Io- Me- Medesimo/ Uno fra
tanti/ Descrivo con canti
Io-Me_Medesimo Uno fra tanti Descrivo con canti M’amavo or mi conservo Soltanto d’istinto E deploro la vita
da servo Sono zocchi Il mio nome è
gennaro Ho mille occhi E in bocca l’amaro |
Ignoro i colori Dell’alba felice E ne porto i dolori Nel nero profondo Agogno la luce E scruto perfino
nel fondo Un baglior ogni
tanto Mi tira in inganno E tosto finisce
l’incanto |
Or che notte Ancor più lunga Per l’oblio e senza
lotte Mi rifuggo nel
passato Alla ricerca dei
valori Ai quali ho fatto
onore E a veder dov’ho
sbagliato E se sono stato io E se sono stato mio E se sono sempre io O uno fra tanti In fila come i
fanti? |
Seguono
altri 40 versi……..Ma andiamo al finale
L”oggi”di sempre è
il mio futuro Non so mai qual è
il presente Ancor’ora che più
maturo Come ieri son
sempre assente Sol lo specchio Che vige l’oggi M’avverte che son vecchio |
Dov’è che son
rimasto Ma sarò poi mai
partito? Che complicato
impasto! Se il rifiuto del
percorso È dovuto a mal
partenza Rifaccio indietro il
corso A cercar la mia vera essenza |
.E forse il resto
della notte vivrò senza le
spine e andrò col cuore
dotto in pace nella luce
senza fine O come dal dubbio
antico All’origine il
ritorno Allor che non nato nel 1939 |
L’antefatto. Andò così
Comparvi un giorno
quaggiù, so anche da chi, ma non da dove. Non mi era concesso saperlo Era la notte del 17 gennaio 1939. Pioveva, il freddo bruciava le
ossa….e il mondo impazziva. |
Se non sono nato, che cos è questo posto?
E io chi / cosa sono? Perché poi a
sprazzi di lucidità ricordo. E vedo,
vedo… anche se confusamente, quel posto a me proibito. da dove fui sbarcato
in questo piccolo pianeta ai confini della galassia. Un’interferenza temporale? O una volontà precisa? E di chi? |
Un giorno prima di nascere, feci un sogno
Ero rilassato sulla schiena sospeso in un nero
indecifrabile, come in uno spazio cosmico. Senza volontà m’abbandonavo e mi lasciavo cadere dolcemente-.
Una forza inerziale attenuava però la
caduta. Ero in un equilibrio di forze opponenti, ma poi prevaleva il mio
peso. Rinunciatario e consapevole
della mia impotenza gravavo sempre più giù. M’avvidi poi di una rete sotto di me retta da due funi che
m’impedivano di precipitare, ma non mi sollevava. Mi reggeva soltanto e
dolcemente mi adagiava sul fondo. Ero ormai ad un punto di non ritorno per
sperare la risalita. E rinunciai completamente. Paradossalmente subito
m’invase una dolce e piacevolissima sensazione liberatoria, e immaginai
l’ignoto. Più giù , più giù, con serenità scendevo ancora. Fino ad
incontrare un altro indescrivibile elemento, che però non era liquido. Mi
sommergeva completamente e non esistevo
più. Di là. |
Un “Tempo” dopo
Mi
svegliai, almeno così credevo, ma non sapevo chi ero e nemmeno deve mi
trovavo. Sotto di me un cupo brontolio di voci inumane, a volte sussurranti e
a volta imploranti mi davano brividi Indescrivibili. Sopra
di me come uno schermo un cielo
nero, dove s’intravedeva appena una
timida luce spetrale che si muoveva lentamente verso di me. Tentai ribellarmi
dalla mia immobili- tà,
inutilmente. Cominciai allora con
cautela una lenta
perlustrazione con gli
occhi restando immobile. Niente,
nessun indizio intorno che
mi potesse dare
una risposta. La luce fioca e
lontana che investiva una minima speranza esplose in un
bagliore che si
riversò in un punto
indeterminato della volta nera. E intravidi
qualcosa; qualcosa di molto
familiare che mi
fece sperare. Ma fiamme
avide consumarono invadendo quell’illusione. L’aria calda tutt’intorno si si colmò
del tremendo stridare della distruzione. Soppravvenne
poi un cambiamento improvviso, e mi ritrovai come immerso in una luce
violacea in un’atmosfera fredda
e secca, e
caddi in un abbandono quasi
totale di rassegnazione e di pace. Il cervello semifunzionante tuttavia continuava a sforzarsi per
capire, senza però trovare risposta
alcuna. Allora scoraggiato smisi di pensare, ma una crescente paura mi
assalì: la paura dell’ignoto.
Chiusi gli occhi pe r un po’, e li
riaprii sperando d’essere vittima
di un incubo. La scena nera era sempre la stessa. Avevo sperato che sparisse permettendo alla
realtà di farsi strada attraverso l’illusione. Scoraggiato, mi sentii esposto ad un
pericolo vulnerabile e indifeso Dov’ero?
E perché? All’improvviso mi
resi conto che
c’era un’altra domanda ben
più importante che attendeva
risposta: Chi ero. Allora tentai una lenta perlustrazione del mio corpo che
non riuscivo nemmeno a
percepire. Tutt’intorno il
vuoto, solo il vuoto, nemmeno una piccola traccia di materia. Solo il
pensiero testimoniava che
quella era un’esistenza. Spaventato più che mai la domanda che mi
assalii immediatamente fu: Che cos’ero? |
L’intercettazione
Incorporeo
vagavo nell’etere alla deriva e sentii: “ Questo è inculcato di bene e di
giustizia, è dannoso per il grande gioco che non deve mai finire. Dev’essere
distrutto!” Silenzio…Poi un’altra voce pietosa aggiunse: “Diamogli un’altra
possibilità: mandiamolo lì dove il male è sovrano : potremmo
recuperarlo”. Ancora silenzio…Un
vortice improvviso m’avvolse e mi trasportò semicosciente verso un buio
profondo. Mi ritrovai in un chiuso, solo e inerme. Tutt’intorno immaginai
invisibili pareti. Riecco la voce: “Concesso” Intuii che fosse il verdetto. Ma non
accadeva niente per lunghissimo tempo. M’assalii allora un’ansia sfrenata e
istintivamente barcollavo nel buio lungo invalicabili pareti nel disperato
tentativo di scoprire una porta. Niente. Alla fine un varco cedette e fui
risucchiato giù, sempre più giù. |