2.
Le operazioni d’integrazione
Le operazioni relative all’integrazione del capitale e del reddito dell’impresa possono sinteticamente essere così enumerate:
1) la determinazione delle imposte sul reddito
2) la determinazione delle quote di TFR
3) la determinazione di altre spese future
4) la determinazione del «non ancora fatturato»
5) la determinazione di rischi futuri
6) la determinazione di «ratei» di costi o di ricavi
1) La determinazione delle imposte sul reddito
a) livello economico-aziendale
Una delle «classiche» operazioni di integrazione del capitale e del reddito dell’impresa riguarda la determinazione del «carico fiscale» gravante sulla gestione aziendale.
Nel sistema tributario italiano vi sono due grandi categorie di imposte che gravano sulla gestione aziendale:
a) imposte sul reddito
b) imposta sul valore aggiunto
Le imposte sul reddito e sul patrimonio (imposte dirette) gravano sul reddito d’impresa e nel caso delle società esse sono così configurate attualmente:
Iperg 36%
Irap 4,25%
Rispetto alla determinazione delle imposte sul reddito occorre tenere presente le disposizioni contenute nel DPR 916/86 (Testo unico delle Imposte sui redditi), valutando il carico fiscale di competenza dell’esercizio dopo aver determinato il cosiddetto «reddito fiscale».
Nell’economia dell’impresa il risultato dell’esercizio è determinato dalla contrapposizione fra i ricavi conseguiti e i costi sostenuti.
Il reddito fiscale è determinato invece dalla contrapposizione fra i componenti positivi ed i componenti negativi, tassativamente stabiliti dal richiamato Testo Unico.
In molti casi «ricavi» e «componenti positivi» coincidono così come coincidono «costi» e «componenti negativi» non dando così luogo a problemi di sorta ma in alcuni casi la coincidenza manca.
In particolare per i ricavi, fiscalmente, vale la distinzione:
a) Ricavi imponibili
b) Ricavi esenti
mentre per i costi vale la distinzione:
a) Costi detraibili
b) Costi non detraibili
da cui segue che il reddito fiscale sul quale vanno applicate le aliquote d’imposta è determinato dalla differenza fra i Ricavi imponibili ed i Costi detraibili.
Per semplicità e comodità d’esposizione si supponga che il conto economico di una società sia così configurato al termine di un esercizio:
Ricavi dalle vendite.............. £. 1.900.000.000
Scorte in magazzino ........... £. 300.000.000
Interessi attivi .................... £. 30.000.000
Plusvalenze diverse ............. £. 170.000.000
Totale dei ricavi ................... £. 2.400.000.000
Scorte iniziali ....................... £. 250.000.000
Materie prime ..................... £. 1.000.000.000
Costo del lavoro .................... £. 550.000.000
Servizi generali ................... £. 130.000.000
Ammortamenti .................... £. 270.000.000
Sopravvenienze passive ....... £. 60.000.000
Totale dei costi .................... £. 2.260.000.000
Utile conseguito (lordo) ..... £. 140.000.000
Al fine del calcolo delle imposte occorre esaminare quali siano i componenti positivi e quali quelli negativi del reddito al fine della determinazione del reddito imponibile.
Si supponga che nell’esempio fatto gli interessi costituiscano un «reddito esente» (perché ad esempio maturato su titoli del debito pubblico esenti dall’imposta) mentre tutti gli altri ricavi siano imponibili secondo quando disposto dal Tuir, si avrà pertanto:
Ricavi dalle vendite..................... £. 1.900.000.000
Scorte in magazzino .................. £. 300.000.000
Plusvalenze diverse .................... £. 170.000.000
Totale dei componenti positivi .... £. 2.370.000.000
Una disposizione del Testo Unico (l’art. 54, comma 4) dà la pos-sibilità al contribuente che realizza plusvalenze patrimoniali di scegliere fra la tassazione immediata e la tassazione ripartita in cinque «esercizi fiscali».
Scegliendo questa seconda ipotesi i componenti positivi del corrente esercizio diventano:
Ricavi dalle vendite..................... £. 1.900.000.000
Scorte in magazzino .................. £. 300.000.000
Plusvalenze diverse .................... £. 34.000.000
Totale dei componenti positivi .... £. 2.234.000.000
Si supponga ora che nella colonna dei costi l’impresa abbia imputato ammortamenti eccedenti le quote fiscalmente ammesse in detrazione per lire 40.000.000 (ancorché tali maggiori quote siano da considerarsi giustificate sotto il profilo economico). Inoltre la voce di costo «sopravvenienze passive» non è fiscalmente ammessa in detrazione in quanto non trova «inerenza fiscale» con i redditi prodotti nell’esercizio.
Con siffatte due rettifiche si ottiene:
Scorte iniziali ............................ £. 250.000.000
Materie prime .......................... £. 1.000.000.000
Costo del lavoro ......................... £. 550.000.000
Servizi generali ........................ £. 130.000.000
Ammortamenti ......................... £. 230.000.000
Totale dei componenti negativi ...... £. 2.160.000.000
e quindi il reddito imponibile sarà £. 74.000.000
e le imposte corrispondenti ....................... £. 39.368.000
(37% + 16,2% ) x 74.000.000
L’effetto immediato che si può rilevare è che a fronte di un tasso nominale d’imposta pari al 53,2% l’impresa è gravata da un «tasso effettivo d’imposta» pari al 28,12%.
Il carico fiscale così determinato lascia però ancora alcuni margini d’indagine in quanto deriva dalla contrapposizione fra componenti positivi e negativi non completamente omogenei fra di loro sotto il profilo degli effetti fiscali.
Infatti mentre i ricavi di natura finanziaria esenti per disposizione di legge esauriscono nell’esercizio corrente il loro effetto (positivo) le plusvalenze patrimoniali non costituiscono un reddito esente ma solo un reddito fiscalmente imputabile a più esercizi.
In termini più espliciti i ricavi esenti producono effetti «definitivi» sul reddito d’impresa mentre le plusvalenze ripartibili in più esercizi determinano solamente un «beneficio fiscale» temporaneo non esentando l’impresa dal pagamento delle imposte ma solo «spostando in avanti» il momento del versamento dei tributi dovuti.
Analogo ragionamento vale per quel che riguarda i costi.
Le sopravvenienze costituiscono un elemento con effetto «defini-tivo» sul reddito aziendale mentre gli ammortamenti non deducibili nel corrente esercizio lo saranno, seguendo le tabelle fiscali, nei prossimi.
In definitiva esistono componenti del reddito (positivi e negativi) con effetti «permanenti» e componenti (positivi e negativi») con effetti «temporanei».
La distinzione sopra fatta ha grande rilievo sul piano economico in quanto consente di distinguere correttamente le imposte da versare e le imposte che invece gravano sul reddito corrente.
Le imposte da versare sono date dalla consueta contrapposizione:
Componenti positivi del reddito
- Componenti negativi del reddito
= Reddito imponibile
Le imposte di competenza dell’esercizio sono invece determinate dalla formula seguente:
Componenti positivi «permanenti» del reddito
- Componenti negativi «permanenti» del reddito
= Reddito dell’esercizio
Nel caso in esame si avrà:
Ricavi «permanenti» .......... £. 2.370.000.000
Costi «permanenti» ........... £. 2.200.000.000
Reddito corrente ................ £. 170.000.000
Imposte dell’esercizio ........ £. 90.440.000
Rispetto alle variazioni temporanee si ha invece la situazione se-guente:
Componenti positivi ............ £. 136.000.000
Componenti negativi ........... £. 40.000.000
Reddito «differito» ............. £. 96.000.000
Imposte «differite» .............. £. 51.072.000
Il tasso effettivo d’imposta è pertanto pari al 64,6%, determinato quindi dalle sole variazione permanenti del reddito.
b) livello della dinamica dei valori
Variazione economica
+ Imposte dell’esercizio ........ £. 90.440.000
Variazione finanziaria negativa «certa»
+ Fondo imposte dell’esercizio.... £. 39.368.000
Variazione finanziaria negativa «presunta»
+ Fondo imposte differite ...... £. 51.072.000
c) Livello della rappresentazione contabile
|
Patrimonio |
Aziendale |
|
Investimenti |
|
Finanziamenti |
|
|
|
Debiti
tributari Fondo
Imposte Differite |
39.368.000 51.072.000 |
|
Reddito |
Aziendale |
|
Costi |
|
Ricavi |
|
Imposte dell’esercizio |
90.440.000 |
|
|
Totali |
90.440.000 |
Totali |
90.440.000 |
2) La determinazione delle quote di TFR
a) Livello economico-aziendale
L’art. 2120 del c.c. stabilisce
che in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato il prestatore
di lavoro ha diritto ad
un trattamento di fine rapporto.
In tale
articolo le disposizioni prevedono anche la base del calcolo di siffatto
«trattamento». In particolare l’indennità è così articolata:
a) una quota «annuale»
data dal rapporto fra la retribu-zione lorda divisa per un coefficiente
fisso pari a 13,5;
b) una quota di rivalutazione da calcolare sul
pregresso sommando al 75% dell’indice ISTAT del «costo della vita» una
quota fissa pari all’1,5%.
Esempio:
Trattamento maturato al
31.12.1994 £. 500.000.000
Retribuzioni correnti
..........................
£. 1.620.000.000
Costo
della vita + 3%
da cui,
rivalutazione:
(3% x
75%) + 1,5% = 3,75%
Quota
corrente
.................................
£. 120.000.000
(1.620.000.000 / 13,5)
Quota
rivalutata
(500.000.000 x 3,75%) ................... £.
18.750.000
Totale
quota dell’anno in corso ......
£. 138.750.000
b)
Livello della dinamica aziendale
Variazione economica
+ Indennità
TFR
....................... £. 138.750.000
Variazione finanziaria
+ Trattamento di fine rapporto .... £.
138.750.000
b)
Livello della rappresentazione contabile
|
Patrimonio |
Aziendale |
|
Investimenti |
|
Finanziamenti |
|
|
|
Trattamento di Fine Rapporto
|
138.750.000 |
|
Reddito |
Aziendale |
|
Costi |
|
Ricavi |
|
Indennità di TFR |
138.750.000 |
|
|
Totali |
138.750.000 |
Totali |
138.750.000 |
3) La determinazione di altre spese future
a) Livello economico-aziendale
Le spese
future riguardano eventuali spese che l’azienda ritiene di sostenere negli
esercizi futuri ma che riguardano la produzione corrente, come ad esempio le
spese di manutenzione di impianti e macchinari, spese di ristrutturazione beni
mobili o immobili o, nel caso di società di capitali, di spese per compensi ad
amministratori e sindaci.
Dal
punto di vista economico si tratta di un costo di natura certa ma di
ammontare probabile che
necessita di un processo di valutazione direttamente connesso con la situazione
dell’impresa.
b)
Livello della dinamica aziendale
Supponiamo che nell’esercizio corrente siano determinate spese di
manutenzione macchinari da sostenere in esercizi futuri per £. 30.000.000 e che siano liquidati compensi ai
componenti del Collegio Sindacale per £.
25.000.000. La dinamica
aziendale sarà la seguente:
Spese
di manutenzione
Variazione economica negativa
+ Spese di manutenzione £. 30.000.000
Variazione finanziaria passiva
+ Fondo spese manutenzione £. 30.000.000
Compensi
al Collegio Sindacale
Variazione economica negativa
+ Compensi ai Sindaci £. 25.000.000
Variazione finanziaria negativa
+ Debiti verso Sindaci £. 25.000.000
c) Livello
della rappresentazione contabile
|
Patrimonio |
Aziendale |
|
Investimenti |
|
Finanziamenti |
|
|
|
Fondo manut. Debiti verso Sindaci |
30.000.000 25.000.000 |
|
Reddito |
Aziendale |
|
Costi |
|
Ricavi |
|
Costi di manut. Compensi ai Sindaci |
30.000.000 25.000.000 |
|
|
Totali |
55.000.000 |
Totali |
55.000.000 |
4) La
determinazione del non ancora
fatturato
a) Livello
economico aziendale
Alla
data della chiusura dell’esercizio molte delle operazioni aziendali sono in corso e protraggono i loro
effetti nell’esercizio seguente. Fra
queste operazioni ve ne sono due caratteristiche che riguardano l’acquisto di
merci o prodotti per il quale l’azienda non ha ancora ricevuto la fattura dal
fornitore o, similmente, la vendita di merci o prodotti per i quali non è
ancora stata emessa la relativa fattura al cliente.
Nel caso
dell’acquisto di prodotti, di merci o di servizi si tratta di costi relativi
all’esercizio in corso per i quali, tuttavia, non vi è ancora, per ragioni
amministrative, il documento attestante l’acquisto effettuato (la fattura del
fornitore) e tuttavia essi sono entrati nell’economia dell’azienda determinando
in tal modo la necessità di una «integrazione» sia al capitale che al reddito.
Nel caso
di vendita di prodotti, di merci o di servizi si tratta di ricavi relativi
all’esercizio in corso per i quali l’azienda non ha ancora provveduto ad
emettere la relativa fattura.
La
valutazione dei costi (per le fatture da ricevere) o dei ricavi (per le fatture
da emettere) è in qualche modo «obbligata» nel senso che al corrente esercizio
devono essere imputate precisa-mente le quantità di competenza moltiplicate per
i rispettivi prezzi (di acquisto o di vendita).
b) Livello della
dinamica aziendale
Supponiamo che siano acquistati prodotti in una data pros-sima a quella della chiusura dell’esercizio e che
siano per il momento immagazzinati.
Quando verrà fatto l’inventario delle giacenze di fine esercizio quelle
quantità acquistate (e non ancora documentate da fattura del fornitore)
entreranno comunque a far parte del valore finale attribuito al magazzino
dell’impresa: questo solo fatto impone che sia preventivamente «integrato» il
costo di acquisizione dei prodotti al fine di non evidenziare nel patrimonio e
nel reddito dell’azienda un magazzino fittizio.
Supponiamo che i prodotti per i quali non è ancora pervenuta la fattura
ammontino a £. 50.000.000, la
dinamica relativa sarà la seguente:
a) Variazione economica
+ Costi di acquisto di prodotti £. 50.000.000
b) Variazione finanziaria
+ Debiti verso Fornitori per
Fatture da Ricevere
£. 50.000.000
Rispetto
alla voce di ricavo l’impresa si trova nella opposta condizione di aver venduto
un prodotto o fornito un servizio per i quali ha naturalmente sostenuto i
relativi costi di produzione: l’iscrizione del ricavo è quindi necessaria per
dare la corretta rappresentazione della produzione d’impresa, sia sotto il
profilo patrimoniale che quello economico.
Se i
prodotti venduti (o i servizi) hanno un valore pari a £. 100.000.000 la
dinamica relativa sarà la seguente:
a) Variazione Finanziaria
+ Crediti verso Clienti per
Fatture da Emettere
£. 100.000.000
b) Variazione Economica
+ Vendita di prodotti £. 100.000.000
(o
Prestazioni di servizi)
c) Livello
della rappresentazione contabile
|
Patrimonio |
Aziendale |
|
Investimenti |
|
Finanziamenti |
|
Fatture da emettere |
100.000.000 |
Fatture da ricevere |
50.000.000 |
|
Reddito |
Aziendale |
|
Costi |
|
Ricavi |
|
Acquisti di prodotti |
50.000.000 |
Vendite di Prodotti |
100.000.000 |
Totali |
150.000.000 |
Totali |
150.000.000 |
5) La determinazione di rischi futuri
a) Livello economico-aziendale
Il
problema della determinazione dei «rischi» è di carattere fondamentale
nell’intera economia aziendale, stante la conside-razione che l’attività
economica è per sua natura attività rischiosa.
Una
prima fonte di rischi deriva dal fatto che il conseguimento di un equilibrio
economico durevole è legato in modo necessario alla esistenza di un «ordine»
nella gestione, «ordine» che assume le configurazioni di:
a) sistematico, in riferimento
alle operazioni aziendali;
b) combinatorio, in riferimento
ai «rapporti» fra i diversi
fattori della produzione e al loro utilizzo;
c) di composizione, in
riferimento al rapporto fra le forze
«interne» e le forze «esterne» all’azienda.
Conseguenza immediata di questa classificazione e qualifica-zione
dell’ordine aziendale è l’esistenza, incessante, di un triplice rischio
operativo, vale a dire:
a) un rischio
sistematico
b) un rischio combinatorio
c) un rischio di composizione
Nella
formazione del capitale e del reddito aziendali i rischi concorrono, come già
detto, in modo incessante e per una corretta rappresentazione dei suddetti
capitale e reddito è estremamente necessario una ponderata valutazione dei
rischi che incombono (o possono incombere) sui medesimi.
Nell’economia aziendale vi sono due fondamentali tipi di ri-schi:
a) rischi di natura generica
b) rischi di natura specifica
Per i
rischi di natura generica non vi sono elementi certi né nella entità, né nel
momento in cui si tradurranno in «oneri certi» e né nel fatto che effettivamente tale «traduzione» si verifichi.
Il
fronteggiamento di questi rischi è corrispondentemente di natura generica e
consiste nell’accumulare una parte degli utili annuali in appositi «fondi»,
comunemente denominati «di riserva» attraverso i quali si accresce la solidità
patrimoniale dell’impresa.
Nel
linguaggio dei bilanci siffatti «fondi» non sono di norma classificati come
«fondi rischi» ma, come già detto, come «riserve».
Le
Riserve di bilancio costituiscono una categoria economica tipica delle imprese
organizzate in forma societaria ed una parte di esse sono obbligatorie per
disposizione di legge (ed assumono appunto la denominazione di «Riserva
legale»).
Le Riserve di Bilancio derivano la loro
consistenza da due fonti:
a) gli utili conseguiti
b) variazioni (di solito
straordinarie) negli elementi
dell’attivo o nei ricavi
Nel
primo caso si parla di riserve da utili, nel secondo di riserve patrimoniali.
Le
Riserva da utili e le Riserve patrimoniali, unitamente la Capitale Sociale,
costituiscono il cosiddetto Patrimonio Netto dell’azienda (o anche i «mezzi
propri»).
Per i
rischi di natura specifica l’incertezza è concentrata su un particolare
elemento del patrimonio (un credito, un prodotto in lavorazione, una merce in
magazzino, una partecipazione in altre imprese ecc....) ma di questo rischio non è nota né l’entità
né il momento in cui si verificherà.
In
questi casi si parla di oneri di natura certa o probabile dei quali è però
indeterminato, al momento della redazione del bilan-cio, l’ammontare.
Il problema
più rilevante che si pone rispetto ai rischi è la loro «partecipazione»
alla formazione dei risultati economici della gestione aziendale.
Da
questo punto di vista si possono distinguere due fasi distin-te:
a) la determinazione del
rischio
b) la sopportazione del costo
Le due
fasi relative ai rischi aziendali sono strettamente colle-gate fra di loro nel
senso che la determinazione del rischio confi-gura una «ipotesi» fondata su un
determinato grado di probabi-lità mentre la sopportazione del costo configura
il verificarsi del-l’ipotesi formulata.
La
trasformazione dei rischi in costi è un processo complesso che si manifesta
nell’ordine aziendale considerato nelle tre accezioni sopra richiamate. Se il
divenire aziendale si svolgesse comunque entro le previsioni formulate i rischi
aziendali sareb-bero assenti ed i costi della produzione sarebbero esattamente
quelli che compaiono nel consuntivo economico. Poiché nella realtà non si
verifica mai la coincidenza fra previsioni e consun-tivi il costo economico del rischio può essere
valutato come il maggior costo consuntivo rispetto alle previsioni formulate. Una corretta gestione aziendale deve quindi
prevedere la formula-zione di appositi piani aziendali che fissino il
cammino da percor-rere mentre l’amministrazione aziendale deve poi agire nel
senso di attenersi il più possibile ai programmi formulati.
E’
intuitivo che gli scostamenti dalle previsioni formulati possono essere non
solo «negativi» (maggiori costi o minori ricavi) ma anche di carattere positivo
(minori costi o maggiori ricavi) ma nella pratica la probabilità che si
verifichino scostamenti di segno negativo è sempre più alta rispetto a quella
che si verifichino scostamenti di segno positivo.
In ogni
caso la presenza di rischi specifici pone il problema del loro fronteggiamento
e l’azienda risolve tale fronteggiamento istituendo esercizio per esercizio
degli appositi «fondi» che hanno la funzione (almeno) di ripartire i costi
eventuali in più esercizi.
Una
volta stabilite le «quote di fronteggiamento» dei rischi possono verificarsi,
ovviamente, tre distinte ipotesi:
1° ipotesi:
L’entità dei danni subiti è esattamente pari alle quote stanziate in
bilancio. In tal caso significa che le previsioni formulate si sono realizzate
con esattezza per cui le quote stanziate determinano una «assenza di rischio».
2° ipotesi:
L’entità dei danni subiti è inferiore alle quote stanziate in bilancio.
In tal caso l’azienda sopporta un «costo del rischio» pari alla differenza fra
l’ammontare previsto e l’ammontare effettivo.
3° ipotesi:
L’entità dei danni subiti è superiore alle quote stanziate in bilancio.
In tal caso l’azienda si trova nella condizione di ricercare ulteriori mezzi
finanziari per fronteggiare il danno subito, con conseguente sopportazione di
costi ulteriori sia del danno in sé sia relativi alla ricerca di ulteriori
mezzi finanziari.
b) Livello
della dinamica aziendale
Supponiamo che una impresa esponga alla fine del periodo la seguente
situazione creditoria nei confronti dei propri clienti:
Cliente
«A».. ....................... 50.000.000
Cliente
«B»..........................
80.000.000
Cliente
«C»..........................
130.000.000
Cliente
«D» ........................
10.000.000
Totale
crediti .......................
270.000.000
I
crediti così esposti sono al «valore nominale» e non presen-
tano rischi se sono tutti immediatamente esigibili.
Qualora
però il cliente «D» sia insolvente (perché per esempio soggetto a procedura
fallimentare) l’azienda può considerare
non più esigibile o esigibile solo in parte il credito maturato. Se valuta che
l’intero credito sia «a rischio» (perché non assistito da nessuna garanzia
personale o reale) potrà ridurre in via
«precau-zionale» il valore dei crediti registrando una perdita (per il momento
solo «presenta» ancorché altamente probabile) sui crediti esigibili.
Il
movimento di valore relativo alla perdita di cui trattasi può essere così
espresso:
Variazione economica
+ Perdite presunte su crediti £. 10.000.000
Variazione rettificativa
+ Fondo rischi su crediti
£. 10.000.000
c) Livello della rappresentazione contabile
|
Patrimonio |
Aziendale |
|
Investimenti |
|
Finanziamenti |
|
|
|
Fondo
rischi su crediti |
10.000.000 |
|
Reddito |
Aziendale |
|
Costi |
|
Ricavi |
|
Perdite presunte su crediti |
10.000.000 |
|
|
Totali |
10.000.000 |
Totali |
10.000.000 |
6) La determinazione di «ratei» di costi o di ricavi
a) Livello economico-aziendale
La
chiusura dell’esercizio amministrativo avviene ad una data prestabilita,
solitamente fissata nel 31 dicembre. In quella data per effetto del decorso del
tempo l’azienda matura quote di costi o di ricavi che verranno pagati (i costi)
o riscossi (i ricavi) nell’esercizio successivo.
Tali
quote di costi o di ricavi assumano convenzionalmente la denominazione
«contabile» di ratei e rappresentano un
caso spe-cifico di integrazione del reddito aziendale.
Le
caratteristiche economiche dei
«ratei» sono essenzial-mente due:
a) la loro entità varia in
funzione del tempo
b)
la loro efficacia è limitata a due esercizi contigui
In
assenza di una delle due caratteristiche indicate il valore rappresentato non
può essere definito «rateo» nel suo senso proprio.
Le ipotesi
più comuni di «ratei» riguardano gli
interessi ma-turati sui titoli quando
il pagamento delle cedole avviene in date prefissate che non coincidono con
quelle dell’esercizio.
Esempio
Buoni
Pluriennali del Tesoro
Valore Nominale £. 100.000.000
Saggio
d’interesse
12%
Pagamento
cedole 1-4/1-10
Se l’esercizio viene chiuso con data 31 dicembre
l’azienda avrà maturato un credito per interessi pari ai giorni trascorsi dal 1
di ottobre al 31 di dicembre.
Il valore del rateo sarà pertanto:
Interesse
semestrale £. 6.000.000
6.000.000
Rateo
----------------- x 92
= 3.032.967
182
Analoghe
considerazioni valgono quando si tratta di quote di costi.
b) Livello della dinamica aziendale
1) Rateo «attivo»
Variazione finanziaria
+ Crediti (Ratei attivi) £. 3.032.967
Variazione economica
+ Interessi attivi £. 3.032.967
2) Rateo «passivo»
Variazione economica
+ Interessi passivi £. 3.032.967
Variazione finanziaria
+ Debiti (Ratei passivi) £. 3.032.967
c) Livello della rappresentazione contabile
|
Patrimonio |
Aziendale |
|
Investimenti |
|
Finanziamenti |
|
Ratei
attivi |
3.032.967 |
Ratei passivi |
3.032.967 |
|
Reddito |
Aziendale |
|
Costi |
|
Ricavi |
|
Interessi passivi |
3.032.967 |
Interessi attivi |
3.032.967 |
Totali |
6.065.934 |
Totali |
6.065.934 |