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L'invasione delle immagini nella nostra coscienza, quel
tratto umano che spinge gli individui a prendere una decisione piuttosto
che un'altra, sta diventando un tema che, civilmente, sento di dover sviluppare
con più cura di altri. Un tema urgente, per cui le coppie per dire
divorziano quando il marito incomincia a trascurare la moglie
per il solo fatto che la donna non è Emanuela Arcuri. O una moglie s'incazza
perché suo marito non è Maurizio Costanzo.
Invece di essere contenti.
Il mio giovedì italiano è stato come tutti i giorni della mia vita e della
vita di tutti invaso dalle immagini. Ne citerò quattro.
S'inaugura a Roma, alla
presenza solenne di alte autorità, una mostra antologica di Paul Cézanne,
probabilmente il più grande pittore del secondo Ottocento e quindi, vista
la felicità creativa e ideologica di quei tempi, forse il più grande pittore
della storia.
Vittoria Belvedere, per la prima volta in un prime time di Raiuno,
fa vedere una fica (la sua). È successo a Sanremo, verso le 21.15:
prontamente alla ragazza è stata data una pianta da sistemarsi in grembo,
e poi le hanno cambiato la gonna Armani trasparente sotto la quale, pressata
dalla diretta, si era dimenticata di mettere le mutande.
Quando hanno messo la pianta, ho cambiato canale: su Rete4 trasmettevano
il capolavoro di Stanley Kubrick, Barry Lyndon (1975). Per chi
non lo sapesse, il regista volle che tutto il film venisse girato utilizzando
esclusivamente illuminazione naturale.
Ho cominciato a leggere, infine, il libro di Giampiero Mughini La mia
generazione. Sembra che non c'entri niente, e invece c'entra.
Cominciamo
da qui: Giampiero Mughini è una persona colta e piuttosto intelligente,
e il suo libro è piacevole e onesto. L'immagine televisiva (cioè l'immagine
tout court) di questo signore stride però molto spesso con tutte
queste qualità. Siccome ho violato il copyright ormai decine di volte
sulle pagine di Zardo.org mi sembra più che legittimo riportare un brano
del libro che sostiene un po' le mie teorie sull'invasione dell'immagine.
Riflettendo su sé stesso e la sua natura personale Mughini scrive: "È
successo [...] che la cosa più privata della mia vita [...] ossia quella
mia abitudine di starmene da solo a guarardare in Tv una o due partite
di calcio alla settimana, è divenuto il tratto più connotante della mia
identità pubblica. Moltissimi che mi avvicinano credono che io pensi ai
rigori e ai dribbling tutt'e 24 le ore della giornata".
Vogliamo
passare a Cézanne? Se fosse ancora vivo, il pittore francese avrebbe oggi
163 anni: impossibile. Ho già parlato del precipizio che ha strangolato
l'arte figurativa negli ultimi anni, e forse ho già fatto cenno alla maturità
e alla consapevolezza espressa invece da artisti, scrittori, intellettuali
nell'ultima parte del Diciannovesimo secolo e nella prima parte del Ventesimo.
Ebbene, le tele di Cézanne sono state commentate e apprezzate da diversi
critici, hanno un più che discreto mercato, e avere un disegnetto dell'artista
mi solleverebbe da numerose preoccupazioni connesse al fatto che Zardo.org
è un prodotto gratuito e pertanto non redditizio. Ma voglio dire anche
io la mia sul maestro provenzale: prima o poi lo farò, forse dopo aver
visto la mostra.
Punto
terzo: Barry Lyndon. È noto, come dicevo poc'anzi, che il film
è girato interamente senza il sostegno di luce artificiale: le scene di
interni notturni, a lume di candela, vennero filmate tramite un obiettivo,
creato dalla Zeiss espressamente per questo film, a luminosità 0,7 (il
doppio, per capirsi, della capacità dell'occhio umano di ricevere
luce). Una cosa che non molti sanno è che per i costumi, in buona parte,
furono impiegati autentici vestiti d'epoca. Invece di continuare a esaltare
la ricerca formale di Kubrick, faccio presente che ho visto i primi trenta
minuti del film con mia madre. A un certo punto le ho annunciato: «Mamma,
io vorrei essere come Barry Lyndon...» Siccome lui aveva appena fatto
un duello con le pistole, mia madre, che come molte madri è avvinta e
soverchiata da preoccupazioni eccessive sull'incolumità dei figli, si
è tutta agitata: «Ecco... Ci mancava anche questa... Devi farmi stare
in ansia...».
Credo
che tutti questi episodi possano aiutarci, in qualche modo, a capire come
la nostra capacità di prendere decisioni sia giorno dopo giorno sempre
più oppressa da immagini, immagini, immagini, cui diamo nel corso dei
nostri pensieri un'importanza maggiore delle tante cose reali che ci circondano.
Reali e spesso dimenticate.
Concludo il discorso facendo presente che ancora oggi la mia maggiore
preoccupazione, fra tutte le cose che ho descritto, riguarda la gnocca
di Vittoria Belvedere, un cardine inevitabile del pensiero moderno, che
stavo quasi per trascurare in questo mio saggio sull'immagine e il potere
che essa esercita sulle nostre coscienze.
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