L'ESPOSIZIONE
Il problema dell'esposizione e soprattutto della "corretta esposizione"
è uno dei più dibattuti.
Cerchiamo di capirci: con esposizione, misurata in EV (Exposition Value) intendiamo la quantità totale di luce che viene rappresentata
sulla nostra foto; se esageriamo (un tempo troppo lungo e/o il diaframma troppo aperto), abbiamo una sovraesposizione:
colori meno saturi, contrasto diminuito, ed una prevalenza di toni chiari, fino ad arrivare ad una foto completamente bruciata (cioè, tutta bianca).
L'opposto avviene nel caso della sottoesposizione.
Il punto è: esiste un'esposizione corretta? La mia risposta è: no, in quanto si tratta di una scelta soggettiva,
legata al gusto personale ed al tipo di messaggio fotografico che desideriamo rappresentare ed
eventualmente trasmettere ad altri.
Certo è che i costruttori di macchine fotografiche si sono dati un gran daffare
per inserire, anche in modelli molto economici, esposimetri molto elaborati.
Quasi tutte le fotocamere hanno esposimetri che ci consentono di calcolare la "corretta esposizione"
dell'immagine che stiamo riprendendo secondo varie modalità (metering); vediamole.
Con il metodo matrix l'esposizione è calcolata su tutta la scena, e si cerca di mediare fra le varie zone;
ma, se i contrasti sono troppo marcati (come nel caso di un soggetto controluce) i risultati non sono dei migliori
(a meno di non voler ottenere l'effetto silhouette, con il soggetto, cioè, completamente nero).
Con il metodo media pesata al centro l'esposizione viene di nuovo calcolata su tutta la scena, ma viene data
una maggiore importanza alla parte centrale inquadrata al momento della misurazione.
Quindi, posso inquadrare il mio
soggetto nel centro del mirino e memorizzare i valori premendo a metà il pulsante di scatto; poi,
sempre tenendo premuto a metà il pulsante di scatto, posso ricomporre l'inquadratura: la macchina
terrà conto dei valori memorizzati, e darà maggior "peso" al soggetto inquadrato inizialmente.
Il metodo spot limita l'area di calcolo dell'esposizione ad una parte molto ristretta dell'immagine; anche in questo caso,
devo memorizzarla, inquadrando il soggetto al centro del mirino, e dopo ricomporre l'inquadratura.
Questi sono i metodi più diffusi; esiste anche il matrix sull'area della messa a fuoco
(in pratica, l'esposizione è calcolata solo sulle zone a fuoco), o la definizione manuale di vari punti (spot) sui quali
calcolare poi una media... Arriviamo addirittura ad esposimetri computerizzati che riconoscono la struttura dell'immagine (provenienza della luce, posizione dei soggetti, etc.),
ed impostano i valori di esposizione sulla base di scelte fatte da professionisti in situazioni simili, e memorizzate in un apposito
database contenuto all'interno della macchina... E poi parlano di foto creativa!
Ma, insomma, quale potrebbe essere un'esposizione corretta? Quella che ci consente di vedere tutto, anche le parti in ombra? Oppure quella che evidenzia
il contrasto presente nell'immagine? Se lasciamo che l'elettronica decida per noi, non rischiamo di fare foto sempre uguali,
monotone e poco incisive?
Non posso e non voglio fornire risposte; mi limito a fare due considerazioni.
La prima mi viene dall'osservazione dei "moderni" sistemi di sviluppo e stampa seguiti dai minilab
che riescono a produrre foto sempre correttamente esposte, a qualsiasi costo,
spesso mortificando scelte creative del fotografo in fase di ripresa.
La seconda considerazione è che, per quanto sofisticati possano essere gli esposimetri, alla fine i valori
da impostare sono solo due: un tempo ed un diaframma. Questo è il motivo per cui, molti professionisti vanno ad occhio
o a memoria (sanno già i parametri da usare in ogni situazione) ed ottengono risultati migliori.
Se poi abbiamo tanta paura di sbagliare, basta fare più scatti allo stesso soggetto (con il digitale non costa niente) variando
in più (sovraesposizione) ed in meno (sottoesposizione) gli EV: questa tecnica è conosciuta come esposizione a forcella (bracketing)
e molte fotocamere possono farla automaticamente.
Ricordiamo infine (su questo punto, molti hanno le idee confuse) che l'esposimetro, anche se ipercomputerizzato, non è in grado di alterare
le relazioni di luminosità all'interno del fotogramma; questo si può fare eventualmente in fase di post-elaborazione,
schiarendo, ad esempio, alcune zone del negativo in fase di stampa, con appositi mascherini o, come in alcuni minilab, con la sovrapposizione di
schermi a cristalli liquidi comandati dal computer.
In pratica, la luce quando arriva, arriva: se il contrasto è troppo forte come nelle foto sopra, o
il soggetto viene scuro, o si brucia lo sfondo. E' chiaro che possiamo sempre trovare compromessi migliori,
o usare il flash per un lampo di schiarita.
Una situazione radicalmente diversa si ha quando c'è poca luce e non si ritenga opportuno usare il flash.
Prendiamo, come esempio, lo spettacolo teatrale mostrato in queste foto:
Nella prima (a sinistra) ho volutamente pesato al centro su un soggetto chiaro, per ottenere una sottoesposizione
delle altre zone: l'effetto è suggestivo, sia perché riproduce l'atmosfera che si viveva realmente (l'attenzione era concentrata
sulla ragazza al centro), sia perché si lascia spazio all'immaginazione di chi legge la foto, non mostrando tutti i dettagli.
Come contro esempio, la seconda foto (spot sul volto e sul collo piumato del primo soggetto a sinistra) esaspera la luminosità,
bruciando il soggetto al centro ed introducendo un effetto di mosso (tutto sommato gradevole) dovuto al lungo tempo di esposizione.
Si perde molto del'atmosfera originale: la foto è piatta e meno interessante.
Lasciando da parte la foto creativa, e tornando all'aspetto più tecnico, concludiamo con un esempio di
illuminazione mista nella situazione peggiore: il soggetto alla finestra.
In questo esempio, grazie alla forte intensità della luce interna, il matrix (prima foto a sinistra) funziona abbastanza bene; non so se sia migliore la
misurazione spot sul volto del soggetto (seconda foto). E' una scelta soggettiva.
(Osserviamo la diversa "leggibilità" dello sfondo).
Ricordiamo che il digitale ci aiuta molto: una rapida occhiata allo schermo incorporato nella macchina ci
permette di controllare il risultato (è, in pratica, come avere un dorso polaroid) ed eventualmente ripetere.
Un consiglio: anche se la fotocamera lo consente, non cancelliamo subito le foto errate;
l'analisi dei valori di esposizione (memorizzati insieme alla foto)
ci permette, infatti, di capire i nostri errori e di valutare i risultati di eventuali
esposizioni a forcella, migliorando così l'affidabilità dei nostri criteri di valutazione.
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