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Ho
solo 17 anni
di
Pasquale Colaps
Daniele alzati sono le sette. La voce di mia madre, come sveglia è
rassicurante, fa parte degli odori del mio letto, è inserita nel caffè
che arriva dopo pochi minuti, è la certezza del risveglio, mi sveglia mia
madre, lei mi vuole bene, lei ha sofferto per mettermi al mondo, devo
essergli riconoscente, avrebbe potuto abortire quando gli hanno detto che
avrebbe corso dei pericoli.
No, lei disse che avrebbe portato avanti la gravidanza, costi quel che
costi.
Si mi ha informato di quanti sacrifici ha fatto per me, nel dirmelo ha
pensato a me, a me solo, mi dice sempre: io lo dico per te, potevi non
nascere, invece... devi voler bene alla vita, e a Mamma. Mamma che bel
suono questa parola, un’aspirina sull’influenza, la tachipirina sulla
febbre alta, che bella parola Mamma.
Daniele è tardi devi alzarti, ah ricordati che oggi è sabato mi devi
portare la paga settimanale, certo lo so, mi ricordo che oggi è sabato,
ti devo duecento euro, d’accordo ci vediamo stasera, mi chiudo la porta
alle spalle, scendo scale conosciute, ciao Dante saluto il portiere, e un
secondo dopo penso già a come trovare i duecento euro.
Non lavoro, mia madre non lo sa, e io non posso dirglielo, (fa già tanti
sacrifici per me) Dani fatti venire qualche idea, potrei fare uno scippo,
è veloce rapido a basso rischio, no è contro i miei principi, Mamma dice
che bisogna stare sempre dalla parte dei più deboli, ci sono rapino un
piccolo supermercato di periferia, semplice, veloce, basta una pistola
giocattolo, magari ci trovo anche di più di duecento euro.
Individuo il supermercato, entro compro un barattolo di nutella, intanto
mi guardo intorno, ci sono solo due casse, non aperte contemporaneamente,
forse, solo nei giorni di maggiore afflusso le aprono tette e due, la
cassiera è grassa questo mi facilita, non ha neanche l’aria sveglia,
dietro il banco c’è una coppia di anziani, l’ideale, lenti nei
riflessi, la cassa è distanziata dal banco quanto basta per uscire in
fretta prima che dal banco qualcuno possa intervenire.
In questo quartiere nessuno mi conosce. Venendo ho anche controllato la
strada più sicura per il ritorno, arrivo con il motorino che lascio a
duecento metri dal supermercato, mi avvicino a piedi, entro, e in quel
momento sento mani in alto questa è una rapina, mi rendo conto che non
sono io a parlare, qualcuno mi ha preceduto, faccio per alzare le mani, si
alza anche il giubbotto, si vede il calcio della mia pistola, lui mi
guarda negli occhi, ricambio lo sguardo, apre la bocca e mi dice,
poliziotto volevi fare l’eroe, no veramente ero venuto, zitto stronzo,
non ti faccio guadagnare una medaglia sulla mia pelle, sento un gran
bruciore alla bocca dello stomaco, la maglietta bianca inizia a tingersi
di rosso, le gambe sono pesanti, mi muovo a fatica, cado in ginocchio, la
mia schiena si appoggia a un bancone, una pila di detersivi non mi
permette di scivolare, la vita mi sfugge, la proprietaria del negozio
urla, eroe ci voleva difendere. Mamma dice sempre, far del bene paga nella
vita. Sento le ultime forze lasciarmi, un pensiero mi abbatte, come dico a
MAMMA che non ho la paga settimanale da darle.
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Fregene
ore 11
Elena |