in Italia.

Nel frattempo il Governo italiano ed il Re continuano a tenere un atteggiamento ambiguo con i tedeschi continuando a garantire la fedeltà. Agli Alleati viene richiesto che in concomitanza con l'annuncio dell'Armistizio ci sia uno sbarco alleato nei pressi della Capitale.

L'Armistizio "corto" viene firmato nel tardo pomeriggio del 3 settembre a Cassabile vicino a Siracusa, nei pressi della chiesa parrocchiale.

la firma dell'Armistizio corto (in borghese il gen. Castellano, il gen. americano Bedell Smith sta firmando)

 

Gli Alleati vogliono che l'Armistizio venga annunciato il giorno 8 settembre, il Governo italiano s'illude che questo possa essere spostato al 12.

Nello stesso giorno, mentre Castellano firmava, Badoglio in un incontro al mattino alle ore 9,30 con l’Ambasciatore tedesco a Roma, che forse ha sentore di cosa sta accadendo, chiede con apprensioni quale sia l’atteggiamento dell’Italia, che Hitler è diffidente, e vuole sapere cosa bolla in pentola. Badoglio lo tranquillizza : "Sono il più vecchio generale d’Italia, mi chiamo Badoglio, mi riesce incomprensibile la diffidenza di Hitler; vi dò la mia parola d’onore che marceremo con voi fino in fondo, abbiate fiducia".

Anche il Re Vittorio Emanuele III, presente al colloquio, ribadisce la fedeltà e la lealtà nei confronti dell’alleato "Dica al Furher che l’Italia non capitolerà mai, è legata alla Germania per la vita e per la morte

 

Arriva il fatidico 8 settembre e gli Alleati non sentono alla radio italiano il proclama, alle 17.30 Radio Algeri nè dà notizia e alle 18 dichiara alla stessa radio: "The Italian Government has surrendered its Armed Forces unconditionally" (Il Governo italiano ha dato ordine alle sue forze armate di arrendersi senza condizioni)

 

download dell'Armistizio corto (zip)
download dell'Armistizio lungo (zip)
   

 

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