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Castel Pietra

Castelli



Castel Pietra

E´ l´unico vero castello a qualificare la Valle del Primiero, e la sua scenografia è indimenticabile.
Arroccato su di uno sperone roccioso circondato da un fitto bosco, compete in bellezza con i contorni delle vicine Pale di S. Martino. Il perché del nome riceve una risposta immediata: un´unica continuità tra montagnna-roccia-fortificazione. Non occorsero cortine o ponti levatoi:tutto era offerto dalla natura. Ma anche la natura, se abbandonata, crolla (dal XIX secolo): infatti le rovine del castello sono da addebitarsi maggiormente al degrado e all´erosione del cocuzzolo ospitante (recenti restauri ad opera della Provincia Autonoma di rento). Giunti in cima si può con la memoria e la fantasia ricostruirne la storia. Partendo da una leggenda locale, che lo vuole innalzato contro l´invasione di Attila, si passa a vicende più documentate. Feudo del vescovo di Feltre per controllare la via che collega l´Agordino a Fiera (Passo cereda), pone fine alla sua dimensione militare dopo la distruzione ad opera dei Veneziani (1511). La sua nuova esistenza, mutate le condizioni di vita e di difesa, divenne residenziale, trasformandosi nella tranquilla dimora estiva della famiglia Welsperg (Palazzo Welsperg a Fiera di Primiero, XVI secolo). Nel Cinquecento è menzionata anche la sua cappella dedicata a S. Leonardo. Poi gli incendi fecero la loro parte, tanto che venne definitivamente trascurato. E oggi il vero protagonista è il fascino dei suoi ruderi.



Castel pietra
Castel Pietra

RIPORTIAMO UN FATTO REALMENTE ACCADUTO A
PRIMIERO
Sottler capitano di Castel Pietra e la Pieve di Servo
Il 2 luglio del 1510 la città di Feltre, dopo molte ore di generosa resistenza, sopraffatta
dagli imperiali condotti da Giorgio di Liechtenstein, diventava un immenso braciere, e tutti i
villaggi intorno mano mano soggiacevano alla medesima funesta fortuna. I paesi discosti
dalla città, tremavano pure di esser messi a ferro e fuoco da un giorno all’altro, e i loro
abitanti fuggivano a precipizio su per i monti, traendo seco quanto veniva lor fatto. Ma più
di tutti tremava la pieve di Servo, la quale, al castello dello Schener, aveva fortemente
contrastato il passaggio di Franz Sottler, capitano di Castel Pietra, quando portava a
Giorgio di Liechtenstein l’aiuto di Primiero, e le aveva minacciato che nel ritorno l’avrebbe
pagata da per suo.
A scongiurare il saccheggio l’incendio e il massacro, i maggiorenti della Pieve
deliberarono di scendere fino a Pedavena dove era accampato il capitano Sottler e gli
promisero un bel gruzzolo di Ducati, purché li risparmiasse dai danneggiamenti,
et
precipue de incendio.
Il patto venne accettato, con l’approvazione dello stesso Giorgio di
Liechtenstein. I messi di Servo tornavano alla lor Pieve ad apprestare il riscatto gravoso
per verità, ma che pure doveva parere lieve, nell’alternativa di un saccheggio e messo al
confronto con lo stato miserando a cui era ridotta la vallata di Feltre. Due giorni appresso
il Regolano, detto Mariga cui massari attendeva sulla piazza di Servo i capi famiglia del
luogo che la campana invitava a portare Ducati e ciberie, allorché tre tarchiati giovanotti gli
si fecero innanzi, e Luigi Dalla Corte, che spiccava tra essi, gli in porse un piego e gli
disse:
- Invece di Ducati, eccellenza, consegni al Capitano di Castel Pietra questo piego, e non
gli chiederà altro.
- Non è tempo di scherzi, rispose il Mariga, la soldatesca che comanda lo Sottler non è
meno scatenata di ogni altra: il bottino ne è la paga e guai a noi se manchiamo di parola,
accampando cavilli. Tenetevi il vostro piego e provvediamo alla salvezza della Pieve.
- Ed io le ripeto eccellenza, che questo piego val meglio dei promessi Ducato.
- Ma che arcano è questo?
L’arcano era che il Dalla Corte era un gruppo dè suoi compagni non ebbero molta fiducia
sulla missione dei maggiorenti, e cedettero di riuscir più facilmente allo scopo con un
ardito colpo di mano. Il capitano Sottler, aveva lasciato, nella sua residenza di castel
Pietra la propria consorte Silvana, ch’egli intensamente amava. Due di loro, che erano
stati a lavorare nella miniera d’argento della valle di San Martino di Castrozza,
conoscevano la sede turrita del dinasta di Primiero e sapevano anche che Silvana, nel
pomeriggio era sempre solita a uscir dal castello, senz’altro accompagnamento che quello
di una vecchia maestra di casa. Essi concertarono di salire per la via delle Vette e,
appostatisi presso Castel Pietra riuscirono a sorprendere e trar seco in luogo sicuro la
consorte dello Sottler, perché servisse loro di ostaggio. Il piego annunziava al capitano
che se osasse tormentare la Pieve di Servo, ne andrebbe di mezzo la di lui moglie
Silvana.
Mentre fra la speranza e il timore gli abitanti di Servo attendevano l’arrivo degli imperiali
giunsero le vedette ad annunziare che erano ormai entrati nel territorio del Comune e che
fra mezz’ora sarebbero nel paese.
- Ci siamo disse trepidante il Mariga: Dio ce la mandi buona.
Ordinò ai massari di trar fuori le fornate di pane e i bigonci di vino a ristorare i non graditi
ospiti, raccomandando prudenza, specialmente al Dalla Corte e ai compagni di lui. Gli
imperiali erano forse in 500, più che bestanti per manomettere quei terrazzani senza armi
e depressi. Briachi ancora delle devastazioni compiute contro Feltre, avevano le
sembianze di indemoniati. Tracannarono tutto, tutto scuffiarono mentre il capitano Sottler
imponeva al Mariga che si affrettasse a metter fuori pattuiti Ducati. All’intimazione il
Mariga rispose che per le ristrettezze del luogo era riuscita a raccogliere soltanto piccola
parte della taglia ma che l’avrebbe messa assieme fra pochi giorni e gliela avrebbe tosto
mandata a Castel Pietra.
- Che io parta di qui senza la taglia? No, no: se fra un’ora non sarà consegnata fino
all’ultimo soldo voi signor Mariga, i massari, e 12 capi famiglia verrete con me e il paese
abbandonato al saccheggio delle mie milizie.
Il Mariga tremava verga a verga e non sapeva a che santo votarsi, allorché si fece avanti il
Dalla Corte e:
-Ho qui un foglio che è diretto a lei, signor capitano; mi fu detto che è di grande urgenza e
di sommo interesse per lei.
Lo prese e appena vide la soprascritta esclamò:
-La mia Silvana! E lo svolse sull’atto. Mano mano che leggeva inarcava le ciglia, tremava
e impallidiva. Il foglio diceva: “Franz mio! Sono in una tetra caverna, ostaggio di feroci
persone, che non mi lasciano uscire. L’altra sera ero uscita dal castello un po’ a diporto
per la via di Transacqua accompagnata dalla vecchi Lucana e d’improvviso fui afferrata da
due mascherati, mentre altri imbavagliavano e legavano ad un larice Lucana. Non so dove
sia, ma certo fuori dalla tua giurisdizione perché bendata ho camminato a lungo per
boschi e dirupi. La mia libertà è nelle tue mani. I miei custodi m’hanno detto, che se tu
torni a Castel Pietra senza far danno ai luoghi per cui passi colle tue milizie mi lasciano
libera; ma il primo atto di incendio o di devastazione, anzi al primo atto di violenza che la
tua gente facesse alle persone o alle cose mi sgozzeranno subito. Franz mio ritorna
subito, che io non reggo più…”.
-Traditori!- urlò il capitano.- Guai a voi se al mio arrivo a Castel Pietra non trovo incolume
la mia consorte!- e dato subito, con meraviglia di tutti, il segnale della partenza, a marcia
affrettata prese la via che conduceva a Primiero. I terrazzani respirarono liberamente e
pieni di gratitudine levarono al cielo le mani e gli occhi.
-Vede signor Mariga- disse il Dalla Corte –che anche la furberia unita all’audacia riesce
talora coi nemici meglio che mostrarci conigli! Non dice anche il proverbio che chi pecora
si fa la mangia il lupo? Oh se tutti quelli di Servo fossero insorti come un col uomo con
falci e tridenti si avrebbe potuto dare agli imperiali la taglia che si meritavano.
- Tacete per carità, e provvedete subito alla liberazione della prigioniera che non abbia a
capitarci di peggio-.
La castellana venne accompagnata fino alla vista di Castel Pietra, Ma non prima che gli
imperiali avessero abbandonato il territorio feltrino. Passate le angosce della incertezze,
ella si lodò del rispetto e delle attenzioni usatele nella sua prigionia e dentro di se compatì
forse i suoi rapitori che, spinti dalla disperazione,erano ricorsi a quel mezzo per la
salvezza del proprio paese.
Tuttavia il capitano Sottler ebbe ancora il coraggio di chiedere il resto della taglia alla
Pieve di Servo. Lo si rileva da uno scritto ad Angelo Gnoro, provveditore di Feltre per la
repubblica veneta,
datum Primierii die decima Novembris MDXII,lettera che lo impegnava

a persuadere la Pieve di Servo a fare il proprio dovere verso il capitano Franz Sottler.

COME ARRIVARE
Prendere la valsugana che porta verso trento.
A metà strada prendere il bivio per fiera di primiero o San Martino e seguire le indicazioni.
Arrivati a Fiera di Primiero guardare verso le Palle di San martino e si puo vedere sopra un
monte le rovine del Castello.
Si puo raggiungere prendendo la strada statale che porta al passo Cereda (circa 10')

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