TESTO APPROVATO DALLA CONFERENZA UNIFICATA IN DATA 2 MARZO
LA RIORGANIZZAZIONE E IL POTENZIAMENTO DELL'EDUCAZIONE
PERMANENTE DEGLI ADULTI
1. Le linee di intervento nei paesi dell'Unione europea
Finalità e obiettivi dell'educazione degli adulti sono stati
definiti dalla Conferenza internazionale di Amburgo del luglio 1997
che, nella Dichiarazione finale, ha impegnato i Paesi membri a
realizzare i principi adottati, affinché l'educazione
permanente possa diventare una realtà significativa del XXI
secolo.
La Conferenza di Amburgo ha altresì riconosciuto il diritto
dell'adulto all'alfabetizzazione, cioè al conseguimento
delle conoscenze di base e delle abilità necessarie nella
società moderna in forte trasformazione, e il diritto
all'educazione e alla formazione permanente, rilevando come i
cambiamenti nel processo di produzione indotti anche dalla
globalizzazione e l'aumento della disoccupazione necessitano di
incisive politiche di investimento per fornire a tutti gli individui i
requisiti e le competenze utilizzabili nel mondo del lavoro.
In tutti i Paesi dell'Unione Europea, i processi di razionalizzazione
dei sistemi di educazione permanente sono negli ultimi anni fortemente
mirati ad obiettivi sociali: la lotta alla disoccupazione,
l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, il recupero del drop
out scolastico, l'integrazione sociale dei disabili e degli emarginati,
l'accoglienza degli immigrati.
Ad ogni livello della formazione e del lavoro, si punta sull'educazione
permanente come strumento fondamentale che, attraverso l'ampliamento
delle opportunità professionali, permetta a tutti i
cittadini una seconda chance non solo formativa ma anche nel lavoro.
Diversi Paesi dell'Unione hanno adottato l'idea di una
"società in formazione" che offra al cittadino migliori
opportunità di promozione del suo ruolo sociale soprattutto
attraverso l'acquisizione dei saperi, puntando a prevenire e
sconfiggere la disoccupazione, facendo leva su un'organizzazione
più efficace ed elastica dell'apprendimento, sia nel senso
di integrare l'educazione iniziale e quella continua con crediti e
certificazioni, sia con il superamento della divisione tra "cultura
generale" e abilità professionali.
La riorganizzazione dei percorsi formativi in senso permanente ha
portato i diversi Paesi europei a fronteggiare problemi abbastanza
simili quali il decentramento, il monitoraggio dell'offerta
occupazionale coordinato dalle istituzioni e dai partner sociali, il
conseguente orientamento di giovani e adulti su percorsi formativi ad
hoc, l'accreditamento e il controllo di qualità.
Sul versante dei curricula e delle certificazioni, i diversi sistemi
tendono comunque a garantire all'utenza la descrizione puntuale delle
competenze acquisibili nei programmi formativi e progressivamente
certificate, per assicurare il riconoscimento delle qualificazioni nel
mondo del lavoro, sul piano nazionale ed internazionale.
I percorsi formativi e gli insegnamenti si svolgono sempre
più frequentemente secondo moduli e la quantificazione in
crediti delle abilità raggiunte: un sistema particolarmente
adatto all'educazione continua perché consente di
tesaurizzare nel percorso educativo la professionalità
acquisita dall'adulto nel mondo del lavoro; di gestire con
flessibilità l'apprendimento, modellandolo su precise
esigenze formative, e di validare il processo di qualificazione con
test e prove intermedie.
Un problema di ordine generale, in tutti i Paesi, è il
manifestarsi di una domanda di formazione continua prevalentemente da
parte di lavoratori con qualifiche e specializzazioni medio-alte,
rispetto a quelli delle qualifiche medie e basse per i quali occorre
un'azione di stimolo e di promozione.
La realizzazione di queste linee di fondo ha richiesto il
coinvolgimento degli imprenditori e in generale dei partner sociali,
referenti indispensabili di un sistema che forma qualificazioni
professionali.
2. Aspetti socio-culturali
Le nozioni di educazione degli adulti, formazione continua, educazione
permanente hanno la loro genesi nella presa d'atto dell'inadeguatezza
di una concezione sequenziale dell'istruzione, secondo la quale "prima
si studia, poi, conclusi gli studi, si lavora", e mette in luce la
necessità di prefigurare "ritorni" nel sistema formativo
dopo periodi di lavoro e nel corso della vita. Soggetti che lasciano il
sistema formativo senza l'acquisizione di un titolo o di una qualifica,
accumulano, nel corso del tempo, vari deficit di conoscenza.
È ormai accertato che la popolazione con basso livello di
cultura e di scolarità usufruisce meno di altri dei servizi
sociali, è meno presente nelle strutture di partecipazione,
è fortemente esclusa dalla fruizione di momenti della
cultura colta, utilizza meno di altri le opportunità
formative, segue poco le trasmissioni televisive a contenuto culturale
e informativo.
Analisi recenti hanno mostrato come sussista uno stretto rapporto tra
quantità e qualità dell'istruzione ricevuta e
inserimento professionale. Da ciò anche la conferma della
necessità di aggredire il problema da più punti
al fine di rompere la relazione perversa di esclusioni diverse. Singole
azioni non determinano una politica, che invece, per le ragioni
esposte, necessita di scelte di ampio respiro non legate alle
contingenze, ma a prospettive di sviluppo connesse con un quadro di
riferimento nazionale, internazionale e locale.
L'apprendimento, come acquisizione di elementi cognitivi, esperienze,
capacità relazionali che permettono all'individuo di agire
positivamente in un contesto, è l'elemento fondante di ogni
inserimento sociale e professionale.
Appare logico porre una particolare attenzione sulle interazioni tra
sistema formativo e contesto sociale, nel complesso compito di
individuazione delle priorità di intervento possibile sul
piano educativo.
Le disuguaglianze sociali non sono però risolvibili solo con
l'aumento del livello di istruzione. Tuttavia, se l'istruzione non
è condizione sufficiente ai fini di una migliore
collocazione sociale o di occupazione, essa è spesso
condizione necessaria, in quanto i livelli di istruzione hanno un
rilievo fondamentale per l'inserimento professionale e, in senso lato,
sociale, sia in base all'utilità oggettiva, documentata dai
dati, della risorsa "sapere", sia in base alle percezioni degli
interessati riguardo alla formazione ed al lavoro.
Per i giovani la constatazione dell'inefficacia dei canali tradizionali
nel garantire l'inserimento sociale e occupazionale, la percezione
della crescente difficoltà di acquisire lo status di adulto
e i diritti ad esso legati, come quello di trovare un lavoro, avere una
casa propria, poter costituire una famiglia, ha indotto importanti
cambiamenti nelle percezioni collettive, in primo luogo nei valori
diffusi tra i giovani e quindi nelle loro strategie di vita.
In particolare, la constatazione delle carenze strutturali e
dell'inadeguatezza delle agenzie istituzionalmente preposte ha
comportato l'attribuzione di maggiore importanza, da parte dei giovani,
ai canali informali costituiti dalle reti di relazioni amicali e
parentali. L'associazionismo, i movimenti di base, il volontariato sono
fattori sostanziali di socializzazione, che nei contesti più
deprivati acquisiscono, non a caso, il carattere di risorsa essenziale.
Ogni persona cresce infatti attraverso una progressiva acquisizione di
saperi, esito della costante analisi, elaborazione, trasformazione
degli oggetti dell'esperienza.
La qualificazione professionale è l'esito di un processo di
formazione che non può essere esaurito in nessuna struttura
formativa, né può realizzarsi esclusivamente
nell'esercizio di una professione. Si configura, in modo differenziato
da persona a persona, come una risorsa individuale di conoscenze e di
competenze idonee a fare fronte a circostanze operative diverse nel
corso del tempo. Il percorso di qualificazione della maggior parte
delle persone non è, in sostanza, il risultato di un ordine
sequenziale di tragitti formativi programmati, organizzati, monitorati
e valutati. È viceversa un percorso accidentato in cui
esperienze diverse di istruzione formale e di pratica lavorativa si
alternano fra loro, in cui risorse cognitive di natura molto varia sono
progressivamente legate ai fini di una qualificazione.
La "bassa qualificazione" può essere definita come l'assenza
delle competenze idonee all'assolvimento di compiti definiti o
l'incapacità di stabilire, tra abilità necessarie
e saperi posseduti, dei legami per fare fronte a una situazione data.
La competenza indica, secondo una definizione di vocabolario la "piena
capacità di orientarsi in determinate questioni". Tale
definizione appare utile per chiarire come i "bassi livelli di
scolarità" vadano valutati attraverso ciò che le
persone sanno o non sanno fare in condizioni reali, piuttosto che
esprimendo giudizi fondati su categorie di tipo scolastico,
applicandole impropriamente a contesti che scolastici non sono. La
competenza professionale è come un insieme complesso e
articolato di abilità e capacità, esito di una
sintesi concettuale e operativa di aspetti teorici, legati, in parte, a
contenuti disciplinari, e di esperienze concrete. È l'esito
di una qualificazione sia iniziale sia continua.
La competenza è una variabile dipendente, interagente con il
contesto organizzato in cui si esplica. Assume una propria
caratterizzazione e dimensione negli ambiti particolari, nella sede
occupazionale, nei settori o nei segmenti produttivi in cui
è "situata".
In questa prospettiva, la "qualificazione" si precisa nella sua
dipendenza da conoscenze e abilità operanti in un contesto
dato.
Il valore attribuito alla partecipazione sociale e all'educazione
dipende dall'ambiente in cui l'individuo è vissuto o vive.
Gruppi politici, religiosi, sindacali, professionali ed altri sono o
meno per l'individuo gruppi di appartenenza e/o gruppi di riferimento.
Le persone apprendono a soddisfare le proprie esigenze sociali in
relazione ai gruppi in cui si riconoscono, sia perché ne
fanno parte, sia perché aspirano a entrarvi.
La partecipazione alla formazione non si realizza mediante tentativi
più o meno efficaci di influenzare e sensibilizzare il
singolo, ma operando in rapporto con le diverse aggregazioni sociali,
partendo da problemi che sono presenti sul territorio, con un impegno
collettivo, che vede coinvolte le diverse forze vive dell'ambiente.
La formazione, con le sue proposte e, entro limiti diversi, lo stesso
lavoro, possono non essere un bisogno primario. Il problema
è di valutare in che modo la formazione con le sue proposte
può favorire la soluzione di problemi che non sono di
formazione o di lavoro, in che modo si intrecciano interventi che
altrimenti resterebbero separati, senza produrre effetti possibili.
Rispetto ai soggetti di scarsa qualificazione il problema va posto in
termini relativamente simili, non tanto per gli aspetti psicologici,
quanto per il rilievo che in diverse fasi della vita assumono i
problemi dell'esistenza con cui l'orientamento deve interagire.
Una delle conseguenze più gravi degli esiti scolastici
negativi consiste nella sfiducia, da parte del soggetto poco
scolarizzato, nelle sue capacità cognitive. La sua
partecipazione scolastica costituisce un'esperienza nella quale ha
registrato, nel passato, un fallimento, un'esperienza che è
stata frustrante, che teme o non desidera, inconsciamente, ripetere.
Vi è un'autovalutazione di sé negativa rispetto
allo studio, accompagnata dalla percezione delle proprie carenze e
della propria inadeguatezza. L'esclusione dalla formazione in
età infantile determina forme di autoesclusione e di
esclusione in età successiva. Nel corso della vita di un
individuo, peraltro, i suoi ruoli sociali cambiano costantemente e con
essi i compiti che gli sono richiesti, le aspettative, le esigenze, i
bisogni. Un approccio globale ai problemi può consentire
l'individuazione di forme di discriminazione positiva e, nell'insieme,
spinte tese ad uguagliare le opportunità, che sono un
elemento cruciale nello sviluppo di un processo di orientamento
perché costringono a centrare l'analisi sulle
difficoltà dei processi di partecipazione.
La discriminazione positiva si realizza a vari livelli. L'ipotesi qui
formulata è che un coinvolgimento dell'ambiente sociale
inneschi un processo destinato ad accrescere le potenzialità
educative dell'ambiente stesso.
Qualunque intervento a favore di soggetti che esprimono una domanda di
formazione debole o inesistente richiede forme molteplici di intervento
per una sua attivazione: gli elementi di globalità e di
partecipazione positiva, se sono sempre presenti a vari livelli di
incisività, richiedono tempi lunghi per una partecipazione
massiccia delle fasce più svantaggiate.
Lo sviluppo della domanda si realizza rispondendo alla domanda iniziale
qualunque essa sia, ma prefigurando percorsi che facciano sentire il
bisogno di ulteriore impegno verso nuove esperienze. È in
questa ottica che va sviluppata l'educazione degli adulti, in forme
diverse per utenze potenziali diverse.
Le politiche educative e formative in età adulta sono
politiche sociali e quindi devono intervenire su tutte le forme di
esclusione e per tutte le fasce di età e fornire occasioni
di esercitare una cittadinanza attiva e partecipe in ogni fase della
vita, anche per le persone in situazione di handicap.
Occorre prevedere, pertanto, un collegamento tra educazione degli
adulti e momenti formativi, culturali e sociali tesi a valorizzare gli
anziani come risorse e diffondere a loro favore esperienze culturali,
perché non si creino situazioni di solitudine e di
emarginazione, specie per le donne anziane, che in passato
frequentemente hanno vissuto in maniera totalizzante le esigenze di
cura della famiglia.
3. Aspetti pedagogici
In questi ultimi tempi la riflessione pedagogica ha rivolto le sue
attenzioni all'organizzazione generale del modello che ha operato fino
ad oggi e l'ha ritenuto insufficiente per risolvere i nuovi problemi
che toccano il percorso formativo dei soggetti interessati.
La proposta che viene avanzata è tesa ad operare un
cambiamento. Nella visione generale del sistema tradizionale prima
doveva avvenire la formazione "intellettuale" alla quale doveva seguire
la formazione professionale. Prima ci si doveva formare
intellettualmente per poi poter operare concretamente.
La struttura formativa generale era pertanto caratterizzata dalla
preminenza delle conoscenze rispetto alle competenze intese sia come
capacità sia soprattutto come abilità.
Nello specifico del modello scolastico della scuola secondaria
superiore, gli istituti tecnici generavano prevalentemente
capacità e quelli professionali tendevano ad accentuare le
abilità; il tutto era normalmente preceduto da un percorso
di studi a carattere conoscitivo per tutti fino alla conclusione della
scuola dell'obbligo.
Tutta la cultura del paese ha comunque vissuto sulla costruzione
istituzionale di un'idea molto semplice: la concettualizzazione doveva
precedere l'operazione o l'applicazione, anzi essa era la condizione
indispensabile per poter operare. Maggiore era il possesso della
concettualizzazione, maggiore sarebbe stata la possibilità
di una operazione. Il percorso formativo si sostanziava così
di una forma prolungata di studio demandando l'applicazione alla fase
successiva, quella del cosiddetto "mondo del lavoro".
Il mondo del lavoro, da parte sua, non dimostrava particolare
gradimento per questa scelta ritenendo che, per alcune di queste
formazioni, in particolare, non ci fossero più le condizioni
per ritenere che le conoscenze che venivano indicate fossero adeguate
alle evolute richieste dell'attività produttiva. Si
consolidava sempre più l'idea che fosse ormai giunto il
tempo di pensare diversamente l'approccio alla formazione. L'inversione
di tendenza doveva pertanto riguardare sia i contenuti sia i loro tempi
di apprendimento.
A questi due elementi se ne aggiungeva però un altro. Era
difficile pensare ad una revisione del sistema generale senza un nuovo
punto di vista, cioè non appariva più sufficiente
nemmeno diminuire il numero delle informazioni necessarie e ridurre i
tempi di frequenza. Si trattava di qualificare in maniera differente il
percorso di formazione.
L'opzione pedagogica
La riflessione sul nuovo concentra la sua attenzione su una ipotesi
integrata sia per l'aspetto istituzionale e organizzativo sia per
quello contenutistico-conoscitivo.
Vari sono gli elementi che vengono introdotti e che qualificano la
nuova opzione, ma per il fatto che sono ritenuti importanti ed
essenziali rappresentano i valori intorno ai quali costruire il nuovo
modello. Resta, comunque, l'opzione pedagogica il punto centrale che
assegna un nuovo significato a queste componenti ed essa è
basata sul concetto di relazione.
Con questa scelta vengono affrontate diversamente le dicotomie
classiche: studio-lavoro,
intellettualità-manualità, formazione basilare
formazione tecnica professionale- cittadinanza.
Lo studio è certamente un valore acquisito; è
sempre stato un valore, anche se nel passato solo per pochi. Oggi
è definitivamente considerato un valore essenziale per
tutti. Il problema da affrontare non riguarda tanto il valore dello
studio per tutti ma il rapporto che lo studio deve stabilire con un
altro valore, quello del lavoro. La novità non attiene
pertanto allo studio ma alla introduzione del concetto di lavoro nel
curricolo di studio come un concetto formativo essenziale per la
comprensione del lavoro stesso. In questa diversa visione del curricolo
il tema del lavoro rappresenta il fatto nuovo e contribuisce a definire
meglio il rapporto con altri contenuti e, soprattutto, con il valore
fondamentale: l'uomo e le sue operazioni nel mondo.
L'aspetto conoscitivo del lavoro riguarda una sola parte del tema,
l'altra attiene all'operatività reale, cioè alla
sua dinamica nel momento in cui esso si attua e agisce.
L'organizzazione della formazione deve pertanto stabilire, rispetto al
passato, un rapporto diverso col mondo del lavoro e con le sue
molteplici espressioni. Tra studio e lavoro sono individuabili una
serie di forme di collaborazione che possono rappresentare modelli
articolati di possibili modalità di relazione e di
conseguente apprendimento. Si può così entrare
nella logica della non identificazione dell'apprendimento con lo studio
soltanto, ma con diverse forme di studio-lavoro.
Per cui si può sostenere che lo studio è solo una
modalità della conoscenza e che per giungere meglio a
conoscere diventa indispensabile correlare le forme dello studio alle
forme del lavoro. Lo studio non è più la sola
condizione per conoscere. La conoscenza è il prodotto
dell'integrazione fra la dimensione teorica e quella operativa.
L'uomo è unità e nell'itinerario della sua
formazione tale unità deve essere costantemente mantenuta.
Si deve pertanto evitare di attuare forme di separazione che portino a
considerare periodi in cui sia presente la sola formazione
dell'intelletto seguiti da altri in cui sia solo presente la formazione
tecnica o operativa. La contestualità delle operazioni va
invece mantenuta durante l'arco della formazione in tutti i suoi
momenti. La formazione integrale dell'uomo, prima di essere un fatto
contenutistico, è una profonda opzione metodologica.
Sulla stessa linea di riflessione va collocata la distinzione tra
formazione di base e formazione tecnico-professionale.
Un altro elemento di questa nuova strategia formativa riguarda il
rapporto tra formazione, lavoro e "diritto di cittadinanza".
Occorre qui richiamare un fondamentale assunto costituzionale secondo
il quale la repubblica è "fondata sul lavoro". Questa
dichiarazione esprime in modo evidente il collegamento che esiste tra
lavoro e cittadinanza.
La costituzione ha inteso assegnare al lavoro un valore primario in
quanto riferito al modo col quale il soggetto, la persona, si colloca
con tutta la sua vita nell'ambiente produttivo e culturale.
Ciò che il lavoro oggi richiede, dal punto di vista
pedagogico, è di essere correlato in modo più
ravvicinato alla riflessività e quindi di essere in grado di
stabilire un diverso rapporto col mondo tradizionale dello studio.
Mentre alla scuola e alle diverse istituzioni formative si è
chiesto di essere più attente al tema del lavoro e al
relativo rapporto col mondo della produzione, al lavoro, oggi, si deve
chiedere di essere aperto alla riflessione sulle proprie operazioni e,
quindi, di considerare questo nuovo aspetto come elemento essenziale
del suo sviluppo qualitativo.
Il diritto di cittadinanza attraversa proprio questi momenti
fondamentali: il soggetto acquista il diritto al lavoro come diritto
alla sua umanizzazione attraverso la riflessività. Occorre
transitare dalla concezione del lavoro come strumento a quella del
lavoro come oggetto significativo per la propria umanizzazione. La
prima cittadinanza politica dell'uomo risponde a questa esigenza:
contribuire allo sviluppo sociale mediante l'umanizzazione del lavoro;
essa passa attraverso la riflessione e la consapevolezza. Questa appare
la fondamentale opzione politica intesa come partecipazione alla
costruzione sociale; per il soggetto che l'assume e la costruisce
è la sua essenziale e personale opzione pedagogica.
4. Le competenze alfabetiche: dimensioni politiche e
socio-culturali
L'alfabetizzazione funzionale
Recenti dati sulla scolarizzazione della forza lavoro mostrano una
forte necessità di arricchire e rafforzare l'area delle
competenze di base. È infatti difficile affrontare la vita
personale e professionale contando su un patrimonio di competenze di
base molto esiguo (metà della popolazione occupata
è composta da lavoratori privi di titolo, con licenza
elementare e al massimo con un livello di scolarità
obbligatoria).
La necessità di partecipare ad azioni educative in diversi
momenti della vita personale e lavorativa è un diritto cui
devono poter accedere ampie fasce di popolazione, con particolare
sviluppo delle misure di accoglienza per le fasce a forte rischio di
emarginazione sociale e produttiva in relazione alle
necessità di ristrutturare i propri progetti personali e
lavorativi.
L'avvio di un processo di "riscolarizzazione" in età adulta
deve considerare come prioritario il problema dei nuovi bisogni di
alfabetizzazione, collegati alla necessità di nuovi saperi e
nuovi linguaggi e dei modelli pedagogici per far fronte a tali
esigenze. Il sistema scolastico deve garantire anche per
l'età adulta la possibilità di acquisire i saperi
minimi necessari per collocarsi adeguatamente nella vita sociale e
produttiva.
Un ulteriore ambito di primaria importanza cui potrebbero in parte
rispondere le istituzioni scolastiche e l'offerta di momenti di
orientamento e counselling per facilitare il rientro nei percorsi
formativi, per sostenere gli esiti formativi e la
spendibilità, in raccordo con le altre strutture
territoriali a ciò preposte.
Il nuovo obbligo di istruzione e formazione
Il prolungamento a partire dal 2000 dell'obbligo di formazione a 18
anni, le disposizioni contenute nella legge 20 gennaio 1999 n.9 in
materia di modalità di assolvimento dell'obbligo di
istruzione elevato a nove anni, le norme sulla componente formativa dei
percorsi di apprendistato, definiscono alcune delle più
rilevanti aree di interazione tra le iniziative che lo Stato, le
Regioni e gli altri soggetti sociali e istituzionali operanti sul
territorio sono chiamati a svolgere nei riguardi della popolazione
giovanile compresa tra i 14 ed i 18 anni, la più colpita da
vasti fenomeni di dispersione scolastica, demotivazione,
disorientamento e difficile rapporto col mercato del lavoro. Su queste
materie esistono ormai i presupposti politici e legislativi per la
definizione di piani operativi che coinvolgano l'azione degli Istituti
di istruzione secondaria, e di quelli Professionali in particolare, i
più adatti ad interpretare e gestire la domanda di
istruzione e formazione orientata alla rapida transizione verso il
mondo del lavoro e/o a forme di alternanza tra studio e lavoro.
L'idea guida della "competenza"
L'idea guida che percorre e collega concettualmente le citate norme
è quella di "competenza", intesa come dimensione operativa
della formazione, uso finalizzato delle conoscenze, saper fare,
organizzare, decidere. Tale interpretazione della nozione di
"competenza", pur potendo trovare applicazioni utili ed efficaci anche
nell'ambito dei curricoli scolastici finalizzati all'acquisizione di
titoli di studio (soprattutto di tipo professionale e tecnico), si pone
sul terreno più ampiamente comprensivo del riconoscimento e
della valorizzazione delle diverse modalità, forme e stili
di apprendimento, realizzati o realizzabili anche al di fuori
dell'offerta educativa di tipo tradizionale: nei percorsi della
formazione professionale, nei luoghi di lavoro, in autoistruzione o
nell'educazione aperta e a distanza. In questo quadro si pongono con
urgenza problemi di riconoscimento e di interazione, integrazione e
circuitazione delle esperienze e dei risultati della formazione
comunque acquisita, con particolare attenzione alle varie forme di
educazione extrascolastica.
Nuovi alfabeti, nuovi analfabeti
Accanto all'esigenza di investire in modo più sistematico ed
efficace nella educazione e nella formazione iniziale di tutti i
giovani compresi nella citata fascia d'età 14-18 anni, in
modo da porre su più solide basi la prospettiva della
educazione permanente o Life-long, si pone oggi con forza in Italia,
come in tutti i Paesi economicamente e tecnologicamente avanzati, il
problema di far fronte ai problemi connessi al rapido sviluppo di nuovi
alfabeti, nuovi saperi e nuove esigenze formative.
Accanto agli ancora non risolti problemi di una più estesa
ed efficace alfabetizzazione primaria si pongono cioè
problemi nuovi di ri o neo-alfabetizzazione per larga parte della
popolazione adulta, e non solo in relazione alle competenze
professionali possedute: la formazione continua dei lavoratori esige
oggi l'acquisizione di competenze socio-relazionali, comunicative e
più ampiamente culturali che appaiono importanti quanto se
non più delle stesse competenze di tipo
tecnico-professionale.
Occorre perciò predisporre iniziative organiche di
alfabetizzazione funzionale rivolte agli adulti, occupati e non,
tenendo conto del fatto che in Italia i loro livelli medi di istruzione
sono più bassi di quelli che si registrano in altri Paesi
dell'area OCSE.
5. Obiettivi e strategie del Patto sociale per lo sviluppo e
l'occupazione
Il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione prevede - all'allegato
3 - l'impegno del Governo "... a predisporre un progetto specifico e
risorse mirate per la sperimentazione e la messa a regime di un sistema
di educazione per gli adulti, sul quale avviare il confronto e la
sperimentazione, d'intesa con le forze sociali e con le rappresentanze
delle Regioni e degli Enti locali. Tale progetto, da collocare
nell'ambito della formazione integrata, avrà caratteristiche
di integrazione, modularità, interdisciplinarietà
e flessibilità, per consentire percorsi formativi
personalizzati, e prevederà inoltre una certificazione
integrata e il riconoscimento di crediti, spendibili nei percorsi di
studio e nel mondo del lavoro".
"Per rispondere ai fabbisogni formativi dei lavoratori e delle aziende,
messi in evidenza dalle indagini realizzate dagli organismi bilaterali
costituiti tra le parti sociali, Governo e Regioni assicureranno
un'offerta formativa integrata tra Università, scuole e
agenzie di formazione professionale, che potrà trovare un
punto di riferimento nei Centri territoriali per l'educazione degli
adulti, opportunamente integrati dall'apporto delle strutture della
formazione professionale e dell'Università. Tale offerta
formativa sarà organizzata in modo da sostenere
l'inserimento lavorativo delle fasce deboli del mercato del lavoro."
"... In merito alla formazione esterna degli apprendisti nelle imprese
artigiane e nelle piccole imprese, il Governo si impegna a procedere
attraverso sperimentazioni concertate tra le forze sociali e le
istituzioni ai vari livelli, al fine di individuare percorsi e modelli
formativi idonei alla realtà dell'imprenditoria diffusa.
.... Per realizzare questi obiettivi Governo e Regioni si impegnano ad
assicurare la necessaria offerta formativa da parte delle strutture
della formazione professionale e della scuola, integrate fra loro. Il
Governo si impegna a promuovere un confronto con le parti sociali al
fine del più ampio utilizzo dell'apprendistato".
"Governo e parti sociali concordano sulla necessità di
estendere i tirocini formativi in tutti i percorsi di istruzione e
formazione, come strumento indispensabile di raccordo tra formazione e
lavoro, secondo le modalità stabilite dall'art. 18 della l.
196/97 e relativo decreto attuativo (progetti formativi concordati tra
strutture formative e aziende, tutoraggio, coinvolgimento di
istituzioni e parti sociali)".
"Il Governo intende favorire la ricerca di un accordo tra le parti
sociali volto a sperimentare meccanismi contrattuali che finalizzino
quote di riduzione di orario alla formazione dei lavoratori, anche
attraverso l'utilizzo delle 150 ore, l'utilizzo delle banche ore
annuali previste dai CCNL e ulteriori strumenti per consentire ai
lavoratori di accedere pienamente alle attività di
formazione continua e di educazione degli adulti".
"Il Governo, in questo quadro, intende agevolare interventi formativi
congiunti tra Regioni del Nord e del Mezzogiorno, in accordo con le
parti sociali, per consentire gli opportuni trasferimenti di conoscenze
ai fini dello sviluppo economico e sociale tra le diverse aree del
Paese".
Con il Patto sociale questi obiettivi e le strategie per conseguirli si
collocano in una nuova definizione della vocazione istituzionale del
sistema di EDA. Il diritto al sapere, nel nuovo contesto sociale ed
economico connesso alla globalizzazione, si amplia fino a divenire
diritto alla formazione per tutta la vita, quale precondizione sia per
la crescita culturale e civile della persona sia per l'accesso e la
permanenza nel mercato del lavoro.
La crescente complessità delle moderne società,
la flessibilità del mercato del lavoro ed i rapidi
cambiamenti dei contenuti delle professionalità
presuppongono livelli qualificati di cultura e di competenze,
aggiornate ed arricchite per consentire al soggetto non soltanto la
necessaria autonomia culturale, ma anche l'alternarsi di formazione e
lavoro, quale precondizione per difendere il diritto alla
qualità dell'occupazione e all'evoluzione dei percorsi
professionali.
In tale nuovo contesto, le conoscenze culturali e di base acquistano
maggiore centralità e si coniugano come elementi
pre-professionalizzanti, in grado di collegare la cultura al saper fare
ed ai contesti di vita e di lavoro. L'EDA diviene, pertanto, una
risorsa importante per lo sviluppo locale e per il recupero
dell'identità anche sociale del territorio.
Il ruolo dell'EDA si colloca, quindi, con chiarezza nell'ambito del
diritto di cittadinanza e come tale deve essere esplicitamente
confermato.
Anche nel nuovo contesto, viene confermato il ruolo tradizionalmente
svolto dall'EDA, quali le azioni formative rivolte alle fasce di utenti
più deboli o marginalizzate, il soddisfacimento di bisogni
culturali individuali, tra i quali rappresenta una priorità
il conseguimento del titolo di studio. Il recupero e l'acquisizione del
titolo di studio prevedono percorsi scolastici all'interno di una
strategia complessiva di integrazione che non può negare la
responsabilità della scuola in presenza di una specifica
esigenza di istruzione.
Come dichiarato nella Conferenza di Amburgo, l'EDA deve essere vista in
una prospettiva più ampia, orientata a diversi obiettivi,
dal recupero dei drop-out alla rimotivazione culturale e sociale,
all'inserimento dei giovani al mercato del lavoro, alla lotta alla
disoccupazione, nonché all'accoglienza di immigrati che
stanno diventando una presenza sempre più significativa nel
nostro Paese, assai rilevante in certe aree.
Occorre realizzare le condizioni per una offerta integrata e
flessibile, che, a cominciare dalla formazione collegata al lavoro e ad
altre tipologie educative che corrispondano alle aspirazioni e ai
desideri degli individui, coniughi esigenze di formazione
tecnico-professionale con esigenze di autonomia culturale e di
orientamento del cittadino e, attraverso la certificazione e il
riconoscimento di crediti nei diversi contesti di studio e di lavoro,
consenta a ciascuno la personalizzazione dei percorso culturali e
formativi.
L'integrazione - intesa quale interazione tra soggetti diversi nel
rispetto delle diverse vocazioni istituzionali - è
l'elemento che può consentire l'apertura dell'EDA alla nuova
qualità della domanda sociale. Tale integrazione
dovrà riguardare il raccordo con la formazione professionale
e, quindi, con i diversi centri pubblici e privati accreditati. Il
coinvolgimento della scuola secondaria superiore dovrà
costituire un obiettivo esplicito, prevedendo tempi e forme di graduale
inserimento, fino a farne un altro baricentro dell'attività
dell'EDA, in grado di fornire risposte alla domanda di cultura e di
formazione di chi ha già il titolo dell'obbligo. Tutto
ciò in coerenza con la crescita e la diffusione dei livelli
di scolarizzazione, e in relazione all'elevamento dell'obbligo
scolastico, nonché alla previsione dell'obbligo formativo.
In questa ottica, la scuola secondaria serale deve essere
più raccordata con il circuito EDA per consentire ai
corsisti il normale proseguimento dei corsi di studio.
I curricoli della scuola serale, soprattutto nella istruzione tecnica
nonostante le innovazioni introdotte con le sperimentazioni in atto,
non offrono le flessibilità richieste dal particolare
modello organizzativo.
La concertazione con le parti sociali in grado di dare efficacia alle
decisioni assunte, come ribadito dalla stessa Commissione Europea,
costituisce lo strumento principale per raccordare l'offerta formativa
anche alla domanda espressa dal mercato del lavoro, assicurando al
tempo stesso quell'ampiezza del consenso che solo è in grado
di dare efficacia alle decisioni assunte.
6. L'esperienza dei Centri Territoriali
I Centri Territoriali Permanenti, istituiti ai sensi dell'o.m.
455/1997, hanno raccolto e integrato unitariamente le precedenti
esperienze dei corsi di alfabetizzazione e dei corsi per lavoratori, e
rappresentano, sotto l'aspetto organizzativo, l'insieme dei servizi e
delle attività di istruzione e di formazione degli adulti
presenti su un territorio di dimensione distrettuale.
Le attività e i servizi per gli adulti si svolgono su
più sedi anche non scolastiche e sono coordinati dal Centro
Territoriale che ha come riferimento amministrativo e didattico una
istituzione scolastica della fascia dell'obbligo e come coordinatore
responsabile il suo capo d'istituto.
Sotto l'aspetto funzionale i Centri Territoriali Permanenti sono luogo
di concertazione, di lettura dei bisogni formativi, di progettazione e
di organizzazione delle iniziative di istruzione e formazione in
età adulta, per l'alfabetizzazione culturale e funzionale,
il consolidamento e la promozione culturale, la rimotivazione e il
riorientamento, l'acquisizione e il consolidamento di conoscenze e di
competenze specifiche, di pre-professionalizzazione e/o di
riqualificazione professionale.
I Centri svolgono attività di accoglienza, ascolto e
orientamento; di alfabetizzazione primaria funzionale e di ritorno,
anche finalizzata ad un eventuale accesso ai livelli superiori di
istruzione e di formazione professionale; di apprendimento della lingua
e dei linguaggi; di sviluppo e consolidamento di competenze di base e
di saperi specifici; di recupero e sviluppo di competenze strumentali
culturali e relazionali per una attiva partecipazione alla vita
sociale; di acquisizione e sviluppo di una prima formazione o
riqualificazione professionale; di rientro nei percorsi di istruzione e
formazione di soggetti in situazione di marginalità.
Le attività si svolgono mediante corsi lunghi di istruzione
oppure a mezzo di corsi brevi/moduli a carattere monografico. Al
termine delle attività è previsto il rilascio di
titoli, certificazioni o attestazioni dei crediti formativi acquisiti.
L'accesso ai Centri Territoriali è gratuito. Possono
accedere alle attività dei Centri gli adulti di qualsiasi
età e condizione. Viene data precedenza a coloro che
richiedono il conseguimento del titolo di studio (licenza elementare o
media).
Il Centro si avvale dei docenti messi a disposizione dal provveditorato
agli studi e degli operatori messi a disposizione da altri soggetti
pubblici o in convenzione da altri istituti o assunti con contratto
d'opera.
Il 98/99 è stato l'anno in cui i Centri hanno preso l'avvio
in forma diffusa su tutto il territorio nazionale, riorganizzando e
comprendendo anche molte delle esperienze per gli adulti dei precedenti
ordinamenti.
Sono stati attivati circa 700 corsi di alfabetizzazione (scuola
primaria) su 2/3 dei Centri, e circa 1.700 corsi delle 150 ore nel 95%
dei Centri, con una utenza complessiva di 53 mila adulti; le
attività d'istruzione sono state condotte da oltre 3.300
docenti che si sono avvalsi del supporto tecnico e amministrativo di
circa 1.200 unità di personale ATA.
Altri 97 mila adulti hanno potuto fruire presso i Centri di corsi brevi
o a carattere modulare (es., alfabetizzazione informatica e
linguistica). Per gli interventi i Centri si sono avvalsi, oltre che
dell'apporto diretto dei docenti assegnati, anche di prestazioni
aggiuntive e di contratti d'opera intellettuale stipulati con esperti
esterni nonché con il sostegno degli IRRSAE che hanno
organizzato momenti di confronto degli operatori interessati anche a
carattere regionale.
Il tipo di offerta e la quantità di consenso ottenuto dai
nuovi CTP, in prospettiva, spostano decisamente il centro dell'azione
verso gli istituti di istruzione secondaria superiore dove i livelli di
servizio possono meglio corrispondere ai nuovi bisogni formativi
emergenti. Si può prevedere un ampliamento dell'offerta di
servizio in questa direzione con interventi integrati, senza
depotenziare le realtà che attualmente soddisfano una
diffusa domanda di istruzione e di formazione.
Particolari interventi vanno progettati e realizzati nelle aree non
ancora impegnate nell'educazione degli adulti, soprattutto nel
Mezzogiorno, nonostante i bassi livelli di istruzione e formazione
della popolazione.
7. Verso la costruzione di un sistema integrato di educazione
e formazione permanente
Il processo di rinnovamento del sistema formativo italiano sta
interessando sia l'area della formazione iniziale (elevamento
dell'obbligo di istruzione, obbligo formativo a 18 anni, apprendistato,
formazione integrata superiore), sia l'area della formazione continua e
dell'educazione in età adulta (misure di sostegno per la
formazione continua previste nella legge 196/97 e ordinanza del
Ministro della Pubblica Istruzione n. 455/97 sull'educazione in
età adulta).
Il ridisegno dell'architettura di sistema raccoglie pienamente le
indicazioni provenienti dalle politiche dell'Unione europea in merito
alla necessità che i sistemi formativi rispondano ad una
domanda sociale ed economica diversa dal recente passato, per favorire
l'acquisizione di nuovi saperi con opportunità formative
differenziate.
Il cambiamento richiede la promozione di una offerta integrata tra il
sistema scolastico e il sistema di formazione professionale e tra
questi e il mondo del lavoro.
I soggetti istituzionali (Stato, Regioni ed Enti locali) e le parti
sociali debbono assumere un impegno comune per suscitare una vasta
percezione, in tutta la popolazione, in merito all'importanza del ruolo
che l'educazione degli adulti può rivestire per la crescita
democratica, civile, sociale ed economica del nostro Paese, soprattutto
nel Mezzogiorno.
Occorre uno sforzo, politico e progettuale, per passare da
un'organizzazione per sistemi chiusi ad una organizzazione di rete il
cui obiettivo è costituito da risposte efficaci e
differenziate ai diversi bisogni dell'utenza; senza questo passaggio,
che comunque presenta tempi di realizzazione a medio-lungo termine, non
sarà possibile parlare di interventi integrati e di
miglioramento della qualità complessiva del sistema.
L'educazione degli adulti è costituita dall'insieme delle
opportunità educative formali (istruzione e formazione
professionale certificata) e non formali (cultura, educazione
sanitaria, sociale, formazione nella vita associativa, educazione
fisico-motoria) rivolte ai cittadini in età adulta, aventi
per obiettivo la formazione di competenze personali di base nei diversi
campi e di competenze di base trasferibili e certificabili.
È sull'insieme di questo campo d'intervento che le politiche
d'integrazione previste nel presente paragrafo intendono intervenire.
Il carattere integrato dei progetti e degli interventi che ne
conseguono costituisce il motivo ispiratore di una strategia tendente
ad assicurare la funzione "inclusiva" del nuovo sistema.
Il campo dell'educazione degli adulti in Italia è ricco di
esperienze e potenzialità. Attraverso un processo
d'integrazione si tratta di ricondurlo a sistema, aumentarne la
qualità con la creazione di servizi di supporto, favorire la
razionalizzazione degli interventi in atto ed assicurare un
più alto grado di eguaglianza delle opportunità
formative lungo l'arco dell'esistenza, nella prospettiva di realizzare
l'obiettivo proposto dalla V Conferenza mondiale dell'UNESCO di "one
hour a day for learning for all".
Si tratta di porre in essere un processo che sviluppi l'integrazione
tra:
1. le diverse istituzioni responsabili nei diversi campi
ed ai diversi livelli istituzionali, ciascuno per le proprie
competenze;
2. i diversi ambiti d'intervento;
3. le risorse umane, materiali e finanziarie disponibili.
7.1 I destinatari
Il nuovo sistema integrato di educazione degli adulti si muove in una
prospettiva di life long learning e per questo intende portare a
sinergia l'insieme delle opportunità formative che
interessano i cittadini in età adulta, in relazione ai
diversi problemi ed interessi che caratterizzano le diverse fasi e i
diversi momenti dell'esistenza.
Per questa ragione il nuovo sistema prende in considerazione la domanda
di formazione espressa da ogni strato di pubblico, ovvero:
a) pubblici particolari
b) pubblici di ogni età e condizione sociale.
7.2 L'oggetto della nuova offerta formativa integrata
Il nuovo sistema integrato di formazione dovrà assumere tre
compiti prioritari:
1. favorire il rientro nel sistema formale di istruzione e
formazione professionale
2. favorire l'estensione delle conoscenze
3. favorire l'acquisizione di specifiche competenze
connesse al lavoro o alla vita sociale.
7.3 Gli agenti formativi
Il Ministero della Pubblica Istruzione, le altre amministrazioni dello
Stato, le Regioni e gli Enti locali debbono impegnarsi di concerto a
promuovere il nuovo sistema integrato di educazione degli adulti, a
partire dalla realizzazione di una progressiva sinergia tra diversi
attori già impegnati nel settore.
In particolare, si considera essenziale l'apporto dei seguenti agenti:
a) il sistema scolastico ;
b) il sistema regionale della formazione professionale;
c) il sistema dei servizi per l'impiego;
d) le reti civiche delle iniziative per l'educazione degli
adulti
e) le infrastrutture culturali (biblioteche di EE.LL.,
musei, teatri...);
f) le imprese;
g) le associazioni (culturali, del volontariato sociale,
del tempo libero, delle famiglie, ecc.);
h) le università.
Tali soggetti possono dar vita congiuntamente a forme associative anche
a carattere consortile per la gestione di programmi e progetti comuni.
7.4 Il sistema generale
Il sistema generale si articola sui seguenti livelli istituzionali:
a) Livello nazionale
Le funzioni relative all'integrazione dei sistemi vanno affidate ad un
comitato integrato, composto dal Ministero della Pubblica Istruzione,
dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero
dell'Università e Ricerca, dal Dipartimento per gli affari
sociali, dalla rappresentanza delle Regioni, degli Enti locali e dalle
parti sociali.
Tale Comitato deve essere raccordato con il Comitato nazionale per
l'Istruzione Formazione Tecnica Superiore, al fine di assicurare la
necessaria coerenza degli interventi di integrazione di sistema,
eventualmente prevedendo un rapporto strutturale tra i due Comitati.
Tali funzioni riguardano soprattutto l'individuazione delle
priorità strategiche, la definizione degli indirizzi
generali nonché delle risorse attivabili, dei criteri per la
loro distribuzione e la definizione di linee guida per la
determinazione degli standard, del monitoraggio e della valutazione,
dei dispositivi di certificazione e di riconoscimento dei crediti.
b) Livello regionale
La pianificazione e la programmazione dell'offerta formativa integrata
rivolta agli adulti rientrano nelle competenze delle Regioni ai sensi
dell'art.138 del d.lgs. 112 del 1998, cui esse assolvono secondo quanto
previsto dagli ordinamenti regionali.
Al fine di assicurare la necessaria concertazione, le Regioni
istituiscono un Comitato regionale, costituito dagli Assessori
Regionali preposti, dai Rappresentanti degli Enti locali, dal
Rappresentante del Dipartimento regionale scolastico e dalle Parti
sociali, secondo modalità analoghe a quanto previsto per il
livello nazionale.
Tale Comitato ha funzioni di concertazione relative, oltre che alla
programmazione, alla promozione, al monitoraggio e alla valutazione del
sistema di Educazione degli adulti.
In particolare, tale organismo:
a) individua gli interventi per la promozione
dell'Educazione degli adulti;
b) definisce i criteri per la realizzazione delle
attività sul proprio territorio, a partire dalle conoscenze
sui fabbisogni professionali e formativi locali;
c) definisce il quadro delle risorse disponibili destinate
al sistema integrato di educazione degli adulti;
d) definisce i criteri e le modalità di
monitoraggio e valutazione.
Nell'ambito delle funzioni di programmazione dell'offerta
formativa, le Regioni, tenendo conto anche delle indicazioni dei
Comitati locali, promuovono il raccordo dei Piani di educazione degli
adulti con le politiche di sviluppo ed occupazionali.
La Regione definisce, d'intesa con gli Enti locali, con il Responsabile
del Dipartimento regionale per l'istruzione e nel confronto con le
parti sociali, i criteri per l'individuazione degli ambiti di
riferimento territoriale relativamente alla costituzione dei Comitati
locali e la dislocazione dei Centri territoriali.
Il Responsabile del Dipartimento regionale per l'istruzione assicura
l'acquisizione dei pareri del Consiglio regionale dell'istruzione in
merito a quanto previsto dall'art. 4 del d.lgs. 30 giugno 1999 n.233.
c) livello locale
La Provincia svolge le seguenti funzioni:
a. concorre con la Regione alla definizione delle scelte
di programmazione in tema di educazione degli adulti,
b. predispone le linee generali per la programmazione
territoriale, con particolare riferimento alla definizione del quadro
complessivo delle risorse disponibili su scala provinciale,
c. programma i servizi di informazione e pubblicizzazione
di interesse sovracomunale,
d. collabora al monitoraggio del sistema a livello
provinciale sulla base delle indicazioni ricevute dal livello regionale
ed in sinergia con eventuali progetti di monitoraggio e valutazione di
dimensione regionale.
I Comuni e le Comunità montane, in coerenza con quanto
disposto dall'art.139 comma 2 del d.l.vo del 31 marzo n°112,
svolgono le seguenti funzioni:
a. concorrono con la Regione e la Provincia alla
definizione delle scelte di programmazione in tema di educazione degli
adulti,
b. provvedono al monitoraggio ed all'analisi dei
fabbisogni formativi e professionali che emergono dal territorio,
c. programmano, d'intesa con i Comitati locali, l'uso
condiviso delle risorse disponibili,
d. promuovono, d'intesa con i Comitati locali, le
iniziative nell'ambito dell'educazione degli adulti,
e. concorrono alla definizione dei progetti pilota, sulla
base delle priorità e delle vocazioni territoriali,
f. promuovono la realizzazione ed il coordinamento
dell'insieme delle opportunità presenti a livello
territoriale, ai fini del funzionamento integrato del sistema,
g. organizzano iniziative per l'informazione e
l'orientamento degli utenti rispetto alle diverse
opportunità.
h. istituiscono i Comitati locali
Il Comitato locale
La sede privilegiata della programmazione concertata è
quella locale. A questo scopo, i Comuni e le Comunità
Montane promuovono - d'intesa con gli uffici scolastici territoriali,
con gli altri soggetti istituzionali e con le parti sociali - la
costituzione di Comitati locali per l'offerta formativa integrata
destinata agli adulti, sulla base dei criteri definiti in sede di
programmazione regionale. I Comitati medesimi, in particolare:
a. promuovono l'educazione degli adulti,
b. programmano, in linea con i criteri stabiliti a livello
regionale, le attività da realizzare sul proprio territorio,
a partire dall'analisi dei fabbisogni professionali e formativi locali,
c. definiscono e programmano l'uso condiviso delle risorse
disponibili destinate al sistema integrato di educazione degli adulti,
d. elaborano progetti di area e formulano proposte per il
complessivo calendario dell'offerta formativa,
e. formulano proposte in merito alla istituzione di Centri
territoriali ed alla relativa dislocazione.
I Comitati locali sono presieduti da rappresentanti dei Comuni e delle
Comunità Montane, e sono composti dai rappresentanti degli
Uffici scolastici territoriali, della Provincia, dei Comuni, delle
Comunità montane, delle parti sociali e da rappresentanze
delle Agenzie formative (associative e non) operanti nel campo
dell'educazione non formale. Del Comitato fa parte un rappresentante
del Consiglio scolastico locale di cui all'art. 5 del d.lgs. 233/1999.
L'ambito territoriale per la costituzione di ciascun comitato
è definito sulla base dei criteri individuati dalla Regione,
d'intesa con i Comuni e le Province.
Spetta ai comitati anche assicurare il raccordo con le politiche
occupazionali e i servizi per l'impiego, a partire dall'orientamento,
secondo quanto previsto dal d.lgs n. 469/97.
7.5 Gli operatori
Per lo svolgimento delle attività formative è
necessaria la presenza di operatori specializzati, qualificati e con
competenze professionali specifiche.
Essi sono impegnati in funzione di pianificazione, programmazione,
progettazione, gestione di agenzie formative e di servizi, docenza,
tutoraggio d'aula, di azienda, di servizi, organizzazione. Per ogni
progetto deve essere garantita la presenza di operatori specializzati
nella progettazione formativa.
7.6 Il modello formativo
Il modello formativo si caratterizza per l'offerta di una
molteplicità di percorsi aperti e flessibili e di specifiche
opportunità, al fine di essere centrato sulle condizioni di
partecipazione degli iscritti e favorire l'ingresso in formazione di
soggetti adulti di ogni età. Esso si caratterizza per la
modularità dei percorsi e per la flessibilità dei
moduli che lo compongono, ognuno finito in sé e
riconosciuto, eventualmente, anche quale credito formativo dai soggetti
coinvolti sia per la prosecuzione degli studi (nel sistema scolastico e
professionale) sia per una professionalizzazione dell'individuo secondo
una modalità di quantificazione stabilita fra le istituzioni
interessate ai fini della relativa esigibilità e basata su
standard minimi concertati a livello nazionale.
Rispetto alle attività previste dalla programmazione
dell'offerta formativa definita in sede di Comitato locale e
rispondenti a criteri di qualità ed ai relativi standard
formativi previsti dal sistema, si potrà prevedere il
riconoscimento di crediti ai fini della riduzione del percorso
scolastico o del percorso di professionalizzazione. Potranno essere
riconosciute competenze acquisite anche all'esterno delle agenzie
specializzate nell'istruzione e nella formazione professionale e, in
particolare, nelle agenzie la cui offerta è inclusa nei
piani elaborati a livello regionale e locale.
7.7 Finanziamenti
Il sistema viene sostenuto finanziariamente dalle risorse messe a
disposizione dallo Stato, dalle Regioni, dagli Enti locali e da
soggetti pubblici e privati, da integrare con altre risorse messe a
disposizione dall'Unione europea.
Più in generale, il sistema integrato di educazione degli
adulti si fonda sull'utilizzazione delle risorse strumentali ed umane
provenienti dai diversi sistemi e dai diversi agenti pubblici e privati
che concorrono alla sua attivazione e al suo funzionamento.
I fondi statali destinati all'arricchimento ed all'integrazione
dell'offerta formativa hanno lo scopo di:
a) incrementare l'offerta formativa in particolare ove
carente;
b) sostenere i progetti pilota e i progetti per
particolari tipi di attività;
c) favorire la costruzione del sistema e delle reti;
d) favorire i raccordi con la formazione continua e
l'apprendistato.
Una quota adeguata dell'insieme delle risorse rese disponibili dalle
Regioni e dagli Enti locali dovrà essere destinata al
finanziamento della domanda individuale di formazione (assegni di
studio, buoni studio, conti correnti formativi individuali, i prestiti
d'onore e altro).
8. il programma 2000
Premessa
La riorganizzazione dell'attività EDA si colloca in una
strategia che sta velocemente evolvendo, ma che richiede, per la sua
piena attuazione, ulteriori soluzioni legislative e contrattuali. Va
considerata, pertanto, l'esigenza di un governo della fase di
transizione, individuando le necessarie connessioni tra esperienze e
prospettiva nella chiarezza degli obiettivi, dei percorsi, delle
risorse tecnico-professionali.
In tale fase è necessario che la definizione delle funzioni
e degli organismi ai diversi livelli istituzionali debba tenere conto,
per un verso, dei processi di riforma in atto o in via di realizzazione
(autonomia scolastica e riforma dei cicli, d.lgs. 112/98, legge 196/97,
riforma degli organi collegiali della scuola, riforma del ministero
della Pubblica Istruzione), per l'altro, delle caratteristiche di
sistema nazionale dell'EDA che debbono essere salvaguardate per
assicurare pari diritti ed opportunità sul territorio
nazionale.
8.1. Le priorità
Costituiscono obiettivi prioritari:
a. l'avvio dell'impianto del modello di programmazione e
gestione del nuovo sistema di educazione degli adulti a livello locale,
regionale e nazionale, con il compito prioritario di rafforzare il
ruolo di programmazione dell'offerta formativa da parte degli Enti
locali e delle Regioni d'intesa con i rappresentanti del Dipartimento
regionale per l'istruzione e l'insieme dei soggetti pubblici e privati
competenti, secondo modalità di concertazione con le forze
sociali, nella prospettiva di un progressivo coinvolgimento delle
competenze in materia presenti nelle politiche del lavoro,
dell'istruzione, dell'università, nelle politiche sociali,
nella cooperazione internazionale;
b. la sperimentazione di progetti pilota locali capaci di
assicurare la produzione di una modellistica con alto grado di
trasferibilità;
c. il rafforzamento e lo sviluppo dei sistemi e degli
interventi di educazione degli adulti nei campi dell'istruzione,
formazione ed educazione non formale degli adulti.
8.2. Linee di attuazione
Premessa
Il nuovo sistema di Educazione degli adulti potrà nascere
solo come risultato di un ampio processo di trasformazione che assicuri
risorse, sostenibilità e qualità dell'offerta
formativa. Per questo, nell'attuazione degli interventi, costituisce un
vincolo comune il rispetto e lo sviluppo di modelli di integrazione. A
questo scopo si dovrà operare privilegiando pratiche di
integrazione nei diversi momenti di funzionamento del sistema e in
particolare nei momenti della: programmazione, gestione, attuazione,
certificazione, valutazione e riconoscimento dei crediti. Per quanto
concerne la gestione e l'attuazione di programmi e progetti comuni si
privilegiano i soggetti integrati costituiti attraverso forme
associative anche consortili.
8.2.1. Il modello di programmazione e gestione
a. A livello locale gli Enti locali, su base individuale o associata,
sono chiamati ad impegnarsi nell'avvio del processo di programmazione
territoriale dell'offerta formativa integrata rivolta alla popolazione
in età adulta, secondo gli indirizzi esposti al precedente
punto 7.
I Comitati locali, istituiti a seguito di tali iniziative,
sostituiscono a partire dall'anno 2000 gli attuali Comitati provinciali
per l'educazione degli adulti previsti dall'o.m. 455/97. Il risultato
di tale processo consisterà nella messa in rete e nel
coordinamento dell'insieme dell'offerta di educazione degli adulti,
assicurata da soggetti pubblici e privati e dalla adozione di comuni
strumenti di informazione della popolazione.
b. A livello regionale e nazionale saranno attivate azioni per la
definizione di indirizzi per la programmazione dell'offerta formativa,
la promozione di comuni servizi di accompagnamento (formazione comune
degli operatori, comuni servizi di informazione radiotelevisiva, etc.),
il monitoraggio, la valutazione, l'attivazione di comuni procedure di
certificazione e riconoscimento dei crediti. Attraverso le azioni qui
considerate si dovrà giungere alla definizione, a livello
nazionale, delle linee-guida di un programma per l'EDA. L'obiettivo
quantitativo è costituito dal coinvolgimento a regime di
500.000 persone ogni anno.
8.2.2. La sperimentazione di componenti del nuovo sistema
Gli Enti locali, nell'ambito degli indirizzi regionali di
programmazione, concorrono, sulla base delle priorità e
delle vocazioni territoriali, alla definizione di progetti pilota
significativi attraverso cui si avvia la sperimentazione della
possibili modalità di intervento rispetto alle diverse
componenti e dimensioni di un nuovo sistema di educazione degli adulti.
Le Regioni, d'intesa con gli Enti locali, promuovono progetti pilota
nel caso in cui tali interventi contribuiscano allo sviluppo della
dimensione regionale del sistema integrato di educazione degli adulti a
supporto dei comitati locali, con particolare riferimento alle misure
di accompagnamento di interesse comune (formazione degli operatori,
informazione, ricerca e sperimentazione avanzata - nuove tecnologie,
crediti, etc.).
Si tratterà di progetti a base territoriale, nel senso che
saranno progettati e gestiti d'intesa con gli Enti locali interessati e
con le agenzie competenti.
La sperimentazione dei progetti pilota dovrà avere un
rilievo nazionale ed essere significativa rispetto al processo di
costruzione del nuovo sistema formativo per gli adulti. Indirizzi in
materia saranno definiti dal Comitato nazionale.
8.2.3. La gestione e lo sviluppo degli interventi
La gestione e lo sviluppo degli interventi avviene attraverso l'azione
sinergica dei sottosistemi della scuola, della formazione professionale
e dell'educazione non formale.
a. l'educazione degli adulti nel sistema scolastico
In tale ambito si provvede alla riorganizzazione dei Centri
Territoriali per l'EDA, che possono essere ubicati in qualunque tipo e
ordine di scuola, sulla base degli obiettivi e delle
priorità stabiliti dalla programmazione regionale
dell'offerta formativa integrata e concertati con gli Enti locali e le
parti sociali.
Gli interventi dovranno essere indirizzati alla valorizzazione e alla
qualificazione dei Centri Territoriali quali strutture di servizio che
concorrono, per quanto di competenza, alla raccolta della domanda di
formazione, all'orientamento rispetto all'offerta formativa
territoriale ed all'organizzazione dell'offerta formativa integrata
nell'ambito degli obiettivi definiti sul piano locale, favorendo gli
opportuni raccordi con i soggetti che hanno competenza di
programmazione o gestione in materia di formazione professionale e
più in generale di politiche attive del lavoro.
Pertanto, ferme restando le competenze dei servizi per l'impiego
previste dalle norme vigenti, i Centri Territoriali, comunque d'intesa
con gli Enti Locali, gli stessi servizi, possono predisporre
l'accoglienza, valutare i crediti di ingresso, collaborare
all'effettuazione del bilancio di competenze, e concorrere
all'organizzazione di un'offerta formativa integrata e modulare,
provvedono inoltre, per quanto di loro competenza, all'attribuzione
della certificazione sulla base della regolamentazione esistente a
livello nazionale o regionale.
Il Piano dell'offerta formativa del Centro deve essere definito
d'intesa con il Comitato locale che provvederà, a tal fine,
alla designazione di un referente.
La realizzazione del piano sarà oggetto di monitoraggio e
valutazione sulla base dei criteri definiti dal Comitato locale,
nell'ambito degli indirizzi nazionali e regionali.
Il modello della struttura cui occorre far riferimento in coerenza con
le funzioni indicate è quello di un centro di servizio che
concorre all'attuazione dell'offerta formativa integrata, da realizzare
in particolare attraverso accordi di rete tra scuole di diverso ordine
e grado, a norma del D.P.R. 8 marzo 1999, n.275 articoli 7 e 9, e altri
soggetti formativi pubblici e privati. Ai Centri deve essere assicurata
l'autonomia didattica, organizzativa e finanziaria necessaria anche per
concorrere alla realizzazione di un'offerta formativa integrata.
I Centri si dovranno avvalere di un nucleo stabile di personale,
selezionato in base alla specifica competenza nella materia e alla
esperienza professionale maturata, tenendo conto delle funzioni in
materia di progettazione, attivazione e utilizzazione delle reti,
raccordo con i soggetti formativi, bilancio di competenze.
A questi fini, con riferimento a quanto previsto dal CCNL del Comparto
scuola del 26.5.1999, vanno ridefiniti sulla base del confronto con i
sindacati di categoria, i profili ed i percorsi professionali dei
docenti che operano nei centri territoriali nonché le
modalità per il loro reclutamento e la definizione delle
dotazioni organiche. A questo stesso fine, vanno programmati specifici
interventi per la loro formazione.
b. l'educazione degli adulti nel sistema della formazione
professionale
Il sistema di formazione professionale regionale concorre a realizzare
il sistema di educazione degli adulti così come descritto
nel presente documento, sulla base di quanto già previsto
dalle leggi 845/78, 236/93, 196/97 e dalle norme regionali in materia.
c. l'educazione non formale per adulti
Le reti civiche delle iniziative di educazione degli adulti, le
infrastrutture culturali pubbliche, le associazioni, le
Università della terza età, in genere tutti gli
agenti che offrono attività di educazione non formale agli
adulti al fine di sostenere il pieno sviluppo della
personalità dei cittadini, anche attraverso la
più ampia diffusione della cultura, nonché
l'inserimento delle persone nella vita socio-culturale della
comunità in cui risiedono, svolgono un ruolo fondamentale
nel sistema e vanno inseriti nella programmazione locale e regionale
delle attività, secondo modalità e procedure,
stabilite a livello regionale di concerto con i Comitati locali.
Tali procedure e modalità dovranno consentire il rilascio di
attestati per l'eventuale riconoscimento delle competenze acquisite, ai
fini del rientro in percorso di istruzione, di formazione o di lavoro.
Le azioni sopra descritte costituiscono una prima fase di intervento
per fondare nel nostro Paese un sistema di educazione degli adulti,
condiviso e concertato, a sostegno della qualità della vita
delle persone, del pieno esercizio della cittadinanza e dello sviluppo
locale, con la partecipazione di soggetti pubblici e privati e con il
più ampio coinvolgimento delle parti sociali.
A questo fine, si ritiene necessario avviare un processo più
strutturato e fondato a livello legislativo, con l'inserimento di
un'apposita previsione normativa sul sistema formativo integrato per
l'educazione degli adulti nell'ambito delle norme collegate alla legge
finanziaria 2000 sull'istruzione e la formazione, che offra anche gli
strumenti per facilitare la concertazione istituzionale, il dialogo
sociale e l'integrazione delle risorse.
Roma 24 Febbraio 2000
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Il presente documento tiene conto dei contributi di autorevoli
esperti della materia - prof. Paolo Federighi, prof. Lucio Guasti,
dott. Saul Meghnagi - di rappresentanti del mondo scolastico ed
accademico, del Ministero del Lavoro, del dipartimento per gli Affari
Sociali, delle Regioni, degli Enti locali, delle parti sociali,
dell'ISFOL e del CEDE.