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LA CASA NEL BOSCO
Dinanzi a me
il viale scende alla strada
filtrando quei pochi rombi
di motori affannati dalla salita
che lontano scorrono
quasi inuditi.
I due filari d'olmi e di tigli
sono le mie braccia
protese verso il cancello
pronte ad accogliere i mie affetti
che attendo con ansia
dopo un autunno tiepido
di piogge e muschio
e un inverno solitario
di cinghiali smagriti e neve.
Dopo una primavera
profumata dai tigli fioriti
e allietata dalle corse sul tetto
di scoiattoli appena risvegliati.
Ora in questa estate
resto in vigile attesa
dietro le imposte chiuse
e scruto
aspettando con ansia
il muso di quell'auto
che imboccherà il viale
pronta ad aprire le mie porte
e ancora il mio cuore.
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UNTER DEN LINDEN
A casa.
La casa in cima alla salita
due occhi e una bocca
come in un disegno di bambino
in fondo al tunnel verde del viale.
Il viale dei tigli e degli olmi
il viale delle ginocchia sbucciate
delle corse in discesa con la carretta
delle lunghe guerre indiane.
Unter den Linden
dei primi baci e delle prime carezze.
Il motore sforza in salita
e le ruote scivolano sul brecciolino
che schizza ticchettando.
Unter den Linden
mi risuona nella mente
se solo mia madre potesse affacciarsi
e ancora sorridere al mio arrivo,
ma forse
sono io che non la vedo.
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LA CASA DELLE VACANZE
Cigolano
i cardini vecchi
nella penombra
e nell'odore di chiuso
e di polvere umida,
ma è casa.
Si spalancano l'imposte
su immutate viste
che pare
d'aver lasciato solo ieri
e luce entra a dare vita
alle cose ritrovate
in un magico istante
di occhi stupiti
che indugiano
ad abbracciare il tutto
quasi a cercare la certezza
d'essere davvero li
tra quelle mura
ancora più amate
dopo l'abbandono.
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APRENDO UN'IMPOSTA
Le ortensie macchiano di rosa e di blu
il verde scuro del sottobosco
mentre un raggio di sole coglie il ginepro
quello vecchio, grosso e nodoso
da fare invidia ai cipressi.
L'inverno ha lasciato il segno
di un grosso ramo manca l'ombra
e sul lastricato davanti a casa il sole batte
a scaldare pietre antiche.
Non una voce, non un rumore
nulla d'urbano si riverbera tra i tronchi
solo gli incessanti richiami delle ghiandaie
e il cinguettare continuo di chissà chi.
Una pietra del muro s'è smossa
forse il cinghiale che ha grufolato nel fosso.
Dovrò metterla a posto.
Intanto il vento continua ad affannarsi
per far tremare le foglie degli olmi.
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TRAMONTO D'ESTATE
Scende col sole
un quieto silenzio
un velo pastello
tenue
sul bosco si posa.
È un attimo
poi vita riprende
frinendo e sfarfallando
a salutare la notte.
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NEL PRATO
Nel prato
sotto alla finestra delle scale
nel cespuglio della lavanda
una manciata di farfalle.
Danzano suggono sfuggono
e si rincorrono nell'aria tersa
del mattino
sotto a questo sole tiepido
di un'estate così timida
da sapere ancora di primavera.
Un raggio penetra le fronde
basse dei tigli e si sofferma
sulle campanule viola.
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C'È IL TEMPORALE!
Scorrono lente le ore
al ritmo del respiro
nel soffio del vento tra i rami
e lo scrosciare dell'acqua
in questi luoghi turbati solo
dall'affanno di scoiattoli
spaventati dal tuono.
Così fare sera
in chiacchiere di famiglia
davanti al camino
mentre fuori
nel buio
continua il ticchettio imperterrito
della pioggia per nulla turbato
dalle trine di fiamma viva
che con cadenza illuminano il bosco.
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FRAGOLE E LAMPONI
In silenzio mi muovo
lontano dai suoni della città
contando gli uccelli
per il loro cantare.
Il bosco m'avvolge nel suo abbraccio
con la familiarità dei passi percorsi
in quelle primavere lontane
coi nonni
a raccogliere fragole e lamponi.
Volti rugosi e sorridenti che
ancora mi parlano tra questi tronchi
profumati e morbidi di muschio.
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LA SIESTA
Nel lento rollio dell'amaca
legata ai tigli giganti
dai lunghi rami che scendono a terra
solo un libro e il respiro del vento
a fare compagnia
lontano dai ginecei televisivi
e dalle risse di telegiornale.
Anche il libro si perde
mentre lo sguardo distratto
si mette a inseguire il volo isterico
di un moscerino
intento
a dispetto della brezza
ad inseguire un raggio di sole.
Lontano
lontanissimo
un cicalare di voci prese
nei racconti d'un inverno trascorso
l'una dall'altra lontane
e il volo di una ghiandaia.
S'appesantiscono le palpebre
e in quel cullarmi entro nel sogno.
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IL CELLULARE
All'improvviso il sole
vìola le penombre del bosco.
Raggi danzano tra le fronde
ad asciugare la terra e il sottobosco
intriso dagli scrosci del temporale.
Una biscia scivola nel fosso
mentre il trillare degli uccelli
s'intreccia e accompagna
il frusciare monotono e incessante
delle foglie smosse dal vento
e il ronzare degl'insetti.
Spengo il cellulare
non vorrei mai turbare
questo scenario speciale
e distruggere questa magia
con uno squillo volgare.
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COMUNIONE
Negli occhi i colori cangianti del bosco
gli smeraldi e le gemme preziose
dei fiori selvatici.
Nel naso i profumi della terra bagnata
e dell'erba piegata e calpestata.
Nell'orecchio le melodie che s'intrecciano
e si diffondono sotto la verde volta
di uccelli e rami e foglie smosse dal vento.
In bocca il sapore delle more selvatiche
e la frescura d'acque ghiacce di sorgente.
Sotto ai polpastrelli la ruvida bellezza
di tronchi possenti e morbidi muschi.
Con tutto me stesso mi muovo in silenzio
come fossi nel mondo degli Dei
o in un'ancestrale cattedrale
dove i faggi giganti sono colonne
e i raggi di sole penetrano colorati
dai vetri dei rosoni.
Qui cerco ciò che non so dirmi cosa sia
e mentre ascolto il respiro del mondo
mi sento al mio posto in comunione
e come cinghiale
bacio questa terra che mi è madre
e del mio spirito è ragione.
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TRE CINGHIALI
Ombre scure
si muovono nel bosco
tra trapestii di foglie
e brezza di vento.
Agili spalle nere irsute
e occhi vispi saettanti
che vigili percorrono
le smeraldine quinte.
Ed io li seguo e l'inseguo
con lo spirito e il cuore
e senza paura emulo
il loro passo sicuro
nella solitaria estasi
di questo bosco magico
che s'apre accogliente
e nel quale m'inoltro
sanando ogni ferita
col rinnovato mistero
della felicità.
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TOTEM
Nei boschi della Verna
tra i Crudi Sassi spaccati dai millenni
dagli spigoli smussati e ingentiliti
da coltri di muschio folto
e tappeti d'edera abbarbicata
tra i faggi secolari svettanti pilastri
m'avvio per sentieri
che pur se conosciuti restano
ammantati dalla magia dell'ignoto
dove si perde lo scorrere del tempo
e non v'è traccia del divenire.
Qui dove d'anno in anno nulla muta
la forra profonda si dischiude
di tanto in tanto
sui lontani scenari della valle
come squarci di coscienza
che s'insinuano nelle angosce
del passato che qui ho portato
per disperderle nel bosco
e mentre il falco fischia
sempre la sua nota triste
ritrovo quell'equilibrio armonico
in cui si srotolano i miei pensieri
serenamente
e rinasco in questo verde placentale
avvolgente che mi è padre e madre
e cinghiale mi faccio.
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PIGRIZIA
Dalla finestra sul bosco
voltata a oriente
filtra la luce del mattino.
Verdi riflessi sul muro
dinanzi al cassettone antico.
Pigro mi rigiro nel piacere
di lenzuola fresche
che m'accarezzano
menre da sotto giungono
rumori sommessi di stoviglie
e l'aroma del caffè.
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E84
Ora come allora
canta Vandelli le sue melodie.
Chiudo gli occhi
a cancellare rughe e ciuffi bianchi
e in quel Ristorante d'Alice ritorno
e balzando in un tempo che non esiste
m'involo con un Angelo Blu
e rivedo quei giorni trascorsi
da non più di cinquant'anni.
Ora come allora
nell'aria fresca di bosco
in una sera d'estate.
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IN INVERNO
Vorrei passare di qua
il prossimo inverno.
Nel candore della neve
cercare insolite viste
tra i tronchi neri e spogli
potendo allungare lo sguardo
oltre quei confini
che le smeraldine quinte estive
non consentono di varcare.
Come in quell'inverno di mio nonno
quando mi portò a vedere il panorama
dalla curva degli ontani e lontano
nel canalone
vidi i cinghiali fuggire.
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PENSANDO ALL'AUTUNNO
Freschi i miei giorni scorrono
in questa estate placida
profumata di fieno.
Nuove farfalle svolazzano a sera
attorno ai lampioni del giardino
e a notte
di nuovo scintillano le lucciole
vicino alla siepe.
Com'è lontano il mondo!
Se solo potessi
trasportare quest'oasi
e tenerla con me
per godermi il suo autunno
di more succose e funghi
tra i colori di fiamma
degli aceri d'ottobre e le tinte
screziate di ruggine d'oro
dei faggi e delle querce.
Se solo potessi tra un paio di mesi
usare gli occhi anziché la fantasia.
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CASA MIA
Cadono di già le foglie ancora verdi
sotto ai colpi del vento di fine agosto
in questa giornata della malinconia
dei lampioni smontati e riposti
della naftalina sistemata nei cassetti.
Pesa il pensiero del viaggio di domani
tanto quant'era stato lieve all'andata.
Come mai mi chiedo
non provo nostalgia di casa?
Forse perché è questa che lascio
casa mia.
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IL RITORNO
Si richiudono le imposte
i lumi del giardino smontati
gli attrezzi riposti.
Si stendono lenzuola
a parare la polvere.
Lo sguardo indugia
ancora un attimo
a rubare gli ultimi colori
e ad abbracciare ciò che è mio
non per materiale possesso
ma per profonda comunione.
Così saluto gli alberi del bosco
e il muschio dei sassi
e mi stringo alla montagna
in un ultimo sussulto
che accelera i battiti
e tiro su col naso
per mascherare quelle due lacrime
che prima di mettere in moto
lascio
come monete offerte
alla fontana del ritorno.
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NON È PIÙ ESTATE
No,
non c'è più nell'aria l'odore dell'estate
e il sole ha ceduto il passo
al calore delle ruggini d'autunno.
I girasoli dimenticati sono vizzi nei campi grigi
e le nuvole s'arrotolano sulle colline,
affondando fredde dita tra alberi impigriti.
La brezza della mattina fa apprezzare
le maniche lunghe e il calore del caffè
che scalda prima del lavoro.
Le spiagge deserte, le giornate più corte.
Anche il tempo pare rallentare il ritmo
lasciando il passo a serate sonnolente
nel ricordo chiassoso delle notti d'estate.
In attesa del sonno, davanti ad un televisore
gli occhi sono nella memoria
di boschi a quest'ora bui e neri
percorsi da un vento freddo che smuove i rami
dove ascolto
gli ultimi richiami striduli di una civetta
e lo scricchiolio di foglie secche
smosse dall'istrice in caccia.
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NEL BOSCO D'INVERNO
Scheletri
adunchi rami protesi
a strappare dal cielo
le nuvole e il blu
scuri legni
sempre più diafani
nello sfuggire delle prospettive
intagliate nella nebbia.
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