PROFILO BIOGRAFICO

DI ALBERTO ZANVERDIANI:

Trieste, 26-IX-1894 - Venezia, 28-VI-1977

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alberto Zanverdiani

 

AZ, fine XIX secolo

 

 

 

 

   Nasce a Trieste nel 1894, figlio unico di Virginia Cella e di Alberto Zavadlan (1872-1956), imprenditore nel campo della falegnameria e della lavorazione artistica del legno, restauratore ed insegnante in corsi di formazione professionale. Fin dall’ambiente familiare, l’artista acquisisce quindi approfondite conoscenze che spaziano dalle cosiddette arti minori e decorative, all’antiquario, all’arte, maturando al contempo una notevole capacità manuale nell’incisione e nella scultura del legno. La sua formazione avviene, per di più, in una città all'apice dell'esperienza culturale centroeuropea crocevia di commerci e sede privilegiata per l'incontro di genti, nazioni e confessioni religiose diverse. In ambito scolastico, ottiene il diploma magistrale a Capodistria e la maturità classica a Trieste. Viaggia in Italia e in Austria, dove inoltre studia all’Accademia viennese.

Nel 1914 inizia a dedicarsi all’incisione xilografica; datati 1913, si conservano alcuni suoi disegni a penna, i quali già evidenziano un deciso carattere grafico. Di convinzioni irredentiste, nel 1915, viene internato in un campo-ospedale austriaco, presso Graz.

Avvenuta la liberazione e l'annessione del capoluogo giuliano all'Italia, modifica l'originale cognome, ancora presente nelle prime pubblicazioni, mentre immutata rimane la sigla AZ, apposta a contrassegnare l'opera grafica. Esegue nel 1919 le illustrazioni per il primo libro italiano edito a Trieste dopo l'unificazione: la lirica Paolo e Francesca del poeta Mario Todeschini, in arte Morello Torrespini (1885-1960), pubblicazione esposta al Museum of Modern Art di New York, in occasione della mostra The Artists and the Book in Twentieth-Century Italy (1992). Prima e dopo la Grande Guerra partecipa fattivamente alla vita sociale e culturale della città, offrendo anche la propria opera gratuita di insegnamento, con il padre, a giovani e meno giovani in difficoltà per carenze culturali o fisiche.

Per conseguire il titolo accademico italiano, con l'abilitazione all'insegnamento delle discipline del disegno, studia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, città che proprio in quel periodo, grazie all’innovatrice e instancabile azione editoriale di Cesare Ratta (1857-1938), diviene centro di coagulo e promozione della nuova arte grafica italiana del Novecento. Successivamente, dagli anni ‘20 fino agli anni '50, mettendo a frutto i titoli di studio conseguiti, svolge attività didattica nella sua città natale, in scuole di diverso ordine e grado. Nel 1922 sposa Elisa Cosetti (1903–1957), già sua allieva, da cui avrà tre figli.

Agli anni ’20-’30 risale la parte preponderante della sua produzione artistica; il critico d’arte ed incisore Luigi Servolini (1906–1981) riteneva che tra la svariate tecniche figurative praticate dall’artista proprio la xilografia rispondesse maggiormente alle sue intrinseche qualità, esprimendo precisione di disegno, disinvoltura e efficacia nell’incisione del legno con la sgorbia (Servolini 1930). Nel suo approccio alla grafica d’arte si osserva un deciso distacco da ogni accademismo di maniera, in un linguaggio caratterizzato sia da una moderna sintesi grafica, condotta tramite l'essenzialità del segno, sia dal fluire di virtuosistici intrecci vegetali e fiammeggianti, non mancando gli accenti talvolta espressionisti rimarcati dal segno più spigoloso. A dire ancora del Servolini, a partire dal 1924 modifica i caratteri della tecnica incisoria “ricercando intensamente il chiaroscuro” (Servolini 1955).

Il fervido interesse per i manufatti d'arte portano l’artista ad accumulare una tale esperienza da essere interpellato per perizie, sia su oggetti d'arredo che su opere pittoriche. Altrettanto viva è la sua passione per i classici e il purismo della lingua italiana e per la letteratura tedesca;non gli manca, inoltre, la curiosità per le scienze naturalistiche. Nell'insieme, un importante bagaglio culturale che sfocia nella approfondita opera di comunicazione propria della professione d’insegnante.

La produzione exlibristica dell’artista evidenzia, almeno in parte, i suoi rapporti con gli ambienti culturali cittadini, attraverso il ricordo di personaggi che, in ambiti diversi, incisero fortemente nella vita della città tra le due guerre mondiali. In questi anni emerge nella sua pittura l'adesione ai modi che contrassegnano il Novecento italiano, come nella poetica neorinascimentale che caratterizza un ritratto della moglie con la figlia primogenita; negli ex libris si osserva il ricorso a stilemi classici, oltre a decori fitomorfi spazianti dal Romanico al Gotico.

Sue opere, dipinti, incisioni con tecniche diverse e illustrazioni per libri d'arte, vengono richieste per esposizioni all'estero e da committenti privati o pubblici, come il Comune di Trieste. Infatti, prima delle demolizioni nella città vecchia iniziate nel 1934, realizza una serie di acquerelli documentanti le atmosfere delle antiche vie destinate per sempre a scomparire, tuttora conservati presso i musei cittadini, mentre un ciclo di vedute su tavola, dal medesimo tema, viene esibito (1937) nella nota Galleria Michelazzi di Trieste. In tale periodo lavora inoltre nell'ambito della grafica pubblicitaria (industrie Vernici Veneziani, Modiano, Vernici ICASA) e illustra alcune edizioni musicali, come i libretti del musicista Michele Eulambio (1881–1974). Espone ed ottiene riconoscimenti all'Esposizione d'Arte decorativa delle Tre Venezie e Orafa Nazionale di Vicenza (1922), alla prima Mostra Internazionale delle Arti Decorative tenutasi presso la Villa Reale di Monza (1923) e alla prima Esposizione Nazionale d'Arte decorativa e dell'Artigianato di Firenze (1923).

Dal 1924 al 1938 l'editore Ratta pubblica numerosi suoi lavori grafici; l'artista collabora con altri editori o stampatori: Licinio Cappelli di Bologna e Trieste, Giovanni e Vanni Scheiwiller di Milano, Smolars Arti grafiche e Dino Brasioli di Trieste, Corrado Ban attivo a Gorizia e Padova.

Nel 1931 e 1932 partecipa alla VII e VIIII Mostra Internazionale degli Ex-libris organizzata dalla The Book-plate Association Intemational a Los Angeles; sempre nel 1932 all'esposizione exlibristica di Saint-Raphaël (Varo) in Francia. Nel 1948 è presente, presso la Galleria Ranzini di Milano, alla Mostra collettiva dei pittori e scultori triestini.

Alberto Zanverdiani fu uno spirito caustico nella vita come nell'espressione artistica, dove non disdegnò la caricatura. Vivere il mondo dell'arte, se da un lato portò ai frequenti rapporti, sia epistolari che diretti, con pittori, editori, critici e collezionisti, al contempo, possiamo affermare, creasse quasi un microcosmo alternativo idealizzante, che purtroppo trovò drammatico contrappeso nelle tragiche vicende belliche del secondo conflitto mondiale, che lo videro ufficiale di un reparto di contraerea.

Nel 1945 la famiglia dell'artista si trasferisce a Venezia, ma dalla fine degli anni quaranta fino all'età del pensionamento, egli ritorna a lavorare a Trieste, sia nell'ambito dell'insegnamento che in quello artistico, partecipando a mostre cittadine (Circolo Artistico, Galleria Ierco). Contemporaneamente dipinge acquerelli e oli di vedute veneziane. Prosegue inoltre la produzione di raffinati lavori di miniatura, d'intaglio in legno e avorio, così come l'esecuzione di modelli in cera persa per gioielli. Dai primi anni '60, risedette prevalentemente presso Vienna, più precisamente a Klosterneuburg, dedicandosi alla pittura ad olio con soggetti raffiguranti i dintorni della capitale austriaca, trattando tuttavia anche temi veneziani e nature morte; trascorse gli ultimi due anni nella città lagunare, dove si spense nel 1977.

Dario Zanverdiani

 

 

 

Alberto Zanverdiani

 

AZ, fine XIX secolo

 

 

 

 

 

Alberto Zanverdiani

 

AZ, 1923

 

 

 

 

 

Alberto Zanverdiani

 

Ritratto di AZ, eseguito da

Adolfo Levier, 1947  (Sgubbi 2001).

 

 

 

 

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