TRA FEDE, CULTURA E SOCIETA'
Rielaborazione storica
di Everardo Longarini
Tratto da: "La Confraternita del Carmelo"
di Pietro Altobelli
E'
propedeutico, per introdurre ad una visione globale della festa del
Mare di Terracina, dedicata alla Madonna del Carmelo e a San Rocco,
comprendere le ragioni storiche di tal evento, che si svolge nella
Città la terza settimana di Luglio, partendo da alcuni dati
storici della Confraternita del Carmine, la prima e gloriosa associazione
laicale della Chiesa del Santissimo Salvatore, fondata nel 1852. Leggendo
il primo statuto della Confraternita, si nota immediatamente come
la carità, le funzioni sacre, soprattutto i suffragi per le
anime purganti, sono i momenti spirituali, salienti e indicativi dei
confratelli, nella forte tensione interiore per la salvezza dell'anima.
Nell'archivio diocesano di Terracina, nella busta 228, si conservano
quattro voluminosi fascicoli contenenti documenti relativi alla Confraternita
del Carmine.
Sono
per lo più elenchi di fratelli e consorelle, ricevute e mandati
di pagamento, preventivi di spese per feste, verbali di riunioni o
di congregazioni generali e di consiglio. Ma anche la richiesta, che
i soci fondatori, tutti residenti nel Borgo Pio, indirizzarono nell'anno
1852 al Vescovo Guglielmo Aretini Sillani, della Diocesi di Terracina,
Sezze e Priverno. La missiva fa comprendere al Vescovo, che la parrocchia
di Borgo Pio aveva bisogno di organizzazione e spazio, costretta per
quasi mezzo secolo a vivere dentro la piccola cappella di Santa Maria
di Porto Salvo, tanto più che la popolazione, nel frattempo,
era raddoppiata rispetto al primo ventennio del secolo. La stessa
lettera poneva in evidenza la fede e la devozione dei padri costituenti
la Confraternita verso la Vergine del Carmelo e alle anime del Purgatorio.
Due notevoli motivi spirituali per cui nel passato, in Italia, erano
sorte tante pie associazioni. Specialmente nel sud d'Italia la devozione
alla Madonna del Carmine era molto sentita e Terracina avvertiva degli
influssi meridionali, soprattutto per l'immigrazione dal Regno di
Napoli della gran parte delle famiglie dei pescatori che hanno sempre
formato una specie di etnia, di gruppo autonomo nel quadro culturale
della Città.
Il
Vescovo, il 23 Aprile del 1852, approva la richiesta della costituzione
della Confraternita. Solo il 30 Maggio del 1855, però, la Confraternita
ottenne l'autorizzazione ufficiale per l'uso della cappella grande
a sinistra del transetto d'ingresso nella Chiesa del Salvatore; da
allora la cappella assunse la denominazione di "Cappella del
Carmine", dove i fratelli si riunivano per l'esercizio delle
loro funzioni sacre.
La cappella sarà l'oratorio del Carmine, ma anche luogo per
costruire un altare in legno, la collocazione di banchi, l'edificazione
di una nicchia per la statua della Madonna. Intanto il Comune aveva
offerto all'associazione l'uso di un locale in piazza del Semicerchio
come deposito degli oggetti di culto della confraternita: banchi,
stendardi, lampioni, candele dal quale fu minacciata di essere sfrattata
dopo il 1870, quando cominciarono a spirare venti anticlericali anche
a Terracina.
Per ritornare allo statuto della Confraternita, nel capitolo secondo
sono elencate le funzioni religiose, divise in due classi: le obbligatorie,
a cui tutti sono tenuti a partecipare; le non obbligatorie, in quanto
dipendenti dalla volontà dei Superiori e a richiesta dei Benefattori,
vale a dire che si stabilivano i turni di partecipazione. Alla prima
categoria appartiene la festa del Carmine, stabilita per la terza
domenica di Luglio, introdotta dal canto del "Te Deum" e
preceduta da un settenario per commemorare le sette allegrezze della
Madonna: in sostanza i misteri gaudiosi e gloriosi del S. Rosario.
La
festa del Carmine, come festa del quartiere della Marina, ha sempre
avuto un rapporto culturale con il mare, ma quando all'inizio del
secolo scorso la Madonna del Carmine è stata eletta patrona
dei pescatori, questo rapporto è divenuto esplicito. Si deve
però ricordare che San Rocco è il compatrono dei pescatori,
e solo negli anni '50 questa seconda festa della confraternita venne
"fusa" con la festa del Carmine, per questo oggi San Rocco
è portato in processione con la Madonna. Questa fu certamente
una soluzione di ripiego, dettata soprattutto da ragioni economiche.
Non è certo quando fu istituita nella parrocchia del S.S. Salvatore
la festa di San Rocco, ma con molta probabilità ciò
avvenne agli inizi del secolo scorso, difatti si trova menzionata
per la prima volta nel secondo statuto della confraternita, redatto
nel 1910. Un contributo notevole alla devozione verso il Santo degli
appestati fu data dai "Terellani", gli immigrati a Terracina
dalle montagne di Cassino.
La processione a mare fu istituita nel 1938 dal parroco Mons. Di Manno,
il quale ritornando a Terracina dal Congresso eucaristico internazionale
di Budapest, era rimasto entusiasta della processione sul fiume Danubio.
Da questa sua impressione nacque il desiderio di decidere la processione
a mare.
Quando si compose una buona flotta peschereccia, e ciò avvenne
verso la fine degli anni '30, fu possibile organizzare una manifestazione
religiosa a mare, che peraltro fu subito interrotta dallo scoppio
della guerra e le paranze di Terracina furono requisite e utilizzate
come dragamine e purtroppo affondate in Tunisia.
Oggi la processione a mare è diventata una tradizione caratteristica,
il punto centrale di tutta la festa, alla quale partecipano o come
attori o come spettatori migliaia di persone. La processione conferisce
alla festa un tono profondamente turistico. Vi partecipano non meno
di trenta imbarcazioni pavesate a festa; la navigazione nel golfo
copre quattro o cinque miglia e la processione rientra in porto dopo
due ore circa di navigazione, a notte inoltrata, tra la fantasmagorica
dei fuochi d'artificio che si specchiano nel mare e dell'illuminazione
della Marina. Rispetto all'antica processione a terra è caduto
un particolare: nei vari punti del quartiere della Marina il parroco
benediceva il mare con la reliquia, mentre i portatori alzavano per
tre volte la macchina con la statua della Madonna.
Ora è la Vergine stessa che per due ore solca il mare nel segno
- simbolo della processione. Rispetto al passato la Festa del Mare
ha perso per strada diversi momenti caratterizzanti la fase ludica.
Nell'archivio diocesano sono ancora oggi rintracciabili manifesti
o stampati che testimoniano i programmi riguardanti le feste del Carmine
del secolo passato. L'estrazione della tombola, che precedeva nel
primo pomeriggio il concerto bandistico, era un momento divertente
non solo per le possibili vincite, ma soprattutto per il quadro folkloristico
in cui si svolgeva. Sul palco allestito dal Comune c'era un grande
quadro con i numeri che erano girati con una mazza da un addetto,
dopo che lo speaker a squarciagola li aveva urlati alla folla.
Anticamente
lo spettacolo dei fuochi d'artificio era più romantico e familiare.
Erano sparati nella piazza della Marina dove i fuochisti provvedevano
a piantare i pali delle girandole e delle granate aeree. La variazione
del posto per l'accensione dei fuochi artificiali dalla piazza della
Marina alla punta del Porto si rese necessaria per motivi di sicurezza
e per l'asfaltatura della piazza e della Via Appia agli inizi del
1930.
La corsa dei cavalli o carriera era una gara molto antica a Terracina.
Già alla fine del settecento la carriera dei cavalli era effettuata,
per esempio, nella festa del S. Salvatore, la cui immagine è
venerata, in tono minore, nella chiesa dell'Istituto "G. Antonelli".
L'ambiente offriva le possibilità per lo svolgimento di questo
palio di Terracina. Il chilometro di rettifilo cittadino, ultimo tratto
della "fettuccia" di Terracina, costituiva una specie di
pista naturale, da ippodromo, per una simile competizione, la strada
era bianca.
Il Comune disponeva a transennare tutta Via Roma con robuste corde
dietro le quali si assiepavano gli spettatori.
I cavalli partivano dal ponte del Salvatore, mentre almeno due trombettieri
scaglionati lungo il percorso avvertivano la gente dell'arrivo dei
cavalli, i quali terminavano la loro corsa nella piazza della Marina.
Di solito si correvano tre corse: le prime due manche erano ad eliminazione,
la terza decretava il vincitore.
Oltre alla corsa dei cavalli la cuccagna a mare stimolava la fantasia
e il desiderio dei ragazzi. Un palo orizzontale di sette-otto metri
era piazzato sulla prora di uno dei grossi barconi da trasporto, era
spalmato di grasso e su di esso, come equilibristi, dovevano camminare
i concorrenti per prendere la bandiera rossa posta alla punta del
palo.
La corsa delle barche e la caccia alle oche, conclude la panoramica
delle attività ludiche delle vecchie feste del mare.
Il percorso della gara a due o più vogatori si spingeva dall'antico
Ufficio doganale del porto fino all'altezza degli scogli dell'acqua
Magnesia. Mezzo miglio marino da percorrere andata e ritorno. A questa
gara, di solito, era abbinata quella della caccia alle oche, lanciate
in acqua nello specchio antistante il molo gregoriano. Non era facile
per i nuotatori catturarle. Non di raro le oche andavano a finire
oltre il molo Gregoriano o negli anfratti più reconditi degli
scogli circostanti.
Da
qualche anno la Festa del Mare è quella che vi raccontiamo
con le immagini che sono a corredo di questo breve servizio, nella
speranza che tutti coloro che contribuiscono alla buona riuscita della
manifestazione continuino nella centenaria tradizione.