Francesco Zardo – Commenti
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11.12.2001
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Il Medioevo | ||
Eo siniuri, s'eo fabello,
lo bostro audire combello: de questa bita interpello e ddell'altra bene spello. Poi k'enn altu m'encastello, ad altri bia renubello. Em meb'e[n]cendo flagello. Et arde la candela, s'è be libera, et altri mustra bia dellibera. Profondo, eh? Pure Giovanotti è riuscito a esprimere concetti un po' più complessi nel corso della sua opera omnia (es.: "Ti amo però scazziamo", nella canzone Raggio di sole). E pensare che Lucrezio, in un monumento di grandezza del pensiero umano come il suo De rerum natura scriveva una dozzina di secoli prima, in un metro regolare e accurato, cose come: Ignoratur enim quae sit natura animai,
nata sit an contra nascentibus insinuetur et simul intereat nobiscum morte dirempta an tenebras Orci visat vastasque lacunas an pecudes alias divinitus insinuet se... 'Si ignora infatti quale sia la natura dell'anima, se abbia una nascita o piuttosto si insinui in chi nasce e ugualmente abbia fine con noi, disgregata dalla morte, se possa vedere le tenebre e i profondi abissi dell'inferno o se si insinui per volere divino in altri animali...' L'altro giorno l'élite intellettuale italiana era radunata nel salotto di Bruno Vespa (Porta a porta), e vi si discuteva appunto di Harry Potter e degli annessi della magia, per dire, nell'attualità. Lucrezio e le sue riflessioni sulla natura dell'anima? Oblio e sepoltura, in favore di certi proclami assertori del mago Otelma e della Natalia Aspesi. Ma vorrei tornare alla mia necessariamente approssimata definizione del Medioevo, che in buona sostanza è un'epoca in cui il pensiero generale perdette una sua complessità e profondità. Le conseguenze? Lasciamo perdere le conseguenze culturali, politiche, ecc. Sul piano concreto, se nell'antica Roma tutte le città propriamente dette si definivano tali anche per la presenza e lo sviluppo di un sistema idrico, e di un'architettura che garantisse condizioni di igiene e ménage urbano relativamente dignitose, nel Medioevo anche un re o un potente finiva per dover cacare in una buca dietro il pollaio e lavarsi solo se cascava in un fiume per sbaglio. Altra conseguenza concreta? Peste ogni quindici anni, epidemie, piattole, tigna e caduta dei denti. Per dire. Insomma, il Medioevo si può definire così: un'epoca di mortificazione del pensiero umano e del dialogo fra persone, e una riduzione della capacità generale di organizzarsi. Gente che disegna figurette scachenniche per rappresentare il mondo, e anonimi che scrivono poesie più barbare delle canzoni degli Europe. E cacano dietro al pollaio. È lo stesso, oggi? Sì. Le prove sono dappertutto: basta accendere la televisione o sfogliare un quotidiano. Ma non mi piace usare sempre gli stessi esempi, prendermela sempre con Bruno Vespa o la pensatrice Oriana Fallaci, e cercherò allora di essere più puntuale, utilizzando la letteratura e la rappresentazione del mondo come lente. L'Ottocento e il primo Novecento sono per noi quello che è stato per il Medioevo la Roma imperiale: la pittura dell'Ottocento ha visto fiorire alcuni artisti e movimenti, non solo in Francia, che hanno concretamente rifondato e in modo profondo la rappresentazione del mondo e dell'uomo. Il pensiero e la letteratura, non parliamone. Carlo Marx era dell'Ottocento, e basterebbe. Ma lo erano anche Flaubert, Tolstoj, Dostoevskij, Zola. Se si va avanti troviamo Proust e Gramsci. Poi il precipizio morale: da Cézanne e Manet si passa a Keith Haring e Yoko Ono; da Leopardi e Goethe ad Alberoni e Scalfari. E via dicendo. Ora, chi ha visto la recente riduzione televisiva di Cuore, il noto romanzo di Edmondo De Amicis, sceneggiata e trasmessa da Canale 5, con Scarpati e la Anna Valle? Il libro (del 1886) aveva pregi e difetti, e non si discute, ma comunque forniva una rappresentazione elementare quanto schietta di un certo tipo di vita nell'Italia post risorgimentale. Che succedo oggi? Lo fanno su Canale 5, e gli sceneggiatori non solo rinunziano a tratteggiare la figura più memorabile e celebrata del romanzo, Franti, ma spiaccicano sopra il resto del testo una manata di carta da parati a fiori. Franti, un bambino cattivo, carattere a suo modo complesso e comunque arduo da concepire e descrivere, diventa uno che era un po' somaro e comunque (per contrappasso) forte a calcio. E il culmine narrativo della storia diventa, ti pare, una partitella di calcio, appunto. Sarebbe pedante criticare l'anacronismo e l'assenza (va da sé) dell'episodio nel testo deamicisiano. Ma la piattezza del procedimento è disarmante: Cuore? Che palle... Che ce mettemo? A partita! Daie. Medioevo, quindi. La difficoltà di rappresentare una serie di figure, per quanto siano in partenza elementari, portatrici di un contenuto propriamente critico della circostanza, per es. un bambino cattivo (fatto incompatibile con i cliché della Tv a colori) viene scavalcata e anzi piallata uniformando brutalmente il percorso narrativo all'orizzonte di attesa (presunto) dello spettatore contemporaneo. E quindi il calcio dappertutto. Fantasioso. Bravi. L'episodio descrive schematicamente tutto il tracollo culturale che portò all'avvento del Medioevo: oblio di un valore, fraintendimento, disgregazione, rappresentazione ultraelementare del valore stesso. Perdita di valori. Peste. Se non bastasse questo a dimostrare che siamo nuovamente nel Medioevo, potrà forse servire la natura schematica e rudimentale di questo mio stesso breve saggio, e della rozzezza della mia teoria sul Medioevo. E si badi che io ero uno che un tempo confidava generalmente nelle definizioni complesse, e nell'approccio analitico ai problemi. |
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