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L'haiku ha origine in Giappone nel XVI secolo anche se il suo massimo autore, Matsuo Basho, tanto apprezzato da essere ritenuto di fatto il capostipite di questo genere poetico, arriverà solo un secolo più tardi nella seconda metà del 1600.
L'haiku, composizione di tre versi, rispettivamente di 5, 7, 5 sillabe ha origine dalla ben più antica forma metrica che è quella del tanka (del quale assume ogni principio compositivo) che è poesia di 5 versi e di 5, 7, 5, 7, 7 sillabe, risalente al IV secolo nella sua forma originale di renga.
Il renga era una poesia a due voci in cui un poeta componeva la prima strofa, haikai, di 17 sillabe in tre versi (5, 7, 5) mentre un secondo poeta doveva completarne il senso con una seconda strofa di 14 sillabe in due versi (7, 7).
In questo competere, il primo poeta tendeva a rendere autonoma il più possibile la prima strofa, haikai, per mettere in difficoltà il secondo che ne doveva completare il senso.
Dal renga derivarono, nelle epoche successive, il tanka ed infine l'haikai con il nome mutato in haiku.
Come accennato, il primo grande autore di haiku fu il poeta Matsuo Basho (1664/1694) che viaggiò in lungo e in largo nel suo paese tenendo un diario di viaggio dove annotava, molte volte in forma di haiku, le proprie esperienze.
Se anche non ne fu l'inventore, fu lui comunque a definire elementi specifici e caratterizzanti l'haiku, che sono diversi.
Primo di tutti il kigo, la parola che definisce la stagione che fa da riferimento alla composizione ed attorno alla quale si dipana il contenuto e il significato dell'haiku stesso.
Il kigo può essere esplicito, implicito oppure nascosto, riconoscibile solo dal poeta o dal destinatario della composizione.
sul bianco manto
si riflette il silenzio
del freddo inverno
(il kigo esplicito è, ovviamente, "inverno")
sorge la luna
tra i rami nudi e torti
fredda è la luce
(il kigo è in "rami nudi" a richiamare l'inverno)
raccolgo fiori
bianchi come ricordi
d'anniversario
(il kigo è "anniversario")
Altro elemento è la sua valenza autobiografica, in quanto, il poeta rende nella scrittura dell'haiku un'emozione personale, ovvero, il binomio compositore-composizione, in questa forma espressiva, non deve essere disgiunto; ciò fa dell'haiku un momento esistenziale del suo autore.
aculei d'istrice
segnano il mio sentiero
nel bosco fitto
un sogno sorge
cullandomi sereno
nel mio autunno
verde è la luce
che accarezza i miei sogni
bosco d'estate
Vi è poi spesso la voluta mancanza del soggetto e di collegamenti logici che rendono ancora più intimistica e criptica la composizione.
Essendo però questa una caratteristica intrinseca della lingua giapponese è difficilmente riscontrabile nelle composizioni di autori occidentali.
Questi i canoni classici da osservare, ma ricordando sempre l'invito dello stesso Basho: "Non seguire le orme degli antichi, ma quello che essi cercarono".
L'haiku è per ciò una composizione metrica libera purchè in tre versi di 5, 7, 5 sillabe, anche se si possono avere una o due sillabe in più o in meno in un verso, ma il totale non deve cambiare.
il silenzio (-1)
avvolge la montagna
lontana è la città (+1)
si disperde (-1)
l'eco delle campane
nel vento d'estate (+1)
silenti carpe
scrutano i passeri (-1)
dal fondo del lago (+1)
Quindi, una composizione di solo 17 sillabe . . .
Solo?
Dentro ogni emozione c'è un intero universo.
Significativa una frase di Basho: "A scrivere un haiku basta un ragazzino alto come un germoglio di bamboo" (noi diremmo: "come un soldo di cacio", ma il senso è lo stesso).
Dobbiamo quindi ripulirci da tutte le strutture posticce che la società ci ha costruito attorno e riscoprire lo sguardo curioso del bambino che osserva i piccoli fatti del quotidiano con rinnovato stupore e ne coglie la bellezza.
Un piccolo fiore o un tramonto o l'erba smossa dal vento o il volo di un gabbiano o il frangersi delle onde, sono elementi poveri solo all'apparenza, celati solo per chi non li sa vedere e cogliere nella loro pienezza.
L'haiku fissa con le parole questi frammenti e ce li restituisce, come in un'istantanea.
È forte in questi aspetti sia la matrice filosofica Zen sia quella naturalista, tipica giapponese, di derivazione animista shintoista.
Nell'haiku c'è il minimalismo Zen, il gusto della percezione di quei momenti unici e sfuggenti, di quei lampi di conoscenza e coscienza che sono parte della nostra esperienza e che si concretizzano in piccoli eventi solo apparentemente insignificanti.
Nell'haiku c'è l'apprezzamento per la natura, quasi mistico, che non ha bisogno dei grandi eventi o dei grandi scenari, ma che può realizzarsi anche nello svolazzare di un petalo portato da un soffio di vento o nel semplice incresparsi dell'acqua di uno stagno per il tuffo di una rana.
In questo mescolarsi di filosofia Zen ed animismo Shintoista, nell'haiku, si concretizzano quattro stati fondamentali dell'animo umano: sabi, wabi, aware e yugen.
Sabi: è la quiete, la pace, la solitudine, il distacco, la calma. Non c'è tristezza nè rimpianto, ma appagamento nella contemplazione che ci mette in completa comunione con l'oggetto contemplato.
cala il sole
dietro alle montagne
ed è già notte
luccica tra i rami
il sole d'estate
ma il bosco è scuro.
scende la notte
sui profumi d'estate
con le lucciole
Wabi: l'inatteso, lo scuotersi, il riattivare l'attenzione, l'improvviso uscire da un momento di passivo grigiore nel quale nulla ha significato.
Il riscuotersi dalla tristezza, dalla rassegnazione quando queste hanno il sopravvento e la malinconia ci assale.
È allora che si realizza un piccolo evento che ci scuote e ci fa riscoprire nel poco il tanto e l'umile evento diventa illuminazione per il nostro cammino.
nella tristezza
i colori del cielo
svegliano i sogni
nell'ora grigia
della rassegnazione
una musica
il canto del vento
scuote via il torpore
del tramonto
Aware: il rimpianto, il ricordo, la nostalgia, la percezione della transitorietà di ciò che siamo, del mutare del tempo, della caducità, dell'inutilità dell'affanno.
Non c'è sofferenza o senso di perdita, ma la consapevolezza del trascorrere del tempo e del divenire delle cose del mondo.
Condizione che ci porta ad apprezzare le piccole cose di quotidiana semplicità, per la loro irripetibile unicità.
sul vecchio tronco
le cicatrici antiche
ricordano te
la luna nuova
scaccia quella stagione
ormai finita
la primavera
scaccia l'eco del freddo
dal mio giardino
Yugen: il mistero, l'inafferrabilità della bellezza.
È la meraviglia e lo stupore suscitato anche da piccoli eventi, è il senso di magia che specie nell'osservazione della natura, si fa sentire forte nel nostro animo.
guizza la carpa
e le nubi scorrono
a pelo d'acqua
il mondo fugge
e scompare nel nulla
monta la nebbia
la mosca vola
senza apparente meta
nella calura
... e tutto questo: in 17 sillabe.
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